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Autore: Gondolin    07/03/2010    2 recensioni
[ The lost Canvas ]
Si sentiva ribollire il sangue dalla rabbia -il che non era mai un buon segno- e si sentiva impotente, con quella stramaledettissima tela sulla testa, visibile ma irraggiungibile. Nemmeno sfogarsi su quel miserabile Specter pareva avere una qualche utilità.
[...]
“Ti ho chiesto cosa stai facendo.”, ribadì Dégel.
“E' ovvio.”, sbuffò Cardia, “Lo sto torturando.”

[ Personaggi: Cardia dello Scorpione, Dégel dell'Acquario ]
Genere: Romantico, Malinconico, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'e'
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Fandom: Saint Seiya - The Lost Canvas
Conteggio Parole:  1107
Pairing: Aquarius no Dégel/Scorpio no Cardia
Avvertimenti: yaoi
Note: ha partecipato alla Double Drabble Challenge II @ [info]gracalling col prompt  22. Leggere fra le righe.
Questo capitolo contiene SPOILER su Cardia! Niente di che, se avete lurkato un po' per il web saprete già tutto. Dopo tutto uno con un nome così e uno col senso dell'umorismo malato come il Kuru... *ride per non piangere, perché scemo com'è non si direbbe, ma Cardia fa piangere un sacco*
I dialoghi in corsivo sono tratti dal manga, numero 23 dell'edizione italiana, capitoli dal 97 al 100.



Les Livres Congelés et le cœur

Legere fra le righe

Era infuriato.

Peggio.

Peggio che infuriato.

Si sentiva ribollire il sangue dalla rabbia -il che non era mai un buon segno- e si sentiva impotente, con quella stramaledettissima tela sulla testa, visibile ma irraggiungibile.

Nemmeno sfogarsi su quel miserabile Specter pareva avere una qualche utilità.

Cardia, che diavolo stai facendo?!”, proruppe una voce familiare alle sue spalle.

Ciao, Dégel.”, salutò senza smettere il suo tipico ghigno. “Era da tanto che non passavi dalla mia casa.”, aggiunse con un leggero rimprovero. Non avrebbe voluto suonare tanto accusatorio, ma non poté evitare di lasciar trapelare come si sentiva. Non era mai stato un bravo attore.

Inizialmente Dégel gli aveva ispirato un'estrema antipatia, ma col tempo aveva imparato ad apprezzarlo. Sin troppo. E si era trovato ad essere grato a quella febbre che alcuni anni prima l'aveva quasi ucciso, ma che aveva costretto il gelido custode dell'Undicesima Casa ad avvicinarglisi.

Ti ho chiesto cosa stai facendo.”, ribadì Dégel.

E' ovvio.”, sbuffò Cardia, “Lo sto torturando.

Aggiunse senza troppa convinzione un'altra puntura al suo sadico ricamo sulla schiena dello Spettro, ridendo però di stanca soddisfazione. “Che preda noiosa. Senza carattere, senza eleganza...”, scoccò un'occhiata in tralice alla figura slanciata dell'altro cavaliere, immobile e silenzioso, “e senza orgoglio!”, aggiunse infine con un calcio alla surplice ormai mezza sgretolata. “La mia unghia è sprecata per lui.

Si voltò di scatto verso Dégel, puntandogli l'indice alla gola. “Tu non ti saresti comportato in maniera così vergognosa... vero, Dégel?!”, chiese, un sorriso folle dipinto sulle labbra, “Anzi, tu non urli nemmeno quando sarebbe il caso di farlo...”, aggiunse con uno scintillio malizioso nello sguardo.

Dégel mantenne un silenzio sdegnoso, le labbra serrate in una linea sottile. Non gli piaceva che gli si ricordassero i suoi momenti di debolezza.

Stranamente, Cardia decise di non infierire oltre, e chiese in tono strafottente: “Dunque? Cosa volevi da me?

Era sin troppo ovvio che il francese fosse lì per un motivo -probabilmente un ordine- e non per una visita di piacere, per quanto il custode dell'Ottava Casa avrebbe desiderato che così fosse.

Ho ricevuto un ordine della grande Atena.”, annunciò infatti Dégel, tornando sul terreno sicuro del dovere, “Devo partire per Blue Grad, nella Siberia orientale. Voglio che tu venga con me.

Cosa?! In Siberia?! Figurati se vengo!”, esclamò scandalizzato, “Chiedilo a qualcun altro! Non sopporto il freddo”, sottolineò, fissandolo con durezza. Non sopportava di sentirsi ghiacciare la pelle dall'aria fredda poiché gli ricordava i momenti in cui era stato quasi congelato per salvarsi la vita. Nato e cresciuto nella ridente terra di Grecia, Cardia non era abituato alle basse temperature e amava il calore e la luce del sole. Un'altra cosa detestava, per restare in tema, ed era la freddezza di Dégel nei suoi confronti. Sapeva che l'unico motivo per cui gli stava chiedendo di accompagnarlo era perché si sentiva responsabile per lui, e questo irritava Scorpio oltre ogni dire. Innanzitutto l'idea di avere qualcuno a fargli da balia cozzava col suo carattere ribelle e indipendente. Senza contare che non voleva che Dégel gli rimanesse accanto per senso del dovere. Non solo, almeno. Non era così folle da non essergli grato per quello che aveva fatto per lui. Però avrebbe voluto sentirsi importante per lui almeno una volta. Ma forse doveva ancora meritarsela, quella considerazione. O forse doveva solo imparare a vedere sotto la durezza esteriore dell'altro.

Non sopporto il freddo,”, ripeté, “e le missioni noiose.

Una qualche ambasciata, di certo. Che scocciatura, la diplomazia!

Ma Dégel, ostinato e astuto, sapeva come convincerlo. “La definiresti noiosa anche se ti dicessi che dobbiamo conferire...”, fece una pausa ad effetto, il maledetto, che sapeva come ottenere completa attenzione “con Poseidone, il dio dei mari?!

Catturò l'attenzione di Cardia, eccome se la catturò. Quelle parole fecero sorgere un nuovo ghigno sul volto del giovane. Alzò una mano, portandosela all'altezza degli occhi e poi richiudendola di scatto in un bagliore rossastro come se avesse afferrato qualcosa. “Non esiste preda migliore di un dio!”, sussurrò avido. Si raddrizzò, fiero, e si sistemò il mantello. “Partiamo subito, Dégel! Non voglio che mi sfugga come ha fatto Ade.”, aggiunse con stizza.

Il cavaliere dell'Acquario si voltò per andarsene, nascondendo un sorrisetto di superiorità. “Credi che un dio scappi?

Hai detto qualcosa?!”, lo seguì la voce adirata di Cardia.

No, nulla.”, negò Dégel quietamente mentre varcava la soglia dell'Ottavo Tempio.

Ma in un attimo Cardia gli fu alle spalle e lo afferrò per un braccio, costringendolo a guardarlo negli occhi, cosa che Aquarius aveva evitato di fare per la maggior parte della loro conversazione.

Hai detto qualcosa?”, domandò ancora, stavolta con tono basso e pericoloso, “Non prendermi per scemo, sottospecie di ghiacciolo presuntuoso. Ho problemi di cuore, non di udito.”

Dégel odiava trovarsi così vicino a quel pazzo, perché sentiva di non trovarlo abbastanza sgradevole. Sarebbe stato meglio se avesse odiato Cardia. Ma no, ogni volta che anche solo il pensiero di lui gli attraversava la mente si concedeva un sorriso interiore. Nemmeno farsi mettere le mani addosso da quello scemo era fastidioso; ciononostante lo trovava disdicevole.

Dégel...”, mormorò più dolcemente.

L'interpellato si scrollò via la sua presa e rispose rabbioso: “Sono anni che ci conosciamo e ancora non sai pronunciare bene il mio nome.”

Mi scusi, signor Disgelo, se il mio francese è pessimo. Vorrei comunque informarla che lei ha mantenuto un orribile accento quando parla greco, il che è alquanto disdicevole, essendo questa la lingua della Dea.”

Detto questo, Cardia gli volse le spalle, rientrando nella propria dimora. Dopo qualche passo però crollò a terra con un fragore metallico causato dall'armatura che riecheggiò fra le colonne, quasi assordante nel silenzio.

Cardia!”, urlò Dégel, senza curarsi di celare l'angoscia nella propria voce. Corse verso di lui e si inginocchiò al suo fianco prendendogli una mano fra le proprie.

Cardia sollevò una palpebra, poi l'altra. Poi sogghignò, il bastardo, sotto lo sguardo dapprima sollevato, poi sorpreso ed infine severo dell'altro. “Ci sei cascato!”

Non. Farlo. Mai. Più. Cretino! Non si scherza su certe cose!”

Fece per alzarsi, ma fu trattenuto da Cardia, che si tirò a sedere stringendogli ancora le mani e sorridendo per una volta senza sembrare completamente folle. “Ti sei preoccupato. Allora un po' a me ci tieni.”

Noi cavalieri d'oro siamo già così pochi...”, rispose Dégel burbero, “non possiamo permetterci altre perdite così alla leggera.”

Cardia ignorò le sue parole, lesse il suo volto e se lo tirò addosso come un cucciolo desideroso di giocare alla lotta.


  
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