Capitolo IV – Father’s gaze
L’ispettore Megure si lasciò cadere stanco, sulla
sedia del suo ufficio.
La situazione stava diventando critica: ormai era
certo che Sato fosse il bersaglio di tutti e tre gli attentati… restava da
scoprire il perché. Qualcuno bussò alla porta e Megure si alzò per aprire.
“Entra, Takagi.”
“Signore…”
“Hai delle novità?”
L’ispettore lasciò sedere il ragazzo davanti alla
sua scrivania.
“Sì signore: forse abbiamo scoperto il movente
delle aggressioni a Sato…”
Takagi gli raccontò dell’uomo vestito di nero che
avevano incontrato quel giorno, e della sua quasi certa implicazione
nell’omicidio di Takeda. Dopo aver ascoltato attentamente tutta la storia,
l’ispettore Megure fece le sue domande.
“Non abbiamo molto su cui basarci… sapreste descrivere
il suo aspetto?”
“Sì.”
“Allora andate dal responsabile degli identikit, e
inserite quest’uomo nella lista dei ricercati.”
“Sì signore.”
Takagi si alzò ma prima di raggiungere la porta, si
fermò, indeciso sul da farsi: c’era una cosa che voleva sapere da quando era
iniziata l’intera faccenda.
“Signore, posso farle una domanda?”
“Sì.”
“Ecco… volevo sapere se Sato si è lamentata della
mia protezione…”
“Direi di no. Perché avrebbe dovuto? Stai facendo
un ottimo lavoro!”
“Ah… beh,è che mi sembra sempre irritata per
qualcosa…per tutte le attenzioni che riceve da tutti, in questo momento…”
L’ispettore Megure si sedette, sospirando
divertito.
“Takagi, quella ragazza è uno dei nostri migliori
agenti, e mi è stata affidata da un mio amico e collega, morto 18 anni fa…”
Takagi si ricordava benissimo della morte del padre
di Sato: lei stessa gli aveva raccontato che era morto in servizio… e insieme a
Conan avevano anche trovato il colpevole.
“Non è in caso quindi, che sia così protettivo nei
suoi confronti…ma come puoi ben capire la situazione è critica! Il problema è
che a lei non piace essere protetta, come se fosse una bambina indifesa. Mi
dispiace se sta scaricando tutta la sua rabbia su di te: se vuoi posso chiedere
a qualcun altro di…”
“NO! Ehm… no, posso continuare a pensarci io…
volevo solo…”
Megure sorrise, scherzoso.
“…Sapere come trattarla?”
“Sì…”
L’ispettore rise.
“Takagi, ti voglio dare un consiglio, più da amico
che da superiore… quella ragazza è come una bomba: bisogna saperla maneggiare
con molta cura…”
Pronunciò quell’ultima frase guardandolo negli
occhi, come solo un padre un po’ apprensivo sa fare.
Takagi annuì, sorridendo: aveva ricevuto il
messaggio.
Senza dire altro aprì la porta dell’ufficio,
seguito dagli occhi stanchi dell’ispettore Megure .
Aveva fatto bene a designare Takagi come ‘guardia
del corpo’ di Sato: lui non avrebbe mai permesso che qualcuno le facesse del
male… di questo era sicuro.
Il giorno dopo, Takagi era già pronto e puntuale
davanti alla casa di Sato. Visti gli ultimi avvenimenti, era meglio
accompagnarla anche nel tratto di strada tra casa sua e il dipartimento di
polizia.
Quando lei l’aveva saputo però, non gli era
sembrata molto contenta…
Takagi ripensò a quella sera di due giorni fa: e se
si fosse trattato veramente di un sogno?
Il ragazzo scosse la testa, prima di arrossire
completamente e sospirò, sconsolato: prima o poi avrebbe dovuto parlarle di
quella sera… non potevano andare avanti così!
Sapeva benissimo di dover essere lui a fare la
prima mossa, ma non era affatto così semplice… l’indifferenza di lei poi, era
davvero disarmante!
Interrompendo i suoi pensieri, Sato uscì dalla
porta di casa sua, chiudendola a chiave.
“Ciao. Sei già qui?”
“Ehm… già…”
“Perfetto. Allora, andiamo.”
Takagi la seguì, perplesso.
Fantastico:quel giorno era anche di cattivo umore!
E pensare che fino all’altro giorno, passeggiavano mano nella mano come due
fidanzati… Non ci capiva più nulla!!!
Fu Sato a salvare la situazione (tanto per
cambiare…): non le piaceva, il ruolo di ‘donzella in pericolo’ che stava
ricoprendo… non era abituata a fare la parte di quella debole e indifesa, che
aspetta il principe azzurro versando qualche lacrimuccia. Non era mai stata
così, e non lo sarebbe diventata ora!
…
Però…
…
Trasgredendo il suo codice morale, Sato si voltò,
guardando Takagi con occhi dolci.
“Mi spiace crearti tutti questi problemi…”
“Ah… n-no, nulla…”
Eccolo! Stava già arrossendo…
La ragazza rise tra se’ e se’: le armi di seduzione
femminili erano sempre infallibili!
Sato osservò divertita quel ragazzo, che camminava
paziente vicino a lei. Nonostante quell’aria impacciata e titubante, si rese
conto di quanto assomigliasse a suo padre…
Gli occhi, soprattutto: avevano quel non so che di
incredibilmente dolce e comprensivo… anche se ogni tanto, quando sorprendeva
Takagi a fissarla, qualcosa accendeva quello sguardo, in profondità…
Senza rendersene conto, la ragazza arrossì.
Non c’errano più dubbi, era davvero cotta! Il
difficile era ammetterlo…
La voce di Takagi la destò dai suoi pensieri.
“Senti…”
Takagi si fece coraggio: forse non era il momento
sbagliato per parlarle… chissà quando
si sarebbe ripresentata un’altra occasione!?
“Ecco… io…”
Avanti!
“Vorrei… parlarti di una cosa…”
“Non vuoi più farmi da ‘guardia del corpo’?”
“Cosa!? NO!!!… Insomma, Sato! Sto cercando di dirti
una cosa importante…!”
Entrambi si fermarono a guardarsi, allibiti. Lui
per ciò che aveva appena detto, lei per averlo visto perdere la pazienza per la
seconda volta, nel giro di pochi giorni.
Molto strano…
Sato distolse lo sguardo, arrossendo ancora di più.
“Dimmi…”
Lui cercò di riprendere il filo del discorso, nella
confusione dei suoi pensieri.
“Ecco… volevo solo… riguardo a quella sera… io
…noi…”
“Non è sicuro per la signorina Sato, stare fuori
dalla centrale.”
Entrambi abbassarono lo sguardo, ritrovandosi
davanti il piccolo Conan, che li fissava.
Takagi avrebbe voluto urlare.
Perché? PERCHEEEEEE’?!?!?
Invece gli sorrise, cercando di contenersi.
“Ehm… ciao, Conan…”
Il piccolo lo prese in disparte per parlargli a
quattr’occhi.
“E’ pericoloso per lei, camminare per la strada…”
Takagi gli arruffò i capelli, ridendo.
“Lo so. Infatti sono appena passato a prenderla a
casa sua, e la sto portando in centrale, al sicuro…”
Sato li fulminò con lo sguardo.
“Vi ho sentiti, voi due…”
Takagi si affrettò a rimediare, prima che la
ragazza esplodesse.
“Ehm… un po’ di pazienza: questa situazione non
durerà in eterno!”
Conan rimase zitto: non se la sentiva di
contraddirlo. Sato sospirò, rassegnata.
“D’accordo, farò la brava…”
Takagi tirò un sospiro di sollievo: disinnesco
riuscito!
Improvvisamente notò l’espressione terrorizzata di
Conan, che fissava qualcosa dietro di loro. Rapido, si voltò e si rese conto
del guaio in cui si erano cacciati : un’auto nera gli stava seguendo, e alla
guida di essa…
Conan prese entrambi per mano e cercò di
trascinarli in mezzo alla folla, per essere più riparati.
“Takagi! Prendi Sato e cercate di nascondervi
dentro qualche locale… presto!!! Io vado a cercare l’ispettore Megure!”
il ragazzo non se lo fece ripetere due volte. Prese
Sato per mano e si tuffò con lei in mezzo alla gente che si accalcava sul
marciapiede.
“Takagi! Aspett…”
Improvvisamente la ragazza sentì qualcosa
afferrarle il braccio. Si voltò, e desiderò non averlo mai fatto: davanti a lei
c’era Gin, che la fissava con quel suo
ghigno crudele che gli segnava il volto come una ferita.
Sato si bloccò all’istante: ancora quella
sensazione di paura incontrollata…
Sarebbe morta lì, se Takagi non la avesse strappata
a forza dagli artigli della tigre.
“Sato! Via di qui!!”
Lei sentì il calore tornarle in corpo, da quelle
dita che le stringevano la mano, conducendola verso una via di fuga. Corsero un
bel po’, prima di raggiungere un edificio in costruzione, entrando nel cantiere
deserto.
Takagi, sempre tenendo la ragazza per mano, cercò
un nascondiglio tra i muri non ancora completi e i cumuli di mattoni e cemento.
Trovato un angolino riparato e sicuro, afferrò Sato per le spalle, guardandola
serio negli occhi.
“Ora ascoltami bene: qualsiasi cosa succeda… tu
devi rimanere qui nascosta. E’ chiaro? Non uscire, no farti vedere per nessun
motivo!”
Sato annuì, un po’ scossa: non lo aveva mai visto
così serio e determinato…
“E tu?”
Takagi prese la sua pistola, dalla fondina nascosta
sotto la giacca. Poi le prese una mano tra le sue.
“Lo tengo lontano da te… in un modo o nell’altro!”
Fece una pausa prima di continuare, con il tono più
convincente che conosceva.
“Andrà tutto bene… andrà tutto bene!”
Sato era preoccupata: perché quelle parole avevano
un suona così strano… come se lui tentasse di convincere anche se stesso, di
ciò che aveva appena detto.
Non aveva idea di quanto avesse ragione…
“Takagi…”
Gin non si fece attendere molto.
Entrambi sentirono i suoi passi risuonare tra le
pareti, avvicinarsi al loro nascondiglio, rimbombando nel petto e nella testa,
insieme al battito sempre più veloce del loro cuore.
Nel silenzio scandito da quei passi, persino i loro
respiri sembravano assordanti.
Sato cominciò a tremare senza capire perché e
cercando in tutti i modi di controllarsi. L’aria sembrava più fredda ed entrava
in gola tagliente, quasi troppo densa da respirare.
Poi, il rumore dei passi cessò, e Takagi sentì
distintamente lo scattare di una pistola che veniva caricata.
Era vicino… troppo vicino!
Una voce, fredda come la morte, ruppe il silenzio.
“E’ ora di morire, signorina…”
Era ora: Takagi strine un’ultima volta la mano di
Sato tra le sue dita, come a voler ribadire la raccomandazione che le aveva
fatto prima, poi con uno scatto uscì allo scoperto, puntando la pistola contro
la sagoma scura ,di fronte a lui.
“Qui non c’è nessuno: solo tu ed io. Getta la
pistola!”
Gin rise con la sua risata stridente.
“Troppo poco convincente…”
L’uomo corse in avanti, con una velocità
impressionante, sparando verso il ragazzo. Takagi riuscì a schivare per un pelo
i colpi, riparandosi dietro una colonna, e sparò a sua volta.
Ma gin era veloce, troppo perché i colpi
dell’agente andassero a segno. Come un serpente guadagnava terreno, senza
staccare gli occhi di dosso dalla sua preda.
Perchè era questo che rappresentava Takagi, in quel
momento: la preda, la vittima, il sacrificio.
Il gioco prima del lauto banchetto.
Takagi rabbrividì: sapeva benissimo chi fosse la
seconda portata…
Un colpo che sibilò pericolosamente vicino alla sua
spalla, riportò il ragazzo alla realtà: se si lasciava uccidere così, non ci
sarebbe stato più nulla da fare neanche per Sato.
Ma c’era un’altra cosa che lo preoccupava… e anche
Sato dal suo nascondiglio, arrivò alla stessa conclusione.
Takagi stava finendo i colpi a disposizione!
Ormai dovevano rimanergliene tre, e una volta
terminati quelli…
Ma la sparatoria continuava, volente o no, e Takagi
si rese conto con orrore che Gin si stava avvicinando troppo, e sempre di più
al nascondiglio di Sato!
Con un ultimo slancio disperato, cercò di attirarlo
sparando, dall’altro lato del cantiere.
Ora i colpi rimasti erano due…
Ma quella mossa non fece che aumentare
ulteriormente i sospetti di Gin: la donna era lì, sentiva la sua paura
infestare l’aria…
Takagi gli si parò davanti sparando un’altra volta.
Un colpo solo…
Gin schivò con estrema facilità il proiettile,
avvicinandosi ancora e riuscendo a colpire la mano del ragazzo, anche se solo
di striscio.
Senza badare al dolore, Takagi cercò con lo sguardo
un riparo ma non ne trovò: avrebbe dovuto allontanarsi troppo da Sato e non
poteva permetterselo, ora che l’unico ostacolo rimasto tra lei e Gin era lui.
Gin rise ancora di più, un ruggito di trionfo, un
raschiare feroce di artigli sulla pietra.
Ormai era fatta! Erano suoi, inermi… Spacciati!
Improvvisamente, il rumore delle sirene della
polizia, risuonò nel cantiere spoglio e la voce dell’ispettore Megure portò un
piccolo barlume di speranza in quella situazione ormai disperata.
“Arrenditi! La zona è circondata: getta le armi ed
esci con le mani alzate!Non hai più vie di fuga, arrenditi!”
Prima che Gin potesse rendersi conto di cosa stava
succedendo, Sato uscì allo scoperto, puntandogli la pistola contro.
Lui non poteva chiedere di meglio!
Rapido come una belva, fece per ripararsi dietro un
cumulo di mattoni e sparò verso la ragazza.
Sato udì lo sparo e chiuse gli occhi, attendendo il
proiettile che inesorabilmente, l’avrebbe colpita. Invece sentì qualcosa
spingerla di lato violentemente, e cadde a terra, sbattendo contro il pavimento
duro.
Si rialzò a fatica, per ritrovare di fianco a lei
il corpo immobile di Takagi, mentre la chiazza di sangue si allargava
velocemente, attorno a lui.