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Autore: afterhour    11/03/2010    3 recensioni
Una fanciulla che ritorna a casa dopo tanto tempo, uno straniero in cerca di vendetta, una città in mano ad un uomo senza scrupoli, un ranch condotto da gente poco raccomandabile..
Genere: Romantico, Azione, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Allora.. non so neppure da che parte cominciare per scusarmi per il ritardo.. il mio computer è entrato in coma e non sapevo cosa fare.
Scusatemi..

Ora dovrebbe essere tutto a posto.

Purtroppo, nonostante il ritardo, questo capitolo fa schifo.. al momento non mi viene di meglio, ma un giorno (forse) lo cambierò tutto.. in compenso è molto lungo.. anche se non so se le dimensioni contano in questo caso!!




15.

LA FINE DI TUTTO

Sasuke dava le spalle alla porta e fissava suo zio, ora sicuro che quell'uomo fosse il complice di Orochimaru ed avesse ordinato la morte dei suoi stessi fratelli.

 – Attento – ripeté Madara – sono stato generoso con te, non farmene pentire –

In quel momento si era sentita una serie di spari, ed il frastuono di una porta che veniva sfondata.

 – Cosa è – aveva chiesto Madara – non possono essere i tuoi, sono tutti sotto tiro –

 – No, questo è Naruto – Sasuke lo aveva guardato con freddezza mentre si udivano ancora spari – Ci siamo messi d'accordo, e comunque non sarei mai stato tuo complice in questa follia –concluse avvicinandosi.

Portò le mani alle pistole ma la porta interna si era aperta di colpo, rivelando un'ombra con le armi spianate.
Sasuke si era buttato a terra sollevando le pistole a sua volta.
Aveva sparato ma poi era stato il caos, dietro di lui qualcuno aveva spalancato l'altra porta e Sasuke si era voltato, sempre a terra, solo per vedere Juugo che crollava a terra, colpito alle spalle da qualcuno.
Sparò due colpi in quella direzione ma non vedeva niente, solo fumo, e quando si voltò per controllare l'altra porta Madara era già sparito. Si era alzato per seguirlo, le pistole spianate, ed aveva sentito il fischio di una pallottola che lo sfiorava.
Era riuscito lo stesso ad arrivare alla porta interna ma dall'altra parte non c'era niente, solo un'altra stanza e un'altra porta spalancata sulla strada da cui provenivano altri spari.
Provò a dare un'occhiata al di fuori.

 – Torna dentro! – gli aveva urlato qualcuno, gli pareva la voce di Jiraiya – il pezzo grosso è scappato, e c'è un tizio sul tetto! –

 – Merda – mormorò lui – Coprimi! – gridò a Jiraiya, e si buttò in strada mentre una raffica di spari impediva all’uomo sul tetto di sporgersi.

Proseguì fino a raggiungere un vicolo e vi si infilò dentro cercando in fretta un punto da cui potersi arrampicare.
 Aveva rinfoderato le pistole ed era salito sopra una catasta di legname, da lì si era sollevato fino ad un terrazzino ed era entrato all'interno di una stanza, senza guardarsi intorno e senza badare alle urla che l’avevano accolto. Spalancò un paio di porte e poi salì di corsa lungo le scale fino alla soffitta, dove aprì la botola che portava al tetto.
Una volta in cima camminò fino al tetto successivo cercando con lo sguardo l’uomo appostato, e quando lo vide che tentava di sporgersi verso la strada gli si avvicinò abbastanza da tenerlo sotto tiro.
 – Getta la pistola! – gridò, ma l’altro si era voltato di scatto con la pistola in mano ed aveva sparato mancandolo di poco.

 – Pessima mira – mormorò mentre sparava a sua volta.

Subito dopo aveva raggiunto l’uomo e lo aveva guardato contorcersi a terra per il dolore – Dov’è andato Madara? – chiese.

 – Non so niente, mi hanno pagato per controllare quella porta –

Sasuke aveva alzato ancora la pistola.

 – …avevano i cavalli qua fuori... sono già lontani –

 – Lascialo andare – lo interruppe Jiraiya che lo aveva raggiunto – Questo non sa niente, e ridotto così non ci può più nuocere –

Lui aveva annuito in silenzio e si era allontanato senza più badargli, la cosa non lo interessava veramente.

Scese passando per la botola spalancata e ritornò in strada, per rientrare dalla porta sul retro, le pistole ancora in mano; raggiunse Juugo a terra, rinfoderò una pistola e gli sentì il polso. Non batteva. Era morto.
Aveva sollevato lo sguardo ed aveva incontrato il volto ghignante di Naruto che sopraggiungeva.

 – Li abbiamo colti di sorpresa e ne abbiamo sistemati un paio... e qui? – gli aveva chiesto.

 – Madara è scappato – rispose secco lui – e Juugo è morto –

Non avevano fatto in tempo a scambiare altre parole perché erano arrivati gli altri, Suigetsu che guardava Juugo con un'improvvisa aria smarrita e Karin che correva a controllare che Sasuke stesse bene, lui che l'allontanava infastidito ed usciva in strada, e proseguiva dando appena un'occhiata ai due cadaveri che se ne stavano sdraiati nella polvere.

Si era guardato intorno cercando un indizio, una traccia, ma non c'era niente, nessuno, tutti rintanati in casa, spaventati dagli spari. Ed era sicuro che Madara fosse già lontano.

 – Me ne vado – fece ai due che lo avevano raggiunto – da solo... seppellite Juugo –

 – Ma dove vai! –chiese Karin, cercando invano di afferrargli un braccio – Perché da solo! –

 – La nostra piccola alleanza è sciolta – spiegò brutalmente lui – ora faccio da solo –

 – Ma non... –

 – Togliti dai piedi, non voglio più vederti –

E Karin si era fermata, perché aveva riconosciuto la determinatezza nello sguardo di lui, e sapeva quando era inutile discutere – Perché... –aveva provato a chiedere, ma lui neppure aveva risposto ed aveva proseguito in silenzio, mentre pensava che doveva trovare suo fratello perché sapeva che loro due, insieme, avrebbero dovuto concludere quella faccenda, gli altri non c'entravano, e non aveva senso farli morire per qualcosa che non li riguardava.

 – Andiamo – aveva fatto Karin a Suigetsu, ma lui voleva restare, perché Juugo era morto, ed anche se era una rottura dovevano almeno seppellirlo.

 – Ormai è morto – aveva cercato di farlo ragionare lei, ma poi si era arresa e lo aveva seguito all'interno della casa sbuffando, Suigetsu era tutto quello che le restava per il momento, finché Sasuke non cambiava idea, e forse era tutto quello che aveva avuto, sempre.

__________


Sasuke proseguì per la strada ed ignorò Naruto che lo aveva raggiunto di corsa.

 – Aspetta! – lo aveva fermato Naruto e lo aveva fronteggiato serio – Cosa è successo lì dentro? – aveva insistito – mi dispiace per il ragazzo – aveva aggiunto abbattuto – ma i tuoi erano sotto tiro, abbiamo fatto il possibile, cosa volevano da te? –

 – Era davvero Madara, mio zio – aveva risposto sbrigativamente lui – voleva che... mi unissi a loro – non aveva aggiunto altro, non aveva tempo né voglia di spiegare tutto – Per qualche motivo ha bisogno di me –

 – Ora vado – concluse quando era sopraggiunto anche Jirayia.

 – Perché da solo? Dobbiamo studiare un piano! – aveva cercato ancora di fermarlo Naruto, irritato.

 – Devo trovare mio fratello, devo parlare con lui – aveva spiegato lui, ed aveva ripreso a camminare.

 – Aspetta! Vengo con te! –

 – No –

Naruto lo aveva seguito ancora, esasperato – Cosa dovrei dire a Sakura? – aveva urlato.

 – Non ho tempo, adesso, di pensare a lei – aveva risposto lui senza fermarsi.

 – Ti ho detto di aspettare un momento! – aveva esclamato Naruto e lo aveva trattenuto ancora per il braccio, ma Jirayia gli aveva messo la mano sulla spalla.

 – Ora basta – aveva fatto guardando minaccioso prima l'uno poi l'altro – litigherete dopo... vai avanti – fece a Sasuke – …non abbiamo bisogno di gente come te –

__________


Jiraiya e Naruto rimasero ancora in città, alla ricerca di informazioni e di appoggio.
Naruto era restato cupo e silenzioso per tutto il tempo, e mentre tornavano a casa avevano scambiato poche parole.

 – Arrabbiato con Sasuke? E' solo un egoista, non capisci? – aveva sbottato ad un certo punto Jiraiya, stanco di quell'atteggiamento.

 – E' che è suo zio, e poi c'è suo fratello... pensa che siano cose sue – lo aveva difeso lui – e è anche morto un suo amico –

 – Non puoi sempre difendere tutti... e a Sakura? Non pensi a lei? –

 – Cosa c'entra Sakura? – chiese seccato lui.

 – Col tuo atteggiamento tanto comprensivo non otterrai niente, nè amici, nè ragazza, e tantomeno un ranch... non era quello il tuo sogno? –

 – Ci sono cose più importanti – aveva borbottato Naruto – ora vado... domani passo da voi con Neji – si era congedato in fretta, e Jiraiya aveva proseguito da solo dopo aver dato un' ultima occhiata al ragazzo che si allontanava.
Imparerà, si disse.

Era il tramonto quando Jiraiya aveva raggiunto il ranch, e mentre si avvicinava aveva constatato perplesso che nonostante l'ora non c'erano luci accese, eppure doveva esserci sicuramente qualcuno in casa.

Aveva fatto scorrere lo sguardo in giro, sospettoso, alla ricerca di qualche altra cosa fuori posto, ma non aveva visto nient'altro di strano, e si era diretto velocemente verso la buia casa padronale.

Non appena fu abbastanza vicino da notare che la porta era socchiusa si precipitò all'interno – Tsunade! Sakura! – chiamò, troppo spaventato per essere prudente.
Rimase fermo al centro dell'entrata, in silenzio, la casa che gli sembrava troppo vuota e deserta, mentre cominciava ad abituarsi alla scarsa luce che entrava dalle finestre.

Poi gli era parso di udire un gemito ed era corso di nuovo fuori.
Aveva quasi calpestato la sagoma che prima non aveva scorto, seminascosta nel buio del portico... era Rock Lee, e lui si era chinato al suo fianco controllando velocemente le sue condizioni, non che ci vedesse molto.

 – Sei ancora vivo –borbottò tra sé e sé – hai più vite di un gatto –

Lo aveva sollevato e l'aveva portato in casa, adagiandolo sullo stesso letto che aveva occupato prima di tornare a dormire al dormitorio. Accese la lampada che si trovava a fianco del letto ed aspettò che Rock Lee aprisse gli occhi.

 – Cos'è successo? – gli domandò – dove sono gli altri? –

 – Non ho potuto fare niente... – aveva mormorato l'altro – ...sono inutile –

 – Dove sono? – aveva domandato con un tono più alto Jiraiya, spazientito.

 – Forse… – e quell'idiota era svenuto di nuovo.

Jiraiya lo aveva lasciato lì ed aveva perlustrato l'intera casa con la lampada in mano, poi era uscito e si era diretto alla stalla. Al di là della porta lo stalliere giaceva a terra, morto, e a quel punto lui cominciava ad essere davvero preoccupato.
A meno che non si fossero nascoste... solo in quel momento aveva pensato alla botola.
Tornò in casa e corse in cucina, impaziente, notando ora il tappeto in parte scostato, e più tranquillo lo sollevò ed aprì la botola che si nascondeva al di sotto.

Lo aveva accolto un urlo di spavento.

 – Sono Jiraiya! – aveva esclamato facendo uscire un sospiro di sollievo – siete lì? –

Ma ne era uscita solo la cuoca, tremante, assieme alla figlia.

 – Dov'è Tsunade? – aveva chiesto di nuovo in pensiero.

 – Sono arrivati degli uomini… – aveva risposto lei – …le hanno portate via! –

Jiraiya non aveva più badato a loro, si era rialzato in fretta ed era uscito, nuovamente diretto alla stalla, perché doveva prendere un cavallo fresco, il suo era troppo stanco.
Rapite? Si chiedeva intanto, chi diavolo aveva potuto fare una cosa simile, e perché? Erano stati quelli dell'Akatsuki? Erano diretti al ranch? Perché rapire due donne?
Si fermò e guardò dritto davanti a sé... era buio, era impossibile seguire le tracce.

Era montato ugualmente a cavallo ed era uscito dal ranch, da che parte poteva dirigersi così a caso?

Indeciso aveva guardato ancora davanti a sé, e razionalmente sapeva che non aveva senso muoversi a caso, da solo.
Fece pochi metri e poi tornò indietro, imprecando, ed aiutò le donne a disinfettare e fasciare la ferita sul petto di Rock Lee.
Non sarebbe servito a niente partire ora, l'indomani, all'alba, avrebbe seguito le tracce.

 – Dov'è Chiyo? –  chiese rendendosi finalmente conto che mancava anche lei.

 – Quella? ...è sparita – aveva risposto la cuoca con disprezzo – cosa c'è da aspettarsi da un'indiana? –

Detto da una che si era nascosta subito nella botola e c'era restata chissà per quanto suonava davvero ironico.
Rock Lee nel frattempo si era svegliato ed aveva cercato goffamente di sollevarsi.

 – Bisogna... inseguirli – aveva biascicato.

 – Tu no di certo – replicò Jiraiya.

Rock Lee aveva protestato, insistendo che bisognava andare subito, che non si poteva aspettare, ed aveva ascoltato sconfortato le spiegazioni di Jiraiya.

 – Naruto sarebbe già partito  – aveva mormorato prima di chiudere gli occhi.

Già, aveva pensato Jiraiya, Naruto sarebbe già partito, perchè lui non pensa prima di agire... l'idiota... tanti anni prima, forse, avrebbe fatto la stessa cosa anche lui, perchè una volta era un idiota anche lui, mentre ora era cresciuto... o magari, si confessò amareggiato, era solo vecchio.

Alle prime luci dell'alba Jiraiya era uscito ed aveva presto trovato la traccia da seguire.
Cavalcò in silenzio, per ore, fino a quando non vide una sagoma scura che si muoveva lentamente, e spronò il cavallo: chi diavolo poteva andarsene in giro a piedi da quelle parti?

Aveva finalmente riconosciuto Tsunade che arrancava stanca ma decisa, ed era subito sceso con la borraccia in mano.
Lei aveva bevuto avidamente, non sembrava ferita, solo stremata, e poi finalmente Jiraiya aveva incrociato i suoi occhi e vi aveva letto il terrore, ma non per se stessa, per sua nipote.

 – L'hanno portata via – gli aveva sussurrato – quelli dell'Akatsuki... ci hanno fatto buttare le armi e... non credevo potessero fare qualcosa del genere... mi hanno lasciata a piedi ed hanno proseguito con Sakura... non c'era niente che potevo fare, niente, capisci? –

 – Non preoccuparti, non le faranno del male – aveva cercato di rassicurarla lui.

 – Hanno detto che volevano solo parlarle – lo aveva fissato terrorizzata – devi raggiungerli tu, io sono a piedi e ti rallenterei –

 – E lasciarti qui? –

 – Devi! – gli aveva urlato prendendolo per il collo della giacca.

 – Ascolta – l'aveva afferrata per le braccia e l'aveva scossa appena, cercando di calmarla – è evidente che si sono diretti al ranch, ora ti riporto indietro e vado lì con Naruto e Neji –

 – Non c'è tempo! – lo aveva guardato disperata – dammi il cavallo allora, vado io! –

 – Non stai neppure in piedi, non preoccuparti, non le faranno del male, e la riporteremo indietro, ok? –

__________


Il mattino successivo Sakura si trovava all'interno del ranch Akatsuki, in una stanza del piano terra, e quei bastardi l'avevano legata saldamente ad una sedia.

Era preoccupata per la zia anche se sapeva di non avere motivo di preoccuparsi, Jiraiya sicuramente era tornato al ranch da un bel pezzo e doveva averla già rintracciata... e probabilmente aveva chiamato Naruto e presto avrebbero trovato il modo ti tirarla fuori di lì. Non voleva neppure pensare a Rock Lee, o agli altri che si trovavano al ranch... erano tutti morti? Non lo sapeva, né poteva farci niente.

Lei e la zia erano vicino alla stalla quando avevano visto la nuvola di polvere che indicava l'arrivo di qualcuno, e non si erano preoccupate al momento pensando si trattasse di Jiraiya e Naruto, e magari, aveva sperato lei, non solo di loro due.

Solo più tardi, quando si erano accorte che si trattava di estranei, erano corse in casa a prendere i fucili, ma una volta tornate fuori, seguite da Rock Lee, costoro avevano iniziato a sparare ancora prima di scendere da cavallo.
Avevano colpito Rock Lee, avevano minacciato di finirlo e di ammazzare tutti, e loro avevano dovuto abbassare i fucili per evitare uno spargimento di sangue, ma non avrebbero mai neppure lontanamente immaginato che quei pazzi avessero l'intenzione di rapirle.
In realtà Sakura non aveva capito, e continuava a non capire che intenzioni avessero, erano completamente impazziti?
Pensavano di rapire una ragazza e restarsene impuniti?
E perché poi, non riusciva a capire proprio quale fosse il loro scopo... pazzi... non riusciva a trovare un'altra spiegazione, e l'assurdità e imprevedibilità delle loro mosse faceva paura, e infatti lei aveva paura, una paura dannata, anche se le seccava ammetterlo.

Materialmente non l'avevano trattata male, durante il viaggio non l'avevano neppure legata e le avevano permesso di muoversi liberamente all'interno dell'accampamento, in quelle due notti che avevano passato all'aperto… perché se l'erano presa comoda, come se non temessero di essere inseguiti (benché avesse notato la precauzione con cui avevano scelto i luoghi in cui accamparsi, ed il fatto che almeno tre di loro restavano sempre di guardia).
Nel frattempo aveva imparato a distinguerli.
Tre li conosceva già: quello grande e grosso che lei aveva battuto alla gara si chiamava Kisame, poi c'era Sasori, l'uomo dalla faccia da bambino, mentre il terzo, il più vecchio di loro, si chiamava Kakuzu, ed era anch'esso al rodeo.
Gli altri quattro non li aveva mai visti, probabilmente erano nuovi, si capiva anche da come venivano trattati, dal fatto che non avevano alcuna autorità. Non era riuscita ad imparare i loro nomi e li distingueva in base alle caratteristiche che aveva notato durante il viaggio: uno aveva i capelli piuttosto lunghi ed incolti, uno aveva un folto ciuffo grigio, gli altri due erano 'quello che rideva per niente' e 'quello che brontolava spesso'.

Cercò di muovere i polsi incastrati sotto la corda, accidenti... era stato Kisame a legarla, e l'aveva legata stretta, ma doveva comunque provare a liberarsi.
Alla fine si era arresa, non sarebbe mai riuscita a sciogliere quella corda da sola, doveva tagliarla, ma aveva già controllato ogni centimetro della stanza che riusciva a vedere, e non c'era niente che potesse esserle utile, per l'esattezza non c'era niente lì dentro a parte la sedia cui era legata ed un tavolo malconcio.
La stanza era vuota, la tappezzeria stracciata e macchiata, mentre il pavimento in pietra intarsiata, una cosa assai rara da quelle parti, era ricoperto di detriti.
Non aveva visto molto della casa quando era stata portata lì, ma non le pareva ridotta così male, evidentemente non usavano quella stanza.
Eppure se la ricordava così bella! Ricordava ancora le visite furtive che lei e Naruto avevano fatto alla casa, quando, nonostante l'aria di abbandono, lì dentro c'era ancora buona parte della mobilia e dei soprammobili.
Ricordava le macchie di sangue sulla parete e sul pavimento di quella stessa stanza, o almeno quelle che loro avevano ritenuto fossero macchie di sangue, in fondo già allora erano passati anni, e loro erano solo ragazzini… e ricordava con sorprendente chiarezza il senso di mistero e proibito che quella casa evocava in lei e Naruto. E pensare che lei lo aveva deriso, e non aveva mai capito che la titubanza di Naruto era dovuta all'onda emotiva che innescavano quei posti in lui.
Ora poteva capire, anche per lei era diverso, ora, perché pensava a Sasuke bambino, lo immaginava mentre viveva lì, lo immaginava terrorizzato mentre i suoi venivano uccisi.
Non solo la madre ed il padre, anche lo zio e la zia, e i due cugini ormai grandi: possibile che gli Uchiha avessero solo figli maschi? Come se fosse il momento di pensare a quello, o al fatto che magari lei poteva essere incinta e con lei potesse morire un altro Uchiha, proprio lì, per non parlare del fatto che poi, involontariamente, si ritrovava a pensare, inevitabilmente, a lui... Sasuke... chissà come si era risolto quella specie di agguato che Naruto aveva accordato con lui, chissà se lui sapeva di lei ed era preoccupato per lei, o se si era già pentito delle promesse che le aveva fatto, se già cercava di dimenticarla.

Quell'insieme di pensieri incoerenti era stato interrotto dalla porta che si apriva.
Era entrato Sasori.
Proprio lui doveva essere, si era detta delusa, quello era il più pericoloso di tutti, ed era anche il più furbo, sicuramente non sarebbe riuscita a circuirlo in alcun modo.

Le si avvicinò e tirò fuori un coltello, e prima ancora che lei riuscisse a rendersene conto tagliò le corde che la legavano alla sedia.

 – Ci scusiamo per l'inconveniente – le fece bruscamente.

 – Inconveniente? – aveva risposto sarcastica lei.

Lui aveva fatto sparire il coltello dentro una tasca interna della giacca e l'aveva guardata senza espressione, con quella sua faccia liscia, inquietante, da bambino.

 – Dovete considerarvi un'ospite, e vi prego di non muovervi da questa stanza fino a quando non vengono a parlare con voi – le aveva spiegato brevemente.

Ospite un accidente, aveva pensato lei mentre muoveva le dita delle mani per far riprendere la circolazione; ma ora era libera, e se la lasciavano sola poteva provare a scappare in qualche modo. Nascose il sorriso di trionfo che le era venuto istintivamente alle labbra guardando per terra.

 – Perché mi avete rapita – provò a chiedere per la centesima volta – E' una cosa molto stupida –

 – Siete un'ospite, l'ho già detto... Itachi o il capo vi spiegheranno tutto, e poi vi faranno accompagnare a casa –

Lui si era allontanato ed aveva parlato ancora quando ormai aveva aperto la porta – Non muovetevi –

Probabilmente avrebbe dovuto fare così, starsene ad aspettare, era sicura che Itachi non le avrebbe fatto del male. Lui no, ma lui non era l'unico.
E comunque non intendeva stare lì ad aspettare neppure per pochi secondi.

Si alzò dalla sedia avvertendo solo in quel momento la stanchezza, e la fame: non era riuscita a riposarsi, ed aveva mangiato appena. Camminò lentamente fino alla porta, non proveniva alcun rumore dall'altra parte, e provò ad abbassare la maniglia. Ovviamente l'avevano chiusa a chiave, alla faccia dell'ospitalità.
Si diresse più decisa verso la finestra e guardò fuori: c'era uno spiazzo libero, e poi un gruppo di alberi con le colline sullo sfondo, da cui si alzava un isolato filo di fumo, mentre sulla destra, spostata, si scorgeva la stalla.
E non si vedeva anima viva.
Tentò di aprire la finestra ma era bloccata, provò anche a forzarla un po' senza alcun risultato.
Poi sentì il rumore della chiave che girava nella toppa, si allontanò dalla finestra alla svelta e sedette sulla sedia. Si voltò in tempo per veder la porta aprirsi ed Itachi entrare nella stanza.

 – Cosa sta succedendo? – gli aveva chiesto – perché sono qui? –

Itachi come al solito non aveva mostrato nessun tipo di reazione, facendola irritare ancora di più.

 – Al momento non correte pericolo –

 – Mi volete spiegare perché mi hanno portato qui? – aveva insistito lei, pericolosamente vicina a perdere la calma del tutto, e sapeva che era inutile con lui, oltre al fatto che era l'unico da cui non si sentiva minacciata e che forse poteva aiutarla.

 – Credo che mio zio sia deciso ad usare maniere drastiche – le rispose finalmente lui – probabilmente inizia a farsi prendere dal panico, ha paura di non riuscire a trovare più il suo oro –

Lei si era alzata dalla sedia ed aveva aspettato in silenzio che lui continuasse.

 – Qualcuno dell'Akatsuki ha visto voi e Sasuke al rodeo, e mio zio pensa di usarvi come... persuasivo per convincere mio fratello a rivelargli il nascondiglio – aveva concluso lui freddamente.

Lei lo aveva guardato ancora confusa, ed incredula.

 – Non capisco... e Sasuke saprebbe dove si trova quest'oro? –

 – Ve l'ho detto, sono misure drastiche –

Sakura aveva considerato le scarne parole di Itachi, le poche informazioni che aveva, ed aveva pensato a tutte le possibilità, a tutto quello che avrebbe potuto succedere, ma non riusciva a giungere che ad una conclusione: erano andati troppo oltre ed alla fine, comunque andassero le cose, l'avrebbero uccisa… ed ora davvero aveva paura, perché non voleva morire, non ancora.
E con questa gente disposta a tutto e totalmente priva di scrupoli non rischiava di morire solo lei, erano in pericolo Sasuke, lo stesso Itachi, erano in pericolo tutti.

 – E voi... cosa farete, voi – gli aveva chiesto.

 – Sto cercando una soluzione –

Lo aveva fissato pensierosa e lui aveva risposto con quel suo sguardo lontano, illeggibile.

 – Da solo? –mormorò, sempre e unicamente da solo, come suo fratello.

 – Al momento non correte pericolo – aveva concluso lui senza risponderle –  ma non fate niente di avventato... io devo allontanarmi dal ranch per qualche ora e Madara ha assoldato uomini nuovi che non conosco e di cui non mi fido –

 – Come se gli uomini dell'Akatsuki fossero affidabili – aveva mormorato lei abbassando la testa, avevano ucciso Asuma, e sparato due volte a Rock Lee.
Ed ogni volta, la causa era sempre stata lei.

Itachi non rispose, non che lei se lo aspettasse, e le raccomandò un'ultima volta di non muoversi prima di andarsene.
Lei rimase in piedi a chiedersi se non fosse proprio Itachi l'infiltrato di cui aveva parlato Kakashi... comunque sentiva che poteva fidarsi di lui, anche se le aveva detto di starsene lì buona ad aspettare, come se fosse possibile, come se ne fosse capace.

Dalla finestra aveva visto Itachi e Sasori uscire insieme, dirigersi verso la stalla, raggiungerla e poi sparire dietro l'angolo del fabbricato, e si domandò se qualcuno fosse restato al ranch e chi.
Continuò a camminare avanti e indietro lungo la stanza per un po' e poi raggiunse la porta, solo per constatare che era ancora chiusa a chiave, “anche tu, Itachi”, infine andò alla finestra e provò a sbatterla con forza, facendo un rumore che le era parso assordante.
Dopo un po' l'aveva sbattuta ancora, con più forza, ed aveva aspettato, ma nessuno era corso a controllare, e così aveva preso la sedia e l'aveva lanciata contro il vetro della finestra… a mali estremi.
Subito dopo sporse la testa al di fuori attraverso i vetri rotti e non vide nessuno, così scavalcò il davanzale della finestra, e una volta all'esterno si guardò intorno senza badare ai tagli che si era procurata sulle braccia.
Ora doveva solo riuscire a raggiungere il suo cavallo, presumibilmente nella stalla, ed allontanarsi, ma per farlo avrebbe dovuto camminare allo scoperto per un ampio tratto.

Si avviò spedita guardandosi continuamente attorno e si fermò solo per raccogliere un bastone che forse avrebbe potuto esserle utile.
Sembrava che non ci fosse nessuno in giro e sicuramente avrebbe sentito il rumore dei cavalli se qualcuno si fosse avvicinato.
Continuò ad avanzare tenendo lo sguardo ora fisso sulla stalla, sull'angolo dietro cui erano spariti Itachi e Sasori, ed era ormai a metà strada quando proprio da lì erano spuntati Sasori ed un altro, 'quello che rideva per niente'.
L'avevano guardata sorpresi e poi avevano preso le pistole, e questo non andava bene, perché lei contava sul fatto che non volessero spararle.

 – Ferma! – aveva esclamato Sasori – vi avevo detto di non muovervi! –

Si era fermata davvero, indecisa sul da farsi, e poi si era voltata e si era messa a correre verso gli alberi.

 – Ferma, o sparo! –

Ma Sakura aveva continuato a correre, non credeva volessero spararle davvero, sperava non intendessero spararle davvero.

 – Fermati! – continuavano ad urlare.

Aveva sentito il fischio delle pallottole sopra la testa ma ancora non si era fermata.
Stupida stupida... non aveva speranza, non c'erano posti in cui nascondersi e gli alberi erano troppo lontani, e lei aveva sbagliato tutto fin dall'inizio, avrebbe dovuto aspettare Itachi.
Sentì un dolore improvviso al fianco, una pallottola l'aveva colpita di striscio: le stavano sparando addosso davvero, e lei aveva in mano un misero bastone.
Si era fermata per riprendere fiato e si era voltata in tempo per vedere il tizio che rideva per niente sollevare la pistola e prendere la mira, e pensò che sarebbe morta, così, da idiota, perché era troppo orgogliosa per starsene ferma ad aspettare, e che non avrebbe più rivisto nessuno, non avrebbe più rivisto Sasuke.
Sentì gli spari ma vide l'uomo accasciarsi a terra mentre Sasori si metteva a sparare, ma non verso di lei, verso qualcuno dietro di lei.

Si voltò, e c'era Chiyo davanti a lei, tra gli alberi, che cadeva colpita a sua volta dopo averle salvato la vita.

Sakura non aveva più badato al dolore al fianco e neppure alle pallottole che la sfioravano, aveva lasciato cadere il bastone ed aveva ripreso a correre con tutte le sue forze fino a quando non aveva raggiunto Chiyo e l'aveva trascinata dietro il tronco di un albero.
Poi aveva impugnato la pistola che era scivolata di mano all'indiana ed aveva sporto la testa dal tronco per dare un'occhiata in direzione di Sasori. L'aveva subito ritirata quando una pallottola l'aveva sfiorata, ma prima era riuscita a sparare a sua volta un colpo nella direzione da cui provenivano gli spari.
La fronte le bruciava e c'era qualcosa di bagnato, sangue, che le colava dalla tempia, evidentemente una pallottola l'aveva colpita.

Diede un'occhiata veloce a Chiyo, la ferita all'addome sembrava brutta, ma l'indiana non aveva perso conoscenza e la guardava perfettamente lucida – Ora scappa – le disse – c'è il mio cavallo più avanti –

Lei non si era mossa, non intendeva andarsene, non poteva, si sporse ancora dall'albero per cercare Sasori, ormai doveva essere vicino, ma non riusciva a vederlo da nessuna parte.

Cominciò a scrutarsi febbrilmente intorno, con la pistola in mano, cercando di capire dove diavolo poteva essere finito lui, perché sicuramente voleva coglierla di sorpresa.
 – Attenta! – aveva esclamato Chiyo.

Si voltò giusto in tempo per vederlo che le piombava addosso. Da dove diavolo era spuntato fuori? Senza pensare aveva premuto il grilletto e quasi simultaneamente era stata scaraventata contro il tronco dell'albero.

Si era afflosciata a terra stordita e la pistola le era scivolata di mano, ma anche Sasori, in piedi di fronte a lei, perdeva sangue da un punto imprecisato subito sotto alla spalla ed aveva lasciato cadere la pistola.

 – Ora basta – le sibilò.

Si era sollevata carponi decisa a riprendere l'arma, ma un calcio sul fianco le aveva fatto perdere l'equilibrio ancora una volta.
Si era riparata in qualche modo con le braccia e lui le aveva tirato un altro calcio sulla schiena, un dolore lancinante che le toglieva il respiro.

 – Sei pazza – aveva mormorato lui e si era chinato per recuperare anche lui la pistola.

Non sapeva neppure da dove le fosse venuta la forza di muoversi, sapeva solo che doveva fare qualcosa e finirla adesso, ora o mai più.
Da carponi si era mossa di scatto e si era lanciata verso la pistola, l'aveva afferrata ed aveva sparato un paio di colpi in fretta, da un angolo tutto sbagliato.
Lo aveva colpito sulla coscia e si era voltata verso di lui mentre veniva raggiunta da un fiotto di sangue: lo vide accasciarsi improvvisamente sulle ginocchia stringendosi la ferita, guardandola con una strana espressione stanca.
Il sangue continuava ad uscirgli a fiotti dalla gamba, e sapevano ambedue che andava fermato subito o lui sarebbe morto.
Sakura si alzò in piedi a fatica con la pistola in pugno e lo guardò ancora: lui era nella stessa posizione di prima e si stringeva la ferita con le mani, invano.
Cosa doveva fare? Doveva sparargli ancora? Aiutarlo a fermare il sangue?

 – Sakura –

Non aveva più badato a lui e si era avvicinata a Chiyo.

 – E' già morto – le aveva sussurrato – ora scappa –

 – Non posso lasciarti qui! –

Chiyo aveva fatto un mezzo sorriso, ed in tutti quegli anni era la prima volta che lei la vedeva sorridere.

 – Sono ferita, ma torno a casa lo stesso – e Sakura sapeva, con assoluta certezza, che Chiyo non mentiva mai.

Si girò verso l'edificio alle sue spalle ed udì chiaramente il suono degli zoccoli di cavalli in lontananza, allora si alzò e riprese a correre per allontanarsi dall'indiana il più possibile, in modo che non si accorgessero di lei.
Corse nella direzione opposta al ranch, in mezzo agli alberi, la pistola ancora in mano.

Mentre correva cercava di pensare lucidamente, di formulare un piano, di capire cosa doveva fare.
Chi stava arrivando? Si trattava di più di un cavallo, ne era sicura.
Si chiese anche se non potesse essere qualcuno che veniva in suo aiuto, ma non poteva rischiare di aspettare e vedere.
Intanto aveva una pistola, doveva solo controllare quante pallottole le rimanevano.

Lentamente si accorse che non correva ormai più, camminava, e cominciò a prendere coscienza dello stato in cui era il suo corpo, aveva male dappertutto, la tempia le pulsava ed il sangue le era sceso sopra all'occhio sinistro impedendole di vederci bene, e probabilmente aveva tagli ovunque, visto che era piena di macchie di sangue.
In più aveva male al fianco, ed alla schiena.
Però non doveva essere niente di serio, a meno che in realtà non stesse morendo e fosse pura adrenalina quella che la faceva andare avanti.
Ma ora non poteva distrarsi con questi pensieri inutili mentre continuava a muoversi senza neppure sapeva bene dove, sperava fosse nella direzione che le aveva indicato Chiyo ma non riusciva a ricordare, e cominciava ad accusare la stanchezza.
Forse era davvero pazza, forse avrebbe dovuto semplicemente stare ad aspettare che la lasciassero andare, forse non volevano farle del male, e sapeva che non voleva morire, non ancora, c'erano tante cose che doveva fare, e altrettante che doveva dire.

Poi aveva visto il cavallo ed all'improvviso tutti quei pensieri inutili non avevano più importanza.
Sorrise nel riconoscerlo, era la sua cavalla, era Shuriken, Chiyo le aveva portato Shuriken, ed era così felice di vederla, come se fosse una persona, come se non fosse più sola.

Shuriken aveva voltato il muso verso di lei e l'aveva salutata con un basso nitrito, lei si era avvicinata e le aveva accarezzato il collo, rasserenata, poi aveva stretto i denti e si era issata in groppa all'animale.
Le ci era voluta tutta la sua forza per farlo, ma ora era finita, era davvero finita.
 
Iniziò a cavalcare sentendosi finalmente libera, sicura di poter ritornare a casa... la sua cavalla l'avrebbe riportata a casa.

Stava considerando la possibilità di legarsi alla sella, per non cadere nel caso che si addormentasse o svenisse durante la cavalcata, quando sentì echeggiare due spari in successione.
Si era fermata, raggelata, perché il suono era così vicino che per un momento aveva pensato di essere stata scoperta... non era ancora finita?
Si era guardata intorno senza riuscire a vedere niente e dopo averci pensato un po' giunse alla conclusione che il rumore degli spari doveva provenire da un punto alla sua sinistra, al di là di un dosso che si vedeva più avanti.

Invece di ignorarli e proseguire per la sua strada, come avrebbe dovuto fare, lo sapeva, si era diretta da quella parte.

In vicinanza della collinetta era scesa da cavallo, e la fiacchezza che aveva avvertito quando aveva appoggiato le gambe a terra le aveva ricordato che era ferita, e stremata.

Doveva andarsene al più presto, tornare a casa, ma prima doveva scoprire di cosa si trattava, cosa stava succedendo, e così si arrampicò a fatica, con cautela, fino in cima, e sbirciò giù.
Aveva chiuso e riaperto gli occhi un momento, pensando si trattasse di un'allucinazione.
C'era Sasuke, a cavallo, le pistole in mano e l'impermeabile nero che gli aveva visto addosso quel primo giorno, tanti mesi fa.

Davanti a lui c'era Kisame, il tizio grande e grosso che aveva ammazzato Asuma, anch'esso a cavallo, la mano che reggeva la pistola abbassata sul fianco, mentre un altro, l'uomo che brontolava spesso, era sceso da cavallo e teneva le braccia alzate in segno di resa.

 – Perché non discutiamo pacificamente... Madara vuole allearsi con te – stava dicendo Kisame.

All'improvviso lei notò un movimento con la coda dell'occhio e voltò il capo in tempo per vedere qualcuno spuntare sulla destra, alle spalle di Sasuke: era l'uomo dal ciuffo grigio, nascosto dietro ad un gruppo di arbusti, e solo il riflesso dell'arma colpita dalla luce del sole aveva permesso a Sakura di notarlo.

Al diavolo, non sapeva come stessero le cose ma lei aveva sollevato la pistola e aveva sparato.

Aveva visto l'uomo cadere e poi tutti si erano voltati dalla sua parte.
Sakura aveva guardato Sasuke che la fissava così serio, e teso, e preoccupato per lei, lo sentiva.

 – Che fortuna – le si era rivolto Kisame – avevo proprio bisogno di te –

 – Lasciatela andare – replicò brusco Sasuke sollevando ancora le pistole – vattene! – le aveva urlato.

La stanchezza le impediva di ragionare con chiarezza e rimase lì indecisa per una frazione di secondo, poi prese coscienza della pistola che impugnava e si voltò per scendere da lì ed allontanarsi, perché così gli era solo di intralcio e doveva trovare un posto sicuro in cui ripararsi e guardargli le spalle.

Ma non aveva fatto neppure un passo perché un altro cavaliere era sopraggiunto, neppure capiva da dove, e si era parato appena sotto di lei.
Era quello dai capelli lunghi ed incolti.
Lei aveva alzato ancora la pistola, aveva premuto il grilletto e non era successo niente, c'era stato solo il clic del colpo a vuoto.
Allora le pallottole erano finite.

Senza pensare si era chinata, aveva preso una manciata di terra e gliel'aveva lanciata negli occhi.
Lo aveva sentito imprecare ma non aveva fatto in tempo a fare altro, una voce dietro di lei l'aveva bloccata.

 – Sta ferma! – aveva esclamato alle sue spalle – non sono abituato a sparare alle donne, ma non mettermi alla prova –

Lei chiuse gli occhi, la testa che le girava, sforzandosi di restare ferma, in piedi, e cercando di mantenere l'attenzione, di schiarirsi la mente stanca, annebbiata.

Aveva sentito un'altra voce, più lontana, di qualcuno che evidentemente si rivolgeva a Sasuke – …scendi da cavallo e getta le pistole se vuoi che non le accada niente di male –

 – Non farlo, non mi uccideranno! – aveva espresso a voce alta lei, non potevano ucciderla adesso, avevano bisogno di lei.
Si era mossa, decisa a scendere da lì e deviare di lato per superare l'uomo a cavallo davanti a lei, ma aveva sentito un colpo di pistola, e subito dopo aveva avvertito un dolore al braccio, aveva guardato con uno strano torpore il punto in cui la pallottola le aveva trapassato la carne, sull'avambraccio.

 – La prossima volta prendo la mira – spiegò l'uomo alle sue spalle mentre lei si portava la mano al braccio e stringeva i denti per il dolore.

Si era voltata a guardarlo, era Kakuzu, e poi aveva guardato più in là, verso Sasuke che le dava le spalle, e lo aveva visto gettare le pistole a terra.

 – Cosa vuoi? – aveva chiesto Sasuke all'altro con una voce così fredda che lei si era irrazionalmente arrabbiata: uno non si poteva condannare a morte da solo e parlare con una voce così fredda.

Quello, Kisame, era sceso da cavallo e gli si era avvicinato lentamente, il frustino in mano.

 – Dov'è l'oro? – lo sentì chiedere.

 – Non ne ho la più pallida idea –

L'uomo lo aveva colpito in faccia e Sasuke non aveva neppure cercato di difendersi, ma era riuscito a restare in piedi in qualche modo.

 – Sta ferma! – l'aveva preceduta Kakuzu che la teneva sotto tiro.

Ma lei non poteva starsene lì impotente e cercava di pensare a cosa fare, e neppure sentiva più il dolore al braccio, o quello al fianco, sentiva solo la testa che le pulsava e quel torpore che le impediva di essere lucida.

 – Ci ammazzeranno comunque! – gli aveva urlato.

 – Uccidetela – sentì la voce di quello grosso, e guardò impotente mentre Kakuzu iniziava a premere il grilletto.

 – Aspetta! – lo aveva fermato Sasuke e lei si era voltata proprio mentre lui si voltava a guardarla a sua volta, un filo di sangue che gli tagliava il bel viso pallido, e poi aveva incontrato i suoi occhi, e vi aveva letto la paura, paura per lei.

Stupido, possibile che non riuscisse a capire che così condannava a morte tutti e due?
Ma poi lui le aveva sorriso un attimo e lei gli aveva sorriso a sua volta, stupida anche lei, ed aveva pensato che forse non tutto era perduto, che forse lui sapeva cose che lei non conosceva.

 – Non sono sicuro che sia il posto giusto, ma se la lasci tornare a casa ti porto lì –

Quello lo aveva colpito ancora, arrabbiato.

 – Non provarci neppure, Uchiha! – gli aveva urlato – adesso sono io che dico cosa fare! Fa salire la ragazza con te – aveva ordinato a Kakuzu – tu verrai con noi, e non provare a fare scherzi –

Kakuzu l'aveva trascinata giù, fino al suo cavallo, poi l'aveva fatta salire in malo modo davanti a sé e lei non era riuscita più a vedere niente, il busto dell'uomo che le faceva da scudo e le impediva di voltarsi indietro.
Si guardò per un momento le mani e si chiese quando le era caduta di mano la pistola, non lo ricordava più.

Seguirono le indicazioni di Sasuke e a lei era sembrato di cavalcare per ore, la stanchezza che le faceva venire voglia di chiudere gli occhi ed addormentarsi, ma la tensione ed il dolore delle ferite le impedivano di rilassarsi.

Arrivarono infine di fronte ad una collina spaccata da una grossa crepa che si allargava poi per diventare un vero e proprio crepaccio, e lì scesero da cavallo perché il passaggio era troppo stretto e lo si poteva attraversare solo a piedi.

Appena scesa Sakura aveva sentito le gambe che improvvisamente cedevano, e sarebbe davvero caduta a terra se qualcuno non l'avesse sorretta.

 – Sasuke – era riuscita a sussurrare.

Lui aveva slacciato il fazzoletto che lei aveva al collo e lo aveva arrotolato svelto attorno al suo braccio per cercare di fermare il sangue.

 – Resisti, aspettavo Itachi – le aveva sussurrato intanto, ma lei non era riuscita assolutamente a capire che cosa intendesse.

 – Muovetevi! – aveva gridato qualcuno alle loro spalle, e lei aveva iniziato a camminare adagio, cercando di ignorare il dolore che ormai avvertiva in ogni parte del corpo.

Avevano camminato lentamente, Sasuke che l'aiutava nei punti più difficili, ed erano arrivati davanti ad una parete franata.

 – Qui sotto – aveva indicato i detriti Sasuke.

 – E noi come facciamo a saperlo? – si era lamentato uno di loro, 'quello che brontolava sempre'.

 – Provate a scavare – fece secco Kisame.

 – Fai presto a dirlo, tu – aveva commentato l'altro.

Poi lui e Kakuzu avevano iniziato ad arrampicarsi sulle macerie ed avevano provato a spostare alcune pietre, provocando di proposito piccole frane.
Kisame li guardava senza muoversi mentre l'ultimo, quello dai capelli lunghi cui lei aveva tirato la manciata di terra, li teneva sotto tiro.

Sakura si era seduta a terra ed aveva appoggiato la schiena ad un masso, stremata, la testa che le girava confusa, aveva chiuso gli occhi un momento e li aveva riaperti a fatica, lottando contro il languore, contro l'istinto di chiudere gli occhi e lasciarsi andare.
Non poteva lasciarsi andare, doveva sforzarsi di rimanere sveglia, di restare viva.
Si accorse che Sasuke si era spostato impercettibilmente verso Kisame, che sembrava momentaneamente distratto.
Sforzandosi di cacciare indietro il torpore, cercò a tentoni con le mani fino a quando non trovò un grosso sasso e non lo strinse tra le dita con tutta la forza che le era restata, dicendosi che come diversivo poteva andare.

 – Fermati! – urlò il tizio dai capelli lunghi in direzione di Sasuke, e Sakura, raccogliendo tutte le sue forze, aveva cercato di alzarsi con il sasso stretto in pugno.

L'uomo l'aveva sentita muoversi e si era voltato verso di lei, e lei gli aveva tirato quel dannato sasso, mancandolo perché non aveva più un briciolo di energia, mentre quello alzava la pistola per spararle, e lei aveva pensato che sarebbe morta, questa volta sarebbe morta davvero, e aveva ancora tutte quelle cose da fare, e quelle parole non dette che erano come un buco sullo stomaco, più pesanti delle ferite... e aveva guardato Sasuke che si muoveva verso di lei, e quasi voleva urlare, urlargli che lo amava, una cosa davvero stupida.
Aveva sentito il colpo di pistola ed aveva istintivamente chiuso gli occhi, ma non aveva provato niente, nessun dolore, e li aveva riaperti in tempo per vedere l'uomo cadere.

Si era voltata verso Sasuke che fissava un punto alla sua sinistra, mentre Kisame guardava nella stessa direzione e sembrava sorpreso e indeciso.

Seguì il loro sguardo e come in un sogno vide Itachi che sollevava ancora il fucile e sparava in direzione degli uomini in piedi sul versante franato, facendo cadere uno dei due con la pistola ancora in mano.
E poi Itachi voltava il fucile verso Kisame, mentre Sasuke si chinava a prendere la pistola del morto e la puntava a sua volta contro Kakuzu ora immobile sul crinale della collina.
Allora, forse... finalmente, era tutto finito?

 – Itachi? – aveva chiesto sorpreso Kisame facendo cadere l'arma che aveva in mano e sollevando le braccia.

 – Madara lo sapeva che bisognava farvi fuori tutti e due – aveva commentato Kakuzu.

Itachi si era avvicinato ed aveva dato un'occhiata a Sakura per ritornare con lo sguardo sui due uomini.

 – Mi dispiace – disse rivolto a lei, e a suo fratello – tutto questo doveva finire molto prima –

 – Ma allora – aveva chiesto Kisame – hai sempre fatto finta? –

 – Dovevo uccidere Madara – spiegò lui, e Sakura sapeva che anche se non lo guardava stava parlando a Sasuke, solo a lui – nessuno di noi due era al sicuro fino a quando non moriva, aspettavo solo che si facesse vedere, ed un'occasione –

 – Hai sempre saputo che c'era lui dietro ad Orochimaru? – aveva parlato Sasuke.

 – Sì, l'ho sempre sospettato... mi dispiace fratellino, speravo che restassi fuori da tutto questo. Ha perso molto sangue – aveva fatto poi rivolto a Sakura – portala via –

Si era voltato per un attimo verso suo fratello e si erano guardati per una frazione di secondo.

 – Non volevo lasciarti lì – aveva aggiunto improvvisamente.

 – Lo so, non importa – rispose Sasuke.

Ed era stato tutto.

Sakura ormai teneva gli occhi aperti a fatica, forse poteva riposarsi, poteva chiudere gli occhi un momento?
Era davvero finita?
Con la coda dell'occhio vide Kakuzu che spostava la mano all'interno della giacca ed aprì la bocca per urlare, ma prima che potesse farlo si era accorta che c'era qualcosa che non andava, ed aveva guardato al di là di Itachi.

 – Attento – avrebbe voluto gridare, ma la voce era uscita flebile ed era già troppo tardi, perché c'era stato uno sparo ed Itachi si era accasciato al suolo senza un suono, e dietro di lui erano apparsi due tizi che non conosceva, uno con una grossa cicatrice che sorrideva.

Non era finita, no, non ancora, e come in un gioco a scatole cui non c'era una fine, come in un incubo lei aveva cercato di muoversi senza riuscirci, il suo corpo ora così pesante che sollevare una mano le costava uno sforzo inumano, allora aveva guardato impotente Sasuke e tutto sembrava ondeggiare davanti a lei: Sasuke che alzava l'arma, e poi tutti che sparavano, e Kakuzu che cadeva a terra mentre quello con la cicatrice si avvicinava.

E poi, con orrore, si era accorta che anche Sasuke era stato colpito e scivolava poco lontano da lei, con la schiena appoggiata alla parete rocciosa, accovacciandosi in qualche modo a terra.

 – Non so perché non li abbiamo fatti fuori prima – sentì commentare uno dei nuovi arrivati – Sono sicuro che il mio oro è davvero lì, finalmente –

Ormai Sakura non sentiva più niente, vedeva soltanto Sasuke ferito, e in qualche modo si sollevò carponi, a fatica, e poi provò ad alzarsi aggrappandosi alla roccia, per raggiungerlo e poterlo abbracciare, toccare, ma aveva fatto solo un passo ed era ricaduta carponi, sfinita... ed allora si era trascinata, rifiutandosi di arrendersi, strisciando a tratti fino a quando non era riuscita finalmente a sfiorare la mano di lui e non si era fermata.
Era rimasta lì un poco, respirando a fatica, poi aveva allungato la mano fino ad afferrare quella di lui, e lui aveva girato appena la testa e l'aveva guardata, uno strano sorriso che gli aleggiava tra le labbra.

 – Non puoi morire, lo sai, lo hai promesso – gli aveva sussurrato stringendogli la mano, e lui l'aveva stretta appena a sua volta.

 – E' colpa mia – aveva risposto enigmaticamente lui con un filo di voce – hai sempre avuto ragione tu, su tutto –

Rimasero così, le mani unite, e lei aveva pensato che non era un modo orrendo di morire quello, che ci poteva stare, poteva accettarlo, e le lacrime che le scendevano sulle guance non erano dovute a quello, era solo che non riusciva a capire bene cosa intendeva dire lui, e non voleva che si sentisse in colpa.

 – Ti aspetterò lo stesso – aveva mormorato – sempre –

 – Che scenetta commovente – li aveva interrotti brusco qualcuno, Kisame, o lo sconosciuto, neppure sapeva chi.

 – Morirete tutti impiccati – aveva sussurrato allora, rivolta a loro.

 – Ma no ma no... presto sarà tutto mio qui intorno – aveva sentito come in un sogno, e poi aveva alzato lo sguardo ed aveva visto l'uomo con la cicatrice davanti a loro, la pistola sollevata contro di lei.

 – Addio ragazza – l'aveva salutata – non servi più –

Aveva stretto con le ultime forze la mano di Sasuke ed aveva chiuso gli occhi.

Poi c'erano stati due spari in successione, ma non sentiva male, non sentiva niente, neppure il dolore al braccio, solo un intorpidimento generale, e la mano di Sasuke che allentava pian piano la stretta sulla sua.

 – Non sono in ritardo, vero? Gli eroi non sono mai in ritardo –

Aprì gli occhi sorpresa, e c'era Naruto non molto lontano da lei che si avvicinava di corsa, e dietro ancora c'era Jiraiya, e qualcun altro... la zia?
Ed anche se sembrava un sogno, sapeva che non lo era... che era vero, che era davvero finita.

Ma non importava, perché la mano di Sasuke ora era inerme sulla sua, e lei si era voltata verso di lui, ma lui non la guardava, aveva gli occhi chiusi, e la macchia di sangue sul suo petto diventava sempre più larga.
C'era qualcuno che urlava e le impediva di pensare, di capire, e stupita si accorse che era lei.


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Scusate ancora.
Spero si capisca qualcosa in tutta questa confusione, e che la profusione di deus ex machina sia accettabile :((
Kisame e Kakuzu sono nomi messi più o meno a caso per mitigare la confusione.. peccato che per gli altri avessi esaurito i nomi..

Ringrazio per le recensioni del cap precedente, purtroppo neppure ricorderete più cosa mi avete scritto visto il tempo che ci ho messo! :(

Grazie mille come sempre, non sapete quanto mi siano indispensabili le vostre parole:


Julia83: Grazie mille!!.. non sai come amo le tue lunghe recensioni.. il prossimo è l'ultimo capitolo ed ho un bel po' di cose da chiarire, ma è un capitolo molto, mooolto più facile di questo.. sul manga.. alla fine siamo punto e a capo mi sa.. non si conclude niente neppure questa volta.. evidentemente Kishi non ha ancora finito di pagare il mutuo della casa! E che Sakura non conti molto ormai è ampiamente dimostrato.. no comment..

kry333: Grazie mille, ci sei e mi incoraggi sempre, grazie anche per la recensione alla shot che mi ha proprio rallegrata!! .. spero che questo capitolo sia almeno in parte comprensibile.. che casino! E per il manga.. alla fine siamo ancora qui con i soliti dubbi.. speriamo bene!

RBAA: ..e grazie mille anche a te.. quando vedo che hai recensito tiro un sospiro di sollievo, vuol dire che il cap non faceva proprio così schifo come temevo.. (grazie anche per la recensione alla shot).. comunque una cosa è certa, non scriverò mai più una storia con tutta questa azione.. :(
 
   
 
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