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Autore: Stray    29/07/2005    2 recensioni
E se Takagi, per una volta, ne combinasse una giusta? E' una fic su Takagi e Sato, perchè in giro non se ne trova neanche una! Siate carini e commentate, please!
Genere: Romantico, Azione, Song-fic, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Miwako Sato, Wataru Takagi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo IV – Father’s gaze

Capitolo IV – Father’s gaze

 

L’ispettore Megure si lasciò cadere stanco, sulla sedia del suo ufficio.

La situazione stava diventando critica: ormai era certo che Sato fosse il bersaglio di tutti e tre gli attentati… restava da scoprire il perché. Qualcuno bussò alla porta e Megure si alzò per aprire.

“Entra, Takagi.”

“Signore…”

“Hai delle novità?”

L’ispettore lasciò sedere il ragazzo davanti alla sua scrivania.

“Sì signore: forse abbiamo scoperto il movente delle aggressioni a Sato…”

Takagi gli raccontò dell’uomo vestito di nero che avevano incontrato quel giorno, e della sua quasi certa implicazione nell’omicidio di Takeda. Dopo aver ascoltato attentamente tutta la storia, l’ispettore Megure fece le sue domande.

“Non abbiamo molto su cui basarci… sapreste descrivere il suo aspetto?”

“Sì.”

“Allora andate dal responsabile degli identikit, e inserite quest’uomo nella lista dei ricercati.”

“Sì signore.”

Takagi si alzò ma prima di raggiungere la porta, si fermò, indeciso sul da farsi: c’era una cosa che voleva sapere da quando era iniziata l’intera faccenda.

“Signore, posso farle una domanda?”

“Sì.”

“Ecco… volevo sapere se Sato si è lamentata della mia protezione…”

“Direi di no. Perché avrebbe dovuto? Stai facendo un ottimo lavoro!”

“Ah… beh,è che mi sembra sempre irritata per qualcosa…per tutte le attenzioni che riceve da tutti, in questo momento…”

L’ispettore Megure si sedette, sospirando divertito.

“Takagi, quella ragazza è uno dei nostri migliori agenti, e mi è stata affidata da un mio amico e collega, morto 18 anni fa…”

Takagi si ricordava benissimo della morte del padre di Sato: lei stessa gli aveva raccontato che era morto in servizio… e insieme a Conan avevano anche trovato il colpevole.

“Non è in caso quindi, che sia così protettivo nei suoi confronti…ma come puoi ben capire la situazione è critica! Il problema è che a lei non piace essere protetta, come se fosse una bambina indifesa. Mi dispiace se sta scaricando tutta la sua rabbia su di te: se vuoi posso chiedere a qualcun altro di…”

“NO! Ehm… no, posso continuare a pensarci io… volevo solo…”

Megure sorrise, scherzoso.

“…Sapere come trattarla?”

“Sì…”

L’ispettore rise.

“Takagi, ti voglio dare un consiglio, più da amico che da superiore… quella ragazza è come una bomba: bisogna saperla maneggiare con molta cura…”

Pronunciò quell’ultima frase guardandolo negli occhi, come solo un padre un po’ apprensivo sa fare.

Takagi annuì, sorridendo: aveva ricevuto il messaggio.

Senza dire altro aprì la porta dell’ufficio, seguito dagli occhi stanchi dell’ispettore Megure .

Aveva fatto bene a designare Takagi come ‘guardia del corpo’ di Sato: lui non avrebbe mai permesso che qualcuno le facesse del male… di questo era sicuro.

 

 

 

Il giorno dopo, Takagi era già pronto e puntuale davanti alla casa di Sato. Visti gli ultimi avvenimenti, era meglio accompagnarla anche nel tratto di strada tra casa sua e il dipartimento di polizia.

Quando lei l’aveva saputo però, non gli era sembrata molto contenta…

Takagi ripensò a quella sera di due giorni fa: e se si fosse trattato veramente di un sogno?

Il ragazzo scosse la testa, prima di arrossire completamente e sospirò, sconsolato: prima o poi avrebbe dovuto parlarle di quella sera… non potevano andare avanti così!

Sapeva benissimo di dover essere lui a fare la prima mossa, ma non era affatto così semplice… l’indifferenza di lei poi, era davvero disarmante!

Interrompendo i suoi pensieri, Sato uscì dalla porta di casa sua, chiudendola a chiave.

“Ciao. Sei già qui?”

“Ehm… già…”

“Perfetto. Allora, andiamo.”

Takagi la seguì, perplesso.

Fantastico:quel giorno era anche di cattivo umore! E pensare che fino all’altro giorno, passeggiavano mano nella mano come due fidanzati… Non ci capiva più nulla!!!

Fu Sato a salvare la situazione (tanto per cambiare…): non le piaceva, il ruolo di ‘donzella in pericolo’ che stava ricoprendo… non era abituata a fare la parte di quella debole e indifesa, che aspetta il principe azzurro versando qualche lacrimuccia. Non era mai stata così, e non lo sarebbe diventata ora!

Però…

Trasgredendo il suo codice morale, Sato si voltò, guardando Takagi con occhi  dolci.

“Mi spiace crearti tutti questi problemi…”

“Ah… n-no, nulla…”

Eccolo! Stava già arrossendo…

La ragazza rise tra se’ e se’: le armi di seduzione femminili erano sempre infallibili!

Sato osservò divertita quel ragazzo, che camminava paziente vicino a lei. Nonostante quell’aria impacciata e titubante, si rese conto di quanto assomigliasse a suo padre…

Gli occhi, soprattutto: avevano quel non so che di incredibilmente dolce e comprensivo… anche se ogni tanto, quando sorprendeva Takagi a fissarla, qualcosa accendeva quello sguardo, in profondità…

Senza rendersene conto, la ragazza arrossì.

Non c’errano più dubbi, era davvero cotta! Il difficile era ammetterlo…

La voce di Takagi la destò dai suoi pensieri.

“Senti…”

Takagi si fece coraggio: forse non era il momento sbagliato  per parlarle… chissà quando si sarebbe ripresentata un’altra occasione!?

“Ecco… io…”

Avanti!

“Vorrei… parlarti di una cosa…”

“Non vuoi più farmi da ‘guardia del corpo’?”

“Cosa!? NO!!!… Insomma, Sato! Sto cercando di dirti una cosa importante…!”

Entrambi si fermarono a guardarsi, allibiti. Lui per ciò che aveva appena detto, lei per averlo visto perdere la pazienza per la seconda volta, nel giro di pochi giorni.

Molto strano…

Sato distolse lo sguardo, arrossendo ancora di più.

“Dimmi…”

Lui cercò di riprendere il filo del discorso, nella confusione dei suoi pensieri.

“Ecco… volevo solo… riguardo a quella sera… io …noi…”

“Non è sicuro per la signorina Sato, stare fuori dalla centrale.”

Entrambi abbassarono lo sguardo, ritrovandosi davanti il piccolo Conan, che li fissava.

Takagi avrebbe voluto urlare.

Perché? PERCHEEEEEE’?!?!?

Invece gli sorrise, cercando di contenersi.

“Ehm… ciao, Conan…”

Il piccolo lo prese in disparte per parlargli a quattr’occhi.

“E’ pericoloso per lei, camminare per la strada…”

Takagi gli arruffò i capelli, ridendo.

“Lo so. Infatti sono appena passato a prenderla a casa sua, e la sto portando in centrale, al sicuro…”

Sato li fulminò con lo sguardo.

“Vi ho sentiti, voi due…”

Takagi si affrettò a rimediare, prima che la ragazza esplodesse.

“Ehm… un po’ di pazienza: questa situazione non durerà in eterno!”

Conan rimase zitto: non se la sentiva di contraddirlo. Sato sospirò, rassegnata.

“D’accordo, farò la brava…”

Takagi tirò un sospiro di sollievo: disinnesco riuscito!

Improvvisamente notò l’espressione terrorizzata di Conan, che fissava qualcosa dietro di loro. Rapido, si voltò e si rese conto del guaio in cui si erano cacciati : un’auto nera gli stava seguendo, e alla guida di essa…

Conan prese entrambi per mano e cercò di trascinarli in mezzo alla folla, per essere più riparati.

“Takagi! Prendi Sato e cercate di nascondervi dentro qualche locale… presto!!! Io vado a cercare l’ispettore Megure!”

il ragazzo non se lo fece ripetere due volte. Prese Sato per mano e si tuffò con lei in mezzo alla gente che si accalcava sul marciapiede.

“Takagi! Aspett…”

Improvvisamente la ragazza sentì qualcosa afferrarle il braccio. Si voltò, e desiderò non averlo mai fatto: davanti a lei c’era Gin, che la fissava con quel  suo ghigno crudele che gli segnava il volto come una ferita.

Sato si bloccò all’istante: ancora quella sensazione di paura incontrollata…

Sarebbe morta lì, se Takagi non la avesse strappata a forza dagli artigli della tigre.

“Sato! Via di qui!!”

Lei sentì il calore tornarle in corpo, da quelle dita che le stringevano la mano, conducendola verso una via di fuga. Corsero un bel po’, prima di raggiungere un edificio in costruzione, entrando nel cantiere deserto.

Takagi, sempre tenendo la ragazza per mano, cercò un nascondiglio tra i muri non ancora completi e i cumuli di mattoni e cemento. Trovato un angolino riparato e sicuro, afferrò Sato per le spalle, guardandola serio negli occhi.

“Ora ascoltami bene: qualsiasi cosa succeda… tu devi rimanere qui nascosta. E’ chiaro? Non uscire, no farti vedere per nessun motivo!”

Sato annuì, un po’ scossa: non lo aveva mai visto così serio e determinato…

“E tu?”

Takagi prese la sua pistola, dalla fondina nascosta sotto la giacca. Poi le prese una mano tra le sue.

“Lo tengo lontano da te… in un modo o  nell’altro!”

Fece una pausa prima di continuare, con il tono più convincente che conosceva.

“Andrà tutto bene… andrà tutto bene!”

Sato era preoccupata: perché quelle parole avevano un suona così strano… come se lui tentasse di convincere anche se stesso, di ciò che aveva appena detto.

Non aveva idea di quanto avesse ragione…

“Takagi…”

Gin non si fece attendere molto.

Entrambi sentirono i suoi passi risuonare tra le pareti, avvicinarsi al loro nascondiglio, rimbombando nel petto e nella testa, insieme al battito sempre più veloce del loro cuore.

Nel silenzio scandito da quei passi, persino i loro respiri sembravano assordanti.

Sato cominciò a tremare senza capire perché e cercando in tutti i modi di controllarsi. L’aria sembrava più fredda ed entrava in gola tagliente, quasi troppo densa da respirare.

Poi, il rumore dei passi cessò, e Takagi sentì distintamente lo scattare di una pistola che veniva caricata.

Era vicino… troppo vicino!

Una voce, fredda come la morte, ruppe il silenzio.

“E’ ora di morire, signorina…”

Era ora: Takagi strine un’ultima volta la mano di Sato tra le sue dita, come a voler ribadire la raccomandazione che le aveva fatto prima, poi con uno scatto uscì allo scoperto, puntando la pistola contro la sagoma scura ,di fronte a lui.

“Qui non c’è nessuno: solo tu ed io. Getta la pistola!”

Gin rise con la sua risata stridente.

“Troppo poco convincente…”

L’uomo corse in avanti, con una velocità impressionante, sparando verso il ragazzo. Takagi riuscì a schivare per un pelo i colpi, riparandosi dietro una colonna, e sparò a sua volta.

Ma gin era veloce, troppo perché i colpi dell’agente andassero a segno. Come un serpente guadagnava terreno, senza staccare gli occhi di dosso dalla sua preda.

Perchè era questo che rappresentava Takagi, in quel momento: la preda, la vittima, il sacrificio.

Il gioco prima del lauto banchetto.

Takagi rabbrividì: sapeva benissimo chi fosse la seconda portata…

Un colpo che sibilò pericolosamente vicino alla sua spalla, riportò il ragazzo alla realtà: se si lasciava uccidere così, non ci sarebbe stato più nulla da fare neanche per Sato.

Ma c’era un’altra cosa che lo preoccupava… e anche Sato dal suo nascondiglio, arrivò alla stessa conclusione.

Takagi stava finendo i colpi a disposizione!

Ormai dovevano rimanergliene tre, e una volta terminati quelli…

Ma la sparatoria continuava, volente o no, e Takagi si rese conto con orrore che Gin si stava avvicinando troppo, e sempre di più al nascondiglio di Sato!

Con un ultimo slancio disperato, cercò di attirarlo sparando, dall’altro lato del cantiere.

Ora i colpi rimasti erano due…

Ma quella mossa non fece che aumentare ulteriormente i sospetti di Gin: la donna era lì, sentiva la sua paura infestare l’aria…

Takagi gli si parò davanti sparando un’altra volta.

Un colpo solo…

Gin schivò con estrema facilità il proiettile, avvicinandosi ancora e riuscendo a colpire la mano del ragazzo, anche se solo di striscio.

Senza badare al dolore, Takagi cercò con lo sguardo un riparo ma non ne trovò: avrebbe dovuto allontanarsi troppo da Sato e non poteva permetterselo, ora che l’unico ostacolo rimasto tra lei e Gin era lui.

Gin rise ancora di più, un ruggito di trionfo, un raschiare feroce di artigli sulla pietra.

Ormai era fatta! Erano suoi, inermi… Spacciati!

Improvvisamente, il rumore delle sirene della polizia, risuonò nel cantiere spoglio e la voce dell’ispettore Megure portò un piccolo barlume di speranza in quella situazione ormai disperata.

“Arrenditi! La zona è circondata: getta le armi ed esci con le mani alzate!Non hai più vie di fuga, arrenditi!”

Prima che Gin potesse rendersi conto di cosa stava succedendo, Sato uscì allo scoperto, puntandogli la pistola contro.

Lui non poteva chiedere di meglio!

Rapido come una belva, fece per ripararsi dietro un cumulo di mattoni e sparò verso la ragazza.

Sato udì lo sparo e chiuse gli occhi, attendendo il proiettile che inesorabilmente, l’avrebbe colpita. Invece sentì qualcosa spingerla di lato violentemente, e cadde a terra, sbattendo contro il pavimento duro.

Si rialzò a fatica, per ritrovare di fianco a lei il corpo immobile di Takagi, mentre la chiazza di sangue si allargava velocemente, attorno a lui.

 

 

 

  
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