Anime & Manga > TSUBASA RESERVoir CHRoNiCLE / xxxHOLiC
Segui la storia  |       
Autore: Yuri_e_Momoka    10/03/2010    3 recensioni
Sfiorò i lineamenti di quel viso che mai aveva visto così da vicino, nemmeno durante le lunghe notti trascorse nello stesso letto, senza mia toccarsi, né parlarsi, con inconfessabili pensieri che volteggiavano sopra di loro, mai espressi.
Non poteva farlo soffrire per colpa di alcuni stupidi ricordi. Eppure tenne con sé quell’ultima foto, e la nascose nella giacca, prima di riporre la scatola e ritornare dall’altro…
“E se tu… te ne dovessi andare?”
C’erano tante, troppe cose per cui doveva essere perdonato, ma per nessuna di queste meritava l’assoluzione. Soprattutto per quello…
"Tu hai qualcuno che ami da proteggere, ed è ciò che ti infiamma l’anima e gli occhi, che mobilita ogni tuo gesto, che giustifica ogni tuo respiro."
“L’importante è anche riuscire a vivere fino a quel giorno.”
“Ti…voglio…bene.”
“Non andare.” Ripeté, mentre osservava il proprio sangue entrare nel corpo debole e sempre più pallido di Fay.
“Kurogane…” pregò piano, stava troppo male per gridare, ma sperava che qualcuno lo sentisse ugualmente.
"Non vado proprio da nessuna parte"
Il rapporto tra Kurogane e Fay sembra idilliaco, ma non tutto è semplice come appare. Tutte le complicazioni di una relazione, dalla A alla Z.
[vergognosamente KuroFay]
Genere: Romantico, Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
ff-EC 19 Ben trovate a tutte!!!! Allora, siamo tutti un po’ emozionati, quindi per evitare di mettermi subito a piangere in diretta farò alcuni ringraziamenti speciali: oltre ai soliti inchini profondi per tutte le vostre recensioni e l’entusiasmo col quale ci seguite, vi devo annunciare che il primo capitolo, Amore, ha appena superato le 1000 visite!! Incredibile, non immaginavo assolutamente questo successo!
Comunque, piccola parentesi: anche noi siamo reduci di 5 anni di psicologia, e guardate come sfruttiamo (male) le nostre conoscenze! XD
E ora, passiamo alle consuete scuse: questo chap giunge in ritardo a causa degli esami appena conclusi con taaanta fatica e del cosplay per Cartoomics che ci ritroviamo a dover preparare in pochissimo tempo (specifico che sto facendo una fatica immane per digitare le lettere correttamente a causa dei numerosi cerotti che coprono le ferite da ferro da stiro, aghi e forbici….)
Ora vi lascio alla VERITA’ e vi aspetto giù!
 
P.s. Ritroverete anche il passato di Fay. Per quanto vi sembri uguale al precedente, leggetelo con attenzione! ;)
 
19. VERITA’:  “Nessuno può a lungo avere una faccia per sé stesso e un'altra per la folla, senza rischiare di non sapere più quale sia quella vera.” [¹]
 
Era strano che, nonostante lo avessero liberato dai tubi, non riuscisse comunque a pronunciare parola. Kurogane aveva già tentato di parlargli, perlopiù con le sue solite frasi monosillabiche e laconiche, ma dopo due o tre tentativi, quando si era reso conto che Fay non rispondeva, aveva rinunciato. Non era colpa della stanchezza, né dei farmaci che lo lasciavano ancora un po’ stordito: Fay aveva solo bisogno di riflettere.
Si rendeva perfettamente conto di quanto fosse stato vicino alla morte, a quel limite fatale a cui aveva sempre guardato con una punta di desiderio. Eppure, trovarvisi effettivamente di fronte era una cosa ben diversa.
Se le mani di quel ragazzo non avessero tremato, facendogli deviare il colpo di pochi millimetri, lui sarebbe morto senza nemmeno accorgersene. Per una pura casualità si era salvato e aveva potuto vedere nuovamente Kurogane, avvertire il suo tocco e sentire la sua voce. Nel momento in cui si era ritrovato di fronte quella pistola non aveva pensato a quello che avrebbe potuto perdere e ciò era davvero assurdo, visto quanto teneva al suo Kurogane. Però, comunque, non aveva fatto nulla per evitare la morte, al contrario, si era gettato tra le sue braccia, pensando di fare la cosa giusta.
Un debole sole illuminava la stanza spoglia, Kurogane sedeva sempre al solito posto, sulla sedia alla sinistra del letto. Stringeva ancora forte la mano di Fay, senza guardarlo. Nei suoi occhi, che scrutavano distrattamente il mondo oltre il vetro, il biondo poteva scorgere stanchezza e amarezza, ma in quella stretta vi era determinazione. Non lo aveva mai lasciato, come se temesse che potesse andarsene di nuovo.
La vista che gli era rimasta non gli concedeva di vederlo come prima, Fay aveva colto subito le limitazioni nel possedere un occhio solo. Forse, non avrebbe mai più potuto vedere Kurogane nello stesso modo, e per poter scorgere in lui le stesse sfumature, gli stessi dettagli, la stessa luce avrebbe dovuto fare affidamento unicamente sulla sua memoria. E forse, anche Kurogane stava pensando alla stessa cosa: Fay non sarebbe più stato quello di prima, perché una benda sull’occhio sinistro gli avrebbe sempre ricordato quel doloroso giorno.
Anche adesso Fay non faceva che causargli sofferenze, le stesse che aveva pensato di evitargli rischiando la sua vita in modo così penoso. Ogni volta che pensava di sacrificarsi per gli altri, alla fine riusciva soltanto a peggiorare le cose. Proprio come con Yuui.
Perciò era arrivato, il momento in cui avrebbe dovuto compiere quella scelta che da anni rimandava grazie a bugie e sorrisi. Non poteva più fuggire, era incatenato a quel letto dalla presa di Kurogane e dalla sua presenza. Gli doveva una risposta, almeno quella per ripagarlo di tutti i problemi e i dolori che aveva dovuto sopportare, e se poi non avesse accettato la sua scelta, Fay avrebbe compreso e avrebbe potuto separarsi da lui, definitivamente, soddisfatto e in pace con se stesso, per una volta.
“Ti chiedo perdono.”
Kurogane abbandonò lentamente la contemplazione della finestra, come per accertarsi che Fay avesse realmente parlato, dopo quel lungo silenzio. I suoi occhi cremisi si puntarono in quello di Fay, in attesa. La vista di quel viso pallido e affaticato, dei capelli scomposti e degli abiti stropicciati diedero al biondo un motivo sufficiente per avventurarsi in quel discorso impervio.
“Ho dovuto aspettare di trovarmi a un passo dal perderti per capirlo. Ho sempre pensato che le conseguenze delle mie azioni si sarebbero ripercosse solo su di me e che sarebbero state la punizione per tutto ciò di cui mi pentivo, però ora ho capito che non è così. Sicuramente con i miei gesti ho punito più te, che non avevi colpa, che me.”
Anche se era difficile interpretare le emozioni di Kurogane, ora Fay riusciva a scorgere in lui una leggera sorpresa.
“Volevo risparmiarti la sofferenza di dover vivere con un uno come me, e invece ti ho costretto a stare in pensiero, a dover sopportare le mie bugie e anche a donarmi il tuo sangue.”
Kurogane dischiuse le labbra per parlare, ma comprese che quel discorso non era ancora finito, e così, come aveva sempre fatto, attese paziente tutte le giustificazioni di Fay.
“Sono così felice di aver trovato una persona che vuole bene a uno come me… nonostante tutti i miei imperdonabili difetti...”
Dannazione, proprio adesso gli doveva tremare la voce? Ora che finalmente aveva trovato il coraggio per dirgli tutto questo…
La stretta alla mano si allentò. Kurogane posò la sua su quella di Fay mutando la determinazione in sostegno. Era incredibile come riuscisse, con dei gesti così semplici, a provocargli emozioni così intense, a infondergli coraggio e forza di volontà. Fay si fece forza per proseguire.
“Io ho capito… che tentando di punire me, in realtà quello a cui faccio del male… sei tu. E l’unica cosa di cui sono sicuro, ora… è che non voglio mai più farti soffrire.”
Cercò i suoi occhi con il suo, era davvero difficile mantenere quel contatto visivo, ma in quel momento gli avrebbe concesso di vedere il suo coraggio, quel poco che gli restava.
“Però io non cambierò. Non ne sono capace, ogni volta che ci ho provato ho scatenato gravi conseguenze. E poi non mi sembra giusto, perché io sono diventato quello che sono vivendo tutti i giorni. Quello che sono è anche frutto dei giorni vissuti con te. Non cambierò ciò che sono. Cambierò ciò che voglio diventare. Colui che sarà in grado di stare al tuo fianco per sempre, che avrà la forza per sostenerti nelle difficoltà e che non si tirerà indietro di fronte agli ostacoli. Colui che non ti mentirà e che non ti nasconderà mai l’amore che prova per te. Colui che ti farà sentire amato e felice di essere ciò che è.”
Kurogane non parlava ancora. Fay si domandò come fosse riuscito a sconvolgerlo così tanto con le sue parole. Non avrebbe voluto metterlo in difficoltà.
Inclinò leggermente la testa e gli sorrise per rassicurarlo. “Sei sorpreso perché ho fatto un discorso così lungo senza infilarci dentro soprannomi strani?”
Ancora silenzio.
“Sapevo che il mio vero me ti avrebbe spaventato, per questo sono preparato a quello che stai per dirmi. Non devi farti riguardi a…”
La sua voce si spense all’improvviso quando l’indice di Kurogane gli ebbe sigillato le labbra. Pareva arrabbiato.
“L’unica cosa che sicuramente non riuscirò mai a capire di te” iniziò con un tono di voce più alto di quello rispettoso che aveva tenuto negli ultimi giorni, “è come tu possa infilare e ingarbugliare nella tua testa bacata tutte queste paranoie.”
“Kuro…”
“Voglio che la smetti di chiedere perdono, che la smetti di sentirti in colpa per ogni cosa e che la smetti di avere così poca fiducia in me.”
Sembrava davvero offeso, e non nel modo in cui reagiva ai soprannomi imbarazzanti, piuttosto appariva ferito nel profondo. Questa volta era Fay a essere rimasto senza parole.
“Voglio anche che tu non smetta di fare tutto quello che ti ho detto prima, così potrò starti vicino e assicurarmi che tu non compia qualche idiozia, proteggerti e picchiarti quando fai lo scemo. Voglio essere l’unico responsabile delle tue sofferenze, così in questo modo sarò sicuro di non doverti più vedere ridotto in questo stato penoso.”
Si bloccò col fiato corto e il volto arrossato, come dopo aver rincorso qualcosa che gli stava sfuggendo. Lo guardava dritto negli occhi con un barlume di sfida nel fuoco vermiglio.
“Come siamo presuntuosi, Kuro-ego!” rise Fay, intenerito da quella inusuale dimostrazione d’affetto.
Borbottando Kurogane salì sul letto e si stese accanto a lui, con il braccio destro sotto la testa di Fay e il sinistro a cingergli schiena e fianchi. “Risparmia le tue scemenze per quando ti sarai rimesso. Ora taci e dormi, domani finalmente lasceremo questi postaccio.”
Chiuse gli occhi per tentare di scoraggiare ogni proseguimento di quella conversazione per lui imbarazzante, ma Fay aveva un ultimo desiderio da esaudire.
“Non hai più paura degli ospedali, vero?”
Kurogane si irrigidì leggermente. “No. Adesso so che qui dentro si può anche guarire.”
Dunque, era così che ci si sentiva a smascherare i sentimenti nascosti di qualcuno. Non poteva definirsi propriamente piacevole, ma di certo lasciava in petto una gran voglia di vicinanza.
 
“Fay? Lo zio ci ha abbandonato?”
Era la sua immagine riflessa in uno specchio a parlare: era Yuui.
L’albero contro cui si erano seduti i due bambini li proteggeva dalla neve che continuava a cadere senza sosta, silenziosa come la morte.
“No, Yuui. Si è solo dimenticato di venirci a prendere.”
“Come facciamo? È quasi buio, non riusciamo a uscire dal bosco…”
“Non avere paura, ci verranno a cercare.” Ma in verità, Fay temeva la notte imminente. Non amava il buio e sapeva che per il suo gemello era lo stesso.
I due fratelli si presero per mano, stretti in quei cappotti che non proteggevano a sufficienza dal gelo notturno.
Ad un tratto, gli occhi di Yuui si illuminarono. “Lo scialle della mamma!” Si frugò in tasca e ne estrasse una sciarpa di lana candida ben ripiegata. La portava sempre con sé, da quando la mamma non c’era più, e Fay era sollevato dal fatto che lei li avrebbe protetti e riscaldati durante quella notte solitaria.
“È troppo piccolo per tutti e due” osservò Yuui quando vide che, anche stringendosi, a entrambi restava fuori quasi metà del corpo. “Forse anche così andrà bene” propose il bambino intimidito, “è meglio di niente no?”
“Sì” rispose Fay, abbracciando suo fratello. “In ogni caso ci faremo caldo a vicenda.”
La notte divenne sempre più fredda, Fay batteva i denti, non sentiva più i piedi e le mani, ma verso la metà della notte gli parve di avvertire più caldo e smise di tremare. Si strinse nello scialle che profumava ancora come la sua mamma, accogliendo nel cuore quel tepore.
La mattina dopo, quando si svegliò, si accorse di avere la sciarpa tutte per sé. Yuui gli aveva ceduto la sua parte di calore, quella che gli sarebbe servita per restare in vita.
“Yuui! È mattina. Ci stanno chiamando, lo senti? Sono venuti a cercarci. Yuui! Che fai, dormi ancora? Yuui… Yuui!”
 
“Ohi.”
Fay aprì lentamente l’occhio destro. Il paesaggio innevato era sparito, si trovava ancora nel letto, abbracciato a Kurogane.
“Tutto bene?”
Fay sospirò. Sentiva un estraneo senso di serenità. “Sì.”
Kurogane analizzò con cura la sua reazione. “I tuoi sonni sono sempre agitati, ti lamenti, piangi e ti muovi qua e là. Questa è stata la prima volta in cui non ho assistito a niente del genere. A un certo punto hai sorriso. Non avevo mai visto quel sorriso su di te.”
Lo fece di nuovo. Era un sorriso che non era possibile premeditare e che raggiungeva persino gli occhi. A Fay sembrava di essere stato in grado di sorridere in quel modo molti anni prima.
“Ho sognato la notte in cui mio fratello è morto. Però questa volta l’ho sognata per davvero.
La tristezza per la sua perdita mi aveva portato a crearmi una realtà artefatta, per il semplice fatto che il senso di colpa è più facile da gestire di un dolore di fronte al quale si è impotenti. Sicuramente è presuntuoso da parte mia sentirmi sollevato al pensiero che mio fratello abbia consapevolmente dato la sua vita per salvare la mia, ma…” Le lacrime annebbiarono la sua vista già scarsa. Kurogane sospirò e lo abbracciò, come un adulto che consola un bambino.
“Sei proprio un idiota.”
“Anch’io ti amo, Kuro-sama.”
“Però, per essermi scelto un idiota come te, ammetto di essere un po’ idiota anch’io.”
Fay rise. Al di là delle spalle di Kurogane si specchiò nella porta di vetro della stanza. Yuui gli stava sorridendo.
 
“Guarda, Kuro-snow! Sembra che qualcuno stia spargendo dello zucchero a velo sul mondo!” Fuori dall’ingresso dell’ospedale erano stati sorpresi da una neve leggera che vorticava confusamente sospinta dal vento.
“Perché devi fare per forza paragoni così dolci?” domandò Kurogane, scocciato da quell’atmosfera mielata.
“Perché mi ricordi un dolce pasticcino” rispose Fay, stringendogli ancora più forte il braccio al quale si era aggrappato per arrivare fino al taxi. Non aveva intenzione di usare la stampella che gli aveva dato l’infermiere Kohaku, non per il momento almeno.
L’auto si immise nel traffico festivo mentre la neve iniziava a cadere più fitta.
“Domani è Natale, Kuro-santa?” chiese Fay, osservando le vetrine addobbate. Il grugnito di Kurogane esprimeva perfettamente il suo amore per quell’evento. “E io non ho nemmeno un regalo per te…”
“Tsk!” fece lui, incrociando le braccia e mettendo il broncio. “Il mio regalo… l’ho già ricevuto.”
Fay si arrampicò sul sedile e poi su Kurogane, che tentava di nascondere il volto dallo sguardo invadente del biondo.
“Sei tutto rosso, Kuro-blush!!!”
“Non è vero, sta’ zitto!” sbraitò Kurogane coprendosi la faccia.
“Invece sì! Sei adorabile! Allora anch’io ho già ricevuto il mio regalo di Natale. Merry Kuro-smas!” E baciò quella guancia imbarazzata.
Costretto a mettersi composto vide di sfuggita un luogo che riconobbe subito.
“Si fermi qui, per favore!” disse al tassista e scese dall’auto senza aspettare la stampella o l’aiuto di un Kurogane alquanto irritato. Superò un lampione e un giardino recintato, fino a trovarsi di fronte a una vetrina che esponeva fiori e piante variegate.
“Ohi” chiamò Kurogane, che sicuramente lo stava seguendo sforzandosi di stare al suo passo incerto. “Ti vuoi dare una calmata e spiegarmi dove vorresti andare?”
“Mi è venuta voglia di fiori, Kuro-rose.”
Mentre pronunciava quelle parole, le due bambine del negozio di Yuuko-san apparvero dal nulla, come la prima volta, superandolo di corsa e gettandosi addosso a Kurogane, seguite da Kohane.
“Cosa desideri?” domandò lei con un lieve e candido sorriso.
“Sono venuto a prendere il mio crisantemo” rispose Fay, sorridendo a sua volta.
La bambina sbirciò discretamente alle sue spalle: non stava guardando il povero Kurogane atterrato che cercava di scrollarsi di dosso le due ragazzine.
“Dunque tuo fratello se n’è andato” osservò Kohane senza troppi giri di parole.
Fay annuì. “Per questo sono venuto a scoprire il significato del crisantemo.”
“Il crisantemo è soltanto un simbolo: il suo significato lo porti già dentro di te.” La voce profonda provenne dall’interno del negozio, accompagnata dalla nebbia… no, si trattava di una nuvola di fumo bianco. Dall’oscurità apparve una donna alta e sensuale, dai lunghi capelli neri e un vestito che lasciava poco all’immaginazione.
Si prese il tempo necessario a produrre un nuovo nastro di fumo dalle labbra rosse, prima di riprendere a parlare. “Ti devo ringraziare per il vaso.”
Fay ritrovò il filo dei suoi pensieri qualche istante più tardi. “Lei è Yuuko-san.”
“Esattamente. Tu sei il ragazzo che è venuto a consegnarmi il vaso che mi occorreva e per questo ti devo una ricompensa.”
Fay sollevò le mani in un educato gesto di diniego. “Non ce n’è bisogno, sono già stato pagato a sufficienza per questo.”
Yuuko posò il suo sguardo sulla sua gamba e sorrise con una sfumatura di furbizia. “Da quel che posso vedere i conti non sono ancora stati pareggiati.”
Fay lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, con un sorriso sconsolato. Non gli andava molto di rivangare ancora una volta l’avvenimento, ma le espressioni delle due dimostravano l’attesa di una risposta.
“Sono già stato troppo fortunato per meritare qualcosa in più.” Non si voltò, ma il suo sguardo si volse mentalmente a Kurogane che litigava animatamente con le bambine, sdraiato sull’erba del giardino. “Mi trovo ancora qui solo per caso, solo perché le mani di qualcuno hanno tremato quel poco sufficiente a risparmiarmi la vita, solo perché qualcuno col mio stesso gruppo sanguigno mi ha voluto abbastanza bene da volermi salvare.”
Yuuko ridacchiò, come chi conosce già la soluzione a un enigma ma si diverte a osservare i comuni mortali che tentano inutilmente di risolverlo. “Tu credi che si tratti di un caso? Non ti pare, invece, che tutto questo sia accaduto proprio perché tu potessi trovarti qui, in questo preciso momento, ad ascoltare la mia proposta?”
Fay non riuscì a fornire una risposta sensata: ciò che Yuuko-san gli aveva detto gli risultava completamente nuovo. Forse perché mai, nella sua vita, si era ritrovato a pensare di avere un obiettivo che lo aspettava.
“Questa è la verità” proseguì Yuuko, “è piacevole, vero?”
Il sorriso loquace che gli rivolse fece capire subito a Fay il reale significato di quella frase. Conoscere la verità su Yuui l’aveva liberato da un peso immenso; rivelare i suoi veri sentimenti a Kurogane gli aveva assicurato infiniti momenti felici con lui, in futuro.
“Alla fine di tutto, è la verità la soluzione ad ogni domanda.”
Era già la seconda volta che le persone di quello strano negozio facevano sentire Fay un idiota integrale, perciò gli venne spontaneo riderci su. “Grazie, allora, per avermi messo di nuovo di fronte alla verità. Ogni volta che avrò bisogno di qualcosa tornerò in questo negozio.”
Era il momento di andare a salvare Kurogane dai giochi improbabili a cui le due bambine lo stavano sottoponendo, così sollevò la mano in un gesto di saluto e fece per voltarsi.
“Ci vediamo dopo Natale, dunque” concluse Yuuko, con una certa spavalderia. Fay la guardò con aria interrogativa.
“Riesce persino a prevedere quando avrò bisogno di aiuto?”
“Ovviamente sì, ma non mi riferivo a questo. Da dopodomani lavorerai qui. E’ questa la mia ricompensa.”
Un urlo di Kurogane spezzò il silenzio stupefatto in cui era precipitato Fay. “Staccatevi, dannate marmocchie, o non risponderò più delle mie azioni!”
La neve cessò con discrezione di cadere, lasciando il giardino sotto una coltre candida che a Fay era tristemente familiare ma che, stranamente, non lo soffocava più con i proprio ricordi.
“Andiamo, Kuro-sugar!” Spazzolò la giacca di Kurogane dalla neve. “Ti sei rotolato dappertutto, sei proprio un cane.”
“Non dire idiozie!”
Quando il moro fu nuovamente in piedi, libero dalle bambine, Fay si aggrappò al suo braccio e sollevò l’altro per salutare.
“Accetto volentieri la sua offerta, Yuuko-san! Ci vediamo dopodomani.”
La donna rispose con una nuova boccata di fumo e una delle sue occhiate eloquenti, ma allo stesso tempo indecifrabili.
 
Con un po’ di delusione da parte di Fay, l’appartamento si presentò molto più ordinato di come lo aveva lasciato. Approfittando della sua assenza, Kurogane non si era risparmiato nelle pulizie.
Il pavimento era del tutto sgombro, non c’era più traccia dei calzini, libri e bicchieri da vino sparsi ovunque, i tappeti erano ordinatamente disposti, il divano non era più sommerso dai volumi dell’enciclopedia e nell’angolo del salotto c’era persino quello che Fay, con stupore, interpretò essere un’umile interpretazione di un albero di Natale. In realtà era un grosso bonsai con un paio di palline rosse e una stella dorata attaccata sulla cima. E poi c’era la luce, quella che era costata assai più di una normale bolletta.
Senza pensarci – non aveva più bisogno di farlo, ormai, bastava affidarsi al suo istinto - si voltò e abbracciò Kurogane.
“Grazie. Grazie.” Lo disse due volte. Non gli sembrò sufficiente. “Grazie.”
Il moro rispose all’abbraccio, probabilmente per farlo smettere.
“Mi porti al divano?” chiese Fay, sorridendo candidamente.
Kurogane virò al rosso in meno di un secondo. “Sei scemo? Cosa intendi fare in queste condizioni?”
“Ma a cosa pensi, Kuro-porn?! Mi voglio sedere!”
Kurogane si ammutolì e lo accompagnò al divano. Appena seduto, Fay si mise a trafficare con il cuscino quadrato appoggiato al bracciolo, aprì la cerniera della fodera e ne estrasse un pacchettino. Il moro, nel frattempo, si era seduto di fronte a lui, per terra, sul tappeto.
“Questo è il mio regalo per te!” annunciò felice Fay, tendendo le braccia.
Kurogane fissò il pacchetto con un sopracciglio sollevato. “Avevi detto di non avere regali.”
“Ti ho detto una bugia. Questo l’ho preso quando sei stato assunto al dojo.”
Kurogane prese il pacchetto con una delicatezza a lui estranea e lo scartò lentamente, come se temesse di essere aggredito dal nastrino rosa che lo chiudeva.
L’espressione che assunse quando estrasse l’oggetto fu ancora più sconcertata, ma si avvicinava anche molto allo schifato.
“….cos’è?” domandò dopo aver ritrovato la parola.
Fay gli prese dalle mani il piccolo pupazzetto di una ragazzina vestita di rosa, con un tamburello in mano e un fischietto in bocca, lo appoggiò sul pavimento e premette il pulsante per azionarlo. Questa si esibì immediatamente in un concerto di sonagli e fischi e incitazioni a muovere il bacino.
“Con questo lavoro avrai bisogno di essere in forma fin dal mattino” spiegò Fay, “questa è una bambola che ti tiene in esercizio! Non è adorabile?”
Kurogane non si sprecò in parole, ma spinse con decisione il bottone per spegnerla. Il biondo non si aspettava altro. Fu ripagato dalla fugace, quasi impercettibile ombra di gratitudine che attraversò gli occhi di Kurogane, il quale si alzò e scomparve per qualche minuto in camera. Quando tornò reggeva tra le braccia una montagna di vestiti.
“Cosa sono?” chiese Fay sinceramente stupito.
Senza rispondere si inginocchiò di fronte a Fay e iniziò a prendere un vestito alla volta dalla pila che aveva appoggiato di fianco.
Il primo fu un maglione azzurro che fece indossare a Fay senza costringerlo ad alcun movimento. Pareva stesse vestendo un bambino. Il biondo era troppo curioso e sorpreso da quei gesti per collaborare.
Fu la volta di un altro maglione, arancione, con cappuccio, poi un altro, più pesante, verde.
Dalla pila di vestiti emerse una giacca leggera bianca, poi una più pesante, di un bianco diverso, una foderata di pelo, blu, un cappotto corto, due, un terzo più lungo.
Poi le sciarpe, tante, avvolsero il collo di Fay che rischiava di soffocare, ma non mosse un muscolo, ammaliato dal quel rito che portava in sé una strana tenerezza.
Fu il turno dei cappelli, cinque, e per finire tre paia di guanti.
Kurogane si allontanò leggermente per osservare il risultato finale.
“Non voglio più che prendi freddo, ti vieto di uscire senza coprirti abbastanza. Questo è il mio regalo.”
Fay era consapevole di avere l’aria di un pulcino schiacciato sotto quella montagna di lana e stoffa, ma non fu per il caldo che le sue guancie si arrossarono e gli occhi iniziarono a lacrimare.
“Ma… Kuro-tan, tu…” Non fu in grado di terminare la frase.
Non capisci. Tu, il regalo, me l’hai già fatto. Mi hai regalato la vita.
Fay fu ancora più contento del dono nel momento in cui Kurogane iniziò a spogliarlo con estrema gentilezza. Avere così tanti strati gli consentì di assaporare a lungo quel dolcissimo momento.
La mano di Kurogane accompagnò la testa di Fay sul divano, mentre il resto del suo corpo veniva disteso, con la stessa grazia e attenzione con la quale si maneggia una bambola di porcellana.
I guanti e i cappelli vennero sfilati con estrema cura, mentre il suo viso veniva accarezzato come per accertarsi che non venisse danneggiato. Le dita di Kurogane passarono sopra alla benda sull’occhio sinistro, sulle labbra che accolsero le sue in un morbido incontro, poi scesero a liberarlo dall’abbraccio delle sciarpe per lasciare il posto al suo.
Negli occhi di Kurogane vi era una dolcezza che il biondo non avrebbe mai immaginato di vedere. Qualcosa di totalmente nuovo ma così rassicurante che Fay ebbe l’assoluta certezza di volerlo rivedere all’infinito.
Forse si trattava della reale espressione di Kurogane, forse anche lui l’aveva inconsciamente nascosta fino a quel momento, forse no, ma se era così allora Fay ammise che la verità era ciò che di più caldo e delicato c’era al mondo.
 
 
 
 

 
 
[¹] Marguerite Yourcenar
 
 



 
 
Bene, ora posso sciogliermi in lacrime? Sì? Avete visto quanto fluff??? Non è da me! E’ colpa della disperazione! Non posso credere di essere arrivata davvero alla fine… a dire il vero non credevo nemmeno di arrivare a un inizio. L’idea che ha dato vita a questa fanfiction era talmente assurda e campata in aria che non avrei mai immaginato di poter scrivere così tanti capitoli e, soprattutto, di ricevere così tanti pareri positivi.
Finora ho scritto pochissime ff, nessuna che non fosse one-shot. Avere così tante persone che ci seguono mi ha reso davvero felicissima e non finirò mai di ringraziarvi.
Questo capitolo era interminabile, ogni volta che credevo di essere arrivata alla fine non avevo il coraggio di smettere e così proseguivo. In realtà potrei andare avanti ancora per una buona ventina di pagine ma per il meglio di tutti è meglio finirla qui.
Riflettiamo solo qualche istante su Kurogane. Non ho voluto – e non penso di averlo fatto – andare OOC. Semplicemente ho pensato a una naturale evoluzione del suo rapporto con Fay. Se non ci fossero stati re da infilzare e braccia da tagliare, come si sarebbe comportato il caro ninja una volta accortosi di tenere in modo particolare allo stupido mago? Ho pensato che il desiderio di proteggerlo da se stesso e dalla simpatica propensione di Fay all’autolesionismo – che non è poi molto distante dall’originale – potesse andare bene, quindi il puccioso Kuro-love decide di impedire a Fay di andare ancora in giro mezzo nudo (disgrazia per noi) a prendere freddo. Non è kawaiiii???!
Sì, ho finito, ora levo le tende. Sicuramente riapparirò alla fine della Z per i ringraziamenti finali e, foooorse…. anche una sorpresa! ^___^
Arrivederci a tutte e grazie ancora, davvero!
 
Yuri
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > TSUBASA RESERVoir CHRoNiCLE / xxxHOLiC / Vai alla pagina dell'autore: Yuri_e_Momoka