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Autore: nina and his smile    25/02/2010    7 recensioni
Una donna non nasce mai assassina. Cosa ha sconvolto Bellatrix, lacerandola nel profondo e accendendo una miccia letale?
Su di lui il crudele gioco della passione era scivolato senza lasciare cicatrici, permettendo che ogni superficiale ferita si rimarginasse; Bellatrix invece era rimasta ferita, lacerata. Morta una volta, quando la scomoda spia del loro peccato se ne era dovuta andare velocemente, senza che nemmeno un pianto ne tradisse l'essenza. Morta di nuovo nel sapere che l'anima che ancora sentiva viva non sarebbe mai tornata.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bellatrix Lestrange | Coppie: Lucius/Bellatrix
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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il giorno Il giorno in cui Bellatrix diventò un'assassina.

-Signora Lestrange, mi duole comunicarle questo responso. Lei non può avere bambini-
Bellatrix non colse subito il significato delle parole pronunciate dal guaritore, ma le udì piuttosto come suoni indistinti che non aveva tempo di ascoltare; per questo si voltò con leggerezza a guardare il mago, certa di aver frainteso.
-Cosa?- chiese in fretta, desiderosa di poter tornare a svolgere le sue abituali occupazioni senza quel fastidioso ometto di mezza età tra i piedi.
-Non le è possibile rimanere incinta, signora- spiegò con voce incerta ma professionale il guaritore. -Purtroppo ho riscontrato un danneggiamento causato da un aborto impropriamente eseguito, motivo per il quale non potrà dare a suo marito il desiato erede-.

Ecco, quello fu l'istante in cui tutto crollò. Il pregiato pavimento di cotto svanì sotto i piedi di Bellatrix per lasciare il posto ad una terrificante voragine, una caduta nel vuoto senza possibilità di appiglio.
L'espressione rigidamente composta della donna si sciolse come gesso sotto la pioggia, togliendole per la prima volta la maschera che era solita indossare e liberando tutto ciò che si celava dietro. Per la prima volta nella sua vita, terrore.
-Signora...- fece esitante il guaritore vedendola vacillare. Bellatrix si lasciò cadere su una poltrona, cercando disperatamene di afferrare l'ultimo briciolo di autocontrollo prima che questo potesse sfuggirle.
-Signora Lestrange, sono molto dispiaciuto. Lasciatevi aiuta...-
-Se ne vada!- strillò violentemente Bellatrix, fecendo sobbalzare l'uomo. -Se ne vada immediatamente! FUORI!-
Dopo un breve inchino il guaritore scappò in fretta, seguendo la direzione indicata tutt'altro che amichevolmente dal gesto furioso della donna.

Bellatrix aveva perso completamente il controllo. Rimase a lungo immobile nella posizione in cui il guaritore, richiudendosi la porta alle spalle, l'aveva lasciata: seduta scompostamente sulla preziosa seggiola, con un braccio rivolto verso l'uscita, l'indice puntato.
Quanto aveva appena appreso impiegò parecchi istanti ad apparire chiaro di fronte a lei. Dapprima fu una violenta scossa, poi la menzognera incredulità tentò di convincerla che non avesse mai sentito quelle parole.
Lei non può avere bambini... non le è possibile rimanere incinta.
Fu una vampata; all'improvviso l'incendio scoppiò e dilagò velocemente nella sua anima, quasi tentando di riacquistare il tempo perduto. Bellatrix si abbandonò alle fiamme, non trovando la forza sufficiente a combatterle. Il bracio teso crollò sotto il peso dei violenti brividi, e in un attimo le braccia furono strette intorno all'addome e il capo chino sulle ginocchia, nascosto dai lunghi capelli. Chiusa in sè stessa, nel suo inferno, con le lunghe dita a stringere convulsamente il grembo inutile, infecondo. Vuoto.
Vuoto come avrebbe voluto che fosse la sua anima, impregnata invece di errori sommati ad altri errori, sbagli, peccati.
...un danneggiamento causato da un aborto impropriamente eseguito...
Aveva cercato a lungo di dimenticarsene, provato in ogni modo a disfarsi di quel ricordo, di quel giono, di quel gesto... di quel dolore. Quel folle atto che al momento le era sembrato l'unica alternativa a sua dispoizione, e che quindi aveva compiuto sperando di poterselo in seguito lasciare alle spalle. Sì, sapeva che avrebbe sofferto per qualche tempo, che sarebbe stata male per un periodo più o meno lungo... quello che non era riuscita ad immaginare era che quel peso l'avrebbe tormentata per il resto della sua vita. Ma allora, che alternativa avrebbe mai potuto trovare? Cosa avrebbe potuto fare trovandosi un bambino in braccio a diciassette anni, con un promesso sposo e un figlio di sangue altrui? Nobile, certo, pur sempre un sangue nobile... un sangue che lei stessa aveva a lungo assaporato, respirando ogni centimetro della pelle di Lucius Malfoy, accarezzandone i biondi capelli nel segreto di un'aula vuota... arrivando troppe volte dove non sarebbero mai dovuti arrivare...
Dove mai avrebbero dovuto mettere piede due purosangue con una promessa di matrimonio stipulata altrove.
E invece avevano perseverato, folli della loro giovinezza, padroni del mondo ogni volta che rimanevano soli; convinti di poter beffare il mondo, di poter avere tutto dalla vita. Avevano giocato il loro gioco proibito, credendo poi di esserne usciti vincitori... per Bellatrix invece non era stato così, no. Lei aveva perso.
Lucius aveva vinto. Lui aveva contratto il suo nobile matrimonio e, appena qualche settimana prima, aveva avuto il suo erede e con esso la stima di tutti. Era innamorato della sposa, orgoglioso del figlio, del tutto dimentico dell'antica amante. Su di lui il crudele gioco della passione era scivolato senza lasciare cicatrici, permettendo che ogni superficiale ferita si rimarginasse; Bellatrix invece era rimasta ferita, lacerata. Morta una volta, quando la scomoda spia del loro peccato se ne era dovuta andare velocemente, senza che nemmeno un pianto ne tradisse l'essenza. Morta di nuovo nel sapere che l'anima che ancora sentiva viva non sarebbe mai tornata.
Realizzazione contro incompletezza, gioia contro dolore, forza conto abbandono, pienezza contro vuoto, compagnia contro solitudine, superamento contro rimpianto. Lucius aveva vinto, Bellatrix aveva perso. Dunque erano queste le sorti di un gioco maledetto, osato insieme ma concluso con un vincitore ed un vinto.
Ed un morto.
Una dolce presenza dapprima odiata, sottovalutata, ma che con il tempo aveva imparato a lasciarsi accarezzare docilmente dalle mani della madre, compiacendola dal profondo della sua anima. Bellatrix aveva sempre sostenuto quell'orribile consapevolezza, indelebile nella sua coscienza, sapendo che un giorno avrebbe finalmente permesso al suo bimbo di avere un corpo, una vita, forse persino un padre.
Vedendo la sua creatura tardare aveva avuto paura.
Poi, tutto era crollato sotto il peso insopportabile di una nuova coscienza: lui non sarebbe mai tornato. L'aveva perso, per sempre; dopo averlo a lungo trattenuto per impedirgli di lasciarla, suo figlio era volato lontano da lei là dove non avrebbe mai potuto raggiungerlo.
Così Bellatrix non potè fare altro che restare accasciata sul freddo ed elegante pavimento, cullando dolcemente un pezzo di sè che avrebbe dovuto completarla e che, invece, non le avrebbe mai potuto tenere compagnia.

E questo, signori, è il motivo per il quale Bellatrix divenne un'assassina.
Il motivo per il quale la donna, abbandonata e disperata, aveva ucciso ciascuna delle sue vittime.
Bellatrix aveva bisogno di rivivere continuamente il suo orrendo delitto, rivedere ogni cosa con precisone, omicidio dopo omicidio, ancora, di nuovo, per sempre in un inferno che non sembrava volerle offrire la pace. Aveva bisogno di analizzare ogni dettaglio provando e riprovando, senza mai riuscire ad essere soddisfatta; doveva scoprire tutto quello che aveva fatto il giorno in cui aveva perso per sempre il suo bambino.
Aveva bisogno di convincersi di non aver sbagliato, uccidendolo. Nella sua crescente ed irreparabile follia, non poteva smettere di uccidere perchè doveva accertarsi che l'omicidio fosse la strada giusta, l'unica percorribile.
Aveva bisogno di accertarsene. Doveva essere così, per forza.
Non c'era altra spiegazione.
Le labbra di Bellatrix non cessarono mai di ripeterlo, ma il suo cuore non riuscì mai ad ascoltarle.
  
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