Capitolo 3- Sorrow of love
“…Empty spaces fill me up with holes… distant
faces with no place left to go…”- Backstreet Boys
Strawberry sentì la testa pulsarle, mentre i polmoni
smettevano di raccattare ossigeno dall’aria circostante. Che significa sta usando il corpo di Ryan? Si chiese, il volto
scarlatto, mentre le vene vibravano sotto la sua pelle.
Staccò
bruscamente la sua mano da quella di Ghish, e chiese, la voce innaturalmente
acuta: “Che significa?! Che significa sta usando il corpo di Ryan?! Ryan è
morto! Morto! Come potrebbe usare il suo corpo?!”.
Ghish
rispose semplicemente: “Se le cose stessero davvero così, mi sembra abbastanza
chiaro che non sta usando un cadavere, che tra l’altro non dovrebbe neanche
esistere, considerando l’incidente terribile in cui è morto Ryan… no,
Strawberry, se e sempre se, le cose stanno così, questo vorrebbe dire che Ryan
è ancora vivo…”.
Ryan è ancora vivo… quelle parole sembrarono
squarciarle la testa, come un fulmine, che attraversa saettante il cielo,
immalinconito dalle nuvole grigie. La sua mente era grigia, la sua anima era
grigia, ma quelle quattro semplici parole illuminarono per qualche istante le
ombre, che si trascinava dietro da tre anni, facendole sparire. Le sembrò di
respirare ancora… Dio, se è solamente un’illusione, fa per favore che non
finisca troppo presto…
“Scusa,
ma continuo a non capire…” mormorò Strawberry, le mani strette freneticamente
attorno al cuscino celeste del divano.
“Cercherò
di essere più chiaro” continuò Ghish “L’ incidente che Ryan ha subito potrebbe
essere, in realtà, un diversivo che Profondo Blu ha utilizzato per far passare
Ryan morto, quando, invece, aveva bisogno di lui, del suo corpo…”.
“Ma
perché, se fosse ancora vivo, dovrebbe aver bisogno proprio di Ryan? Non
sarebbe più logico prendere di nuovo Mark?” chiese, con un filo di voce,
temendo sempre che ad ogni parola la sua bella e calda illusione sparisse.
Ghish
rispose semplicemente: “Se fosse ancora vivo, avrebbe bisogno di una persona
con il dna modificato… sai, si crea una piccola imperfezione genetica, che
rende più facile la sua possessione, e considera che, dopo l’ultimo scontro, è
particolarmente debole…”.
“Sì, ma
poteva prendere me o qualcuna delle altre, perché proprio lui?!”
Ghish
rispose enigmaticamente: “Non l’ha fatto certamente perché Ryan ha il dna
modificato… deve essere stata una bella sorpresa per lui scoprire una cosa del
genere, che l’ha agevolato non poco… lui aveva bisogno proprio di Ryan, e il
motivo è molto più complicato di quello che tu adesso potresti capire… saprai
tutto, te lo giuro, ma adesso dobbiamo prima di tutto scoprire, se la nostra
ipotesi è giusta…”.
“Io ti
aiuterò, stanne certo” disse Strawberry, con decisione.
“Bene,
devi cercare di portarmi il maggior numero possibile di informazioni su Ryan,
il suo dna modificato, e sulle circostanze dell’incidente… poi mi serve anche
qualche informazione su Mark e sul rapporto che lo legava a Profondo Blu… per
il resto, ci penserò io…” concluse Ghish.
Strawberry
acconsentì e poi disse, malinconica: “Ascolta Ghish… vorrei che almeno per il
momento, le altre ragazze non sappiano nulla, non vorrei illuderle
inutilmente…hanno sofferto già troppo”.
Ghish
sorrise e disse: “Sei davvero generosa, gattina mia… non pensi alla tua
sofferenza, se questo sarà solo un buco nell’acqua?”.
Strawberry
negò con il capo. Quanto era bella la difesa che si era costruita per tenere
fuori le sue compagne… in realtà, non voleva che la considerassero ancora una
povera pazza, come era accaduto in passato, quando il suo dolore si era
trasformato in rabbia, la rabbia più cieca che avesse mai provato in vita sua.
E poi, era così meraviglioso essere l’unica a coltivare quella segreta speranza
nel cuore. Se Ryan era ancora vivo, voleva essere lei, e lei sola a salvarlo…
Il
giorno dopo, era domenica, ma Strawberry si alzò presto. Doveva lavorare e, nel
pomeriggio, doveva veder Mark. In circostanze normali, sarebbe stata felice
solo perché doveva vedere le sue amiche e il suo ragazzo, ma stavolta era
diverso. Sapeva che entrambe sarebbero state due occasioni importanti per
raccogliere informazioni, e sperava che quello che Ghish aveva detto fosse
vero. Certo, questo voleva dire che Profondo blu era ancora vivo, e
probabilmente per togliergli Ryan, avrebbe dovuto affrontare un altro combattimento,
ma, al momento, non le importava. Era più dura la sua vita di ogni giorno, che
una battaglia. E poi…
Ryan potrebbe essere ancora vivo… le sembrava di toccare il cielo
con un dito, se ci pensava.
Si
vestì velocemente e corse al locale, dopo aver salutato i genitori e Ghish che
facevano colazione in cucina. Ghish, che aveva ripreso il suo semi aspetto
umano, le strizzò l’occhio e Strawberry sorrise, pensando che fortunatamente la
madre aveva accettato di buon grado la presenza del ragazzo in casa per qualche
giorno, convincendo anche il reticente marito.
Strawberry
arrivò al locale, trovandovi già tutte le ragazze.
“Sempre
in ritardo!” le urlò contro Mina “Non che mi stupisca oramai… meno male che
dovevi essere qui per le otto e mezzo! Lo sai che dobbiamo fare l’inventario!”.
“Ma sì,
ma tanto adesso sono arrivata!” replicò, sorridente Strawberry, suscitando lo
stupore delle altre.
“Da
quando non è così allegra?” mormorò Paddy, mettendosi una ciocca di capelli
biondi dietro l’orecchio.
“Credo
da quando è morto Ryan…” rispose Pam, guardando fisso Strawberry, che stava
prendendo una scopa e una paletta per spazzare per terra.
Lory
riprese tristemente: “Spero che le stia finalmente passando… Strawberry è
quella che è stata peggio di tutte noi… io ero molto innamorata di Ryan, ma poi
il tempo ha guarito le ferite…”.
Lory si
chiuse nelle spalle sottili, e abbassò lo sguardo. Non che stesse dicendo tutta
la verità… lei amava ancora molto Ryan, pensava molto a lui, ma oramai si era
rassegnata all’idea che il ragazzo biondo americano non ci fosse più. Anche lei
era stata male, aveva sofferto molto, e, inutile negarlo, perché convinta che
la colpa della morte di Ryan fosse solo di Strawberry. Era rimasta di quella
convinzione per parecchio tempo e aveva trattato a lungo la ragazza con
freddezza; non che lei l’avesse intuito… era talmente stravolta, da non
accorgersi di quello che accadeva anche ad un palmo dal proprio naso. In modo
semplicistico e innocente, poteva dire e raccontarsi che aveva odiato
Strawberry per tanto tempo perché aveva avuto paura che Ryan fosse innamorato
di lei, di Strawberry, e ciò l’aveva frenata anche nel dichiarargli i suoi
sentimenti, temendo un inevitabile rifiuto. Lo vedeva come lui la guardava,
come lui le sorrideva, come quando lei stesse male, si prodigava per aiutarla…
persino, quando voleva uscire con Mark, lui trovava delle scuse per dare a
tutte la giornata libera. Ma, mentre la ragazza usciva sorridente e correva tra
le braccia del suo adorato Cavaliere Blu, e lei si metteva a fare tutte quelle
cose che al locale nessun’altra si era degnata di fare, Ryan si sedeva su una
sedia, le braccia incrociate sul tavolo e rimaneva a guardare il vuoto per
qualche minuto. Ricordava ancora le sue dita, che si passava lentamente tra i
capelli biondi, e lei che guardava in trance il suo volto dall’espressione
triste e malinconica, i suoi occhi celesti accesi solo dalla infelicità… tante
volte aveva voluto abbracciarlo, riscaldare il suo cuore freddo di ghiaccio,
dirgli che lei c’era e che lui poteva sempre contare su di lei, ma non l’aveva
mai fatto. Si limitava a finire di spolverare e scappava via, salutandolo con
un sorriso, a cui lui rispondeva con un mesto e freddo: “Ciao Lory… ci vediamo
domani…”.
Pensava
che lui odiasse Strawberry e che il suo comportamento fosse dovuto alla
stanchezza e alla preoccupazione per il progetto, ma non era così. Lo aveva
capito quel giorno, origliando con le altre, dietro la porta dello studio di
Kyle… lui si era rivelato, come Art, solo e soltanto a Strawberry, e l’aveva
salvata tantissime volte, senza pretendere nulla in cambio… e poi l’aveva
baciata. Era uno scherzo, aveva detto, per non farsi considerare un grande
eroe… sì come no… uno scherzo, Ryan, uno scherzo… uno scherzo che ti
infiammò le guance, che ti fece bruciare le labbra di febbre di lei, che ti
accese gli occhi di mille luci colorate…
Lory lo
aveva visto, ma non ci voleva credere e non ci prestò attenzione al ricordo di
quella sua meravigliosa espressione per tanto, troppo tempo… perché voleva
essere stata lei l’artefice di quello meraviglioso scherzo, che aveva sciolto
l’imperturbabile Ryan Shirogane, e, invece, si era dovuta accontentare di
baciare le labbra fredde e salate di lui, quando era incosciente e incapace di
rispondere. Ma incapace anche di rifiutare.
Lory
sorrise a sé stessa, mentre ci ripensava, e raccoglieva intanto delle
scartoffie dall’ufficio di Kyle. Era stata davvero una codarda, lo era stato
per tutta la sua vita, anche quel giorno…
Era la
sera di Natale ed erano più o meno le tre. Strawberry era andata via da poco
assieme a Mark ed erano rimasti solo lei, Kyle, Ryan, Mina e Paddy, che era
però crollata, addormentata su un divano, circondata dai suoi fratelli. Mina
chiacchierava allegramente con Kyle del fatto che voleva andare in Francia, non
appena finita la scuola, e Kyle sembrava sinceramente interessato, perché sua
sorella viveva proprio a Parigi e gli aveva raccontato molte cose sull’elegante
capitale francese.
Lory,
che stava sistemando la cucina, si accorse che Ryan non c’era. Non lo vedeva da
una mezz’oretta e si chiese dove fosse. Non aveva ancora avuto l’occasione di
dargli il suo regalo, una sciarpa di lana celeste, come i suoi occhi; si
ricordò che Strawberry, per salutarlo, era uscita in veranda e pensò che
dovesse essere lì.
Passò
davanti allo specchio, che c’era nella grande sala del locale, e guardò il suo
riflesso, chiedendosi se l’abito rosso di velluto non fosse troppo serioso per
i gusti di Ryan.
Aprì la
porta finestra e lo trovò lì, appoggiato alla ringhiera, che guardava il
cielo... era così bello che le fece male al cuore vederlo. Si avvicinò in punta
di piedi a lui, come se avesse paura che sparisse, e tossicchiò per richiamare
la sua attenzione.
Lui non
si voltò e disse: “Ah, Lory…”.
Lei
rimase immobile, la voce che sembrava essersi persa nella strada che conduceva
alle labbra. Aveva scordato tutto quello che le era venuto in mente di dire, e
si sentiva una perfetta idiota. Abbassò lo sguardo, fissando le mattonelle
celesti del pavimento della veranda.
“Che
c’è?” chiese Ryan, sempre voltato di spalle “Devi dirmi qualcosa?”.
La sua
voce era ferma, decisa e cortese, ma era fredda. Lui era freddo. Gelido,
ghiacciato, non trasmetteva niente, alcuna emozione vibrava nelle sue parole
pacate e garbate. Con una fitta, Lory ricordò, quando a tavola, poco prima,
aveva chiamato Strawberry per dirle che si era macchiata la camicia di salsa.
Le aveva solo detto: “Sei un’imbranata!”, ma la sua voce, cielo la sua voce,
era felice, dolce, premurosa, la voce di…
La voce di una persona innamorata… pensò con una punta di angoscia,
poi si riprese, raccontandosi la solita favoletta tranquillizzante che Ryan
odiava Strawberry, che anche lei odiava lui, che non si erano mai potuti
sopportare, che Strawberry era innamorata di Mark…
Si
avvicinò a Ryan, appoggiandosi alla ringhiera, ma non sentendolo parlare, seguì
il suo sguardo e lo vide fisso sul lungo viale, che portava al Caffè. Nella
penombra, creata dalle luci arancione, vedeva solo le sagome di Strawberry e di
Mark, che si stavano allontanando, abbracciati.
Lory
distolse lo sguardo da loro e tornò a fissare Ryan, non sapendo che cosa dire,
commentò: “Certo che Strawberry è davvero molto innamorata di Mark…”.
Ryan
non rispose e, guardandolo, Lory colse una piccola smorfia sul suo bel volto
abbronzato.
Lei
sorrise e chiese, ridendo: “Non ti piace proprio Mark?”.
Ryan
sorrise leggermente, poi, lo sguardo adesso rivolto al cielo, disse: “Non mi
convince, ecco tutto… mi sembra inquietante il fatto che sia sempre così
perfetto e impassibile”, poi, la voce più bassa, aggiunse: “Ma a lei sta bene
così… se lei lo ama, non posso essere altro che contento per lei…”.
Lory
annuì con il capo, mentre ancora l’ansia la riprendeva ad ondate. Non sapeva
come, ma quei LEI, con cui si era rivolto per indicare Strawberry, le avevano
fatto male. Lei… lei, come se ci fosse solo LEI in lui, ma fosse conscio che
non fosse sua. Scosse la testa per quello che stava pensando, e si ricordò
della sua sciarpa.
La
stava per uscire dalla sua tasca, quando la voce di lui disse, pacata e
immensamente triste: “Lei si merita tutto il meglio del mondo…”.
Lory
sussultò e rimase immobile, i capelli scompigliati dal vento, che era iniziato
a soffiare pungente sul suo volto. Il pacchetto con la sciarpa rimase nelle sue
mani, che si affannarono a schiacciarlo nella sua tasca. Sentiva che stava per
piangere, non sapeva perché, ma voleva solo allontanarsi dall’algido ragazzo
americano.
Lui
è innamorato di lei… Ryan ama Strawberry… lui la ama e lei non lo sa… la ama
tanto quanto io amo lui… ripeteva la sua mente, come in un disco
rotto.
“A-
adesso devo andare, devo andare ad aiutare Kyle…” mormorò le labbra, scosse da
un tremore che non riusciva a fermare, mentre leggermente le sue orecchie lo
sentivano dire: “Vado anch’io… voglio farmi un giro, prima di andare a letto…”.
Lei
annuì con il capo e poi corse dentro, mentre lui scendeva pigramente le scale,
che dalla veranda conducevano in giardino.
Scoppiò
a piangere e le lacrime furono sue compagne, fino a quando, dolce e lenitivo, giunse
il sonno a chiuderle gli occhi. Non sapeva che, quando li avrebbe riaperti,
avrebbe trovato ancora le lacrime ad aspettarla.
Lory si
lasciò cadere su una poltrona, mentre quei ricordi le stancavano la mente ed il
respiro. Si volse attorno e vide Strawberry, che parlava, o meglio litigava con
Mina. Le sembrava che stesse bene, sorrideva, come prima, e ci metteva anche
abbastanza energia nel litigio con l’amica. Non aveva quella faccia da tempo,
da troppo tempo, e le fece sinceramente piacere.
Come tante
volte, si chiese come mai proprio la mew rosa fosse stata la persona, che
avesse sofferto di più per la morte del giovane Shirogane. Non aveva mai
dimostrato un grande interesse per il ragazzo biondo ed era stato proprio
questo, che Lory non le aveva perdonato, convincendosi che Ryan quella
maledetta sera era voluto uscire proprio per cercare di non pensare a lei. Si
diceva che avrebbe preferito mille volte che Strawberry avesse corrisposto i
sentimenti, chiari per lei, che Ryan provava nei suoi confronti, piuttosto che
causarne indirettamente la morte. Ma, in realtà, forse neanche quella soluzione
le sarebbe piaciuta tanto, e poi, in fondo, non era certo colpa di Strawberry
non essere innamorata di Ryan, e non era a causa sua che Ryan era morto. Ma aveva
avuto troppo voglia di prendersela con qualcuno per quello che era successo,
che non fosse Dio, il fato, la sorte o qualcosa di altrettanto oscuro, contro
il quale era troppo facile inveire e non trovare alcuna soddisfazione.
Ma,
poi, inspiegabilmente, era stata proprio Strawberry a provare il più forte
dolore per Ryan, un dolore, che l’aveva trasfigurata, come se la tacita
maledizione che Lory le aveva lanciato di soffrire tanto quanto soffriva lei,
non solo si fosse avverata, ma l’avesse colpita anche più fortemente di quanto
avesse fatto con lei.
Si
ricordava quella sera di febbraio, due mesi e mezzo dopo la morte di Ryan. Lei
era al Caffè, assieme alle altre, ad eccezione, ovviamente di Strawberry, che
era a casa sua, sempre barricata nella sua stanza, sempre rifiutandosi di
vedere alcuno. Era seduta su una sedia e contava le mance dei clienti, mentre
Mina cercava di studiare e Paddy stranamente silenziosa, spazzava. Pam era al
lavoro. Regnava un irreale silenzio, rotto solo dai rumori delle stoviglie, che
Kyle stava lavando. Era sempre così, da quando Ryan era morto e non c’era più
neanche Strawberry a litigare con lui, rendendo vivace e frizzante l’atmosfera.
Con nostalgia mista ad invidia, Lory si rese conto che erano loro due la luce
del Caffè Mew Mew.
Ad un
tratto, entrò Mark, tutto trafelato, bagnato dalla testa ai piedi, dato che
fuori pioveva e sembrava non avere l’ombrello.
Lory
gli si avvicinò, mentre cercava di riprendere fiato, e chiese che cosa era
successo.
Lui, il
fiato ancora corto, rispose: “Strawberry… è qui?”.
Lory
negò con il capo e disse: “Io non la vedo dal giorno dopo la morte di Ryan…”.
Mark
assunse un colorito pallido e riprese, sottovoce, come se stesse parlando solo
a sé stesso: “Dove diamine può essere andata?”.
Mina si
avvicinò a loro, e chiese: “Non è a casa sua, scusa?”.
Mark
scosse il capo, e disse: “Sono passato da casa sua, come faccio ogni giorno,
quando torno dagli allenamenti di kendo… di solito, o non vuole vedermi o sua
madre mi dice che sta riposando, ma oggi mi ha detto che non era in casa e che
era uscita per andare in palestra. Mi sono meravigliato di questo e ho deciso
di andare a cercarla… mi sembrava strano che all’improvviso, le fosse venuta
tutta questa voglia di uscire… sono andato in palestra, ma mi hanno detto che
non c’era e che anzi non era iscritta nessuna Strawberry Momomiya… e allora ho
pensato che magari era venuta qui…”.
Paddy
intervenne, dicendo: “Qui, non è passata…”.
Mark si
passò una mano nei capelli bruni bagnati e disse: “Sono preoccupato… dove
diamine può essere?”.
“Ma
dai” replicò Lory, un po’ irritata “Dove credi che sia andata?! Si starà
facendo semplicemente un giro, e tra qualche ora, sarà di nuovo a casa…”.
Mark
guardò seriamente in viso la ragazza e chiese freddamente, gli occhi ridotti a
due fessure: “Da quanto tempo non la vedi?”.
Lory, a
disagio, ribadì che non la vedeva dalla morte di Ryan.
Mark
rispose allora, molto più freddo e chiaramente preoccupato, che in quel caso
non poteva certamente capire.
“Che
cosa non potremmo capire, scusa?!” ribatté Paddy, chiaramente scocciata “Lei è
una nostra amica e sappiamo quanto sta male… anche noi sentiamo molto la
mancanza di Ryan e tu ci dici che non potremmo capire… al massimo, sei tu, che
non puoi capire, visto che tu e Ryan non eravate certo ottimi amici…”.
Mina
diede manforte alla ragazzina bionda e disse: “Scusa, ma ha ragione…”.
“Certo
che ho ragione…” riprese Paddy, battendo il piede a terra.
“Non è
questo quello che Mark vuole dire” s’inserì Kyle, che reggeva tra le mani uno strofinaccio
bagnato “Io e lui abbiamo visto Strawberry in questi ultimi tempi e vi posso
garantire che è distrutta…”.
“Anche
noi lo siamo, cosa credi, Kyle?!” urlò Lory, con un tono, che non le
apparteneva, gli occhi pieni di lacrime.
“Lei lo
è di più!” riprese Mark, fortemente “Lei lo è molto di più di voi! Non mangia,
non parla, non esce… se la vedesse, capireste che potrebbe fare di tutto…”, poi
più sottovoce, aggiunse: “Ha smesso di vivere e credo che, nel profondo, non
voglia neanche più farlo…”.
Le altre
mew tacquero all’improvviso. Non sapevano e nemmeno immaginavano che Strawberry
stava così male. Si erano semplicemente ritirate ognuna nel loro dolore,
credendo che il proprio fosse maggiore di quello di tutte le altre. E adesso,
invece, venivano a sapere che quello di colei che forse ne avrebbe sofferto di
meno, era il più forte e distruttivo tra tutti.
“Dobbiamo
trovarla” disse Paddy, decisa.
“Sì… io
e Lory perlustreremo il quartiere est” iniziò Mark “Mentre tu e Mina andrete ad
ovest… Kyle, sarà meglio che tu rimanga qui, nel caso dovesse passare da qui”.
I
ragazzi uscirono freneticamente dal locale, percorrendo velocemente il vialetto
e dividendosi alla fine di esso.
Lory e
Mark camminarono velocemente, i piedi che affondavano nelle pozzanghere scure.
Lory si sentiva in colpa e voleva assolutamente trovare Strawberry quanto prima
possibile, mentre Mark sembrava che avrebbe avuto un infarto di lì a poco.
Erano
le undici e quarantacinque, quando Mark, esausto, dopo tre ore di ricerche
frenetiche, propose a Lory di entrare in piccolo bar per bere un bicchiere
d’acqua. La ragazza annuì anche se il posto, che recava un’insegna al neon
rossa, con la scritta Hell’s Kitchen, non le ispirava nulla di buono.
Entrati, si trovarono in una saletta fumosa e illuminata da
tenui luci rossastre, che provenivano da dei lumi, posti su dei tavolini
circolari, che ingombravano la stanza.
Si avvicinarono al bancone, mentre Lory si teneva vicina a
Mark per paura dei frequentatori del locale, che la fissavano e mormoravano, in
preda all’ubriacatura, frasi sconnesse e offensive nei suoi confronti. Mark
chiese un bicchiere d’acqua, che gli fu servito in mal modo da un tipo, che
recava sul braccio il tatuaggio di un teschio, dalle cui fauci uscivano delle
fiamme. Lory distolse lo sguardo da lui e si trovò a guardare una figura,
accasciata sul bancone. Sembrava una ragazza, anche abbastanza giovane, il cui
volto era in parte coperto dal collo del cappotto nocciola che indossava, e i
cui capelli erano nascosti in un basco dello stesso colore. Sembrava stesse
dormendo, ed era molto sudata; le labbra violacee che si muovevano appena,
mormorava qualcosa, il cui tono imitava quello di una filastrocca. Lory si
avvicinò, curiosa di sentire che cosa dicesse, e in quel momento, il basco cadde
dalla testa della ragazza, lasciando il posto ad una cascata di capelli rossi,
come il sole al tramonto.
“Strawberry!” urlò Lory, sconvolta e spaventata. Mark si
avvicinò a lei e vide la sua fidanzata, chiaramente ubriaca. Turbato, cercò di
farle aprire gli occhi e la ragazza li aprì per qualche istante. Erano occhi
spenti, vuoti e a Lory fecero paura: sembravano le orbite vuote di un teschio.
Strawberry scoppiò a ridere, fissando Lory, una risata
scomposta e senza allegria, che le fece accapponare la pelle. Poi, lei riprese
la sua cantilena, chiudendo di nuovo gli occhi. E, sebbene Mark non fece
commenti, mentre la prendeva in braccio, a Lory parve chiaro sentire: “Non lo
rivedrò più e non glielo dirò mai… Non lo rivedrò più e non glielo dirò mai…”.
Poi le sue labbra si piegarono in un dolce e strano sorriso.
La portarono al Caffè, coprendola a casa, dicendo che restava
a dormire da Lory, e la adagiarono sul letto rimasto nella camera di Ryan. Ebbe
un sonno agitato, e, alle volte, si risvegliava, urlando: “Perché te ne sei
andato?! Perché?! Non dovevi, non dovevi…”. Mark e Lory vegliarono su di lei
tutta la notte. Non seppero mai che cosa avesse preso, fatto sta che stette
male per ore intere.
Al mattino, sembrava essersi calmata, ma in realtà non era così.
Appena sveglia, lo sguardo allucinato, iniziò a dire che Ryan non poteva essere
morto e prese a fare tutta una serie di stupide indagini per capire che cosa
era veramente successo. Diceva di averlo sognato, diceva che lui le aveva detto
che non era morto e che voleva che lei lo andasse a prendere, perché era
prigioniero.
Poi, capii che era morto e disse che voleva sapere di chi era
la colpa di quello che era successo. Continuava a fare indagini, ricerche,
estraniandosi per ore e parlando da sola nel freddo isolamento della sua
stanza. Gli amici e la famiglia, non sapendo più che fare, la guardavano
addolorati sfiorire giorno per giorno.
Un giorno, poi, mentre era al Caffè chiusa nel laboratorio di
Ryan, mentre smanettava al computer, qualcosa cambiò. Mentre cercava un floppy,
sotto lo sguardo rassegnato e preoccupato di Mark, Lory e Kyle, le cadde dalla
tasca un piccolo fermaglio, un fermaglio, che sembrava che le avesse regalato
Ryan, il giorno, in cui era morto. Lei lo raccolse, lo prese tra le mani,
sorridendo e disse: “Questo me lo ha regalato Ryan…”, l’espressione assente
piegata in una dolce e ottusa felicità.
Mark e Lory pensarono che fosse ancora un ricordo fasullo che
si era creata, ma Kyle le si avvicinò e chiese di farglielo vedere. Lei glielo
dette e Kyle, con gli occhi lucidi, disse, stringendo le mani di Strawberry:
“Lo sai, piccola, questo che cos’è? Era il fermaglio che portava spesso la
mamma di Ryan, prima di morire… glielo aveva regalato lui, per Natale, ma poi
sua madre glielo aveva dato, dicendo di tenerlo sempre con sé e di stringerlo
forte, quando stava male o sentiva la sua mancanza. Ryan era un bambino molto
solo e sentiva spesso la mancanza dei suoi genitori, quando non c’erano… quando
morirono, si sedeva dietro la finestra, quando pioveva e lo stringeva tra le
dita, sorridendo…”.
Strawberry, il volto leggermente più sereno di quanto non lo
fosse stato negli ultimi sei mesi, disse: “E lui l’ha dato a me…”.
Kyle, piangendo, disse: “Sì, piccolina… l’ha dato a te e
tramite quell’oggetto ti proteggerà per sempre… l’ha fatto perché ti voleva
molto più bene di quanto immagini…”, poi se la strinse contro e disse,
sottovoce nel suo orecchio: “… non ti devi preoccupare… lui non ti ha lasciato
da sola e non lo farà mai…”.
Strawberry scoppiò a piangere e pianse per ore, poi, al
mattino, distrusse tutto il materiale, che aveva raccolto, e chiese scusa a
tutti per averli fatti preoccupare. Disse di voler ricominciare a vivere, disse
di voler lasciare dietro di sé Ryan Shirogane, ma adesso Lory si chiese se lo
avesse mai davvero fatto.
Cercò con lo sguardo la ragazza attorno alla stanza e la vide
che entrava nel laboratorio di Kyle, dicendo che voleva fare delle pulizie;
fino a qualche tempo prima, Lory l’avrebbe seguita, temendo che facesse qualcosa
di stupido, come aveva fatto in passato, ma adesso non aveva più paura. La
lasciò andare da sola.
Strawberry scese lentamente i gradini del laboratorio, dopo
essersi chiusa la porta dietro di sé. Premette un interruttore, che accese dei
neon nella stanza, che si illuminò appena.
Continuò a scendere le scale, fermandosi di fronte ad un
computer, posto su una scrivania, piena di fogli e di cartelle disordinate.
C’erano ancora delle provette, piene di liquidi strani, residui del progetto
mew mew. Strawberry li analizzò attentamente, fino a trovare una provetta, che
conteneva un liquido celeste chiaro, con sopra attaccata un’etichetta con su
scritto: “Gatto Iriomote”, poi era stato aggiunto con un pennarello indelebile:
“Strawberry Momomiya”, e poi “Ryan Shirogane”. Sorrise stranamente imbarazzata
nel vedere il suo nome e quello di Ryan così vicini, ma poi scrollò il capo e
prese la provetta, mettendosela in tasca.
Non sapeva se bastasse quello a Ghish, ma decise di non
rischiare ed accese il computer di Kyle. Quante ore ci aveva trascorso, facendo
complicati schemi per provare, senza nessun ragionevole dubbio, che Ryan era
ancora vivo… solo adesso si ricordava le facce sofferenti di Kyle, Lory, Mark,
Paddy, Mina e Pam, che la guardavano senza osare però fermarla. Scosse ancora
il capo, cercando di scordare quelle immagini e convincendosi che stavolta era
diverso, stavolta era vero che Ryan poteva essere vivo, o almeno era quello che
diceva Ghish.
Aprì una cartella, che conteneva dei documenti, risalenti a
quattro anni prima: c’erano delle schede, su lei e sulle altre, e poi, datata
più recentemente, ce ne era una su Ryan. La aprì, trovando tutta una serie di
dati su Ryan e su dei test che Kyle doveva aver fatto su di lui, dopo che si
era volontariamente iniettato il dna animale.
Vedendo la sua foto sul computer, le venne da ridere a
rivedere la sua faccia strafottente. Poi, si ricordò che non aveva tempo da
perdere e stampò il documento, che era di due pagine e mezzo.
Mentre la stampante lavorava, prese a mordicchiarsi
nervosamente il dito. Fu allora che la porta si aprì, facendovi entrare Kyle.
“Ciao Strawberry!” disse il ragazzo educatamente “Che stai
facendo?”. Aveva visto il computer acceso e si era decisamente insospettito.
“Una- una ri- ricerca per la scuola” mentì velocemente,
mentre raccattava il suo foglio che cacciò velocemente in tasca “Adesso vado,
devo finire di spazzare il viale…”.
Strawberry spense velocemente il monitor e corse fuori,
mentre Kyle la guardava preoccupato.
Kyle si avvicinò al computer e, dalla lista dei dati recenti,
trovò il documento stampato da Strawberry. Guardò malinconicamente la foto del
suo vecchio amico di infanzia e mormorò tristemente: “Sembra proprio che tu non
ne voglia sapere di lasciarla, Ryan… devi amarla ancora molto, razza di
testone…”.
Capitolo
un po’ strano, visto che è dal punto di vista di Lory, ma volevo far vedere
quale era stata la sua reazione alla morte di Ryan e il suo atteggiamento verso
Strawberry! In fondo, mi ha sempre fatto un po’ pena! Lory, intendo! Comunque,
sono iper mega ultra contentissima che stiate seguendo la mia fic! Voglio
ringraziare specialmente JunJun (grazie tantissimo per i tuoi complimenti,
spero che seguirai la mia fic fino alla fine, anche perché ci sono molte altre
sorprese… eheheheh… risata di compiacimento di me stessa!), Chibi (sono felice
che ti abbia coinvolto tanto, per me è importante saperlo perché così mi sento
incoraggiata a continuare!), Mew Pam (per vedere se la tua ipotesi della
trasformazione in Art sia giusta non ti resta che continuare a leggere! Questa
si chiama TECNICA-PER-TENERTI-INCOLLATO-UN-LETTORE!), Nadia Sakura Kan (questa
fic è nata proprio perché non riuscivo a capire come mai il Cavaliere Blu fosse
il merluzzo e non Ryan!), Jessy (spero di essere riuscita a ripostare il primo
capitolo!), Pfepfer (ho cercato di scrivere più grande che potessi!) e poi
Gaia, Dodochan, Yuki, Super_ fan_ di_Ryan, Ichigo chan, Kashia, Super Gaia,
Tessa, Maron chan ’ 92, sperando di non aver dimenticato nessuno! Grazie anche
a quelli che hanno letto e non hanno recensito! La prossima volta lasciate un
piccolo commento! Il prossimo capitolo arriverà nei prossimi giorni anche
perché non ci sarò nei primi di agosto e quindi non potrò aggiornare! Quindi a
presto! Ciao ciao da Cassie chan! (quest’ultima frase sembrava più una
filastrocca che un saluto!)