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Autore: Allemande    01/03/2010    3 recensioni
Tutte le volte in cui Merlin aveva immaginato il momento in cui avrebbe detto ad Arthur della sua magia, non gli era mai venuto in mente nulla che potesse essere meno spettacolare. (Traduzione!)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimers: I personaggi non mi appartengono, non detengo alcun diritto su di loro. La serie Merlin è di proprietà della BBC.
Il racconto in questione appartiene ad Allemande,che mi ha concesso il diritto di tradurla, io Appletree sono solo la traduttrice. Avevo pubblicato questa storia nel mio account ma ho dovuto aprire un nuovo account a nome della scrittrice per via delle regole del sito, quindi sarebbe magnifico che chi l'aveva già commentata lo rifacesse anche qui perchè le recensioni precedenti andranno perdute. grazie a tutte, Appletree.
La storia originale può essere letta qui:
http://www.fanfiction.net/s/4728002/1/The_trouble_with_being_an_idiot




The trouble with being an idiot (Il guaio di essere un idiota)

Tutte le volte in cui Merlin aveva immaginato il momento in cui avrebbe detto ad Arthur della sua magia, non gli era mai venuto in mente nulla che potesse essere così poco spettacolare.

Lui aveva spesso immaginato che sarebbe stato un momento eroico, o almeno – visto che non si considerava un grande eroe come lo era Arthur - uno importante, dove non ci fossero altre alternative, che giustificassero la sua confessione dopo mesi di silenzio.

Non aveva mai pensato che quel momento avrebbe comportato la presenza di un uomo vecchio e brutto che frenava il suo enorme cane a sette zampe (o era un pesce?) tenuto al guinzaglio, ammonendolo per aver cercato di attaccare “il più grande stregone dei nostri tempi”.

“Il – che cosa?” aveva chiesto Arthur, bloccandosi nel momento in cui si stava frapponendo tra la bestia e il suo servo.

Merlin, sfortunatamente, non riuscì a pensare a niente da dire mentre l’uomo vecchio e brutto si inchinava davanti a lui.

“Dovete perdonare Krennogg, Emrys,” disse. “ E’ una creatura poco sveglia e senza senso dell’odorato. Se avesse capito con chi aveva a che fare, avrebbe tenuto i suoi denti lontani.” Il vecchio uomo, inchinandosi ancora, sembrava terribilmente spaventato da lui, e Merlin sentì quasi pietà. Quasi, perché venne soffocata dalla consapevolezza che Arthur era accanto a lui, e dalla paura.

Il vecchio uomo, non ricevendo risposta, guardò in su esitante. “Possiamo andare ora, Emrys?”

Merlin realizzò vagamente che avrebbe dovuto dire qualcosa. “Er… certamente,” disse. La sua voce suonò strana persino a lui.

“Krennogg non verrà più a cacciare da queste parti,” promise l’uomo, e dando uno strattone deciso al guinzaglio, si prostrò e si diresse con la bestia fuori dalla radura.

Seguì un lungo silenzio.

“Il più grande stregone dei nostri tempi,” disse Arthur, e c’era qualcosa che suonava minaccioso nella sua voce. Esitante, Merlin si voltò.

Arthur spostò lo sguardo più volte avanti e indietro da lui al luogo dove il vecchio e la bestia erano scomparsi.

“Era…un pazzo, giusto?” Balbettò. Suonava speranzoso, e Merlin sentì la sua vecchia codardia affiorare in superficie. Ma poi Arthur scosse il capo. “Ma non ha senso. Perché avrebbe dovuto trattenere la sua creatura?”

Perché chiedere spiegazioni delle azioni di un pazzo? La risposta evasiva era già pronta sulle sue labbra, quando all’ultimo momento, cambiò idea.

“Mi dispiace, Arthur.”

E Arthur lo guardò come se lo vedesse per la prima volta.

Ricordava a mala pena il tragitto fatto per tornare a Camelot, nel momento in cui si trovò seduto con una tazza di tè in mano nelle stanze di Gaius. Gaius era un buon medico: lui capiva con una sola occhiata quando uno stava male, e coglieva al volo anche la più piccola allusione. Gli era bastato sentire Merlin mormorare “Lui sa” al suo indirizzo per guardarlo molto, molto allarmato, mettere un braccio attorno alle spalle di Merlin e condurlo alla sedia più vicina.

“Che cosa hai intenzione di fare adesso?” Chiese, dopo un lungo momento in cui Merlin era rimasto sulle sue.

Merlin si strinse nelle spalle. “Non posso scappare. Non senza parlare con lui prima.”

“Stai attento, Merlin,” disse Gaius, la solita frase di sempre, e Merlin quasi rise – era stato assolutamente molto, molto attento. Ed ora, per via di un incontro casuale con un vecchio bastardo troppo loquace, aveva perso la possibilità di dirlo ad Arthur a tempo debito, a modo suo.

Gaius non disse più nulla, strinse solamente la spalla di Merlin ancora una volta, e Merlin lo guardò riconoscente, prima di trascinarsi fuori dalla porta.

Non sapeva cosa avrebbe fatto. Tutto ciò che sapeva e che doveva parlare con Arthur, e poi avrebbe deciso. Avrebbe usato la magia per scappare dalle prigioni? (Il pensiero di questo era troppo.) Lui non lo sapeva.

Aveva messo la sua vita totalmente nelle mani di Arthur, come tante altre volte prima, e non aveva nemmeno paura, non della morte, non davvero. Sembrava che gli importasse molto di più cosa pensasse Arthur di lui.

Quando entrò nella stanza di Arthur, lo trovò in piedi, immobile davanti alla finestra, a guardare fuori per i campi. Era poco prima del crepuscolo, e una nebbia fitta saliva dal terreno. Non che fosse qualcosa di insolito da quelle parti, ma ciò fece sentire Merlin ancora più depresso.

“Vieni qui, Merlin.” Parlò tranquillamente, con una nuova inflessione nella voce che Merlin non riuscì a capire.

Si avvicinò ubbidiente, e si fermò poco dietro Arthur, che occupava quasi del tutto la visuale dalla piccola finestra. Arthur fece un passo indietro e fece un cenno verso la finestra. “Dai un’occhiata.”

Merlin esitò un attimo prima di voltare le spalle ad Arthur, e Arthur aggrottò le sopracciglia.

“Non ho intenzione di tagliarti la testa, Merlin.” Un ombra delle vecchie battute. Era come il latte caldo che lenisce una gola infiammata.

Fece un passo avanti e guardò il paesaggio, sentendo ancora la presenza di Arthur alle sue spalle.

“Che cosa vedi?” Chiese Arthur.

Merlin sbatté le palpebre. Comprese che quello non era il momento per le risposte ovvie. “Vedo il regno che guiderete un giorno.”

Ci fu una pausa. Poi, quasi intimorito: “Hai mai pensato a te stesso, Merlin?”

Merlin si voltò e aggrottò la fronte. “Certo che l’ho fatto.”

Arthur lo guardò dubbioso. “Allora cosa vedi per te?”

Merlin guardò fuori di nuovo. “Casa”, disse, e per qualche ragione sentì Arthur espirare forte dietro di lui. “Vedo il regno che ti aiuterò a proteggere… se me lo permetterai.”

Quella, era fuor dubbio, una mezza-ragione. Si voltò ancora per guardare la reazione di Arthur.

Arthur inclinò il capo e restò in silenzio per molto tempo. Quindi disse: “Bene, non sembra che ci sia modo di impedirti di proteggermi, a giudicare dai tuoi precedenti.”

Alzò lo sguardo, e ci fu un accenno di luccichio negli occhi. Merlin sorrise.

“Questo significa che posso restare?”

Arthur annuì. “Se lo desideri.”

Naturalmente voglio, pensò Merlin.

“Manterrai il mio segreto?”

Arthur deglutì, e Merlin si sentì male, così male per averlo messo in quella situazione.

Arthur disse solo: “Ti proteggerò, se me lo permetterai.”

E fu il turno di Merlino di espirare forte.

***************************************************************************

Passarono delle settimane, prima che andassero di nuovo a caccia da soli. Non era stata più detta una sola parola sulla magia di Merlin da quella sera, ma non erano tornati ai loro soliti schemi. Arthur era molto più cauto, soppesava Merlin con sguardi pensosi, e Merlin passava ogni giorno a ripetersi che era normale, che la vera accettazione sarebbe giunta col tempo, che Arthur aveva molto da combattere anche solo per il fatto di dover mantenere questo segreto lontano da suo padre.

Eppure, il suo cuore doleva per la mancanza di quella semplice amicizia. Dannazione, non gli sarebbe dispiaciuto esser chiamato idiota se avesse fatto sì che Arthur si sentisse di nuovo a suo agio con lui intorno.

Ed era così, pensò a come lui e Arthur avevano corso a cavallo verso il bosco lontano a ovest, e nulla sarebbe potuto essere più imbarazzante. Arthur dava ancora ordini, ma non c’era il tocco della vecchia intesa.

Arthur annusò l’aria non appena ebbero legato i loro cavalli ad una grande quercia. “Sento l’odore del cervo.”

Merlin annusò anche lui. “Sento solo odore di cacca.”

Un piccolo sorriso. “Questo è ciò che intendevo. In ogni caso.”

Aprì la strada in direzione del sottobosco, e Merlin si stupì ancora delle grandi capacità da cacciatore di Arthur.

“E tu?” Chiese Arthur. “Senti qualcosa di particolare?”

Merlin aggrottò la fronte. “Che cosa vuoi dire?”

“Non importa.”

Camminarono silenziosamente per un po’, fino a quando Arthur si bloccò improvvisamente, e Merlin sbatté contro di lui.

“Merlin, idiota,” Arthur sibilò, “là ecco la nostra -”

Andarono, e infatti videro la loro cerva, che era stata prontamente divorata da qualcosa di molto, molto più grande. Qualcosa che sembrava allarmante come una creatura dei libri di Gaius. Pareva essere una miscela allucinante tra una donnola gigante, un falco e (a giudicare dalla coda folta), una volpe.

“Che cosa diamine è questo?” Sussurrò Arthur, e Merlin si stupì che la domanda fosse per metà diretta a lui.

“Non ne ho idea”, rispose sinceramente, “ma è sicuramente magica.”

“Come fai a saperlo?”

“E’ un miscuglio ridicolo di animali diversi, senza dubbio.”

Arthur sbuffò. Purtroppo la donnola-falco-volpe sembrava avere un udito acuto, perché improvvisamente puntò verso di loro molto rapidamente e molto forte.

“Arthur esci dalla strada!” Gridò Merlin, e senza pensare a cosa stesse facendo spinse Arthur da parte per fronteggiare la bestia, che non pareva essere ispirata da nessun grande rispetto nei suoi confronti.

“Merlin,” gridò Arthur. Non era un grido di allarme, era stato – era quasi sicuro di ciò – uno di paura per la sua vita.

Merlin, si sentì improvvisamente pieno di energia calda, gridò la prima magia che gli venne in mente, e –con sommo stupore – colpì la bestia con estrema potenza facendola volare all’indietro contro un albero, dove praticamente si disintegrò. Ciò significava che si era scissa in un falco, una volpe e una donnola notevolmente più piccoli, ognuno dei quali si diede alla fuga piuttosto rapidamente, e Merlin si voltò e vide Arthur che lo guardava incredulo.

“Tu hai un dono naturale, senza dubbio,” disse. Merlin non poté fare a meno di sentirsi compiaciuto.

*********

Se aveva pensato che Arthur si sarebbe confrontato con la sua magia – e in positivo,in modalità salva-vita e tutto – portando un beneficio alla loro amicizia, si era sbagliato; Arthur continuò a essere riservato e pensieroso. A volte, Merlin pensava che Arthur si fosse pentito di avergli detto di restare – poi pensava che Arthur fosse solo preoccupato per lui – poi pensava che Arthur aveva dubbi sulle sue reali motivazioni – poi pensava che Arthur avesse solo paura del giorno in cui suo padre lo avrebbe scoperto. Merlin non riusciva a capire. E per dirla tutta, non riusciva ad affrontare l’argomento. Cercò di convincere se stesso che era Arthur a dover fare il primo passo, ma se fosse stato onesto con se stesso – e lui di solito lo era – era solo molto, molto spaventato.

Una notte, mentre stava ritirando i piatti vuoti di Arthur – Arthur non aveva mangiato molto di nuovo, notò, e sembrava particolarmente riflessivo – alzò gli occhi e vide che Arthur lo fissava.

“Che c’è?” Chiese, con il vecchio tono di sfida.

“Perché non me lo hai detto?”

Non era un’accusa, solo una domanda, posta con un accenno di interesse, stupore e… la nuova diffidenza che a Merlin non piaceva e che aveva temuto.

Deglutì e riappoggiò i piatti. “Beh, non ho mai pensato che tu avresti pensato bene della magia ”, sbottò.

Se solo avesse potuto imparare a tenere la bocca chiusa. Arthur non sembrò preoccuparsene, però. “No,” assentì. “Ma… pensavo ti fidassi di me.”

“Io mi fido di te”, disse Merlin con fervore, e vide una qualche risposta negli occhi di Arthur, che non comprese. “Ma so anche quanto sia importante tuo padre per te. E credimi, Arthur, se potessi risparmiarti questo conflitto, lo farei.”

Arthur annuì lentamente e posò il suo sguardo sul muro alle spalle di Merlin. “Ma non si può perché mi devi proteggere.”

“Esatto”, disse Merlin semplicemente. Si sentiva sciocco, si era sempre ripetuto che quello era il suo destino, perché Arthur era un grande guerriero, un Leader nato; quanto si sentiva inadeguato a volte stando accanto a lui!

Il pensiero di Arthur sembrava andare nella stessa direzione, perché sorrise appena. Ma non guardò più verso Merlin.

Questo stava diventando un’ abitudine ormai, pensò Merlin. Arthur evitava di guardarlo e in generale restava pensieroso e silenzioso con lui intorno. C’erano momenti in cui Merlin credeva che Arthur non lo volesse tra i piedi, altre volte sembrava lo facesse apposta a intavolare una chiacchierata serale circa i pettegolezzi della corte. Arthur aveva incominciato a raccontargli tutto (o in ogni caso, molto di più) di quello che succedeva ogni giorno a corte, casi sottoposti a suo padre, dei cittadini che venivano per chiedere sostegno a Uther, contadini vicini che litigavano circa le dimensioni del loro terreno… forse era questo, pensò Merlin, che aveva reso Arthur così pensieroso, ovvero il fatto che ora lui considerasse Merlin come un suo pari, come più degno di condividere ogni singolo dettaglio di ciò che significava governare un regno.

Merlin penso più e più volte a queste cose mentre era a letto la notte. Se soltanto avesse potuto smettere di speculare e confrontarsi con Arthur a proposito!

Non aveva mai avuto la pazienza dei diplomatici, preferiva affrontare direttamente le persone, e questo – voleva crederci – era ciò che vedeva anche Arthur in lui. Ma doveva pazientare ora, lo sapeva, Gaius glielo aveva ripetuto più volte, ma il pensiero lo stava facendo impazzire.

*************************************

Una notte, alcune settimane dopol’incontro con l’uomo vecchio e brutto, ci fu una festa in città. Abitanti dei villaggi di tutto il reame erano arrivati per celebrare l’inizio della primavera. C’erano musica e danze e del vino, e anche tutta la corte era lì a ballare, bere, creando quasi l’illusione di essere tutti uguali.

Merlin chiacchierava amabilmente con il macellaio, quando si rese conto dalle espressioni sempre più deferenti che passavano sul viso dell’uomo, che uno dei membri reali si stava avvicinando. Il macellaio fece un mezzo-inchino e se la svignò, e Merlino vide Arthur che passeggiava casualmente verso di lui.

“Bella notte”, disse Arthur mentre si appoggiava – altrettanto casualmente – contro il muro accanto a Merlin.

Merlin annuì. “Sì, bellissimo vedere qui tutte queste persone.”

“E’ impegnato per la prossima danza?”

Merlino sbatté le palpebre. “Scusa?”

Arthur sorrise maliziosamente. “E’ solo che la moglie del pescivendolo non ti toglie gli occhi di dosso da circa mezz’ora.”

Merlin rise, onde di sollievo lo attraversarono, solo perché Arthur aveva fatto una battuta a sue spese. Come si sentiva patetico.

“Aspetta,” disse, “vuol dire che anche tu sei rimasto lì a guardarmi per l’ultima mezz’ora?”

Aveva sperato in una risposta, ma Arthur si limitò a stringersi nelle spalle, le ombre nuovamente presenti sul suo atteggiamento. Merlin sospirò esasperato. Lui e il vino non erano una buona combinazione. “Guarda, Arthur, lo so che è difficile per te accettare chi sono,” disse tranquillamente. “Ma mi stai dando l’ impressione che stare vicino a me ti turbi.”

Arthur sembrava molto sorpreso. “Non è come pensi,” borbottò alla fine, e sarebbe corso via se Merlin non lo avesse afferrato per un polso.

“Merlin, non in pubblico,” sibilò Arthur liberandosi. “Puoi essere irriverente con me quando siamo soli -” si rese conto di ciò che aveva detto e guardò Merlin in modo penetrante, Merlin sorrise. “Ma tu potresti almeno fingere di essere il mio servo, mentre ci troviamo in mezzo a metà della popolazione.”

Merlin si guardò intorno e vide molte persone che li guardavano sussurrando. “Va bene, andiamo in un luogo privato,” disse, sottovoce.

Gli occhi di Arthur si accesero. “No, io vado a letto.”

“Non essere ridicolo. La luna non è neppure ancora sorta.”

Arthur roteò gli occhi. “Alcuni di noi possono dormire anche senza che la luna risplenda sopra i nostri bei lettini.”

“Arthur, chiudiamo la questione,” affermò Merlin.

Si erano spostati muovendosi nemmeno –troppo-sottilmente via dalla piazza verso un vicolo stretto.

“Lo capisco che tu abbia bisogno di tempo per imparare a conoscermi nuovamente, e tutto il resto. Voglio solo che tu sappia che io non sono… qualche tipo di bestia o cose del genere. Non ho intenzione di trasformarmi in un vecchio uomo malvagio con la barba bianca o simili.”

Arthur quasi sorrise. “Lo so questo.”

“Quindi trattami come un’essere umano normale. Come un’amico qualunque. O come un servo, se è necessario.”

Arthur, che era stato riluttante a guardarlo nell’ultimo periodo, ora sembrava volesse trapassarlo con gli occhi, e Merlin si chiese se qualcuno avrebbe mai potuto rifiutargli qualcosa.

“Tu non sei un amico qualunque, Merlin.” Si strofinò la fronte con aria disperata. “Tu non capisci. E’ solo… così difficile.”

“Allora fammi capire,” disse Merlin, levando le braccia in aria. “Come possiamo fidarci l’un l’altro se tu non vuoi dirmi come ti senti?”

Qualcosa di strano passò sul volto di Arthur e se ne andò rapidamente così come era arrivato.

“Come mi sento, Merlin,” sospirò, “è impossibile.”

E dopo questo, si voltò e si avviò verso il castello.

Merlin aveva trascorso due settimane di vacanza con la madre, la maggior parte spesa ad aiutarla in giardino e a fare lunghe passeggiate con lei. Era felice di rivederla, ma gli mancava terribilmente Camelot, e così non era stato troppo triste nel salutare quando venne il momento di andarsene. Non era molto preoccupato di lasciare sola sua madre, anche perchè aveva notato che Daniel, un nuovo arrivato al villaggio oltretutto piuttosto bello, era molto attento nei confronti di lei.

Cavalcò troppo in fretta ed era esausto quando arrivò due giorni dopo. Era sul punto di andare a letto quando vide una luce alla finestra di Arthur, e non poté resistere alla tentazione di andare a salutarlo.

Comunque, non avrebbe mai pensato di poter sentire così tanto la mancanza del suo amico.

“Sai,” disse Arthur senza preamboli quando Merlin entrò, “ Devo dire che è stato strano avere per due settimane un servitore in grado di bussare prima di entrare.”

Merlin sorrise. “Mi sei mancato anche tu.”

Arthur si alzò dalla scrivania - dove stava leggendo questioni di corte, senza dubbio, o scrivendo lettere ai re vicini, - fece qualche passo verso Merlin e si fermò esitante. "Spero che tu abbia fatto buon viaggio", disse infine.

Merlin sorrise, era così strano che Arthur fosse educato. "Tollerabile, vi ringrazio", rispose con lo stesso atteggiamento. “Il tempo sarebbe potuto essere migliore, però.”

Arthur gli rivolse quello sguardo da sei-sempre-il solito–servo-irriverente, ma poi sorrise.

"Come sono andate le cose a Camelot?"

"Oh, sai. Noiose, per lo più”.

*******************

Sembravano esserci un sacco di cose non dette tra di loro, ma Merlin non riusciva a capire cosa fossero.

“Sai”, disse Arthur ancora una volta, molto casualmente, mentre camminava verso la finestra, “mi ero convinto che tu mi avessi fatto un’incantesimo.”

Merlin scosse la testa, pieno di confusione. “Un incantesimo?”

“Per farmi sentire in questo modo.” Ancora quel tono leggero, colloquiale. “Ma sei stato via per due settimane e non mi sento diverso. È stato ancora più forte quando sei andato via, e credo che uno stregone abbia bisogno di stare attorno per queste cose, affinché mantengano il loro effetto”.

Per tutto il tempo, non si era voltato.

Merlin, stanco come era di girare intorno alle cose, non potè fare nulla di meglio a parte dare la sua miglior impressione di... sé stesso. "Queste cose?"

Arthur sospirò profondamente. “Non importa”.

No, pensò Merlin. Ne aveva abbastanza. Lui non era più disposto, non con qualcuno che significava tanto per lui.

“Arthur, dimmi cosa sta succedendo”, insisté. E sentendo Arthur che si lamentava sottovoce, lo pressò: "Okay, va bene, io sono stupido, quindi dimmi cosa ti passa per la testa”.

Una lunga pausa. Sicuramente Arthur non aveva mai fatto così tante pause prima d’ora.

“Il problema non è quello che mi passa per la testa”, ha detto molto tranquillamente. “E’ del mio cuore che sto parlando”.

Si voltò molto lentamente e guardò Merlin, che sembrava ancora completamente perso. Arthur sorrise e scosse la testa, attraversò la sala con qualche passo, sussurrò: “Sei davvero il più grande idiota che abbia mai incontrato”, e lo baciò.

E Merlin sentì tutto il suo potere correre attraverso il suo cuore, che si gonfiava e si gonfiava fino a quando non fu pieno fino all’orlo di canzoni antiche.



Tutte le volte che Merlin aveva immaginato l'amore, non gli era mai venuto in mente nulla di altrettanto spettacolare.
  
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