Premessa:
Il point of view è un capitolo come tutti
gli altri, l’unica differenza è che viene narrato in prima persona, descrivendo
proprio la situazione dal punto di vista del personaggio scelto. *w*
˚Point of
view˚
(Danny)
1
Non potevo credere a quello che
avevo sentito, a quello che avevano fatto. Non potevo credere che fosse stata
proprio Alicia, la ragazza minuta e dolce che avevo conosciuto un mese prima. Non
riuscivo a darmi pace; dentro di me imprecavo e ribollivo di rabbia mentre in
mano stringevo il cellulare che cercavo di stritolare seppur inutilmente.
Correvo a per di fiato, mandando al
diavolo chiunque incrociasse il mio cammino.
Volevo stare da solo, e cavolo, ne
avevo tutto il diritto.
Alicia me l’avrebbe pagata.
Nel frattempo correvo alla disperata
ricerca di una meta. Non avevo idea di dove mi stessero portando le gambe, me
ne accorsi solo quando percepii l’odore dell’erba bagnata, il fruscìo delle foglie degli alberi ed il sospiro del cielo.
Mi guardai attorno, avevo come la
sensazione che il mondo stesse girando vorticosamente, trascinandomi in un
turbine dal quale mi era impossibile scappare; i ricordi riaffioravano, gli
odori ed i sapori tornarono ad inondarmi il naso e ad inumidirmi la lingua. I
tratti di una ragazza familiare si delineavano sempre di più ogni volta che
socchiudevo gli occhi, e che col pensiero tornavo indietro sino a quei giorni.
Sino a quel giorno.
Mi lasciai cadere sull’erba di Hide Park, inspirai ed espirai più e più volte.
Come avevo fatto a nascondere a me
stesso quelle emozioni per tutto quel tempo? Come avevo fatto a credere di
poter stare bene, quando in realtà dentro ero un esplosione di amore ed odio?
Presi la testa tra le mani
concentrandomi su una persona, incentrando la mia attenzione su di lei, cancellando il resto intorno a me.
Mi sforzai di ritornare indietro nel tempo, di scavare dentro di me, dentro la
mia testa- sebbene non vi fosse molto da cercare.
Ed eccoli lì infine, accucciati in
un angolo della mia mente. Non li avevo dimenticati, solo accantonati; perché
non avevo mai desiderato scordare,
non avevo mai voluto scordare. E non
l’avevo mai fatto.
Ricordavo ancora quel senso
d’incertezza che avevo provato nel
vederla seduta su quella panchina-la stessa sulla quale si stavano abbracciando
due innamorati di fronte a me in quel momento. Ero agitato, spaventato,
confuso...
Mi tremavano le mani, eppure, non mi
tiravo mai indietro quando si trattava di ragazze; ma il suo sguardo sfavillante
e fiducioso mi aveva creato un
implosione allo stomaco. Un qualcosa di incontenibile destinato a degenerare.
Quando l’avevo conosciuta aveva i
capelli corti, e quel giorno fra essi spiccava un cerchietto rosso; era seduta
a gambe unite per via della gonna, con sopra la maglietta nera, Dio quanto le stava bene!
Mi feci coraggio, ma la tremarella e
la fifa che avevo non mi aiutavano affatto.
-C-ciao!-balbettai
incerto, e sentii le guance bruciare.
Lena sorrise socchiudendo gli occhi.
Era una sua caratteristica, sorrideva sempre in quel modo.
Le mani erano congiunte in grembo
che stringevano i lembi di una borsa nera a scacchi bianchi.
-Ciao Danny…-di
sicuro era stato faticoso dirlo. La vidi arrossire— per fortuna non ero il
solo.
Mi sedetti accanto a lei,
timidamente tentai di guardarla negli occhi, ma invano.
La sua bellezza mi metteva a
disagio. Lena era troppo per me, ma io la volevo a tutti i costi. Sentivo che
volevo stare con lei, proteggerla e stringerla a me. Avevo paura che le potesse
succedere qualcosa. Era così fragile, così delicata; la pelle era di porcellana
e quando arrossiva sulle sue gote si vedevano affiorare delle macchioline
rosse.
Ero troppo nervoso, dovevo darmi una
calmata; c’era troppa tensione nell’aria, o forse ero solo io. Ciò nonostante
non era la prima volta che uscivo con una fan, ma qualcosa mi lasciava
intendere che con lei tutto era diverso. Persino io.
-Ero sicuro che non saresti venuta.-deglutii
rumorosamente.
-Si vede che non mi conosci!-arrossì
cercando di guardare altrove. Con una mano si tenne i capelli che il vento cercava
di scompigliarle.
- Per questo voglio uscire con te.-al
suono di quelle parole chinò la testa accennando un sorrisetto. Chissà dentro
cosa stava pensando. Magari stava esultando.
-Anche io.-ammise strozzata.
Sospirai, mi feci coraggio e la
presi per mano. La sentii sobbalzare, e la vidi girarsi di colpo verso di me.
-Troppo di corsa?-
Scosse la testa, –N-no…–
Perché avevo paura di sbagliare?
Infondo anche lei lo voleva. Ma perché allora mi preoccupavo?
Lena era diversa, non riuscivo a
capire cosa volesse esattamente, cosa provasse. Anche se potevo immaginarlo.
Ma non ero mai sicuro.
Tenevo la sua mano stretta nella mia
mentre passeggiavamo per tutto Hide Park. Sentivo la
sua debole presa, la sua candida mano fra le mie dita. Camminava al mio fianco parlando
a bassa voce, interrompendosi e sorridendo di qualche sciocchezza che magari
diceva credendo di essere ridicola, talvolta chiedendomi persino scusa e di
dimenticare tutto.
Peccato che non sapesse che per me
lei era perfetta.
Mi guardava di rado, cercava di non
incontrare il mio sguardo. Forse la metteva in soggezione o qualcosa del
genere; fatto sta che erano rare le volte in cui potevo guardarla in quei suoi
occhi verde smeraldo.
I suoi occhi, quelli me li ricordavo
eccome! Erano di un verde intenso, nitido, striati di un grigio perla.
Mi distesi infischiandomene
dell’erba bagnata ma continuando a ricordare. Perdendomi nei miei pensieri,
pensando che se non fossi stato tanto stupido avrei potuto averla accanto a me
ancora una volta; avrei potuto sentire la sua timida risata e l’avrei anche
vista arrossire. Avrebbe parlato per ore e ore, ed io l’avrei ascoltata pur non
capendo ciò di cui stesse parlando, soltanto per vederla sorridere ed
arrossire, per ammirare il suo sguardo nel quale potevo perdermi anche per
tutta la vita.
Dopo quel appuntamento l’avevo vista
solo cinque volte, dopodichè decisi di tagliare qualsiasi ponte con lei. Avevo
paura di poterla ferire, ero spaventato solo all’idea di potermene stufare un
giorno.
Ed io non volevo illuderla.
Lena non se lo meritava; il modo in
cui mi parlava, mi guardava mi faceva capire quanto fossi importante, mi faceva
sentire apprezzato, non come il chitarrista di un gruppo emergente che spopola
tra le ragazze. Lei mi faceva sentire speciale come Danny Jones il ragazzo di Bolton che tutti avevano visto correre da una parte
all’altra del paese alla disperata conquista di un sogno.
Nessuno mi conosceva realmente. Chi
diavolo ero io per gli altri se non un musicista qualunque?
Lena mi aveva dato una risposta, me
l’aveva fatta leggere nei suoi occhi, l’aveva tralasciata ad ogni pausa, e
l’aveva fatta risplendere ad ogni sorriso.
Con lei avevo capito chi ero.
E proprio per questo decisi di
lasciarla. Mi conoscevo troppo bene ormai per capire che non sarebbe durata.
Ero troppo capriccioso in quel periodo, volevo tutto e pur di riuscirci ero
disposto a fare qualsiasi cosa.
Infondo avevo solo sedici anni. E
tutti commettiamo degli errori. Chi più, chi meno.
Ma nonostante tutto avevo continuato
a seguirla comunque. Sapevo tutto di lei. Ero a conoscenza del fatto che fosse iscritta
a tutti i nostri fan club, in particolar modo ai miei. Ma la cosa che più di
tutte mi aveva lasciato senza parole fu il fatto che lei negò davanti ai
microfoni la nostra- sebbene breve- relazione.
«Danny
è solo un amico. Si, siamo usciti due o tre volte, ma niente più. Siamo solo
dei vecchi amici di infanzia. Fra di noi non c’è mai stato niente…»
Quelle parole ed il suono della sua
voce mi fecero gelare il sangue, benché sapessi che avevano fatto lo stesso
effetto anche a lei. Quando glielo vidi affermare sentii una rabbia ribollire
dentro di me, un pugno nello stomaco.
Il suo sguardo non tradiva, era
brava a mentire Lena, peccato che io non avessi dimenticato la sua espressione dopo
averla “lasciata”: i suoi occhi avevano preso fuoco; con una mano le avevo sfiorato
una spalla ma lei non ne aveva voluto sapere. Mi aveva allontanato dandomi una
schiaffo sulla mano, con le lacrime che sgorgavano quasi fosse una fontana. Mi aveva guardato dritto negli occhi,
accusandomi di averle distrutto il cuore, di averglielo sbriciolato in mille
pezzi; e mi aveva accusato anche di averla illusa per qualche giorno, di averle
dato un motivo per odiarmi.
Tutto senza proferire parola.
Ero scappato come un vigliacco da
lei. Me n’ero andato lasciandola sola.
Ed ora che io ero rimasto solo, ora
che era lei ad essersene andata, avevo capito. Avevo capito come l’avevo fatta
sentire. Avevo capito il perché del tono graffiante che aveva usato, avevo capito
perché non aveva voluto più parlarmi.
Solo una cosa però non riuscivo ad
afferrare ed era un chiodo fisso nella mia mente. Dopo tutto quello che le
avevo fatto e dopo tutto quello che le avevo detto, ancora non riuscivo a
trovare una spiegazione alla domanda che continuava a tormentarmi da tempo.
Perché continuava ad amarmi?
Oramai mi ero reso conto di non
essere più il Danny che lei adorava, perché senza lei non ero proprio nessuno; solo un essere capace di tenersi su
due zampe e vacillare a malapena.
Mi passai una mano tra i capelli
arruffati, e mi ricordai di quella volta che mi aveva aspettato per ore ed ore
sotto la pioggia a causa di un’intervista.
E non se l’era nemmeno presa.
Aveva finto un sorriso
disinteressato, ed aveva mandato giù tutto, se l’era tenuto dentro perché per
lei l’importante era stare con me.
Ed io come l’ho ringraziata?
Allontanandola. Facendola fuggire via da me.
Sei
uno stupido Dan! Sei uno stupido!
E come se lo ero. Io non meritavo
una come lei. Che scemo che ero stato.
Ma ormai non potevo piangere sul
latte versato.
Il tempo passa, molto lentamente, ma passa.
Guardavo il lavandino della cucina
perdere senza emettere un fiato, con l’orecchio sinistro poggiato sul dorso
della mano. Fissavo le gocce succedersi una dopo l’altra, cadere velocemente
sino a raggiungere lo scarico del lavandino e scomparire dalla mia portata. E
così, esattamente nello stesso identico modo, svanivano anche le mie speranze,
e piano piano sarebbero svaniti anche i ricordi. Ma
per quello c’era ancora del tempo.
Il tempo. Lui si che se la prendeva
comoda, mentre io avevo fretta. Troppa fretta.
Dall’altra parte della casa, nel
soggiorno, sentivo gli schiamazzi di Harry e Tom che giocavano alla play; udivo
Tom richiedere continuamente una rivincita che Harry proprio non voleva
concedergli. Troppo competitivo per farlo.
-Basta! Io con te non ci gioco
più!-un tonfo. Tom aveva lasciato cadere il joystick sul tavolino.
-Non sai perdere, non sai
perdere!-Harry quando ci si metteva sapeva come essere fastidioso.
-Non ti sento, non ti sento…- e
quell’altro sapeva come regredire di età in poco tempo.
Poppanti!
-Ehi, Tom...Dove vai? Dai che ti
ridò la rivincita!-
-Ok… ‘Sta volta
ti batto!-
-Aspetta e spera…-lo sentii ghignare
maleficamente.
-Ti dico di no! No, no, no!-dal
corridoio invece provenivano le continue discussioni di Dougie ed Alicia, che
passavano al telefono gran parte del tempo quando non erano insieme. A mio
parere potevano anche rimanerci tutto il giorno, tanto la bolletta la pagava
Doug.
-No, scusa amore!! Si, si, si!-
diedi una testata al tavolo-Cosa? No! Non ci credo…Non è possibile!-da un mese
a questa parte Dougie si era veramente rincoglionito. Non faceva altro che
parlare con lei, e quando Alicia non c’era, ne parlava con noi. Oramai l’unico
che se lo filava era Tom.
Harry, quando Dougie cominciava a
parlare, accendeva l’i-pod facendo passare le cuffie
sotto la maglietta, in modo che Dougie credesse veramente di essere ascoltato.-
ah, beh…Se lo dici tu mi fido!-e certo, se lei diceva che gli asini volavano
lui le credeva di sicuro. Dougie era completamente andato.
Ripensai a quello che Alicia aveva
detto, e non riuscivo a capacitarmi che avesse potuto fare una cosa simile.
Eppure, quando le avevo chiesto la conferma lei aveva annuito senza tentennare,
aveva chinato e sollevato la testa come si aspettasse già quella domanda.
Affondai la testa tra le braccia
incrociate sul tavolo. Socchiusi gli occhi e sospirai.
Che
stupido!
Estrassi il cellulare dalla tasca
dei pantaloni. Me lo rigirai tra le mani, chiedendomi se avrebbe risposto
oppure mi avrebbe attaccato in faccia.
Valeva la pena provare, magari, se
mi avesse attaccato me ne sarei fatto una ragione ed avrei lasciato perdere.
Macché! Ancora che
mi illudevo? Non l’avrei mai lasciata stare. Prima volevo parlarci, io volevo
parlare con Lena.
Composi il numero, e sul display
comparve il suo nome.
«Siamo spiacenti ma il telefono della persona
che sta cercando non è al momento raggiungibile, riprovi più tardi. Grazie.»
Ma
certo!
In Francia hanno altri operatori. Che idiota!
E l’unica persona ad avere il numero
della nuova casa di Lena era Alicia, la quale non me l’avrebbe mai dato.
Intanto le ore passavano ed io mi
sentivo a pezzi, distrutto, lacerato. Come se mancasse la parte più importante
di me. Persino le mie canzoni ne risentivano, e negli ultimi tempi Tom si era
accollato il peso di tutto.
Mi mancava qualcosa di importante,
qualcosa che per me significava tutto. Un tutto indefinito.
Mi mancava la mia Musa, il mio Sole.
Dov’era lei? Dov’era lei?
Ero distrutto, sgretolato.
-Ok…Ti amo… A domani…-Doug stava sicuramente sorridendo come un cretino.
Era innamorato perso, e magari neanche se ne rendeva conto. Sospirai, pregando
che Alicia non lo stesse prendendo in giro così come aveva fatto con me, ormai
da lei potevo aspettarmi qualsiasi cosa.
Diedi una testata al tavolo e
socchiusi gli occhi, aprendo invece le orecchie. Udivo dei passi avvicinarsi.
-Tutto bene Dan?-Doug
fece capolino dalla porta.
Lo squadrai e la mia mente fu un fermento
di domande, supposizioni.
Annuii mugugnando qualcosa di
incomprensibile persino a me stesso, poi, nascosi ancora una volta il viso tra
le braccia.
-Sicuro?-fece dubbioso.
-Lasciami in pace Doug…Vattene per favore…-e lui sparì senza fare tante storie.
Il lavandino continuava a perdere ed
io tornai a guardarlo senza poter fare né dire niente. Era la cosa più brutta
che potesse capitarmi.
Cosa fareste voi al posto mio? Cosa
fareste voi se la persona che più volete è quella più lontana? Cosa fareste?
Io riuscii soltanto a starmene
seduto su una sedia, rimuginando più e più volte. Cercando di trovare una
risposta che solo il cielo-a quel punto-poteva darmi.
2
Erano le nove e mezzo. I ragazzi
erano ognuno per i fatti propri, ed io- che avevo smesso da un pezzo ormai di
fissare il lavandino-me ne stavo in camera mia davanti al computer, girovagando
per le chat.
Non avevo voglia di parlare con
nessuno, non volevo sentire nessuno. Nessuno tranne lei.
Ecco come si doveva sentire Dougie
quando Alicia non poteva chiamarlo, ecco perché ogni qual volta capitava era
nervoso.
Lui voleva solo lei. Nessun’altra.
Scossi la testa e sul mio viso si
aprì un ghigno beffardo, saccente. E nemmeno me ne resi conto. Non all’inizio.
Le immagini e le foto sul computer
scorrevano veloci; quelle ragazze erano tutte uguali.
Aprii qualche fan club, per vedere
se ci era tornata, ma Lena non vi entrava da giorni ormai. Lo intuii dal fatto
che le avevano lasciato continue scritte, richieste, e domande su dove fosse
finita. La conoscevano tutti lì dentro, e tutti le volevano bene.
Tutti si domandavano dove si
trovasse e perché fosse sparita così, all’improvviso.
«Lena
ci manchi da morire…Dove sei finita? »
«Senza
di te il fan club non va avanti! Che fine hai fatto?»
Più scorrevo i messaggi più
avvertivo l’aria venir meno.
Le conversazioni a due erano
diventate a tre, poi a quattro, ed infine un vero e proprio caos. Io leggevo
soltanto. Scorrevo velocemente lo schermata con gli occhi.
Tutti volevano Lena.
Io in primis.
«Ragazzi,
sapete niente di lei?»
«No,
io non l’ho sentita…Sono quattro giorni che non si collega…»
«Cosa?
Ha scollegato il computer? »
«Si...Ed
è strano! Anche quando esce è sempre connessa…»
«Ma
dov’è? »
«Non
lo so. Solo Alicia lo sa. »
«Ma
chi la ragazza di Dougie? »
«È
vero…È la sua migliore amica…»
«Perché
non lo vuole dire?»
«Non
ne ho la più pallida idea... »
Io invece lo sapevo eccome. Poi,
lessi il resto.
«Ragazze!
La sapete l’ultima? »
«No...Spara!
»
«Dicono
che Danny si sia innamorato di Lena... »
«Finalmente
il bello addormentato si è svegliato! Sono anni che lei gli va dietro ed ora si
innamora? »
«Credo
sia per questo che Alicia non parli. Credo voglia proteggere Lena…»
«Tu
dici? »
«Lo
sapete quando bene le vuole, gliel’avrà sicuramente detto. Credete che Lena non
sappia che Danny la cerca? »
«Che
fortuna che ha quella ragazza. Se solo fossi io al suo posto! Al diavolo il
passato! »
«Adesso
capisci perché tu non sei Lena? Scema! »
«Che
ho detto di male? »
«Dovresti
imparare a tenere la bocca chiusa ogni tanto! »
«Già!
Non sai nemmeno quanto tutto questo faccia male a Lena…»
«Ma
allora perché non va da lui? »
«Ha
le sue buone ragioni, che a noi non ha detto! »
«Odio
quando si tiene tutto dentro! »
«L’ha
fatto per Danny! Vuole che la sua privacy rimanga tale.»
«Quindi
è successo qualcosa tra lei e Danny… »
«Suppongo…Non
ne sono sicura. Sai che Lena non ama parlare di quello che è successo qualche
anno fa...
«Lo
so bene ma…»
«…
taci! Ed ora basta parlare di questa storia! »
«Già,
l’importante ora è sapere dove si trova Lena... »
«E
perché? »
«La
vuoi smettere di impicciarti tu? »
«Uffa!
Come siete ingiuste! »
Accidenti ma come cavolo facevano a
sapere gli affari miei? Come diamine facevano a sapere di me e di Lena?
-Stupido internet!-ringhiai tra i
denti.
Chiusi la finestra del sito
cliccando sulla “x”. Mi alzai dalla sedia furibondo. Odiavo quel giro di
parole, quel passaparola infinito capace di creare chissà quale casino.
Eppure, questa volta avevano fatto
proprio centro.
Mi andai a sdraiare sul letto,
portai le mani dietro la nuca e sospirai. Socchiusi gli occhi, cercando di non
pensare a lei, ma era la cosa più difficile al mondo.
In casa era calato il silenzio,
Harry e Tom erano andati a dormire,
Dougie, beh, lui sappiamo tutti cosa stava facendo. Era di nuovo al telefono
con Alicia, e parlavano di cose senza senso- non che di solito i loro discorsi
ne avessero uno, ma quel giorno mi sembrava stessero parlando una lingua
diversa dalla mia.
Sentivo il mio amico ridere di
cuore, non la finiva più. Da quando Alicia non era partita lui aveva ripreso a
ridere a crepa pelle, e se poi era con lei, in quel caso il suo umore era alle
stelle.
Sentii il cellulare vibrare e di
conseguenza mi alzai di scatto.
Erano le undici passate, chissà chi
era a quell’ ora.
Cercai il cellulare con lo sguardo, e
lo trovai dissotterrato tra i fogli della scrivania che occupavano tutto lo
spazio disponibile.
Era un numero privato.
-Pronto?- feci con aria incerta.
-Danny?-una voce femminile e dolce
mi fece sobbalzare, ed il primo nome che mi venne in mente fu:
-Lena?-
La voce rise.
-No, mi dispiace, sono la mamma.-
-Salve signora Johnson…Mi
scusi…-
-Non fa niente, non ti
preoccupare…-rise ancora-…Ti manca vero?-sospirai-…Lo prendo come un “si”.
Comunque, scusa l’ora ma ti ho chiamato perché volevo lasciarti un numero…-
Corsi a prendere carta e penna,
senza lasciarle il tempo di completare la frase.
-Ci sono…-raggiante prestai più
attenzione possibile alla voce della donna che scandiva i numeri uno ad uno.
L’ultima volta che avevo visto la
signora Johnson lei mi aveva sorriso ed accolto in casa sua quasi fossi un
figlio. Ed ora, parlandole al telefono, mi sentivo in colpa come se l’avessi
pugnalata alle spalle.
-Grazie tantissimo signora.-nella
mia testa frullavano una marea di domande che avrei voluto farle, ma nessuna in
quel momento sembrava la più adatta.
-Dan, dovresti
farmi un favore.-il suo tono di voce s’indurì.
-Certo.-
-Non dirle che ti ho chiamato, non
dirle niente. Se la prenderebbe.-
-Va bene.-annuii sebbene lei non
potesse vedermi.
-Un’ultima cosa
.-
-Mi dica…-
-Lena non sarebbe mai voluta andare
via. Solo tu puoi riportarla a casa Dan. Lei vuole sentirselo dire da te, solo
da te. Io ti ho lasciato il numero. La decisione ora sta a te e a ness…-la linea cadde.
-Pronto? Pronto?-
Guardai il foglio di carta
spiegazzato di fronte a me. Volevo chiamarla sin dal primo momento, ma non ne
avevo mai avuto l’occasione, tuttavia, proprio ora che potevo farlo avevo
paura. M’irrigidii.
Chiamarla o no?
Posai il cellulare sulla scrivania.
Contrassi la mascella continuando a guardare quel foglietto raggrinzito.
Scossi la testa.
L’avrei chiamata.
-Doug?- uscii
dalla camera per dirigermi verso il salone. Lo trovai a fare avanti ed indietro
per tutta la stanza, zampettando come la più stupida delle ragazzine che parla
con la migliore amica del suo cantante
preferito.
-Che c’è?- fece stupito.
-Mi serve il telefono.-mi guardò
accigliato.
-E chi devi chiamare a quest’ora?-
-Non sono affari che ti riguardano!
Saluta Giulietta e sgancia il telefono!-dissi tendendo il braccio nella sua
direzione.
-Uff!-sbuffò
guardando altrove-…Va bene…-
-Muoviti…-
-Ci sentiamo domani. Danny deve
chiamare non so chi. Si, lo so, rompe sempre!-
Pure!
Loro monopolizzavano il telefono ed io rompevo!?
-Doug? Ti vuoi
muovere?-
-Si, si…-attaccò, mi porse il
telefono ed io l’afferrai prima che ci potesse ripensare.
-Grazie.-mormorai.
Uscii in fretta e furia in balcone
ed ammirai il cielo più bello che avessi mai visto. Certo, faceva freddo ma in
compenso quello spettacolo di stelle era impagabile.
Composi il numero che la signora
Johnson mi aveva lasciato, e con il cuore a mille mi portai la cornetta
all’orecchio.
Squillava.
Uno,
due, tre…
3
-Pronto?-quella voce, Dio quanto mi
era mancata!
-L-Lena!-la sentì
trasalire.
-C-Chi è?-
-Sai bene chi sono-mi sbottonai la
camicia. Improvvisamente avevo cominciato a sudare e a sentire caldo.
-Già…-
Ci fu una pausa molto breve, ma per me durò secoli. Il suo respiro era irregolare, la sentivo
ansimare lentamente.
-Mi manchi.-sospirai.
Mi sentivo più leggero, come se mi fossi tolto un peso.
-Mi dispiace. Io n-non…-
-Lena, io voglio che torni!-
-Ormai ho preso la mia decisione Dan…-il tono della sua voce era deciso, come se fosse
veramente sicura di quello che stesse dicendo. Ma io sapevo che non era vero.
-Se Alicia non me l’avesse tenuto
nascosto, sarei venuto all’aeroporto per fermarti.-
-Alicia non te l’ha detto perché
gliel’ho imposto io.-
-Cosa?-mi spiazzò.
-Avevo preso in considerazione
l’idea che tu potessi venire. A dire il vero, Dan…-
le scappò una timida risata-…Ne ero certa-
-Io non capisco.-
-Se noi ci mettessimo insieme e
magari alla fine non andasse, Alicia e Doug ci rimetterebbero.-
-E loro cosa centrano? E se anche
fosse, loro sarebbero gli unici che non si separerebbero mai. Non passano un
solo istante lontani l’uno dall’altra.-
-Proprio per questo io non voglio
rovinare niente…-
Non mi convinceva, Lena non si
sarebbe mai fatta condizionare da una cosa così stupida. C’era qualcosa di più personale sotto.
-Mi odieresti se io non ti credessi?*-
le dissi provando a mantenere il controllo di me.
-No.-
-Ti fideresti di me se ti dicessi
che ti amo?*-
Aspettò prima di rispondere.
-Ora non più.-il tono della sua voce
era inflessibile, quasi un rimprovero.
-Cosa devo fare per riaverti qui con
me? Per farti capire che senza te io non sono nulla?-
-La cosa più semplice che tu possa
fare.-
-Cioè?-
-Indovina…-
E riattaccò.
4
Ed ecco che in dieci minuti il mondo
mi era crollato addosso. Che cosa potevo fare? Che diavolo voleva che facessi
Lena?
Rientrai in casa e rimisi a posto il
telefono. Barcollando mi diressi in camera, gettandomi sul letto a peso morto.
-No, non è possibile! Ma si che ti
credo, solo…Sono stupito!-
Mi sedetti sul letto, tesi
l’orecchio. Non potevo crederci! Ancora che parlava con lei? Chinai la testa
scuotendola. Non era possibile. Si sarebbero visti in non meno di dodici ore,
giusto il tempo di dormire.
Quei due erano incredibili.
Sorrisi fra me e me, pensando che al
suo posto potevo esserci io. E invece eccomi qui, seduto a gambe incrociate,
rimuginando sulle cose che Lena mi aveva detto. Supponendo che non avrei mai saputo la ragione per la quale se
n’era andata.
Ero destinato a fallire. A perdere
Lena. Per sempre.
Strinsi la mano in un pugno, e
maledissi con tutta la rabbia che mi portavo dentro il dannato che aveva
inventato il «…E vissero tutti e felici
e contenti.»
Perché in quel suo maledetto lieto
fine aveva omesso me.
*Frasi entrambe
riprese da Forget all you know
di Danny *w*
Rispettivamente: would you hate me If I don’t
believe you? E: Would you trust me if I said I love you?