Ho buttato giorni
interi giù dalla finestra, sono rotolati inetti con un frastuono osceno e ingordo.
Ho buttato tanti
fogli, tante parole, tante coperte e tante
bottiglie.
Troppo di tutto,
troppo di niente.
E quella scatola per le
scarpe nera con le foglie rosse, c’erano tanti colori dentro, le mie
collezioni.
Il freddo e il caldo
che ormai non distinguo più, mesi pressoché inutili mi avevano portata
A capire che per
quanto possa tirare la tenda, avanti e indietro,
avanti e indietro, quella non si rompe. Ma si sciupa. Pensavo che avrei pitturato i muri della mia
stanza di verde menta.
Pensavo tante cose, ne
buttavo altre, ma la sindrome della soffitta mi portava a collezionare
Scontrini di viaggi
andati, marche di vestiti, cartoline che profumavano.
In mezzo a questo c’era
sempre il sogno, l’unico partecipe di questo casino da sempre.
Buttavo tante cose,
non buttavo poi niente.
La notte, quanto lo
odio, ne ho violentate tante sì.
E’ così
freddo che persino i miei ricordi si sono congelati.
Ma non sorrido per d’avvero, e il mio nome l’ho ripetuto almeno trenta o
quaranta volte.
Ho fatto sempre le
stesse domande e sempre le stesse risposte, suonava tutto così uguale
Che ho dovuto
dimenticarlo e fare finta di perdere la memoria a giorni alterni.
Le date
invece, le ho perse quasi tutte. Cambiavo sempre profumo.
Quanto grigio sotto al tappeto.
Quanti tagli sulla..
Quanti tagli e basta.