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Autore: Sorella_Erba    01/03/2010    11 recensioni
Future-fiction. La morte di Arthur.
Fra le sue braccia, tremava incontrollabile.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Future-fiction. 639 words.

Fra le sue braccia, tremava incontrollabile.
Sentiva – le sentiva, Dio –quelle vibrazioni instabili del suo corpo, così possente eppure fragile.
Era caduto. Una spada aveva trafitto la cotta e sfiorato il cuore. Il sangue nero aveva macchiato ogni cosa: la terra spoglia e bruciata del campo di battaglia, l’armatura lucente sotto il debole sole d’inverno, le sue mani forti che ora lo stringevano.
Gli arti stanchi dolevano per il peso che si ostinavano a sostenere e accompagnavano il suo fremito. Merlin non si accorse di star piangendo fin quando due dita non si accostarono alla sua guancia, accarezzandola maldestramente.
«Non fare la femminuccia».  
Parole, quelle di Arthur Pendragon, che sembravano costargli uno sforzo sovrumano. Sta’ zitto, non parlare, idiota!, avrebbe voluto rispondere Merlin, ma un fastidioso nodo gli stringeva la gola, ed era incredibilmente pesante da mandare giù. E, per quanto la battaglia continuasse ad infuriare attorno a loro, ad entrambi parve che il tempo si fosse fermato – le urla di dolore, il rumore del ferro che incontra altro ferro, i fischi acuti delle frecce che ferivano l’aria – come se niente avesse la stessa importanza del corpo scompostamente disteso di Arthur e di Merlin, piegato su di lui. Excalibur era abbandonata poco distante, e la sua luce aveva smesso di brillare.
«Il re muore!», gridò un cavaliere e, quasi avesse appellato aiuto, al suo fianco, circondando le figure inermi del mago e del sovrano, si materializzarono altri uomini.  Gli occhi annebbiati di Arthur riconobbero a stento lo stemma della sua antica casata: il grande drago d’oro svettava fiero sulle tuniche dei suoi soldati, la testa china in posizione d’attacco e la lingua saettante – scudo e spada del suo corpo morente.
«Sire…».
Il re spostò lo sguardo sul viso scarno e pallido del suo consigliere e più fidato amico.  Sapeva cosa volesse significare la supplica insita nella cadenza con cui quell’appellativo era stato pronunciato. Fece un cenno col capo.
«Mio signore… Arthur, ti prego». Gocce che piovevano dal suo volto. «Non posso lasciarti andare».
«Devi».  Un sorriso fece capolino sulle labbra fredde di Arthur, offuscato per un istante da un’ombra di dolore. Lo strano suono, simile a un gemito, che fuoriuscì dalla sua bocca fece stringere la presa di Merlin.
«Non posso, non posso». Lo stregone piegò il capo sul petto del suo re. L’odore del sangue gli pungeva le narici.
«Sei tutto ciò che mi è rimasto, Merlin», singhiozzò lentamente Arthur, il respiro che, meschino, fuggiva via dai suoi polmoni. E Merlin pensò a tutta la loro vita assieme. La gioventù irrisoria di un padrone col suo servo, la corona da sovrano su quella testa dorata. E le perdite, le perdite. La scomparsa di Morgana, la morte di Uther, il ricordo del corpo di Gaius riverso sul tavolo, fra erbe e libri ed infusi. L’addio di Gwen, doloroso, una ferita mai guarita nel cuore di Arthur.
«Lascia che vada».
Si rese conto di essere la sola costante della sua vita, di non averlo mai abbandonato dal giorno in cui aveva compreso che avrebbero percorso la stessa strada.
La magia vacillò dentro Merlin, come volesse agire di sua spontanea iniziativa, incontrollata, e per un momento Merlin fu tentato di lasciarla fare. Strinse gli occhi e la trattenne, mentre le lacrime sfuggivano ancora e ancora.
«Apri gli occhi», disse Arthur in un sussurro a malapena udibile, che velocemente si perse fra i rumori della battaglia. Merlin ubbidì all’istante, incastrando l’ultimo sprazzo di vita di quello sguardo dal taglio aguzzo, racchiudendolo nella sua memoria per sempre.
Lo lasciò andare.
I fremiti cessarono, i singulti svanirono nell’aria ferma. Depose il capo di Arthur sulle sue ginocchia e con un gesto della mano, la spada penetrata nel petto del re si staccò e rimase levata a mezz’aria, sorretta da un pugno invisibile. Sentì il peso della desolazione e della solitudine investirlo, tutt’in un colpo.
Sussurrò il suo addio sulla fronte bianca ed imperlata di colui che fu la sua vita.



N/A.
Ancora una volta, i Linkin Park ad ispirarmi. E con la stessa canzone, sottolineo :D Il titolo della fan fiction non è nient’altro che un frammento del testo di “Leave out all the rest”.
E, ancora una volta, future-fiction (sto a prenderci gusto). La morte di Arthur, ya. Adoro far soffrire e crepare i personaggi.
   
 
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