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Autore: Jordan Cullen    19/02/2010    1 recensioni
piccola presentazione di un Edward Cullen umano. Essendo rimasto orfano in giovane età sarà messo a capo di una importante compagnia alberghiera, lasciatagli in eredità dal padre...
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Edward Cullen
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo  sesto
Vecchie amicizie e nuove speranze



Mi svegliai di soprassalto, caddi per terra con un sonoro tonfo.
La luce si accese e un uomo, che riconobbi essere George, entrò nella mia stanza …. Il mio maggiordomo personale che prese servizio presso la mia famiglia dopo Ingrid.
“tutto bene signorino?” mi chiese lui vedendomi disteso sul pavimento avvolto dalle lenzuola. George era tornato qualche ora dopo di me avendo sentito la notizia al telegiornale
“si si, grazie! Ho fatto un’incubo” gli dissi rimettendomi a sedere sul letto
“ha bisogno di qualcosa signorino?” mi chiese preoccupato George
“no grazie! Puoi ritornare nelle tue stanze” gli dissi rimettendomi sotto le coperte.
Quando l’uomo ebbe richiuso la porta dietro di se cercai di riprendere sonno, ma non fu così facile: l’incubo, l’incidente dell’albergo, Patricia.vorticava tutto nella mia testa cercando di trovare un senso. Le idee si misero in ordine e stilai una lista, nella mia mente, di tutto ciò che avrei dovuto fare l’indomani mattina. Guardai l’orologio al led che stancamente segnava i secondi. Segnava le 7:30 e 12 secondi, mancava mezz’ora prima che la mia giornata piena d’impegni e problemi da risolvere iniziasse.
Mi distesi nel letto e mi misi un braccio lentamente sugli occhi per pararmi dal sole mattutino che stava nascendo all’orizzonte.

- Perché questo? Ahi litigioso amore, o amore odiato, tutto quanto dal nulla fu creato. Vanità seria, pesante leggerezza, disarmonico caos di forme belle - ripetei quella frase di Romeo nella mia mente fino a quando non mi alzai verso le otto - perché Patricia non ti fai trovare! Che dolore atroce imponi al mio cuore… spero che il giorno in cui ti ritroverò sia il prima possibile affinché io possa godere della luce e della tua purezza. -

Pensai a lei fino a quando Ession non irruppe nel mio ufficio, con una entrata in suo stile. Era un ragazzo molto alto, dai capelli castani dagli occhi vivaci e sinceri.
Accompagnato da due energumeni inquietanti. Avevo un’aria poco socievole e mi resi conto dal loro aspetto che sarebbero stati i miei bodyguard personali.
“ciao Ed” mi salutò appena entrò nella stanza.
“ciao… e loro chi sarebbero?” mi riferivo ai due energumeni alle sue spalle
“ti presento i tuoi compagni di vita!” mi disse lui con un gesto teatrale
“ah si certo!” alzai gli occhi al cielo cercando di soffocare una risata “ma i miei compagni di vita potrebbero aspettare fuori però? Ho bisogno di parlarti di alcune cose molto importanti!” gli dissi cercando di non far trapelare le mie emozioni
“si si certo” mi disse e poi si girò verso i due che intanto si erano fermati sulla soglia della porta “ragazzi aspettatelo fuori! Ci vorranno due minuti…” detto questo i due uomini uscirono ed Ession chiuse le porte affinché orecchie indiscrete non potessero sentire i nostri discorsi.
“beh allora che succede?” mi chiese lui impaziente delle mie notizie
“Patricia Miles… fissa bene questo nome nella tua mente!” gli dissi senza perdermi in preamboli “me la devi trovare ad ogni costo!” gli ordinai senza far caso al tono della mia voce
“ah affari di cuore allora!” mi disse lui con un sorrisino “com’è questa ragazza?”
“bellissima. Ha la carnagione scura, capelli castani e occhi scuri….” non gli fornii altri dettagli. Conoscendolo mi avrebbe di sicuro canzonato e volevo tutto tranne che questo.
“elementare Watson!” mi disse imitando Sherlock Holmes e poi aggiunse “ok allora ritieniti fortunato… l’investigatore Ession è al tuo servizio messer Cullen”
“si si e vedi di trovarla!”

“detto fatto!” mi rispose lui uscendo dall’ufficio
Mi lasciai cadere sullo schienale della sedia sperando che Ession facesse il lavoro appena assegnatoli e, in un certo senso, mi sentii risollevato.
“Signor Cullen…” una voce metallica proveniente dal piccolo apparecchio sulla mia scrivania mi fece sobbalzare
“si Alice…” dissi avvicinandomi al vivavoce e premendo il tastino rosso
“… mi scusi se la disturbo ma qui fuori c’è la stampa per quello che è success…”
“manda via tutti! Non ricevo nessuno oggi!” le dissi non facendole finire neanche la frase
“come vuole signor Cullen!” mi rispose la sua voce squillante. Un grande vociare e la confusione che si creò fuori dal mio ufficio fu sedata dalla vigilanza, che prontamente sgomberò l’area d’attesa. Aspettai qualche minuto prima di richiamare Alice.
Premetti il pulsante del vivavoce “alice portami il fascicolo 342, per favore” le dissi e la risposta non tardò ad arrivare “subito signor Cullen…”
Aspettai qualche minuto e fuori dal mio ufficio sentii un gran frusciare di carte che venivano spostate e sfogliate. Irruppe nella stanza una ragazzina spaventata. Alzai gli occhi dal giornale che stavo sfogliando e la vidi in tutta la sua innocenza: grandi occhi nocciola che mi guardavano terrorizzati, una bocca carnosa e rossa come il bocciolo di una rosa, carnagione bianca come la neve e un fisico da modella.
“ecco a lei Edwa… mister Cullen!” mi disse la ragazza appoggiandomi il pacchetto da me richiesto sulla scrivania
“g-grazie…” dissi tradendo lo stupore nella mia voce
“prego” mi rispose lei abbassando gli occhi con le guance in fiamme
“lei chi è?” le chiesi ricomponendomi
“sono Bella Swan… la sua nuova segretaria!” mi rispose rapidamente quasi senza prendere fiato tra una parola e l’altra
“strano non ero stato informato della sua assunzione” la ragazza imbarazzata non rispose alla mia provocazione “grazie penso che possa andare adesso” continuai io
“si…” e quasi correndo uscì dalla stanza
Un sorriso mi spuntò sulle labbra - e siamo a due!! - pensai ricordando quella sera sulla spiaggia e Patricia.
- Ma come può essere possibile che le ragazze abbiano paura di me? In fondo non mordo… - all’idea un altro sorriso mi spuntò sulle labbra - non sono mica un vampiro o un licantropo -
Comunicai a Alice di entrare nell’ufficio. E tutta trafelata si precipitò da me, sapeva che non mi piaceva aspettare.
“ha bisogno di qualcosa?” mi chiese richiudendosi le porte alla spalle
“si… a dir la verità vorrei essere tenuto al corrente delle nuove reclute, che assumiamo in ufficio!” le dissi parecchio acido
“si… ehm… mi scusi! Ma avevo bisogno di un aiuto con gli appuntamenti e i meeting da gestire”
“va bene… puoi andare” prima che potesse uscire aggiunsi “ah… Alice evita di tormentarti le mani la prossima volta… non è bello e poi che figura ci facciamo!”
“va bene signore” alla sua risposta scoppiai in una grassa risata
La mattina passò abbastanza monotonamente. Le solite carte da firmare, il controllo del budget aziendale e l’analisi delle richieste che venivano fatte da ogni singolo albergo.
Finalmente arrivò l’ora di pranzo che determinava la fine della mia giornata lavorativa. Presi le mie cose e scesi di gran fretta nella hall per poi precipitarmi in strada dove l’autista mi aspettava con la porta della macchina aperta. Dietro di me i due energumeni che mi aveva appioppato Ession montarono in macchina subito dopo di me.
“portami al ristorante Oyster…” dissi all’autista che subito mise in moto
La caotica New york stringeva tra le sue grinfie il traffico congestionato nelle strade. Ad ogni semaforo una cinquantina di macchine rombanti aspettava il verde per poter riprendere la sua marcia, per le strade si vedevano gente di tutte le nazionalità che con occhi spendi camminavano senza una meta. I tombini vicino al marciapiede esalavano fumi che sembravano provenire direttamente dall’inferno. Ci fermammo all’ennesimo semaforo. Dal sottopassaggio della metro alla mia sinistra uscirono un gruppetto di punk che spiccavano, con i loro abiti neri e le loro acconciature particolari, tra la gente dagli abiti di differenti colori.
Arrivammo al piccolo ristorante dopo una buona mezz’ora. George, il mio autista nonché mio maggiordomo personale, mi aprì la porta per farmi scendere e con me scesero anche i due bruti che ormai non mi lasciavano in pace da quella mattina.
“sentite ragazzi! So che dovete fare il vostro lavoro ma… lasciatemi un po’ di tempo da solo” dissi ai due che si guardarono in faccia reciprocamente e poi ritornarono a guardarmi ancora più straniti “andate!!! Aspettatemi a casa George vi ci accompagnerà” gli dissi indicandogli la macchina
“ma… signore!” mi rispose il biondino alla mia sinistra
“niente ma… è un ordine!” gli risposi ed entrai da solo nel locale.
La struttura era molto elegante e sofisticata. Sotto il pavimento c’era un enorme acquario che ricopriva tutto il locale. Tutto in quel posto richiamava il mare.
“Edward!!!”
“ciao zio Lu’” dissi a mia volta
Essi il caro e unico zio Luigi. Non era mio zio consanguineo, infatti era parente di Ession, ma per me era come uno della famiglia e io per lui. Lo conoscevo da quando avevo tre anni. E i miei genitori andavano sempre da lui per pranzi e cene. Aveva rinnovato da poco il locale, ma purtroppo non ero potuto andare per motivi di lavoro.
“come stai?” mi disse lui con un sorriso a trentadue denti sotto gli enormi baffi neri
“tutto bene, grazie!” gli risposi io un po’ imbarazzato dai suoi modi
“madonna mia… come sei cresciuto! Fatti vedere un po’…” e mi girò tutt’intorno per esaminare ogni particolare di me
“cosa ti porta qui da me figliolo!”
“vorrei mangiare se è possibile… sai da quando i miei non ci sono più le tue prelibatezze mi mancano un po’”
“ma certo accomodati pure!” mi accompagnò al tavolo abilmente apparecchiato al momento dai suoi inservienti “che cosa vorresti mangiare?”
“quello che vuoi tu zio… a me va bene tutto!” gli risposi una volta che mi fui seduto
“ah va bene caro Eddy… ti preparerò qualcosa da leccarti i baffi!” detto così lo zio Luigi si allontanò di fretta entrando in cucina.
Diedi una rapida occhiata al locale, nel grande acquario sotto i miei piedi nuotavano ogni sorta di pesci: carpe di ogni colore, pesci rossi e striati si erano adattati a quell’ambiente così diverso dal loro habitat naturale. In un altro acquario c’era un polipo che mi guardava insistentemente con i suoi occhi vitrei, con i suoi lunghi tentacoli disegnava aggraziati cerchi nell’acqua. Il polpo sembrava quasi danzare come una ballerina di flamenco che fa ondeggiare la sua gonna a ritmo di musica.
Distolsi lo sguardo dall’animale per concentrarmi su qualcosa che attrasse la mia attenzione. Infondo alla lunga stanza c’erano il ritratto di mia madre e di mio padre l’una di fianco all’altro. La stima e il rispetto che portavano per lo zio Luigi era immenso, la famiglia di Ession mi era stata molto vicina una volta che i miei erano morti e fin dall’infanzia ero molto attaccato a loro. Nel vedere quel tributo ai miei genitori stavo per commuovermi se non fosse che al mio tavolo i camerieri incominciarono a portare la prima portata.
Una volta apparecchiato davanti a me il piatto mi augurarono un buon pranzo. Guardai molto attentamente il contenuto del piatto davanti a me: due Vol-au-vent ripieni di salmone e con uno spicchio di limone sopra, mi fecero venire l’acquolina in bocca - i miei preferiti - pensai felice come un bambino. Di fianco ai due tortini, adagiati su una foglia di lattuga, c’erano tre gamberi cotti a puntino. Infilzai il primo con la forchetta lo mangiai in un sol boccone. Il dolce sapore che mi si sprigiono in bocca  non appena lo addentai fu unico: le varie spezie erano ben combinate con il gusto naturale del gambero, e ne risaltavano ancor più il sapore; per poi lasciarti alla fine con una punta di aspro.
Finii la pietanza nel piatto in un batter d’occhio e bevvi un po’ di vino bianco per buttar giù tutto. Prontamente un cameriere mi tolse il piatto e lo portò via. Continuai a guardarmi intorno e notai una coppia di anziani signori, dall’aria nobile, che stavano addentando l’aragosta nei loro piatti. La donna sulla sessantina di anni aveva un largo cappello nero con degli ornamenti di tulle dello stesso colore. Era vestita con un abito grigio troppo stretto in vita, che la rendeva ancora più grassa di quanto potesse essere. - sciocca vanità - pensai continuandola a guardare.
Lo zio Lu’ mi si piazzo davanti con la sua pancia impedendomi la visuale.
“Edward… caro Ed sai che è cattiva educazione fissare la gente!” mi disse lui sorridendo
“ehm si zio ma…”
“no niente ma!” mi disse lui facendomi segno di no con il dito e mi sorrise di nuovo
“va bene!” gli dissi io sorridendo a mia volta
In mano aveva un altro piatto con della pasta fumante.
“è per me?” lo guardai con gli occhi da cagnolino
“si Edward… non c’è bisogno che mi guardi così!” mi disse lui poggiandomi il piatto davanti “ti ho preparato una cosa che non avevi mai mangiato e spero che ti piaccia!”
“ma certo che mi piacerà!” gli risposi entusiasto
“buon appetito allora!”
Prima di incominciare a gustarmi la pietanza la osservai per bene come un gattino che conosce per la prima volta il suo padrone. Infilai la forchetta nel pezzo di pesce, tagliato a cubetti, e lo infilai in bocca. Il gusto non era niente male… riuscivo a distinguere bene il gusto del basilico e della ricotta che erano amalgamati sapientemente tra di loro e con il pesce.
Il sapore mi inebriò la bocca e il naso e riuscivo solo a sentire quell’odore. Mangiai anche questo piatto voracemente.

Al termine del pranzo mi alzai con la pancia piena e mi diressi alla cassa per pagare, ma prontamente lo zio Lu’ mi fece ricacciare il denaro nel portafoglio e mi accompagnò all’uscita porgendomi il cappotto.
“grazie…” dissi io imbarazzato
“figurati Ed e vienimi a trovare quando puoi!” mi rispose lui salutandomi con una stretta di mano.
“lo farò! Grazie ancora…”
Uscii in strada, che come al solito era troppo affollata e tra uno spintone e l’altro riuscii a raggiungere un taxi che mi portasse a casa.
“ 48 th per favore” ordinai all’autista che mise in moto il taxi
Ricevetti la telefonata di Ession quando stavo attraversando il Williamsburg Bridge.
“ciao Carissimo…” mi disse appena accettai la chiamata
“ciao Ession… novità?” gli chiesi subito io
“secondo te!?” mi rispose elettrizzato
“spero per te di si!” gli recitai io con accento siculo
“tranquillo… l’ho trovata!!!”
“davvero! Non mi prendi in giro come tuo solito?” gli chiesi io
“ma per chi mi hai preso!!! Comunque ho il suo nome, il suo indirizzo, so tutto su di lei!”
“grandioso allora ci vediamo domani a casa mia!” gli dissi cercando di concludere la chiamata
“ok… cercherò di esserci!” e dopo una risatina la chiamata si interruppe.
Pagai il tassista per la corsa e mi infilai in casa tirando un sospiro di sollievo.


  
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