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Autore: gemini    17/03/2010    4 recensioni
Patricia è morta. Ma nessuno a Villa Hutton, tantomeno il marito Oliver, sembra averla dimenticata. E' un brutto colpo per Kathleen, la nuova signora Hutton, giunta nella sua nuova casa piena di amore e di speranza. Dovrà invece affrontare una vita piena di difficoltà e di intrighi...una vita in cui avrà una parte importante anche il misterioso cameriere sudamericano Carlos...fino ad un'imprevedibile ed inaspettata scoperta...
Genere: Dark, Drammatico, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Carlos Santana, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Taro Misaki/Tom, Tsubasa Ozora/Holly
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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PATRICIA, LA PRIMA MOGLIE

 

CAPITOLO DICIASSETTESIMO

 

Quando ero bambina, mio padre mi diceva sempre che non esisteva nulla di più sacro e buono della verità. La verità rendeva liberi, rendeva uomini migliori. La verità riportava alla luce anche chi era precipitato nelle tenebre.

Io, allora, credevo ciecamente alle sue parole e avevo imparato che non dovevo dire le bugie: non tanto perché era sbagliato, ma perché, se lo avessi fatto, mi sarei sentita talmente tanto in colpa verso mamma e papà che non mi sarei più goduta nulla, nemmeno le cose belle.

Ero stata una ragazzina che non sapeva tenere un segreto; la mamma era la mia confidente e non le nascondevo nulla, ma quando sentivo di avere nel cuore un grosso peso da confessare, era da papà che andavo e non trovavo pace finché lui non mi sorrideva.

Dopo essere rimasta sola al mondo, avevo imparato a tenermi tutto dentro. Sapevo che a zia Audrey non importava nulla di me e dei miei sentimenti, così ero diventata una persona riservata, chiusa, che condivideva con gli altri solo lo stretto indispensabile per comunicare. Speravo che con l’arrivo di Oliver le cose sarebbero cambiate e che il nostro matrimonio si sarebbe fondato sulla sincerità, oltre che sull’amore.

Invece, da quando ero arrivata a villa Hutton, avevo vissuto in un crescendo di bugie e di segreti. I segreti di mio marito, i miei…avevo passato mesi a giustificarmi con me stessa per la mia relazione con Carlos, cercando di convincermi che avevo tutto il diritto di cercare altrove l’amore che Oliver mi stava negando, ma il risultato era stato solo che, con il passare del tempo, avevo fatto sempre più fatica a guardarmi allo specchio. Finché provavo a vivere alla giornata andava tutto bene, ma mi bastava fermarmi un attimo a pensare ai miei genitori per sentirmi travolgere da un’ondata di sensi di colpa, come quando ero bambina e nascondevo a papà un brutto voto preso a scuola.

Eppure in qualche modo ero riuscita a tenere quella verità dentro di me. Non avevo mai raccontato nulla a nessuno, e sapevo che una parte di me aveva vissuto la perdita del bambino come la giusta punizione per le mie menzogne.

Ma quest’ultimo segreto no, non sarei riuscita a serbarlo dentro di me. La rivelazione che avevo avuto mentre Patricia cercava a fatica di ricordare il suo aggressore mi avrebbe fatto male per tutta la vita, lo sapevo. Non so se era di più l’orrore per ciò che quell’uomo era stato capace di fare, la rabbia per la catena di dolore a cui aveva dato vita o il disprezzo verso me stessa per essere stata così ingenua, per aver creduto ciecamente a ogni sua parola, per avergli affidato una parte della mia anima che ora sentivo di aver perduto per sempre. Ora che tutti i tasselli del puzzle cominciavano a tornare al loro posto, dentro di me cresceva la consapevolezza di essere stata usata per una vendetta di cui continuava a sfuggirmi il motivo.

La cosa più triste…era che avrei voluto odiarlo. Avrei voluto detestarlo con tutte le mie forze, considerarlo un mostro, considerare i momenti trascorsi con lui alla stregua di un brutto sogno…ma non potevo farlo. Non potevo dimenticare i giorni in cui per me era stata l’ancora cui aggrapparmi, l’unica ragione di vita, l’amore che avevo sempre desiderato incontrare…non potevo dimenticare il calore delle sue braccia mentre mi stringevano, la morbidezza delle sue labbra, la dolcezza della sua voce…non potevo dimenticare le sue parole e la gioia che mi era esplosa nel cuore quando mi aveva detto che mi amava…neanche ora che sapevo che aveva sempre mentito, per tutto il tempo.

Volevo odiarlo e non ero capace. Non potevo neanche amarlo, no, non più. Però, odiarlo era impossibile. Era troppo.

Dopo che avevo fatto il suo nome, il salotto era calato in un silenzio ancora più gelido dei precedenti.

Oliver mi aveva guardato con gli occhi sgranati, come se fosse impazzita. Poi si era rivolto a Patricia, che, al suono di quel nome, mi era sembrata ancora più spaventata.

“Chi…chi è questo Carlos?”, aveva chiesto con voce tremante.

“E’ un cameriere che lavora in questa casa. È di origini sudamericane, probabilmente, e potrebbe corrispondere alla tua descrizione ma…è muto”, rispose Oliver sbigottito.

Io scossi la testa. “No, Oliver, non è muto. Fa finta di non saper parlare…ma in realtà può farlo benissimo. Io lo so”, dissi in tono definitivo.

“Come…”, cominciò a chiedere mio marito, ma Amy lo interruppe bruscamente.

Sapevo che voleva chiedermi come facevo a sapere che Carlos non era muto e mi dimenai a disagio sulla sedia, pur continuando a sostenere il suo sguardo con apparente tranquillità.

“Dove si trova adesso quest’uomo, Oliver?”, chiese Amy con voce stridula. “Se è stato davvero lui ad aggredire Patricia, dobbiamo farlo arrestare immediatamente!”

“Amy, devi calmarti!”, ribatté Oliver in tono perentorio. “Intanto dobbiamo mandare qualcuno a cercarlo…verificare se il sospetto di Kathleen è giusto…magari vedendolo Patricia potrebbe ricordare dell’altro”.

“Non serve cercarmi…sono già qui”, disse all’improvviso una voce profonda che conoscevo molto bene.

Sobbalzai dalla sedia e così fecero anche gli altri. Carlos era entrato all’improvviso dalla portafinestra del salotto. Così alto, scuro e imponente, sembrava una presenza quasi minacciosa…nei suoi occhi notai immediatamente quella luce vagamente crudele che mi aveva impressionata quando ci eravamo detti addio sulla spiaggia, non più di un mese prima. I suoi ricci bruni erano scompigliati, indossava una logora t-shirt bianca e un paio di vecchi jeans. Era scalzo e avanzava lentamente verso di noi, passando in rassegna i vari visi che lo osservavano sgomenti…poi si soffermò su Patricia e fece un sorriso maligno.

“Bentornata, signora Hutton”, disse in tono sarcastico, accarezzandola con lo sguardo.

La sua espressione mi dava i brividi. Istintivamente, mi rannicchiai verso Tom.

Patricia emise un urlo altissimo, cominciò a tremare con violenza e nascose il viso sulla spalla del marito, come se il suono di quella voce la terrorizzasse.

“Tranquilla, tesoro, tranquilla, nessuno ti farà più del male”, la rassicurò Oliver. Poi, dopo averla affidata all’abbraccio protettivo di Amy, si alzò in piedi e andò a fronteggiare Carlos. Non avevo mai visto Oliver così teso e livido. Aveva la mascella contratta e un’espressione dura, quasi furente dipinta sul volto. Arrivò a pochi passi da Carlos e lo guardò dritto negli occhi.

“Dunque, sei stato tu a rapire e tenere prigioniera mia moglie?”, chiese con voce ferma.

Il viso di Carlos non tradì la minima emozione. Dalle sue labbra non uscì il minimo suono.

“Smettila con questa sceneggiata. Sappiamo che non sei muto”, si alterò Oliver. Vedevo che la mano gli stava tremando e avevo paura che da un momento all’altro avrebbe alzato le mani su Carlos. Avrei voluto gridargli di non farlo…l’espressione dell’altro uomo era assolutamente spietata e sentivo che non si sarebbe fermato di fronte a nulla. Del resto, quali scrupoli poteva avere un uomo che aveva aggredito e tenuto sequestrata una donna indifesa? Quali scrupoli poteva avere un uomo che mi aveva ingannato, che aveva finto di amarmi e comprendermi solo per portare avanti la sua vendetta?

“No, non lo sono. Ma fingere di esserlo era l’unico modo per resistere alla tentazione di venire da voi e buttarvi in faccia tutta la verità, subito. Ogni giorno ho dovuto lottare per non farlo. Ma non sarebbe stata la stessa cosa. La vendetta è un piatto che va servito freddo”, sibilò in tono gelido, velato dall’odio.

Patricia singhiozzava, il viso affondato nel grembo della sorella.

“Ti rendi conto di quello che hai fatto a mia moglie?”, gridò Oliver, il viso contratto dalla rabbia.

“A quale delle due, Oliver? Guarda che io ho conosciuto molto bene entrambe le tue signore. Ti hanno raccontato anche questo…o mi hanno lasciato la parte migliore?”, rispose l’altro con sarcasmo, ammiccando prima a me poi a Patricia.

Mi sentii avvampare, poi gelare, poi travolgere da una furia intensa. Come avevo potuto essere così ingenua e lasciarmi incantare da un essere così spregevole?

“Non so di cosa parli”, fece mio marito, ma vedevo che la sua sicurezza per un istante aveva vacillato.

“Chissà se le tue signore possono dire la stessa cosa. Dimmi, Patricia…ti ricordi di quella volta sulla spiaggia? Eh? Non puoi averla dimenticata….ci siamo divertiti così tanto”. Carlos fece per avvicinarsi a Patricia, ma Oliver lo fermò opponendosi con il suo stesso corpo.

“Cosa stai dicendo? Stai lontano da lei”, gridò furibondo.

Vidi Patricia alzare la testa e girarsi verso i due uomini. Il viso era ancora rigato di lacrime, ma nei suoi occhi sembrava brillare una nuova determinazione.

“Oliver, lascia che ti spieghi. Credo…credo di ricordare ora”. Si alzò in piedi e faticosamente, ma con decisione, li raggiunse. Entrambi si volsero a guardarla, Oliver quasi impaurito, Carlos con un ghigno trionfante sul volto.

“Ecco…fu prima…di Madeleine”, cominciò a raccontare Patricia, e notai che un’ombra di dolore le aveva attraversato lo sguardo mentre pronunciava quel nome. “Noi non riuscivamo ad avere dei bambini e io…io mi sentivo profondamente in crisi…mi sentivo inutile, fallita…sminuita nel mio ruolo di donna, di moglie. Non sapevo cosa fare, poi, mentre ero nella sala d’attesa del nostro dottore, mi consigliarono il nome di un grosso specialista di Londra. Così un giorno, di nascosto, andai da lui. Mi visitò, mi fece fare tutta una serie di esami…alla fine mi disse che io non avevo nessun problema. Avrei potuto mettere al mondo tutti i figli che desideravo”. Patricia abbassò il capo e si passò nervosamente una mano sugli occhi; notai che la mano le stava tremando visibilmente. “Allora gli domandai per quale motivo, in dieci anni di tentativi, non ero mai riuscita a rimanere incinta. Lo specialista mi disse…che avrei dovuto chiedere a mio marito di sottoporsi a degli accertamenti, per verificare…se fosse lui ad essere sterile”. A quelle parole la voce di Patricia si spezzò e vidi che anche Oliver appariva sgomento.

“Tornai a casa decisa a raccontarti tutto, a chiederti di andare insieme dallo specialista…ma non ne ebbi il coraggio. Questa cosa mi distrusse dentro…mi sentivo profondamente vigliacca e inoltre il nostro matrimonio cominciò ad apparirmi sotto una diversa prospettiva. Prima mi sentivo in colpa perché non ero capace di darti un figlio…poi…cominciai a pensare che invece era a causa tua che il nostro sogno non si realizzava…e mi allontanai da te. Ho sbagliato…avrei dovuto parlartene, chiederti di affrontare questa cosa insieme, come avevamo sempre fatto. Ma ebbi paura…e preferii rinchiudermi in me stessa. Poi un pomeriggio…mentre passeggiavo sulla spiaggia…incontrai Carlos…e cominciammo a parlare. Sulle prime rimasi stupita, poiché pensavo che fosse muto…ma poi dimenticai questo particolare e fui completamente presa dalle sue parole…perché sembrava sapere esattamente cosa avevo bisogno di sentirmi dire in quel momento. Era così dolce…così partecipe…sembrava leggermi nell’anima come nessuno era mai riuscito a fare, nemmeno tu. Mi diceva cose che in quel momento erano come balsamo sulle mie ferite. Riuscì in qualche modo a sollevarmi il morale, a farmi pesare di meno il dolore, la rabbia e il senso di colpa”.

Il mio cuore ebbe un fremito nell’udire queste parole. Mi ritrovavo benissimo in ciò che Patricia stava rievocando. Anche per me era stato così, all’inizio, quando avevo conosciuto meglio Carlos e avevo creduto di trovare, in lui, quella comprensione che non riuscivo a cogliere in mio marito, quella tenerezza di cui avevo bisogno per affrontare la durezza delle mie giornate.

“Ogni tanto ci incontravamo sulla spiaggia…come buoni amici. Passeggiavamo, chiacchieravamo…i nostri incontri per me erano boccate d’ossigeno…dopo aver parlato con lui mi sentivo meglio…sollevata…più serena…Finché un pomeriggio…avevamo litigato, io sentivo il peso del segreto che portavo dentro opprimermi come non mai, mi sentivo così fragile, così vulnerabile…corsi sulla spiaggia a piangere…era l’unico posto dove mi sentivo libera di essere me stessa, di dare sfogo a tutte le mie emozioni…Poco dopo arrivò lui…mi prese tra le braccia, mi confortò…fu solo un attimo di debolezza…non mi resi conto di quello che stavo facendo…ma…ma…ci ritrovammo a fare l’amore sulla spiaggia”, la voce di Patricia divenne un debolissimo sussurro e cominciò nuovamente a piangere, con gli occhi bassi per la vergogna.

Vidi Oliver barcollare leggermente, come un pugile che ha subito un diretto fortissimo. Anche per me il colpo era stato duro. Avevo pensato che Carlos mi amasse, che veramente fossimo legati da un destino indissolubile, più forte di tutto il resto…invece, per lui, era stata solamente la replica di una recita già messa in atto con un’altra donna.

Lo guardai. Era rimasto impassibile e guardava Patricia con aria di sfida, come per incitarla a raccontare anche il resto della storia. Istintivamente, compresi che non era finita lì.

“Accadde solo quella volta…me ne pentii immediatamente e fuggii via, gridando a Carlos che non sarebbe dovuto succedere mai più. I sensi di colpa mi tormentarono a lungo…ma non volevo mandare all’aria il nostro matrimonio per un istante di debolezza. Passai lunghi giorni a riflettere e mi dissi che io ti amavo da sempre e che nulla, nemmeno la mancanza dei figli, avrebbe potuto scalfire il sentimento che ci univa. Decisi di lasciarmi tutto alle spalle e di affrontare la nostra vita insieme con uno sguardo nuovo, senza pensare a ciò che ci mancava, ma a tutte le cose belle di cui potevamo godere insieme. Poi…un mese dopo…del tutto a sorpresa, scoprii di aspettare un bambino. All’inizio ne fui felicissima…il nostro sogno, finalmente, si avverava, dopo tanta attesa, dopo tante delusioni. Ero convinta che il bambino fosse nostro…il figlio che desideravamo da tutta la vita…quando ti scrissi quella lettera ero sicura che fosse così ed ero veramente al settimo cielo. Poi, come un fulmine a ciel sereno, mi ricordai di quel che era accaduto con Carlos…e con orrore mi resi conto che il bambino poteva essere figlio suo…”.  

Un brivido mi percorse la schiena, mentre osservavo Oliver, completamente raggelato. La bocca di Carlos si contorse in una smorfia indecifrabile, il suo sguardo però rimase gelido. Patricia piangeva debolmente e tremava. Mi guardai intorno. Tom continuava a tenermi la mano, mentre osservava la moglie del suo più caro amico con sguardo assente; Julian si teneva la testa tra le mani e guardava in basso, mentre sua moglie Amy, impietrita, fissava la sorella con occhi sbarrati.

“Passai dei giorni a tentare di autoconvincermi che il bambino fosse di Oliver…ma avevo sempre una vocina dentro di me che mi instillava il dubbio…ero annientata dai sensi di colpa e avevo anche paura che Carlos, una volta saputo della mia gravidanza…potesse dire qualcosa o rivendicare dei diritti su mio figlio…così lo affrontai…mi incontrai con lui, sulla spiaggia…e gli dissi…gli dissi che ero incinta, ma che lui non doveva nemmeno essere sfiorato dall’idea di poter essere il padre del figlio che aspettavo…gli dissi che quel bambino era e sarebbe stato mio e di Oliver…e che lui non avrebbe mai dovuto rivelare del nostro…della nostra….beh, insomma…a nessuno…lui mi disse che potevo stare tranquilla…ma a me non bastava. Con il passare dei giorni mi sentivo a disagio…la sua sola presenza mi disturbava…avevo paura che non avrebbe mantenuto la sua promessa…avevo paura che il bambino potesse assomigliargli e che qualcuno, vedendoli, potesse capire che non era figlio di mio marito…così…gli dissi che se ne doveva andare via da Villa Hutton, altrimenti mi sarei inventata qualcosa per farlo licenziare”.

“Volevi gettarmi via come una scarpa vecchia, ecco cosa volevi fare!”, gridò all’improvviso Carlos, cogliendo tutti alla sprovvista. “Ti eri servita di me per farti mettere incinta, dato che tuo marito non riusciva ad avere figli, e poi, una volta ottenuto quello che volevi, io dovevo scattare ai tuoi ordini e sparire, come se fossi stato io ad aver sbagliato!”.

Patricia scosse il capo, il viso rigato dalle lacrime. “Non è vero!”, urlò disperatamente. “Io non mi sono servita di te per rimanere incinta! Non è vero! Io non volevo farlo…è stato un attimo di debolezza…ma io non volevo ingannare Oliver!”. Si voltò verso di lui, con sguardo implorante.  “Io non volevo tradirti, o ingannarti, Oliver…io ho sempre amato solo te, lo giuro…Credimi, ti prego!”, lo supplicò. Cercò di prendergli la mano, ma Oliver la respinse bruscamente e si allontanò barcollando come un ubriaco. Poi si lasciò cadere sul divano accanto a Amy, sfinito, travolto dalle troppe emozioni di quella giornata infinita. Provai per lui una pena profonda e anche un terribile senso di colpa…perché anche io, involontariamente, gli avevo fatto la stessa cosa che aveva fatto Patricia…lo avevo tradito con un altro uomo…lo avevo ingannato, nascondendogli il fatto che potevo essere incinta di un altro uomo…chissà se Oliver lo aveva capito o se, troppo sconvolto dalla scoperta del tradimento di Patricia, in quell’istante non si ricordava nemmeno della mia esistenza.

“Hai detto…di aver conosciuto bene entrambe…entrambe le mie signore…”, sussurrò in quel momento con voce spezzata. “Quindi…anche tu Kat…”, mi rivolse uno sguardo disperato e io sentii stringermi il cuore per il dolore.

Annuii debolmente, abbassando lo sguardo per non incrociare il suo. Tom lasciò andare la mia mano, anch’egli deluso e ferito, e io strinsi nervosamente l’orlo della gonna, sforzandomi di non piangere.

Oliver chinò il capo, sconfitto. “Ho capito…quindi, Carlos, non ti sembrava di aver fatto abbastanza… dopo tutto ciò…hai sequestrato mia moglie per mesi facendomela credere morta…ti sei portato a letto la donna con cui volevo ricostruirmi una vita…perché?”, domandò, alzando su Carlos il suo sguardo tormentato.

“E’ colpa mia”, singhiozzò Patricia. “Carlos si…si arrabbiò terribilmente quando gli dissi di andarsene da Villa Hutton. Ci fu una litigata tremenda…mi disse delle cose terribili…che l’avevo usato…che mi ero servita di lui per restare finalmente incinta…mi insultò nei peggiori modi possibili…e mi disse…che non se ne sarebbe andato. Mai. Mi disse che…”

“Che aveva messo in gioco tutta la sua vita per vivere a Villa Hutton e nessuno lo avrebbe mai convinto ad andarsene”, completai la frase io.

Patricia alzò gli occhi e per la prima volta mi fissò dritta in faccia. “Sì…come…come puoi saperlo?”, mi domandò, spiazzata.

Feci una smorfia amara. “Perché è ciò che ha risposto a me quando gli dissi che aspettavo un bambino”, sussurrai.

Mi alzai dal divano e, come trasognata, mi avvicinai a Carlos. Ben presto fui di fronte a lui e cominciai a scrutare nella profondità delle sue iridi scure. “E’ per vendicarti di Patricia che hai fatto tutto questo? Che ti sei servito di me?”, gli dissi in tono duro e diretto.

Carlos sogghignò. “Di Patricia? Pensate che abbia fatto tutto questo per Patricia?”, chiese in tono derisorio. La guardò con disprezzo. “Non ho certo messo in gioco la mia vita per te, cara Patricia. È stato divertente, sì…mi ha dato una grande soddisfazione. E lo stesso vale per te, cara Kathleen. Ma devo essere sincero, non mi importava più di tanto di voi…né dei marmocchi che probabilmente abbiamo concepito insieme…L’unica persona di cui volevo vendicarmi….eri tu”, disse freddamente, guardando Oliver con sguardo carico di rancore.

Mosse qualche passo verso di lui, minaccioso e furente. “E’ per questo che mi sono portato a letto tua moglie. È per questo che l’ho rapita e tenuta prigioniera per mesi, mentre tu ti disperavi credendola morta. È per questo che ho fatto in modo che la tua mogliettina nuova di zecca si innamorasse di me…ed è per questo che ho fatto ricomparire la tua cara Patricia giusto in tempo per presenziare alle tue nuove nozze. Per te, Oliver. Ho fatto tutto per te. Dovresti sentirti onorato”.

Oliver, che appariva ancora frastornato dalle rivelazioni appena ricevute, sgranò gli occhi. “Per me? Sei pazzo. Io non ti ho fatto mai niente. Ti ho sempre trattato con rispetto”, obiettò.

Carlos emise una risata di scherno, che sembrò quasi uno sputo. “Rispetto…mi hai sempre trattato come un domestico!”, sibilò con una voce completamente distorta dall’odio.

Mio marito appariva basito. “Beh…è quello che sei sempre stato in questa casa…”

Il viso dell’altro uomo era livido di rabbia e i suoi bei lineamenti erano sfigurati dal tanto rancore e dolore che ora portava inciso sul volto. “Già…per questo ti ho odiato. Io ero il domestico…tu avevi tutto…eri trattato come un principino, ricco, viziato…avevi il posto che sarebbe spettato a me…io avrei dovuto essere alla pari con te, invece…sono stato trattato sempre come un reietto…tenuto ai margini, messo con la servitù…e trattato come un domestico…da chi invece avrebbe dovuto coccolarmi come ha fatto sempre con te…”

“Ma di cosa stai parlando, dannazione?”, esclamò Oliver.

Carlos guardò verso di me. “Ti ho già parlato delle mie origini, vero, Kat? Ti ho raccontato che sono cresciuto da solo con mio padre…che lui beveva e mi picchiava…e che ho vissuto i primi dieci anni della mia vita credendo che mia madre fosse morta”, mi disse.

Annuii con il capo, domandandomi cosa tutto questo c’entrasse con mio marito.

“Finché un giorno mio padre, più ubriaco e arrabbiato del solito, non mi ha sbattuto in faccia la verità. Mia madre non era morta. Mi aveva abbandonato subito dopo la nascita…se n’era andata lasciando me, un neonato di poche ore, in balia di quel pazzo di mio padre…e non era più tornata a chiedere mie notizie…non si era mai più preoccupata di me…”. Di nuovo vidi riflessi sul suo volto il dolore e la nostalgia che avevo notato quando, per la prima volta, mi aveva parlato della sua triste infanzia. “Mia madre era una signorina di buona famiglia. I suoi genitori avevano già combinato per lei un fidanzamento con un uomo ricco e influente…ma lei si innamorò di mio padre. All’epoca lui non era ancora un alcolizzato…era un immigrato del Sudamerica umile e onesto come tanti e per mantenersi lavorava come stalliere in un maneggio. Mia madre si recava lì ogni giorno per passeggiare a cavallo…si incontrarono…e si innamorarono. Intrecciarono una relazione, ma lei, per quanto ingenua e innamorata, sapeva che la sua famiglia non avrebbe mai acconsentito alla loro unione. Poi…si accorse di essere incinta. Mio padre fu felicissimo quando lei glielo disse, ma mia madre invece era terrorizzata, per quella che sarebbe stata la reazione dei suoi genitori. Decisero di scappare insieme…per qualche mese vissero in una baracca a pochi chilometri da qui, mentre mio padre si arrangiava con dei lavoretti per riuscire a mantenere entrambi. Mia madre non era abituata a quella vita di stenti e sacrifici…si ammalò…era debolissima e la sua gravidanza avanzata non l’aiutava…mio padre ebbe paura che morisse e fu costretto a riportarla dai suoi genitori. Era troppo tardi per farla abortire, così essi accettarono che lei proseguisse la gravidanza e partorisse…ma dopo che fui nato, dissero a mio padre di portarmi via e di non farsi più vedere, né da loro, né dalla figlia. Lui si ribellò, disse che mia madre, appena si fosse ripresa, se ne sarebbe andata via con lui…ma…io non so se i suoi genitori le abbiano detto qualcosa, in che modo siano riusciti a convincerla…ma fu lei stessa a dirgli di andarsene e di portarmi con sé…mio padre ne fu distrutto ma acconsentì. La rabbia e il dolore lo consumarono, tanto che alla fine diventò un violento, un alcolizzato…non riusciva ad amarmi perché la mia sola presenza gli ricordava costantemente mia madre e così mi picchiava…quando quel giorno mi disse la verità…io pretesi di sapere chi fosse realmente mia madre…se fosse ancora viva. E lui mi rivelò il suo nome…”. Il racconto di Carlos a quel punto si interruppe e lui fissò intensamente mio marito.

“Dimmelo”, sussurrò Oliver, con l’aria di chi già aveva compreso la verità.

“Lo sai già, Oliver, ma se vuoi te lo dico…mia madre si chiamava…Maggie Hutton…”

 

Fine diciassettesimo capitolo

 

 

 

  
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