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Autore: Elanor89    07/03/2010    2 recensioni
Elena Dumont è una bella vampira, una donna in carriera e di successo, ma la sua diffidenza l'ha sempre condotta per strade solitarie, lontana dai suoi simili nei quali non riesce più a riporre fiducia... Accadrà tutto in una notte: il destino mescolerà le carte in gioco e lei dovrà imparare a fidarsi di nuovo per sopravvivere... Ma quando la fiducia non sarà più sufficiente, quando ogni segreto verrà svelato, riuscirà a fuggire da un passato terribile che torna sempre a bussare alla sua porta?
Genere: Generale, Romantico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Capitolo VIII

(Elena)

 

Guardai oltre la nuvola di vapore prodotta dall'acqua calda nella vasca da bagno che aleggiava nella piccola stanza d'albergo. Ne percepivo ogni singola molecola, ogni insignificante particella, ma attraverso di essa ero riuscita a cogliere anche l'ombra sfuggente che aveva attraversato il mio campo visivo per una frazione di secondo o poco più per poi sparire, inghiottita dalla notte.

Repressi un brivido, pensando a cosa potesse significare. Esattamente come tutti i miei simili ero circondata da un'aura perenne di pericolo e mistero che di solito mi rendeva facile da individuare ed evitare... certo, esistevano numerose eccezioni. Era successo nel vicolo, con i miei assalitori, troppo ubriachi per percepire quella strana morsa allo stomaco che di solito precede la consapevolezza di essere in pericolo...

Succedeva con gli uomini, spesso troppo interessati al mio aspetto per percepire la tensione che la mia semplice vicinanza avrebbe dovuto scatenare in loro.

Era successo anche con Sue e Mel, troppo piccole per subire il mio fascino, troppo pure per conoscere la vera paura.

Quella sera, però, avevo la certezza che solo uno come me avrebbe potuto desiderare di spiarmi. Un vampiro. Dopo anni ancora disprezzavo quella parola. Il pensiero irrigidì la mia posa. Non volevo pensarci.

Uscii dal bagno avvolta nell' accappatoio morbido, continuando a guardare oltre la finestra, e mi adagiai sulla sponda del letto a due piazze, tentando di mantenere la calma. Che si trattasse di Victor o Chris, di qualcuno posto sulle mie tracce da uno dei due o semplicemente di uno sconosciuto, l'importante era mantere la calma e la concentrazione. Chiusi gli occhi e trassi un respiro profondo, richiamando alla mente i fondamenti del training autogeno. Di solito mi aiutavo con quel sistema quando la sete mi coglieva impreparata, quando non trovavo il tempo per la caccia, quando ero troppo vicina a trasformarmi nella bestia che sapevo di essere e che tentavo in ogni modo di ricacciare indietro.

Istintivamente annusai l'aria scomponendone in fretta le diverse tonalità olfattive. La vetrata chiusa mi ostruiva i sensi e li arginava, negando le risposte alle domanda che, inevitabilmente, affollavano la mia mente. Cosa avrei fatto? Non avevo prove che mi stessero seguendo... forse stavo diventando paranoica, o forse desideravo che qualcuno mi avesse seguito fin lì.

La sensazione di perdita e di vuoto riempì i miei pensieri, come ogni notte da quella odiosa sera in ospedale, non riuscivo a fare a meno di soffrire. Non era solo rabbia per le bugie che avevo smascherato, né frustrazione per quel chiaro tradimento... né delusione per aver scoperto in Chris un lato oscuro che non avrei mai sospettato possedesse, celato da quei suoi occhi così gentili, da quel blu che era diventato in breve tempo il mio rifugio. No, a tormentarmi era la sua assenza e il bisogno che ne derivava, un bisogno fisico, dopo gli anni passati in solitudine, senza un compagno che potesse stare al mio fianco nei momenti di difficoltà. Ma era un bisogno soprattutto emotivo, dopo aver sentito risvegliarsi in me sentimenti che avrei giurato di non possedere più.

Mi ero sentita me stessa, per la prima volta dopo anni. Sua, ma me stessa. E avevo compreso che in qualche modo mi aveva restituito alla vita, prima di strapparmi la felicità cui mi ero aggrappata con tutte le mie forze.

Una piccola parte di me avrebbe voluto cancellare ogni istante trascorso con lui, nella speranza di alleviare quella sofferenza che mi mozzava il fiato di giorno e mi toglieva il sonno durante la notte. Un'altra parte di me, arroccata dietro spessi muri di rimpianto, rincorreva avida ogni ricordo legato a lui, ogni dettaglio dei pochi giorni passati insieme... dalla notte nel vicolo al pomeriggio in cui Victor aveva brutalmente cancellato tutto.

Ma cancellare non era come dimenticare. E io non avevo dimenticato.

Victor era il pungolo che mi dava la forza di non raggomitolarmi su me stessa, l'unica ragione per cui non mi lasciavo semplicemente andare alla deriva. Se mi avesse trovata lì in quello stato, ero certa che avrebbe saputo come approfittarsene. Debole e sola... il solo pensiero di tornare nelle sue mani mi tormentava.

Mi aveva curata, nel suo complicato tentativo di persuadermi, ma non c'era amore nei suoi gesti. Non c'era dolcezza, passione. Non c'era Chris dietro quelle mani, ad accarezzarmi, a mettermi a letto. Non era Chris... non lo sarebbe mai stato.

E io non potevo permettermi di continuare così: il mio corpo cominciava a tradire lo stress e la tensione. Non mangiavo da giorni, persino di notte non sentivo alcun bisogno di nutrirmi. Circondata da umani addormentati ero divenuta un predatore inoffensivo, annientata dal mio stesso dolore. Se anche fossi stata incline a seguire la mia natura assassina, e così non era, non avrei trovato ugualmente soddisfazione in quei corpi. Perchè la mia sete non si poteva placare col sangue umano.

Quella sera avevo deciso di cambiare strategia: avevo bisogno di distrarmi, di pensare ad altro, di vedere facce, luci.

Mi vestii accuratamente, scegliendo degli abiti che non destassero nel mio accompagnatore desideri che non avrei potuto soddisfare. Non potevo permettermi di perdere l'unico umano che avesse mostrato gentilezza nei miei riguardi per stupida vanità. Un tempo ero stata vittima di quel sentimento, plasmata dalla mente del mio creatore, col tempo e la libertà era divenuto mio alleato, ma quella sera non potevo permettermi di assecondarlo. Non volevo dare a Henry l'impressione sbagliata, né indurlo a fare proposte che non avrei potuto declinare senza indisporlo o come minimo offenderlo. C'era qualcosa di buono in lui, di estremamente puro, che non volevo turbare. Era un gentiluomo, non meritava un rifiuto.

Lo avevo conosciuto al bar dell'albergo, qualche sera prima. Ero seduta al bancone, con un martini in una mano e mille pensieri per la testa. Si era seduto al mio fianco, leggero, chiedendo al barista di portargli qualcosa di forte. Aveva un'aria stanca, ma i suoi occhi verdi erano vigili e non ci aveva messo molto a scorgermi. Si era presentato, aveva chiacchierato e mi aveva salutato, prima di tornare in camera.

Non aveva provato a portarmi a letto, non aveva tentato di avvicinarsi più del lecito.

Non so dove avesse trovato il coraggio di invitarmi a cena la sera prima.

 

La consapevolezza di essere un potenziale pericolo per lui risvegliò il senso di colpa... non era bastato ripetermi che non lo stavo usando, che era solo una cena, per metterlo a tacere. Sapevo di esporlo ad un rischio che non avrebbe mai potuto prevedere: la morte non era un pensiero fisso negli uomini della sua età, così come non rientrava tra le sue speculazioni l'idea che non fossi umana... Ero fin troppo allenata in quel ruolo. Per anni avevo desiderato che mi appartenesse fino in fondo. Poi avevo incontrato Chris... il suo pensiero non mi lasciava mai.

 

Mi lisciai le pieghe della gonna di sera che avevo indossato sotto il cappotto scuro, cercando di spianare con la stessa facilità i miei pensieri... Mi guardai allo specchio per uno sguardo d'insieme: ero elegante, ma non appariscente. Sobria, non troppo truccata.

Mi avvolsi in un'ampia sciarpa, chiudendomi la porta alle spalle e mi infilai nell'ascensore. Il ragazzo dell'albergo, lo stesso che mi aveva accompagnata in camera due sere prima, sgranò gli occhi per un attimo, mentre sentivo la sua gola chiudersi con un suono umido. Si passò la mano tra i capelli mentre premeva il pulsante che conduceva nella hall.

L'odore in quel piccolo vano era irresistibile, ma la tentazione era minima, quasi inesistente. La tenevo a bada con facilità, nonostante sentissi chiaramente il sangue scorrere nelle vene, il calore della sua pelle. Un fotogramma della notte nel vicolo mi fece reprimere con ribrezzo l'immagine di me con le labbra sul suo collo... Non lo avrei ucciso, non volevo essere un mostro. La bestia non sarebbe riemersa. Non quella sera.

Un tenue scampanellio annunciò il mio arrivo al piano terra. Lasciai il vano stretto e saturo di quell'odore delizioso, grata per la mia inappetenza. Se non altro, gli aveva salvato la vita.

Mi accomodai sul divano all'ingresso, con le spalle ad una vetrata che dava sulla strada illuminata. Potevo sentire le auto scorrere sull'asfalto umido della brezza serale, i dipendenti dell'albergo chiacchierare immersi nelle loro mansioni.

Guardai davanti a me solo per un istante, appena in tempo per vedere il mio gentile accompagnatore uscire dall'ascensore, il cappotto ancora sbottonato, i capelli biondi pettinati all'indietro. Era un bell'uomo, senza dubbio.

- Sono imperdonabile... spero che tu non sia qui da molto...- si scusò sorridendo.

- Sono appena arrivata...- risposi ricambiando il sorriso. Con lui era semplice dimenticare per un attimo le mie ossessioni. Gli fui silenziosamente grata per quella sua capacità.

- Sei davvero... elegante stasera...- disse imbarazzato.

- Grazie- risposi, lieta di essere riuscita a canalizzare in quella direzione le sue parole. Era un piccolo successo - Anche tu sei molto elegante...- ricambiai, osservandolo meglio. Quella sera aveva una camicia bianca sui pantaloni grigio fumo. Si chiuse il cappotto e mi offrì il braccio, che accettai.

- Spero non ti dispiaccia camminare un po'...- mi disse, premuroso.

- Affatto...- risposi, non vedevo l'ora... volevo rivedere la mia Parigi, dopo anni di assenza dall' Europa-

Non riuscii a fare a meno di voltarmi indietro, individuando la mia camera tra le file di finestre che davano sulla stessa strada. Non so se cercassi conferma ai miei sospetti o semplicemente rassicurazioni. Non vidi nulla di strano, la finestra era chiusa, la luce spenta... Eppure sentivo una strana sensazione. Era come avere un riflettore puntato addosso. Sentivo uno sguardo puntato su di me, il mio istinto pronto a rispondere a qualsiasi attacco. L'irrequietudine arrivò in fretta, mentre un nodo mi stringeva lo stomaco. Inspirai a fondo prima di guardarmi intorno, fingendomi interessata all'arredo urbano.

Henry non poteva stupirsi di quel gesto e io ne approfittavo per setacciare la strada, circospetta e allo stesso tempo attenta al suo educato monologo che scongiurava un imbarazzante silenzio.

La sorpresa sostituì l'irrequietudine colpendomi come una palla di cannone: un'auto presa a noleggio era parcheggiata in un vicolo dietro l'abergo, i vetri appannati, ma il guidatore ben riconoscibile, nonostante la barba incolta, i capelli spettinati.

Nella mia mente ogni dettaglio andò al suo posto. Sentivo il mio respiro accelerare senza poterlo evitare: lui era li. Mi ci volle un attimo prima che quella consapevolezza prendesse forma nella mia mente. E la mia reazione non tardò ad arrivare. Ero furiosa. Come osava? Chi gli dava il diritto...? Non riuscivo a credere che avesse avuto il coraggio di venire fin lì.

Non dopo quello che gli avevo detto, non dopo il mio schiaffo. Il sollievo si sostituì alla furia, che si dileguò veloce come era arrivata.

Perchè nonostante tutto ero sollevata di sapere che non gli era accaduto nulla, che stava bene... E che quell'ombra nella mia camera apparteneva a lui. Una parte di me sentiva di averlo sempre saputo, una parte di me agognava di raggiungerlo lì, in quell'auto, e stringerlo tra le mie braccia.

No, mi imposi. Non avrei mandato a monte la serata. In teoria avrei dovuto essere inconsapevole della sua presenza, ma soprattutto avrei dovuto essere ancora arrabbiata. No, non avrei disdetto quella cena. Henry non lo meritava.

Mi feci forza, quel veloce susseguirsi di emozioni era durato il tempo di una rapida occhiata.

Rivolsi lo sguardo all'uomo, che mi sorrise apprensivo per la mia aspressione turbata.

- Spero che la mia non sia una domanda indelicata...- aggiunse.

Quale domanda? Mi dovevo essere persa qualcosa... riesaminai la sua voce attraverso i miei ricordi più recenti... sorrisi, non era una domanda imbarazzante.

- Non poi così indelicata... - risposi, con calma - Ho ventitre anni... e tu?-

- Ho oltrepassato la soglia dei trenta...- rise, pacato - Sei molto più elegante e matura di ogni donna della tua età che io abbia conosciuto, ma devo supporre che abbia poco a che fare con l'età... no?-

Matura... se solo avesse immaginato che potevo essere la sua bisnonna sarebbe fuggito a gambe levate. Tenni quel pensiero per me.

- Sei molto giovane per essere un fisico aerospaziale che progetta velivoli top secret per il governo, non trovi?...- constatai.

- Diciamo che amo molto il mio lavoro e la mia età non mi ha impedito di lavorare al fianco delle persone giuste...- rispose, sfiorandosi il pizzetto curato in segno di nervosismo - Tu cosa fai nella vita?-

- Sono socia di uno studio legale... ho cominciato a lavorare lì come tirocinante quando ancora frequentavo l'università, dopo la laurea mi hanno chiesto di rimanere...-

- Harward?- domandò lui.

- Yale... deluso?- chiesi, in tono ironico. Quell'uomo mi metteva di buon umore.

- Affatto...-

Henry mi guidò fino ad un piccolo ristorante, in una viuzza secondaria, con l'insegna verde scuro e dorata che recitava in caratteri eleganti “Il leone d'argento”. Era un posto elegante, non esattamente da cena informale tra amici.

 

Mi ritrovai seduta al tavolo con il dolce nel piatto di fronte a me senza che me ne fossi resa conto. Avevamo chiacchierato per tutta la durata del pasto, ma quella cena non stava sortendo gli effetti che desideravo, non dopo ciò che avevo visto in strada...

- Elena... il tuo corpo è qui, ma la tua mente è altrove...- disse Henry, affondando il proprio cucchiaino nella coppetta di vetro della creme brulee. Sembrava dispiaciuto, ma non offeso.

Non so cosa avevo fatto per meritare tanta indulgenza. Sorrisi, colpevole, mentre cercavo di farmi perdonare la mia distrazione.

- Sai, ogni tanto vado a trovare i bambini dell'ospedale pediatrico e sono un po' in pensiero per alcuni di loro... E' tanto che non ho loro notizie...- risposi, era una mezza verità. Più che altro sentivo la mancanza di Mel e Susan e mi rammaricavo di non poter essere al loro fianco da tanti giorni. Ma era esattamente anche una mezza bugia.

- Devi essere molto legata a loro...-

- Si, lo sono....-

Chiamò con una mano il conto e infilò una banconota nel piccolo astuccio di pelle contenente la ricevuta di pagamento.

Si alzò in piedi e indossò il cappotto, aiutandomi a infilare il soprabito nero.

- Mi ha fatto molto piacere trascorrere la serata in tua compagnia...- dissi cauta.

- Davvero?- domandò lui aprendomi la porta del ristorante e conducendomi fuori.

- Si...-

La temperatura era scesa e piccoli fiocchi di neve vorticavano lenti nell'aria, sospinti dal lieve vento. Senza nemmeno premeditarlo allungai una mano verso i capelli di Henry e li liberai dai cristalli ghiacciati. Trattenni il fiato mentre lui mi afferrava la mano e se la avvicinava alle labbra.

- Sei una ragazza speciale, Elena...- disse con voce bassa. Abbassai lo sguardo, conscia di aver commesso un passo falso e arretrai. Lo vidi avvicinarsi, un passo dietro l'altro, prima che mi prendesse il viso tra le mani guatate di pelle e mi posasse un bacio sulla guancia. Sentii le sue labbra calde e morbide, il suo cuore accelerare i battiti, ma non andò oltre. Alzai gli occhi su di lui, grata ancora una volta di quella sua delicatezza.

- Mettiamoci al riparo...- suggerì poi, portandomi per mano verso l'albergo.

Accelerarammo il passo fino quasi a correre, mentre la neve continuava a scendere lenta e ritmica sulle nostre teste.

L'ingresso dell'albergo era assiepato di nuovi ospiti, asciutto e caldo. Henry chiamò l'ascensore.

- Posso offrirti qualcosa da bere nella mia stanza?- chiese lui, sorridente. Aveva gli occhi lucidi per il freddo e il cappotto umido per la neve.

- Accetto volentieri...- risposi di getto. Mi pentii quasi subito di aver accettato, ma l'idea dell'ignoto mi spaventava a morte, non volevo restare sola. Volevo vedere Chris, ne avevo bisogno, ma allo stesso tempo non volevo tornare nella mia stanza. Se il fatto che fosse a Parigi avesse significato che anche Victor lo era... allora era meglio che non rimanessi sola.

Una voce nella mia testa mi avvertì di non commettere sciocchezze, ma non potevo evitarlo.

L'ascensore si arrestò al terzo piano dell'albergo, aprendosi su una saletta arredata in modo semplice ed elegante. Henry mi porse nuovamente il braccio. Lo strinsi volentieri mentre mi conduceva fino alla camera. Strisciò la chiave elettronica nell'apposita fessura e abbassò la maniglia. La luce sia accesse automaticamente, illuminando gli arredi scuri e la tappezzeria color panna. La camera era accogliente, pulita... Il computer portatile era appoggiato sulla scrivania insieme a dei rotoli di carta, probabilmente dei progetti.

Mi aiutò a togliere il cappotto e lo appoggiò sulla poltrona, mentre io mi accomodavo sul letto a caviglie incrociate.

Henry aprì il frigobar e ne estrasse una bottiglia di Champagne e la stappò con un suono sordo. Lo versò in due bicchieri e me ne porse uno.

- A Parigi, la città più romantica del mondo!- disse. Io sollevai il bicchiere, cercando di non cogliere allusioni inesistenti dietro quel brindisi. Lo bevvi in un sorso, annaspando nel tentativo di sciogliere la mia agitazione. Lui me ne versò un altro.

- Cosa ti conduce qui, dolce Elena?- mi chiese, improvvisamente serio – Stai scappando da un ex marito che ti perseguita?- aggiunse ironico.

- Non proprio... ma ci sei andato vicino- ammisi. Dopo tre bicchieri di champagne stavo meglio.

- Qualsiasi cosa ti abbia costretta a fuggire... non permettere che ti dia la caccia, non lasciare che condizioni la tua vita. Hai sempre una scelta...- mi disse, serio.

Rimasi in silenzio. Quella sera mi aveva sorpresa già due volte, sotto la neve, prima, e adesso con quella delicatezza che lo faceva apparire un uomo d'altri tempi.

Lo guardai negli occhi verdi, ma non riuscii a prevedere quello che avrebbe fatto. Mi prese il viso con una mano e avvicinò le labbra alle mie. Immediatamente il veleno mi invase la bocca, mentre la gola mi bruciava come se l'avessero marchiata a fuoco. Ecco una reazione sensata, finalmente! Attesi che si allontanasse, cercando di non ricambiare il bacio, di non incoraggiarlo. Per prima cosa se avessi dischiuso le labbra lo avrei addentato... non volevo farlo. Seconda ragione, non erano sue le labbra che desideravo.

Quella certezza mi fece ragionare più lucidamente: dovevo tornare nella mia camera. Adesso, senza indugi. Mi alzai dal letto, prima di scoprire i denti come il predatore che era in me desiderava fare. Henry mi guardò, imbarazzato.

- Ti chiedo scusa, non avrei dovuto!- disse.

- Mi dispiace – risposi, tentando di mantenere la calma. Poi afferrai il cappotto e imboccai l'uscita. Non usai l'ascensore: adesso che sentivo la fame non era saggio trovarmi così vicino al ragazzo dell'albergo. Finii per fare le scale a piedi, veloce come una folata di vento, giungendo davanti alla mia camera in meno di un minuto. Avrei dovuto sentirmi compiaciuta di quel piccolo successo, ma mi sentii di nuovo inquieta. Annusai l'aria. Il mio odore impregnava la stanza, lo avvertivo anche dall'esterno, e misto ad esso la fragranza che non avrei potuto mai rimuovere dalla mia memoria, nemmeno dopo anni di lontananza.
Il momento della verità era arrivato, ed io ero pronta. 

 

*

 

Note dell'autrice: con qualche giorno di ritardo, ma eccomi qui! 

La storia riprende dal punto di vista di Elena che è sempre la narratrice principale ad eccezione di alcuni brevi brani narrati dal punto di vista di altri personaggi che saranno inseriti nel corso della storia e che ho ragione di ritenere che troverete molto interessanti...
Spero che il cambio di location non vi dispiaccia :) 

Lasciate qualche recensione, se vi va... 
Elanor <3

 

  
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