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Autore: Stellalontana    25/02/2010    1 recensioni
Salve a tutti. Questa storia è nata come un esperimento. Visto che il mio primo esperimento originale è andato relativamente bene (se qualcuno vuole dargli un'occhiatina non deve fare altro che fare un salto nel mio account. Lo riconoscete subito perchè oltre a questa storia è l'unica originale) spero che anche questo vada altrettanto bene. Questa storia è ambientata in un mondo che ho chiamato Yaralyia, dove vivono anche maghi (i più classici, lo so, ma sono affascinata dalla magia^^') e gente comune. I protagonisti sono un ladro, una strega, un giocoliere cieco e una "generalessa" (si dice? boh... nell'incertezza lascio così, tanto capitere in seguito quello che voglio dire, se leggerete...). La storia ruota attorno ad un ciondolo di metallo a forma di cuore che da il nome alla storia. Ci saranno battaglie e avvntura perciò spero che un po' il primo capitolo vi incuriosisca e che mi lascerete un vostro commento, comprese le critiche. Vi lascio alla storia. ^Stellalontana^---- ps: ho messo rating giallo, ma ancora non come finirà la storia, perciò se dovessi cambiarlo vi avvertirò almeno un capitolo o due prima della "svolta". ps2: non posso mettere avvertimenti perchè nessuno copre quello che veramente è la storia: se a qualcuno desse fastidio un tema che tratto me lo faccia sapere.
Genere: Generale, Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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capitolo 9


Capitolo nove - I Cancelli del Drago



-Adrian-


Adrian si passò una mano sulla fronte. Un vento gelido sferzava i quattro da ore ormai. A nulla erano valsi i mantelli e i cappelli di lana grezza, a nulla i pallidi raggi del sole che s’intravedevano tra le nubi grasse di pioggia.
Adrian avanzò ancora per un tratto, prima di cadere a ridosso del roano, che nitrì di frustrazione. Si issò di nuovo in piedi aiutandosi con le redini. Non vedeva nulla che non fosse polvere e nebbia nel raggio del metri. La sua visuale era interamente oscurata dai detriti e dalla sabbia che il vento rabbioso sollevava. Sospirò, e tornò sui propri passi, avvicinandosi a tentoni alla caverna che avevano trovato sotto una collina, per ripararsi.
Si spolverò i pantaloni e la casacca e legò il roano ad un spuntone della roccia. Si appoggiò alla parete.
-Niente di nuovo, vero?- la voce di Dedalo gli arrivò dal fondo della caverna, dove lui, Zaffiro e Omega avevano acceso un paio di fuochi, per scaldarsi e cuocere quello che era rimasto loro della caccia del giorno prima. Adrian scosse la testa e si avvicinò a loro. Si sedette tra Omega e Dedalo, avvicinando le gambe al petto.
-Solo polvere e vento, purtroppo. Non possiamo fare altro che aspettare che la tempesta passi-
-Già- convenne Omega, appoggiandosi all’indietro sul mantello che aveva steso sul pavimento di roccia -ma quanto? Abbiamo già perso un sacco di tempo per aggirare Mirath e Ornel. Non credi che dovremmo...-
-Non possiamo passare attraverso la tempesta in questo momento- negò Adrian -Non ho mai visto niente di simile. Non so quanto può durare-
-Con la mia magia forse...-
-Rischieremmo di perderci- intervenne Dedalo -non è prudente affrontare una tempesta simile-
-Dedalo ha ragione- Adrian incrociò le gambe e appoggiò i gomiti sulle ginocchia -dobbiamo solo aspettare. Non possiamo camminare con questo vento, soprattutto adesso che sta per calare la notte-
Omega dovette annuire. Adrian la guardò. Aveva il volto tirato dalla stanchezza e sotto gli occhi profonde ombre scure. Non riposava bene, da quando avevano cominciato ad avvicinarsi ai Cancelli del Drago, l’ultimo avamposto della civiltà in mezzo a quella landa desolata che era il terreno del Grande Nord. Erano ormai passati giorni da quando Omega aveva incontrato il padre a Rouena. Da quel giorno era sempre stata più taciturna e meno allegra. Ma Adrian sapeva che c’era qualcosa che Omega non voleva dire. Qualcosa che la turbava ancora di più della tempesta e dello Stregone, sempre più vicino.
Ad un tratto sentì che qualcuno gli strattonava la manica. Alzò gli occhi. Era proprio Omega. Fece un cenno con la testa, indicandogli i cavalli e si alzò con un unico movimento fluido. Adrian la seguì, sotto lo sguardo vigile di Zaffiro, che da ore non proferiva parola. Omega si avvicinò alla parete appoggiandovi la schiena, le mani sulle cosce coperte dai pantaloni di lana. Si guardò per un po’ intorno, accertandosi che né Dedalo né Zaffiro potessero vederli. Non parlò per lunghi minuti, e Adrian cominciava a spazientirsi. Era stanco, voleva andare a dormire, perciò avrebbe preferito che Omega non ci mettesse ore.
-Che cosa succede?- chiese alla fine, appoggiando entrambe le mani sui fianchi.
Omega si riscosse. Lo guardò, gli occhi neri cerchiati di stanchezza.
-Potrei fare qualcosa di... strano in questi giorni- rispose lentamente -Io... sono molto stanca, non dormo bene la notte-
-Lo so- replicò Adrian -ti sento quando ti alzi-
Omega voltò la testa di lato, e, anche se la luce in quella parte della caverna era fioca, Adrian giurò che fosse arrossita. -Siamo noi la causa?- chiese facendo un cenno verso Dedalo e Zaffiro. Omega negò.
-Io... faccio strani sogni da un po’ di tempo a questa parte. Dolore, sofferenza- si prese la testa fra le mani -non li sopporto più-
Adrian non sapeva che fare. Con Omega non si poteva mai sapere che cosa fosse giusto o sbagliato fare. Si limitò a sfiorarle la spalla con una mano. La ragazza rabbrividì, e un piccolo sorriso le illuminò il volto.
-C’è magia qui- disse -e molto potente. Mi chiama- scosse la testa, -non so se puoi capire, Adrian. Ogni mago soffre quando è lontano dalla magia, ma qui... tutto ne è impregnato. Tutto... è come se la magia trasudasse dall’aria, dall’acqua, perfino da voi stessi. E io... io ho paura- si lasciò sfuggire un sospiro -perché è magia antica, di quella che non posso controllare-
Adrian trasalì. Omega gli aveva stretto il polso in una morsa. Strinse i denti. -Che cosa vuoi dire?-
-Magia nera- rispose Omega, gli occhi neri che si riducevano a fessure -Magia antica, dimenticata. Lorenlin, il mio maestro, mi ha insegnato alcuni incantesimi. Per questo so come riconoscerla. Ed è un bene, sai?- finalmente gli lasciò il braccio. Adrian resistette alla tentazione di sospirare di sollievo. Avrebbe potuto rompere il delicato equilibrio dei nervi di Omega. -È un bene- continuò lei, vedendo che Adrian non parlava -perché altrimenti mi ucciderebbe-
Adrian  non disse nulla. Aveva timore di dire qualcosa. Omega sembrava sul punto di scoppiare in lacrime. I suoi occhi erano colmi di terrore e Adrian non sapeva che cosa fare per aiutarla.
-Che cosa... che cosa posso fare?- chiese alla fine allargando le braccia. -Io non sono un mago-
-Meglio- rispose Omega, e  il volto si illuminò un poco -perché se lo fossi allora non potresti aiutarmi- Omega fece uno scatto e gli afferrò entrambe le braccia con una forza innaturale. -Dimmi che mi aiuterai- lo supplicò.
Adrian strinse gli occhi. -Mi fai male- gemette. Omega allentò la presa ma non lo lasciò andare. Lo fissò negli occhi senza abbassare lo sguardo di un millimetro.
-Sì- capitolò Adrian -ti aiuterò. Ma non dovevi nemmeno chiedermelo: l’ho sempre fatto-
Omega lo lasciò andare. Sembrava svuotata. Si accasciò alla parete e Adrian fece appena in tempo a sorreggerla prima che si schiantasse contro il pavimento.
-Non riesco a dormire- pianse Omega sulla sua spalla -se ti sono lontana- aggiunse poi sollevano gli occhi bagnati di lacrime. Adrian aggrottò le sopracciglia, senza capire cosa Omega volesse dire.
-Che cosa significa?-
-Non lo so- ammise frustrata lei con un sospiro mentre si aggrappava alla sua casacca -ma se lo sapessi, almeno potrei smettere di fare quei sogni-
-Raccontameli- disse allora Adrian sedendosi accanto a lei. Omega sollevò lo sguardo, poi appoggiò la testa sulla sua spalla. -È sempre tutto nero. Sempre la stessa notte, senza stelle né luna. E sono sola. Sento delle voci che mi chiamano, tutte insieme. Sibilano, sussurrano, e sono sempre più vicine. Mi metto a correre ma non vado da nessuna parte e alla fine mi appare un teschio che ride e dagli occhi escono dei serpenti che mi si avvinghiano alle caviglie e mi sbattono a terra- adesso Omega piangeva senza più ritegno. Adrian ringraziò l’ululare del vento per coprire i suoi lamenti. Ad un tratto la voce di Dedalo lo chiamò.
-Adrian? Tutto bene?-
-Sì- urlò di rimando Adrian -tutto a posto, arriviamo subito!-
Omega si strinse ancora più forte contro di lui, come se fosse l’unico appiglio prima di un precipizio. -E poi il sogno finisce e mi sveglio più stanca di prima. Oppure non riesco per niente a dormire- concluse tirando su col naso.
Adrian soppesò quello che Omega gli aveva detto. Non era un mago, ma nemmeno un ingenuo. Omega aveva paura del buio.
-Hai detto che fai questi sogni se mi sei lontana- replicò lentamente -come lo sai?-
-L’ultima volta che ho dormito vicino a te non ho sognato nulla. Ho dormito una notte intera. L’ultima da una settimana a questa parte- replicò lei. Ad Adrian parve di sentire una nota di imbarazzo nella voce di Omega.
-E allora perché dormi lontana da me adesso?-
-Non volevo... non volevo che tu pensassi...- Omega si bloccò, abbassando la testa. Adrian le sollevò il viso, ma lei non volle guardarlo. Sospirò.
-Io non penso niente- disse in tono neutro -se dormire vicino a me ti da qualche sollievo allora fallo. Io non ho nulla in contrario-
A quel punto Omega lo guardò. Sembrava che fosse più tranquilla. Almeno aveva smesso di piangere. Adrian l’aiutò ad alzarsi. -Avanti, torniamo dagli altri. Si staranno chiedendo che cosa stiamo facendo-
Omega sistemò le sue coperte a ridosso di una parete, mentre Zaffiro dall’altra parte. Adrian ancora non capiva il perché di quest’ostilità di Zaffiro. La ragazzina sembrava aver preso a cuore la “missione” che li spingeva così a nord. O  forse voleva soltanto vedere fin quanto sarebbero andati avanti prima di desistere. Adrian afferrò il ciondolo sotto la camicia. Brillava sinistro alla luce rossa del fuoco. Prima o poi se lo sarebbe tolto dal collo. Ci credeva, o almeno ci sperava. Recuperò le sue coperte e le sistemò accanto a quelle di Omega. La ragazza lo guardò con gratitudine, ma non disse nulla. Quando Adrian alzò gli occhi incontrò quelli di Zaffiro. La ragazza lo guardò per un momento con astio, poi gettò della sabbia sul fuoco. Questo sfrigolò e sputacchiò zampilli contro Adrian.
-Fa attenzione- sibilò.
Zaffiro alzò il mento. -Non sono io quella che dovrebbe fare attenzione-
Adrian le si avvicinò di un passo. -Che cosa vuoi dire?-
La ragazza si morse un labbro, prima di proferire parola. -Non mi fido di Omega- accennò alla ragazza che si coricava dietro Adrian -Non mi sono mai fidata... ti guarda... come se ti volesse mangiare- l’accusò con una nota di disgusto.
Adrian sentì il sangue salirgli al volto. Scosse la testa e si voltò. -Addirittura?- chiese. -Non t’immischiare, d’accordo, Zaffiro? Non sono affari tuoi-
-Ma io...- Zaffiro sembrava sul punto di dire qualcos’altro, ma si fermò -Hai ragione. Non sono affari miei. Buonanotte Adrian-
Adrian non rispose e si coricò accanto a Omega. La ragazza era crollata.
Adrian rimase a guardarla dormire anche quando le fiamme del fuoco si furono spente e nella caverna fu piombata una penombra spettrale. Sembrava tranquilla.
Poi all’improvviso Omega articolò qualche parola. Doveva sognare. Adrian fu sul punto di svegliarla, ma poi le parole presero senso.
-Adrian...- il volto di Omega si indurì -no... lascialo... lascialo andare... non lui...-
Sognava. Lo stava sognando. Adrian la scosse. Non voleva sentire una parola di più. Omega si svegliò spalancando gli occhi. quando lo mise a fuoco sospirò di sollievo. Adrian deglutì.
-Scusa se ti ho svegliato-
-Hai fatto bene, per quanto mi ricordo- rispose lei con un brivido. Lo guardò per un po’, poi gli si fece più vicina. -Dammi la mano- lo pregò.
Adrian le prese la mano, appoggiandola alla coperta arrotolata che usava come cuscino. -Dormi adesso-
Omega chiuse gli occhi.
-Grazie- la sentì sussurrare Adrian mentre anche lui si abbandonava al sonno. Adrian sorrise.
Per gli dei, pensò prima di addormentarsi, non mi starò mica rammollendo?


****

-Dedalo-

Dedalo era sveglio già da un paio d’ore quando sentì il rumore dei respiri dei suoi compagni cambiare. Il primo a svegliarsi fu Adrian, che, con un salto, dovuto probabilmente alla lucertola che gli camminava sulla faccia, si scrollò la polvere della caverna dai vestiti. Dedalo alzò una mano per fargli capire che era sveglio, ma non disse nulla. La tempesta si era placata quella notte. Si era svegliato nel bel mezzo di un incubo e non era più riuscito a prendere sonno. Quando sentì Adrian avvicinarglisi si alzò a sedere, puntando i gomiti sulla coperta. Aveva mal di schiena, ma non si lamentò. L’ultima cosa che voleva era la pena dei suoi compagni. Bastava già la compassione che leggeva nella voce di Zaffiro ogni volta che gli si rivolgeva.
-Le nostre fanciulle dormono ancora- sentì il commento a mezza bocca di Adrian, mentre il ragazzo si affrettava ad accendere il fuoco. La temperatura era scesa durante la notte e sarebbe certamente stata una giornata fredda.
-Lasciale dormire ancora un po’- rispose, mentre si alzava. Ripiegò la coperta, toccando gli angoli, per accertarsi che fosse piegata secondo le linee della sera prima, altrimenti non l’avrebbe potuta infilare all’interno della bisaccia. Adrian sbuffò alla sua sinistra. Dedalo sentì lo scoppiettio del fuoco e si avvicinò al ragazzo. Tese le mani contro il fuoco e il tepore lo rinfrancò.
-Non hai avuto una buona notte?- chiese. Sentì Adrian ridacchiare sommessamente.
-Non io. Omega- probabilmente fece un cenno verso la ragazza addormentata alla destra di Dedalo -ha avuto una nottataccia. Agitata-
Dedalo annuì. Si toccò la tasca dei pantaloni. Naudiz era ancora al suo posto. Tremava per quello che gli sarebbe potuto succedere se l’avesse messo. Adrian non sapeva niente sulla maledizione, sulle storie che si raccontavano sul conto dei cinque ciondoli. E lui le aveva soltanto sentite. Non le aveva mai lette, né qualcuno gliele aveva lette, ma non poteva credere che fossero tutte vere. Si narrava dello Stregone e della prima regina di Yaraliya come se fossero ancora in vita dopo più di millecinquecento anni. Ma come poteva essere così? Dedalo non aveva alcuna idea di quello che avrebbero trovato una volta oltrepassato l’altopiano. Se fossero riusciti a sopravvivere ai Guardiani, ovviamente. Ma Omega non era una Strega? Qualcosa la sua magia doveva pur valere, anche in quelle terre desolate. Incrociò le gambe, appoggiando entrambi i gomiti sulle ginocchia. Se c’era una cosa che non sopportava era l’attesa. Aveva deciso di seguire Adrian non certo per spirito di avventura, ma perché sperava che i ciondoli potessero aiutarlo a riacquistare la vista. Anche se era soltanto una magra speranza non poteva non cercare di raggiungerla. E poi, magari avrebbe potuto raggiungere di nuovo i suoi guitti. E sua sorella.
-A cosa stai pensando?- Adrian gli strattonò una manica della camicia. Dedalo sorrise e scosse la testa.
-Niente di speciale- rispose.
-Vado a svegliare le belle addormentate- lo informò Adrian con una nota stanca nella voce.
-Anche tu non hai dormito bene, vero?- Dedalo allungò la mano per afferrare la tunica di Adrian prima che si alzasse. Lo sentì reagire allo strattone con uno sbuffo.
-No. Non molto. Ho dormito, ma... mi sento più stanco di quando sono andato a dormire-
-Queste terre- commentò allora Dedalo aggrottando la fronte -sono malvagie. Nessuno si spinge così lontano, se può farne a meno-
-È proprio questo il punto. Io non posso farne a meno- sentì la voce di Adrian diventare fredda -morirò se non trovo il modo di togliermi questo maledetto ciondolo-
Dedalo stava per rispondere quando la voce di Zaffiro, ancora carica di sonno si fece largo nel silenzio della caverna. -Beh, te la sei cercata- commentò sprezzante.
Dedalo sentì che Adrian stringeva i pugni. Lo strattonò ancora per la tunica in una muta supplica. Lascia perdere. Non aveva voglia di litigare. -Va a svegliare Omega- disse poi.
Dedalo sentì Zaffiro avvicinarsi, e sedersi alla sua destra, sbuffando. -Buon giorno, comunque-
-Buon giorno a te- Dedalo sorrise. -Sei ingiusta con Adrian-
-Dico solo quello che penso- replicò glaciale Zaffiro, toccandogli appena il ginocchio quando incrociò le gambe.
-Sì, ma dovresti farlo con più attenzione. Rischi di ferirlo-
-Non è mia intenzione- ribatté lei colta sul vivo. Si scostò appena, ma rimase il più vicino possibile al fuoco.
-Sono sicuro di no- rispose allora Dedalo trattenendo a stento un ringhio. Non aveva visto, ma sentito qualcosa che non andava in Zaffiro. La ragazza non era assolutamente quello che voleva far credere. In fondo erano tutti nella stessa barca e ognuno di loro aveva un tornaconto, ma lei? Che cosa ci guadagnava a seguire Adrian e Omega? Che cosa avrebbe trovato lei, in fondo a questa storia? Dedalo sperava di ritrovare la vista perduta, ma Zaffiro? Che cosa poteva volere un generale della guardia di Tenebra? Dedalo non glielo avrebbe chiesto, ma sperava che potesse almeno essere un valido motivo, per rischiare la pelle.
-Omega non mi piace- disse Zaffiro ad un tratto -non mi è mai piaciuta-
-Questo perché è molto più legata ad Adrian di quanto lo sia tu- Dedalo non poté mascherare la cattiveria di quel commento. Sentì il fruscio dei capelli di Zaffiro quando lei si voltò verso di lui. Era quasi sicuro che la sua espressione fosse irritata.
-Che cosa stai farneticando?-
-Dico soltanto che forse dovresti parlare con Adrian- Dedalo raccolse da terra il bastoncino che aveva sentito quando si era seduto e se lo rigirò fra le lunghe dita -e chiarire questa storia, una volta per tutte-
-Quale storia?- chiese ancora Zaffiro. La sua voce era imbarazzata e Dedalo non fu felice di aver colpito nel segno.
-Ti ostini a negarlo, ma Adrian ti piace-
Dedalo non riuscì a scostarsi e il pugno di Zaffiro lo colpì con forza sulla spalla. La ragazzina si alzò, senza aggiungere altro e si risistemò lontano da lui. Dedalo si massaggiò la spalla indolenzita e mugugnò scontento.
-Tutto bene?- Omega si sedette accanto a lui, mentre Adrian dal’altro lato.
-Tutto in ordine- replicò Dedalo sorridendo, continuando a massaggiarsi la spalla.
-Che cosa ti ha detto?- chiese Adrian. Ma Dedalo sapeva che la domanda non era per lui. Non sentì la risposta di Zaffiro, ma poco importava, sapeva che cosa la ragazza pensava di lui. L’aveva sentita commentare con malagrazia che un “cieco avrebbe rallentato il passo”. Si costrinse a non dire altro, mordendosi la lingua. Lei non sapeva. Lei non poteva immaginare che cosa si provava a non poter vedere. Non poteva sapere che cos’era la vita per lui.
-Va tutto bene, Adrian- lo blandì alla fine, sfiorandogli la camicia. -Abbiamo soltanto avuto una divergenza di opinioni- si alzò -andiamo, dobbiamo riprendere la marcia, o non arriveremo mai all’Altopiano-
Risistemarono quello che era rimasto delle loro bisacce e uscirono nel sole della mattina. Il calore del sole riscaldava piacevolmente le ossa indolenzite di Dedalo. Respirò a fondo l’aria frizzante e salì sul cavallo, mentre Adrian lo teneva fermo.
Quando anche gli altri si furono issati sui propri cavalli Omega gli gettò la corda con cui legò il pomello della sella. Adrian spronò il cavallo e partirono in colonna, costeggiando le colline.
Ad un tratto Dedalo sentì la voce di Zaffiro dietro di lui. -Mi dispiace di averti colpito-
-Non importa- rispose lui, abbandonando le mani contro la criniera del cavallo, lasciando che la guida di Omega sostituisse la sua.
-No, importa invece- la sentì sospirare -io... non lo so che cosa mi prende. Mi sento sempre più strana. Ho la sensazione che questo posto sia... cattivo-
Dedalo trattenne il fiato per un momento. Era sicuro che tutti lì si sentissero così.
-Non è solo una tua impressione, Zaffiro- rispose. -Anche io mi sento strano, da un po’ di tempo a questa parte. Ma non volevo dare la colpa all’Altopiano-
-Forse è lì che abita lo Stregone- ipotizzò allora lei. Dedalo scosse la testa.
-No. Lo Stregone non ha mai abitato nell’Altopiano. Non leggevi le storie degli antichi? A me hanno sempre raccontato di un castello enorme nascosto dalle nuvole-
-Già- sentì la risata sprezzante di Zaffiro -anche a me. Ma a me le raccontavano per spaventarmi. Non c’era niente di romantico in quelle storie-
-Perché sei diventata un soldato?- chiese allora Dedalo voltandosi leggermente.
Sentì Zaffiro sbuffare. Ci fu un minuto si silenzio. Dedalo poteva percepire il cinguettio degli uccelli e il muoversi delle foglie al vento. Poi la ragazza ridacchiò e il silenzio fu spezzato.
-Mio padre ha voluto così. Io non avrei mai pensato di diventare un soldato. Non mi è mai importato nulla di etichette e scuole di buone maniere, intendiamoci. Ma io volevo fare tutt’altro. Volevo diventare erborista, come mia madre- Dedalo la sentì ridacchiare ancora. Forse rideva di se stessa. -Ma poi Fede fu convocato alla scuola degli Stregoni, e così il fardello dell’accademia delle armi passò a me. Avevo solo sette anni quando mio padre mi insegnò per la prima volta a battermi con la spada-
Dedalo non rispose. Doveva aver avuto una vita non facile, a Tenebra. Lui non poteva capire la sua arroganza o la sua ostilità nei confronti dei rapporti umani. Lui era sempre stato libero di fare ciò che voleva, vivere come più gli piaceva. Aveva sempre fatto tutto quello che voleva fare, e nessuno gli aveva mai detto “questo non si può”. Non aveva mai disobbedito ai propri genitori, certo, ma loro non c’erano stati a lungo e aveva dovuto imparare a guadagnarsi il pane per conto proprio. Dedalo ricordava molto bene quando aveva conosciuto Adisa, che poi era diventata sua moglie, ad uno spettacolo, quando già lavorava con i guitti. Adisa era bellissima, con i capelli biondi e gli occhi castano chiaro. Le aveva chiesto se poteva accompagnarla a casa quella sera. Adisa aveva rifiutato. Non si erano visti per un anno intero, fin quando la sua compagnia non era tornata in quel piccolo villaggio a ridosso delle montagne. Adisa era scappata di casa per rimanere con lui e quando i suoi genitori l’avevano scoperto era ormai troppo tardi.
-Fermi!- Dedalo sentì lo strattone della corda prima che potesse fermare il cavallo e ci mancò poco che rovinasse a terra. Sentì Omega tirare la corda e lui ebbe il tempo di rimettersi in piedi.
-Dove siamo?- chiese.
-Ai Cancelli del Drago- rispose Adrian.
Omega lo guardò. Sembrava che all’improvviso fosse diventato più vecchio.
-Sono questi allora...- commentò.
-Mi potete aggiornare?- chiese dietro di lei Dedalo. Omega tirò il cavallo del giocoliere più vicino.
-Neri- disse -Ed enormi. Non c’è molto da dire-
Davanti a loro, incastrati in una catena di montagne c’erano i Cancelli del Drago. Sbarre di ferro nero con enormi catene a chiuderne le due ali salivano per almeno duecento piedi sopra le loro teste. Anche se qualcuno avesse tentato di scalarli in cima avrebbe trovato punte acuminate e taglienti che lo avrebbero ucciso seduta stante. Sembrava che quelle montagne fossero nate lì dal nulla. Omega sapeva che erano sempre state in quel luogo, che provenivano da tempi così lontani da essere stati dimenticati, ma come avessero fatto a costruire quei cancelli o chi l’avesse fatto, lei non ne aveva nemmeno la più vaga idea. Aveva sentito molte storie, tante versioni di un solo racconto, e a sentire i cantastorie erano vere tutte, ma mai, mai nessuno era arrivato tanto lontano dalla costa per scelta.
Omega si sentiva così piccola in quel momento, che un brivido di terrore le attraversò la schiena. Adrian si voltò indietro per guardarla.
-Qualche idea?- chiese titubante. Omega scosse la testa senza rispondere.
-Come facciamo ad entrare?- Zaffiro si avvicinò a lei, gli occhi fissi sui cancelli.
-Non ne ho idea- rispose a quel punto Omega, sospirando. Rimasero in silenzio alcuni minuti, fissando sconcertati gli enormi cancelli. Adrian voltò il cavallo.
-Si sta facendo buio- disse osservando il cielo grigio -e pioverà. Ci conviene cercare un riparo. Ci penseremo domani mattina a come passare dall’altra parte. Forse durante la notte ci verrà qualche idea-
Omega osservò per un ultimo momento i cancelli.
Vieni da me.
Rabbrividì. Era la stessa voce che sentiva in sogno. Lo stesso sibilo che da molte notti a quella parte le faceva desiderare di non dormire mai più.
-Omega!-
La ragazza spronò il cavallo e raggiunse gli altri. Qualcosa, oltre i cancelli, li stava osservando




ARALUNA_ Ciao carissima! Sono all'università che aspetto di andare a lezione perciò devo fare velocissimaaaaaaaa!
 Spero che ti piaccia questo capitoletto e spero anche che tu aggiorni presto Benzoino!!!!

Baciiiiiiiiiiiiii!!!

Stellalontana





   
 
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