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Autore: Goten    02/03/2010    7 recensioni
Adesso cominciavo sinceramente a essere curioso, chissà che razza di uomo era Charlie Swan. Avvertii il rumore dell'acqua provenire dal piano di sopra, sicuramente era una doccia, sospirai, volevo tornare a casa alla svelta. Scesi dall'albero e attesi che finisse i suoi bisogni umani, avevo intenzione di incontrarlo subito e se fosse stato possibile, lo avrei portato via con me ancora quella stessa mattina. Certo che per essere un uomo ce ne metteva di tempo sotto la doccia, erano già ventisei minuti buoni che stava sotto quel getto. Magari si era sentito male... no, il suo cuore batteva forte e armonioso. Decisi di attendere ancora un po'. Finalmente sentii chiudere la manopola dell'acqua e il suo ciabattare al piano superiore. Aveva un passo leggero per essere un uomo, notai. Contai mentalmente fino a mille, prima di bussare gentilmente alla sua porta, quando questa si aprì, mi trovai di fronte lei, la donna delle pulizie.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 3


Quel maledetto campanello non la smetteva di suonare, i miei occhi erano fissi sulla figura immobile di lei. << Allora?! >> Sbottai innervosito.

Corrugò le labbra, i suoi occhi erano ridotti ad una fessura, mentre nel monitor la figura di quel ragazzo continuava a restare lì davanti alla porta con il dito sul campanello. Se Isabella non lo avesse fatto smettere entro dieci secondi, sarei andato io personalmente a staccargli ogni singola falange a morsi!

Avvertii una brusca accelerazione nel battito del suo cuore: aveva deciso qualcosa. Si voltò camminando a passo normale verso la scala che l'avrebbe condotta al piano superiore. La seguii, ero sinceramente curioso, pensai a svariate ipotesi. Immaginavo Isabella arrivare di fronte a quel ragazzo e mollargli una scarica elettrica, magari da uno dei suoi aggeggi infernali, oppure... forse sarebbe uscito dalla parete di questa strana casa un mitra e gli avrebbe sparato addosso! Mph... poco probabile. Nel frattempo eravamo arrivati alla porta d'ingresso, la sua mano bianca stava premendo il pulsante blu.

Aspettai, nascosto dal muro della cucina.

Sentii senza problemi la porta aprirsi e poi... il battito furioso dei loro cuori e il respiro accelerato. Ma nessun altro rumore arrivò alle mie finissime orecchie. Che diavolo stava succedendo?! Sondai la mente di lui restando allibito. Non era possibile! Avanzai di un passo osservandoli con i miei occhi. Isabella stava baciando con passione quel tizio! Ma pochi minuti prima non aveva detto che sarebbe dovuto evaporare?!

Passarono solo alcuni secondi dal mio pensiero al loro primo movimento. << Oh Bella, sono stato uno stupido. >> Cominciò lui mettendole le mani attorno ai fianchi.

Il sorriso che lei gli fece, non mi sembrò molto cordiale, sembrava più che altro una smorfia di chi sa cosa sta per succedere. << Mike, tesoro. >> Calcò l'ultima parola con forse troppa enfasi. << Sono contenta che tu abbia capito di essere uno stupido. >> Gli sorrise nuovamente venendo ricambiata da lui. << Ma nonostante tutto... >>

Spalancai gli occhi quando udii il rumore forte e secco del pugno che Isabella gli aveva assestato sullo zigomo. Mike si sbilanciò cadendo all'indietro, decisamente lo aveva preso alla sprovvista. << … non ho la minima intenzione di perdonarti. >> Concluse sistemandosi una ciocca di capelli dietro all'orecchio.

La osservai stupito rientrare e chiudere la porta dietro di se. << Cosa c'è? >> Mi domandò fredda.

Feci un respiro profondo e scossi la testa, la seguii in cucina mentre con la mente cercavo di sondare quella di Mike. A quanto pareva Isabella lo aveva beccato a letto con un'altra. Una smorfia di disappunto mi passò sul volto. Era fidanzato e se la spassava con un'altra. Inconcepibile per me. Tornai a concentrarmi su Isabella quando non udii più nelle vicinanze la presenza di Mike. La vidi lottare con una ciotola e una busta di plastica contenente del ghiaccio. Le cadde di mano una, due, tre volte. Alla quarta la raccolsi e la aprii, versando i cubetti nella ciotola.

<< Fa vedere. >> Le dissi gentile, prendendo la sua mano nelle mie. Era piccola e delicata. La osservai attentamente, forse anche più del dovuto. << Fa male? >> Premetti un punto che stava assumendo una colorazione rossa.

Il quasi salto che fece, mi confermò che le faceva male. Non dissi altro e lei non aprì bocca. Eravamo in piedi vicino al tavolo, la ciotola ormai dimenticata.

<< Grazie. >> Sussurrò piano, mentre con le mie dita fredde le massaggiavo delicato la parte lesa.

<< Di nulla. Hai un buon destro. >> La presi scherzosamente in giro. Queste erano forse le prime frasi che ci dicevamo senza cattiveria o senza arrabbiatura.

Lei sorrise alla mia piccola battuta. Forse non sarebbe stato un male averla a Volterra sotto la nostra protezione.

Sfilò la sua mano dalla mia presa e la immerse nella ciotola in mezzo ai cubetti di ghiaccio. Sembrò incantarsi davanti alle venature che il ghiaccio mostrava. Mi parlò assottigliando lo sguardo, ma senza mai alzarlo su di me. << Non hai intenzione di andartene, vero? >>

<< No. >> Sospirai. << A dire la verità ero venuto per portare Charlie Swan via con me. Ma dato che sei tu la mente geniale dietro a tutto questo… >> Indicai con un semplice gesto tutto ciò che ci circondava. << La mia missione è portarti via con me. A Volterra. >>

Sollevò di scatto il volto, i suoi occhi erano duri. << Non se ne parla. Da qui non mi muovo. >> Sentenziò risoluta.

Anche cocciuta oltre che poco femminile, di bene in meglio. << Non hai nulla che ti lega qui. >> Provai a giocarmi la carta della persuasione. << Sbaglio forse? >>

Afferrò la ciotola con la mano sana e si avvicinò fronteggiandomi, dovevo riconoscerlo, era straordinariamente folle a tentare di sfidare uno come me. << Tu non sai nulla di me. >> La sua voce era fredda, quasi arrabbiata. << Se vuoi rimanere, sei libero di farlo. Ma io non verrò con te, ne ora, ne mai. >>

Mosse un paio di passi, cercando di superarmi, ma la fermai solo con la mia voce, eravamo spalla contro spalla. << Potrei sempre portarti via con la forza. >> Non lo avrei mai fatto, ma non era da scartare come opzione.

<< Fallo. >> Mi sfidò, << ma non pensare che io poi vi aiuti di nuovo. >> Perfida. Ma aveva ragione, con la forza non avrei più ottenuto il suo aiuto.

Ascoltai i suoi passi allontanarsi e rifugiarsi nella sua stanza al piano di sopra.

Beh, almeno aveva detto che sarei potuto rimanere. Era giunto il momento di riportare la Volvo al noleggiatore vicino all'aeroporto. Avrei corso un po’ nella foresta al ritorno, così finalmente avrei sgranchito un po’ le gambe.

Sollevai lo sguardo verso il soffitto, avrei dovuto avvertirla che stavo per uscire, ma forse non avrebbe avuto piacere nel rivedermi dopo solo pochi minuti dalla nostra piccola discussione. Certo che mi ero trovato proprio una bella gatta da pelare...

Camminai a velocità umana verso il salotto, frugai nei cassetti di un mobile e trovai alla fine un foglio di carta e una penna.

Esco un momento, tornerò più tardi. Edward

Osservai quella piccola riga e mi augurai che non facesse nessuno scherzo stupido, tipo sigillarsi in casa durante la mia assenza o che peggio, le succedesse qualcosa. Posai il bigliettino in bella vista sul tavolo della cucina e uscii. L'aria fredda entrò prepotente dentro di me. Era una bella sensazione di libertà quella che provavo in quel posto.

Corsi veloce fino ad arrivare al parcheggio, la Volvo era ancora lì. Con calma mi avvicinai alla vettura, il motore fece subito le fusa nel girare la chiave. Sorrisi, mi piaceva davvero quella macchina.

In meno di dieci minuti uscii dalla piccola cittadina di Forks, diretto verso il noleggiatore d'auto.

La radio mi fece compagnia per tutto il viaggio, cullando e addolcendo i miei pensieri. Mi dispiacque un po’ quando lasciai la macchina. Ma quella sensazione venne prontamente sostituita dalla mia sete e dalla voglia di andare a caccia. Nei boschi fu facile e quasi divertente partire all'inseguimento dei cervi. Mi saziai con tre esemplari davvero notevoli.

Quando anche quella poca luce che rischiarava il cielo sparì mi resi conto di aver passato l'intera giornata in piena libertà, senza preoccuparmi di Isabella.

Mi diedi mentalmente dell'idiota e presi a correre in maniera impensabile anche per me verso la sua casa. Le barriere non erano attive, nessun rumore proveniva dal suo interno. Notai con grandissimo disappunto che il pick up rosso non era al suo posto.

<< Dove diavolo è andata?! >> Sibilai irritato. Entrai comunque in casa provando a cercare qualche indizio, in camera sua non c'era nulla, a parte un grandissimo disordine. Scesi rapido verso il salotto, ma anche lì non c'era nulla che potesse in qualche modo farmi capire dove fosse andata. << Maledizione. >> Sibilai frustrato.

Afferrai il telefonino e composi il numero di Alice. << Alice. >> Ruggii appena la sentii rispondere alla chiamata.

<< Che succede? >> Fu la sua domanda che m’irritò ancora di più.

<< Dovrei essere io a chiedertelo, vedi dov’è andata Isabella? >> Soffiai cercando di trattenere le risposte rabbiose che mi stavano salendo in gola.

<< Non è lì con te? >> E li dissi addio al mio bon ton.

<< No che non è qui! Altrimenti non ti avrei chiamato! >> Sbottai. Ma sapevo che in realtà c'è l'avevo solo con me stesso, per essermi permesso una semplice distrazione quel pomeriggio.

<< Faccio finta di non aver sentito la tua risposta maleducata. >> Riuscivo tranquillamente ad immaginarmela mentre storceva il naso.

<< Scusa. >> Soffiai duro, sapendo bene che comunque lei non c'entrava nulla.

<< Comunque non riesco a vederla, è sparita dalle mie visioni. >>

Sibilai frustrato. << Puoi provare a sforzarti di più... per favore? >> Aggiunsi cercando di riportare la mia voce ad un livello di normale educazione.

Ci fu silenzio per almeno un buon minuto. << Non riesco... >> la voce frustrata di Alice fu come la classica goccia che faceva traboccare il vaso. Senza attendere una ulteriore risposta chiusi il cellulare facendogli fare un suono sinistro.

Cosa diavolo avrei dovuto fare? Attraversai il breve corridoio che mi avrebbe portato in cucina e lì mi bloccai. Sul tavolino, accanto al mio foglietto in cui l'avevo avvisata della mia uscita, c'era un altro messaggio.

Sono da un amico, tornerò tardi. Bella.

Rimasi in piedi fermo, immobile. Mi aveva avvisato... lei che non mi sopportava, lei si era preoccupata di dirmi che sarebbe rientrata tardi.

Qualcosa di molto simile allo stupore si fece largo in me. Era una sensazione strana... attesi immobile in mezzo al corridoio il suo rientro. Si fecero le otto, poi vennero le nove ed infine arrivarono le dieci, portando con se una buona dose di preoccupazione. Adesso cominciavo seriamente a domandarmi cosa volesse dire per lei quel “tornerò tardi.”

Stavo per cedere al mio pensiero di cercarla in lungo e largo per tutto lo stato di Washington, ma il rumore di un motore familiare mi costrinse a rimanere dove ero.

Era tornata.

Il cigolio della portiera che si apriva e che poi sbatteva mi fece per un attimo sospirare di sollievo.

Mantenni comunque un’aria arrabbiata.

Quando entrò, non alzò il viso verso di me che l'attendevo a pochi passi di distanza.

<< Ben tornata. >> La mia voce suonava seccata. Avevo già in mente un discorso bello chiaro da dire, ma le parole mi morirono in gola quando vidi i suoi occhi rossi. << Hai pianto?! >> Non era proprio una domanda più che altro una constatazione.

Si voltò bruscamente di fianco sperando di nascondere il viso alla mia vista perfetta.

<< Cosa ti è successo?! >> Esclamai con un velo di preoccupazione.

Il suo silenzio non faceva altro che alimentare le mie paure. Cosa poteva averla ridotta in quel modo?

<< Isabella... >> La presi per le spalle con delicatezza e la voltai verso di me. Il suo sguardo era arrabbiato e sofferente. << Cosa ti è successo? >>

Chiuse gli occhi respirando a fondo, probabilmente per darsi un contegno. << Niente. >> Sussurrò con voce roca, riaprì gli occhi mostrando quella determinazione che l'aveva sempre caratterizzata dal mio arrivo. << Ho solo avuto una... >> Si bloccò guardandomi seria. << Non è una cosa che ti riguardi, vampiro. >> Rimasi per un attimo interdetto dalla sua risposta, non la fermai quando si liberò dalla mia stretta e si chiuse in camera sua.

Aveva ragione, non erano affari miei. Eppure, per un attimo mi era parso di vederla indifesa. Scacciai dalla mente quella piccola ma assordante verità.

Sapevo che era sdraiata sul letto in camera, avevo udito il materasso schiacciarsi sotto il suo esile peso. Per tutta la notte non si mosse, anche il battito del suo cuore era rimasto invariato. Avrei dato un braccio per sapere cosa le fosse successo, ma forse con l'arrivo del nuovo giorno, sarei riuscito a scoprirlo.

Rimasi accanto alla finestra della cucina osservando i giochi che le nuvole facevano in cielo, sorrisi amareggiato. Mi sarebbe piaciuto non essere solo in questa stupida missione. Mi mancava enormemente il caos provocato da Emmett, così come gli strepiti di Alice di fronte al nuovo catalogo di moda.

Il rumore dello scricchiolio delle assi di legno attirò la mia attenzione, i piedi nudi di Isabella stavano affrontando al buio le scale. Piccola incosciente.

Decisi comunque di non muovermi, se fosse caduta, sarei comunque riuscito a prenderla al volo. Arrivò invece sana e salva fino alla cucina, accese la luce e mi osservò, sul suo viso c'era un lieve cipiglio di stupore. Non disse nulla, afferrò un bicchiere e lo riempì con dell'acqua fresca.

Eravamo uno di fronte all'altro, io appoggiato alla finestra e lei al lavello. Silenzio.

C'era questo fra noi, solo e semplice silenzio.

La osservai bere con calma, per un po’ fece vorticare l'acqua nel bicchiere osservandone il movimento fluido, ma la sua mente in realtà sembrava altrove. Cosa poteva averla ridotta così? Avrei voluto chiederglielo, ma un po’ per orgoglio, un po’ perché in fondo non erano davvero fatti miei, mi astenni dal fare qualunque domanda.

Svuotò il resto dell'acqua nel lavello e senza degnarmi di un briciolo della sua attenzione uscì dalla cucina spegnendo la luce dietro di se.








Carissime ragazze siamo giunti al 3^ capitolo e adesso sto per dari una notizia che credo non vi piacerà. Questo è l'ultimo capitolo che scriverò su questo sito. Ho deciso che scriverò ancora per Twilight, ma non pubblicherò quì. Alcune di voi si staranno chiedendo il motivo... posso solo dirvi che mi dispiace, ma per adesso pubblicherò solamente sul forum di Twilightersitalia che si trova quì:
http://www.twilightersitalia.com/forum/viewforum.php?f=34
e sul face book di Barby e Amalia che si trova quì:
http://www.facebook.com/group.php?gid=89140027720#!/group.php?v=app_2373072738&gid=89140027720
Vi chiedo ancora di scusarmi, ma per adesso non cambio idea. Questa ficci vedrà la fine su questi due siti. Quando la delusione che ho provato passerà, forse posterò le storie che scriverò quì sopra, ma fino ad allora non intendo farlo. Finirò a breve anche la ficci di Inuyasha che avevo in sospeso e poi non so... per adesso vi voglio solo ringraziare per avermi seguito, mi scuso ancora con tutte voi, so che non è bello quello che sto facendo, ma sono troppo delusa. Un abbraccio a tutti. Goten
   
 
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