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Autore: Trijpmaker    18/03/2010    1 recensioni
M'è sempre piaciuto il film Blade Runner di Ridley Scott e ho voluto scrivere una storia ambientata a Venezia. Spero che vi piaccia.
NdAmministrazione: secondo il regolamento, l'introduzione deve contenere un accenno alla trama o una citazione significativa ripresa dalla storia. L'autore deve perciò provvedere a modificare questa introduzione (può contemporaneamente cancellare in autonomia questo messaggio)
Genere: Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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La cosa che più mi piace di Venezia è che non si devono usare spinner e e altri veicoli per gestire una sorveglianza, la cattiva è che mi servivano comunque altre persone.

Chi potevo usare per il lavoro? I Gemelli Diversi?

Fuori discussione perché rozzi e inaffidabili. Decisi di telefonare ad una mia ex collaboratrice, Laura. Mi diressi alla prima cabina telefonica, strisciai la mia I-CARD, per abilitare il servizio telefonico. Digitai il numero e attesi che mi rispondesse.

Al quarto squillo finalmente arrivò una risposta. Stavo per parlare quando sentii dei gemiti provenire dall'altro capo del video telefono. Laura stava trombando di gusto con un tizio o forse una tizia, non avrei saputo di preciso chi fosse, perché la linea faceva schifo.

Dopo cinque minuti buoni, il suo amplesso era finito con reciproca soddisfazione.

Si avvicinò allo schermo e chiese chi fossi.

  • La fata turchina dai boccoli rosa, vecchia porca. Ho un lavoro per te

  • Ah sei te... Cosa cazzo vuoi?

  • Mi serve un paio di occhi in più Devi tenermi d'occhio una tipa.

  • Vaffanculo pezzo di merda! Ho da fare adesso.

  • Non fare la stronza. Ascolta ti posso dare 250 €uro puliti puliti per un lavoro della durata di un pomeriggio.

  • 500 – rilanciò lei

  • Ma che hai sbattuto la testa sulla tazza del cesso? 350....

  • 400...

  • Non rompere i coglioni Laura... 350 e non una parola di più.

  • Dove ti trovo?

  • Al Bar dello Schifo, ti ordino uno spritz. Vedi di essere qui tra venti minuti.

  • Arrivo.

Riagganciai e m'accesi una sigaretta sintetica.

Una cosa era certa, Con questi due lavori mi sarei potuto concedere del vero tabacco, coltivato su Tanatos, bello e sopratutto autentico.

Il cibo sintetico, fabbricato in laboratorio, era diventato una maledetta necessità.

Non avevo ricordi precisi della maledetta guerra che aveva spianato tutto.

Sapevo solo che ero un bambino perennemente affamato a cui i grandi dicevano di stare zitto, perché non capiva un cazzo della vita. Ricordavo i carri armati della NATO sfrerragliare per Mestre, di quando avevano occupato la scuola per farci un posto di comando e di come ero contento perché non c'era più la scuola.

La scuola di sicuro era finita, ma i miei problemi erano appena cominciati e tutto durante la primavera. Fu l'ultima volta che vidi un albero, le erbacce e anche un gatto vero. Mi riuscì di portarlo nel rifugio anti atomico, solo per vederlo soppresso dopo due anni perché il cibo non bastava. Vissi per altri dieci anni come una talpa nel maledetto rifugio, mentre sopra le nostre teste si scatenava l'inferno.

All'età di diciotto anni finalmente mi riusci di mettere il naso fuori dal rifugio.

Il sole non c'era più, la maggioranza degli alberi era scomparse e i pochi che erano rimasti erano finti. Cinque mesi dopo, presi la decisione di arruolarmi in Polizia. E da quel momento in poi cominciarono le mie avventure, tutto pur di dimenticare ciò che avevo dovuto soffrire durante la mia permanenza nel rifugio. Dopo alcuni anni, venni cooptato per l'OCRA.

Il reclutatore era stato molto convincente. Un ottimo stipendio, più le taglie da reclamare sulle teste dei replicanti, fatte salve le competenze da destinare all'erario.

L'unico dettaglio che aveva omesso, era che avrei dovuto girare per tutto il nord est col dito sul grilletto e vedermela con degli avversari molto determinati a vivere.

Anno dopo anno, le facce dei replicanti che avevo ritirato si erano confuse nell'indifferenza generale. Con il morale sotto le scarpe mi avviai al Bar dello Schifo.

Al solito quel locale era all'altezza del suo nome. Decisi di sedermi in un tavolo d'angolo,

con le spalle al muro.

Avevo visto un mio collega venire accoppato da un androide perché aveva dato le spalle e da quel momento avevo sempre avuto la premura di scegliere un tavolo d'angolo o che mi mettesse

con le spalle coperte.

Dopo dieci minuti arrivò la Laura e la riconobbi al volo, senza alcun dubbio.

Fisico atletico e asciutto, testa rasata e tutto sommato ben messa.

La conoscevo dai tempi dell'università, quando era una studentessa arrabbiata e incazzata contro

tutto e tutti.

Aveva militato in numerosi gruppi radicali e continuava la sua lotta contro le ingiustizie di questo mondo malato. Avevamo avuto una relazione a suo tempo, ma la cosa non era durata per colpa mia, perché ero ancora un tossicodipendente dell'adrenalina e a lei non le piaceva scoparsi un assassino.

Ci separammo in maniera amichevole e restammo in contatto.

Ogni tanto m'aiutava, per arrotondare il suo stipendio di assicuratrice all'Isola di Nuova Venezia.

  • Ciao bella bambolina

  • Non chiamarmi bambolina.

  • Come stai?

Mi regalò un bel sorriso, che almeno in parte riuscì a farmi sentire bene.

  • Abbastanza bene. Allora di cosa si tratta?

Era ora di tornare agli affari.

  • Presto detto. Mi devi tenere d'occhio questa persona.

Presi dalla tasca il mio palmare e le feci vedere la foto del soggetto.

Laura la guardò e riprese:

  • Bella donna.

  • Lo è. Osserva senza farti vedere, stalle incollata sulle suole.

  • Va bene. Dov'è il mangime?

Trassi dalla tasca 200 €uro.

  • questo è l'anticipo. Il saldo lo avrai a lavoro ultimato.

  • Va bene.

  • Se ci sono novità urgenti chiamami.

Stava per uscire quando iniziò a piovere.

  • Fermati.. dove credi d'andare? Hai dimenticato la bolla elettromagnetica.

  • L'ho proprio lasciata a casa...

  • Bell'affare... tieni..

Le detti il mio apparecchio. Per difendersi dalla pioggia radioattiva o tossica, all'inizio c'erano le braghe di piombo od un cappotto anch'esso foderato di piombo.

Cinque mesi fa mi riusci di mettere le mani sulla bolla. Era una scatoletta capace di generare un campo elettro magnetico, capace di proteggere l'utilizzatore dalla pericolosa pioggia radioattiva, dieci volte più pratico delle braghette.

  • e tu come farai?

  • Ne ho uno di riserva.

  • Grazie..

  • vai adesso. Ricordati che lo voglio indietro.

  • Puoi passare da me stasera

  • va bene. Porterò un po' di vino.

  • Ottima idea.

La vidi uscire dal bar. Rimaneva sempre bella ed aggraziata ed ogni volta mi davo del coglione per averla lasciata scappare. Dubitavo che si sarebbe potuto ricucire con lei, ma c'avrei potuto riprovare.

Trassi dalla tasca dell'impermeabile la scatoletta di riserva e dopo averci armeggiato per quindici minuti buoni ero pronto per uscire. La prossima fermata sarebbe stata la casa di Toni Lo Svizzero.

Toni lo Svizzero, noto anche come Toni il Lercio, Toni tre dita.

Abitava nei pressi delle Fondamenta Nuove, nel vecchio edificio che una volta era la biblioteca universitaria.

Toni era un cristone alto un metro e ottanta, senza i calzini, con i capelli lunghi e una sigaretta rollata con tabacco autentico che, chissà come, riusciva sempre ad ottenere.

Usuraio, spacciatore di stupefacenti, Eroina Sintetica e di Cocaina Transgenica, insomma era un traffichino le cui dita erano inzuppate in tante belle scodelle di merda fumante.

Se c'era qualcosa che succedeva in città ed era immorale, illegale o che lo sarebbe presto diventata, lui era il primo a saperlo. Arrivato in Fondamenta Nuove, m avviai con calma a casa dello Svizzero.

Prima ancora di vederla avevo visto due dei suoi guardaspalle, fuori dall'ingresso con le berte ben nascoste. Prima di gridare banzai e farmi fare il culo, era meglio dare un'occhiata.

Mi misi in disparte e stetti per quattro minuti buoni ad osservare.

Due soggetti all'entrata. Ma erano solo loro? Tirai fuori dal giaccone un piccolo termografo e

ripresi ad osservare.

Visto. In cima al tetto c'era un tiratore scelto equipaggiato con una mimetica termo-ottica.

Le avevo usate anch'io in passato e ogni volta erano mal di testa feroci dopo essersele tenute addosso per mezza giornata, in compenso era praticamente impossibile che qualcuno mi potesse vedere, salvo che non avesse usato un termografo come avevo fatto io.

Come entrare? Non c'era un ingresso laterale e la porta di servizio dava su di un canale.

Decisi di tornare indietro. Presi il palmare dalla tasca e chiamai Takeshi.

Velocemente gli chiesi di mandarmi per e-mail la pianta della vecchia biblioteca.

Mi sedetti e dopo cinque minuti potei visionarla. Da come potevo vedere dai disegni sarebbe stato impossibile entrare clandestinamente, ma ci fu un particolare che attirò la mia attenzione.

Apparentemente insignificante, ma che sotto sotto poteva rivelarsi decisivo.

Una vecchia porta di servizio, che conduceva ad un locale mezzo allagato dell'edificio.

Avevo trovato la mia via d'entrata, l'unico problema è che mi sarei dovuto fare una nuotata nelle acque tossiche del canale. Comunque fosse, sapevo come entrare se non ero stato invitato. Adesso decisi di andare nella dimora dello Svizzero.

Mi feci avanti e salutai i due marcantoni alla porta.

Dei figli di puttana tutto muscoli, con corpi potenziati e poco cervello. La carne da cannone del Boss.

  • Hello fioi.. ghe xé Swiss Tony?

  • Foutais toi goldon. Keine chance!

  • Oi Allah... Go Want parlare con Swiss Tony...

  • Ghi are you?

  • Tin man Goldon... Tin Man...

Dalla tasca del cappotto estrassi la patacca dell'OCRA.

La guardarono con lo stesso sguardo di chi sta studiando uno stronzo essiccato al forno.

L'altro prese una ricetrasmittente e chiese istruzioni.

  • ti puede entrer. Le chef t'aspetta. Good buisness, soldier boy.

Li ringraziai, mandandoli mentalmente affanculo e i loro corpi cibernetici di second'ordine.

I primi corpi cibernetici furono brevettati nel 2013. Originariamente progettati per uso militare, vennero poi immessi sul mercato due anni dopo. A Venezia, se lo volevi, potevi farti potenziare il

corpo dai nigeriani di Via Piave a Mestre oppure dai cinesi all'isola di Murano.

Paradossalmente i nigeriani erano quelli che facevano un lavoro più accurato, rispetto ai cinesi.

Ma i veri problemi erano sostanzialmente due, l'affidabilità dei pezzi che volevi farti innestare e quanti soldi avevi.

Ormai quella del galletto sessantenne, che s'era fatto innestare un un cazzo biomeccanico che gl'era poi esploso alla prima pioggia tossica non faceva più notizia, semmai era diventata una battutaccia da avanspettacolo.

Come molti anch'io ero stato potenziato, ma una volta congedato avevo dovuto restituire tutto quello che m'ero fatto impiantare. Non era stata una grave perdita, anzi l'unica cosa che avevo era un lieve potenziamento del cervello. Avevo preferito non strafare con il bricolage biologico, perché mi piacevo così com'ero.

Appena entrato iniziai a radiografare tutti i locali della lussuosa magione dello Svizzero.

Il posto, malgrado tutto continuava ad affascinarmi.

Il tempio della cultura e della conoscenza che continuava a resistere alla decadenza del tempo e della materia.

Mi feci avanti e venni prontamente scortato da una bellissima ragazza, probabilmente un androide o forse una schiava del sesso o Dio solo sa che cosa poteva essere.

Dopo aver salito un piano rialzato lo vidi.

La ragazza sparì e mi feci avanti a parlare con il padrone di casa.

Eccolo lì. Mi si fece avanti e mi dette una vigorosa stretta di mano.

  • Allora.. cosa posso fare per te cacciatore?

  • Cominciare a parlare. Dimmi cosa sai sui lavori in pelle che ronzano in città.

  • Dipende...

  • Da cosa?

  • Da quanto è grande il tuo disturbo..

Tipico mi dissi. Malgrado avesse fatto una fortuna coi suoi traffici restava un miserabile bastardo.

Ancora non sapeva o forse s'era montato la testa, che se non mi forniva la sua collaborazione sui lavori in pelle, rischiava di chiudere baracca e burattini e di finire a Nocra, il super carcere al largo della città, per dieci anni buoni.

Tirai fuori dalla tasca cento euro.

  • Molto bene cacciatore. Dimmi cosa vuoi sapere

  • Dove posso cominciare a cercare

  • Comincia da Ca' Vendramin. Di solito si concentrano da quelle parti.

    Sennò comincia da S.Mosè.

  • Non prendermi per il culo Tony. Lo so che i lavori in pelle pagano la tua protezione

    e so anche che quel pezzo di fica che mi ha ricevuto ha la stessa emotività di un ciocco di legno. Come la mettiamo se decido di mettere a soqquadro il posto e decidessi di mandare in vacca i tuoi traffici?

  • Non c'é bisogno di scaldarsi... Serenase fratello... Serenase.

  • Allora comincia a parlare...

  • Cosa vuoi sapere?

  • I replicanti... dove cazzo li trovo? Nel caso non lo sapessi, per entrare qui hanno fatto un massacro.

  • Comincia da Corte Badoera. Se ci sono dovrebbero essere ancora lì

    e poi puoi andartene affanculo per quel che mi riguarda.

Mi stava facendo perdere tempo che non avevo. ripresi:

  • Se lo sa Takeshi sono cazzi.. tu che non collabori...

  • Ma ho la mia Rispettabilità..

  • Rispettabilità? Tu? La tua rispettabilità vale meno d'uno stronzo di cane essiccato..

    vedi di parlare e di non farmi incazzare scopa replicanti.

Trasse dalla tasca dell'accappatoio un flash disk che avrei consultato con calma sul mio palmare.

Lo stronzo aveva capitolato alla fine e io come minimo c'avrei bevuto sopra stasera.

Adesso che avevo le informazioni potevo riprendere la mia caccia.

Uscii dal palazzo e accessi la bolla. Aveva incominciato a piovere e non volevo bruciarmi il cervello con la pioggia sporca. Camminai e camminai per le calli della città. Molti edifici della vecchia città stavano cadendo a pezzi, ma ancora conservavano il loro fascino e la loro aria misteriosa.

Mentre la pioggia si mangiava un altro pezzo della città, decisi di mettermi in contatto con Laura, per sapere come stava andando con la sorveglianza.

Mi avvicinai ad una cabina e dopo aver di nuovo strisciato la mia ICARD digitai il suo numero di telefono cellulare. Nessuna risposta.

Può darsi che l'avesse messo in modalità silenziosa per non farsi scoprire. Le mandai un messaggino. Avevamo stabilito una procedura per mantenere le comunicazioni durante una sorveglianza. Uno squillo di telefono cellulare e un messaggino ed entro cinque minuti avrei ricevuto uno squillo da parte sua sul palmare. Attesi, ma da parte sua non ci fu alcuna risposta.

Cominciavo a preoccuparmi. Corsi a larghe falcate fino al luogo della sorveglianza e li vidi che cosa era successo.

I marcantoni in divisa erano di per se eloquenti, così come i tecnici della scientifica, nelle loro tute bianche, a fare i loro rilievi. Qualcosa era andato storto. Mi ripresi un attimo e decisi di entrare.

Una testa di cazzo in divisa cercò di bloccarmi, ma estrassi la patacca intimandogli di farmi passare oppure avrebbe passato il resto della sua carriera nelle campagne a dare la caccia ai clandestini.

Entrai e la vidi.

La povera Laura era morta. Faccia a terra ed un inequivocabile foro sulla testa dicevano che il lavoro di sorveglianza si era trasformato in un merdaio di proporzioni ciclopiche.

Prima che mi potessi riprendere vidi il commissario Camilleri venirmi incontro.

Un cinquantino siciliano sveglio, scaltro, onesto e molto determinato.

  • Cosa cazzo ci fate voi altri qui? Non è roba vostra....

  • Cosa è successo?

Mi squadrò da capo a piedi e mi disse di levarmi dai coglioni.

Capii che voleva difendere il suo feudo dal sottoscritto, ma decisi di tenergli testa.

  • Ascolti commissario, una delle vittime collaborava con il sottoscritto per una sorveglianza

  • Quale? - mi chiese uno dei suoi collaboratori

  • Quella con un grosso buco in testa...

  • E a che titolo lo stava facendo?

  • Commissario non sono affatto tenuto a darle i dettagli. Come lei sa la mia unità ha uno status diverso rispetto alle ordinarie forze di polizia.

Ciò che gli dissi corrispondeva alla verità, ma sapevo che sollevando questioni di competenza significava mettersi a giocare a chi aveva il cazzo più duro e questo era l'ultima cosa che desideravo. Decisi di venirgli incontro.

  • Ascolti commissario, è appena stato compiuto un delitto e una delle vittime lavorava per me.

    Non è mia intenzione rubarle il caso – per il momento mi annotai mentalmente – e per lei è meglio sapere se la mia unità ci deve inzuppare o meno il pane in questa storia.

  • E se ce lo dovete inzuppare?

  • Cercherò di aiutarla.

Camilleri mi squadrò da capo a piedi. Capiva che gli stavo porgendo della cicuta in una coppa d'argento, ma non aveva molte scelte. Sapeva che mi sarebbero bastati dieci minuti al telefono per fottergli il caso e farlo finire negli archivi della questura di Venezia a prendere polvere assieme ad altre centinaia di faldoni. Di solito sarebbe andata così quando la Polizia di Stato aveva a che fare con l'OCRA, ma nel mio caso avevo più di una ragione per andare fino in fondo e di aiutare il questurino. Camilleri prese un pacchetto di sigarette dal cappotto e se ne accese una.

  • Va bene. Montalbano fai vedere al collega che cosa abbiamo scoperto.

  • Va bene dottore. Abbiamo due morti, di sesso femminile. La prima è...

  • La mia collaboratrice Laura Del Zan, residente sull'isola di Nuova Venezia, calle del Brustolin, 754 interno 5. chi è l'altra?

il collaboratore riprese.

  • Barbara Zuin, coniugata Balielo Contanoni, la moglie del commendatore Balielo Contanoni

    sa, quello della grappa sintetica...

  • Ho presente chi è.. - riprese Camilleri – Dunque caro collega ecco quanto abbiamo fin'ora:
    due morti ammazzati, una scena del crimine piuttosto pulita.

    I topi da laboratorio stanno cercando di capirci qualcosa ma il dottor Di Giulio non ha trovato alcuna traccia.

  • Cosa si sa dalle telecamere di sorveglianza?

  • Abbiamo mandato i nostri ragazzi a prendere i nastri delle due telecamere. entrambe in questo campiello.

  • Che si sa sulle armi?

  • Una torcia laser.

  • Sicuri? - chiesi

  • Non ci sono bossoli a terra e lo vede quel segno sul muro?

Guardai il punto che aveva indicato Montalbano e lo vidi. Solo una torcia laser poteva lasciare quel segno. Un segno bruciato che aveva scavato nel muro.

  • Quanto potente?

  • 30 giga watt. Il dottor Di Giulio m'ha riferito così.

  • Colonie extra-mondo.

  • Come fa ad esserne sicuro? - mi chiese Montalbano.

Camilleri lo guardò un attimo come se lo volesse cazziarlo ma prima che lo facesse aprii bocca.

  • Collega, sulla terra le torce laser sono permesse, ma fino ad una certa potenza.

    Il massimo consentito da queste parti è di 5 gigawatt e non di più. Dai 5 in su sono illegali. Da quanto tempo sei uscito dall'Accademia?

Montalbano arrossi, ma ammise di essere uscito fresco dal corso. Lo guardai e ripresi:

  • Collega non c'è bisogno di vergognarsi della propria ignoranza. In questo mestiere non si finisce mai di imparare. Di solito i cazzoni strafottenti finiscono o col diventare cibo per vermi o questori. Perciò vedi di fare i compiti a casa la sera, invece di smanettare sul computer.

Montalbano sorrise. Camilleri mi guardò un attimo e scosse la testa sghignazzando sotto i baffi.

Riprese

  • Andiamo a vedere cosa stanno combinando i topi da laboratorio. Si credono di essere le star della scena del crimine da quando ci sono quegli sceneggiati alla TV.

Mi voltai a guardare i colleghi della scientifica, tutti presi nelle loro operazioni.

Di solito non restavo sulla scena per vedere i loro virtuosismi scientifici, preferivo sbronzarmi o ascoltare una sinfonia dei miei rutti. Ma oggi avevo una ragione speciale.

La mia amica era stata ammazzata e adesso qualcuno doveva pagare.

Vedevo Montalbano e Camilleri parlare col capo della scientifica, ma ero determinato a venire a capo di questo casino. La prossima fermata sarebbe stata dall'Avvocato Messulam, per capire che razza di carte m'aveva servito. Se il ciucciacazzi mi avesse fatto storie avrei potuto cantargli la lieta novella col mio tirapugni.

  
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