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Autore: Tetide    21/03/2010    12 recensioni
Un tormento sconosciuto, un richiamo dal passato; le due metà di un'anima sola che si trovano riunite, dopo millenni. Detto così sembra facile... in realtà, il travaglio di queste due anime prende le mosse da ragioni ben più presenti e concrete. Oscar ed André, ancora una volta, si confermano uniti da un legame indissolubile, un legame più forte anche della morte. Questa storia è dedicata a Ninfea 306.
Genere: Romantico, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5 CAPITOLO 5

Oscar aveva trascorso un’intera giornata, la sua sola giornata di licenza dal servizio, a scartabellare gli annali della sua famiglia, cercando un’antenata che avesse potuto chiamarsi Derania, ma… niente! Quel nome non esisteva affatto tra i Jarjeays, nemmeno all’epoca delle Crociate.
Ma com’era possibile? Oscar non si dava pace: doveva esserci un nesso logico a tutto quello!
Chiuse l’ennesimo annale e si lasciò andare sullo schienale della poltroncina all’indietro, gli occhi socchiusi; era la prima volta in vita sua che una ricerca non le dava esito positivo.
Il tormento, invece, continuava bellamente, quasi a volersi fare beffe delle sue febbrili ricerche; erano passati mesi da quando era iniziato, ormai; ed in quei mesi, di cose ne erano accadute, eccome! La decisione di lasciare la Guardia Reale, in seguito a quel disastroso ballo, la malattia, il suo trasferimento alla Guardia Cittadina, i primi tempi così difficili, i miglioramenti successivi…
Beh, quanto meno qualcosa di buono era riuscita ad ottenerlo: la stima ed il rispetto dei suoi uomini. Adesso, loro la stimavano ed ubbidivano come un buon comandante, fregandosene del suo sesso. Già, il suo sesso… perché, in tutto quel tempo, anche un’importante realtà le si era affacciata agli occhi: quella di essere una donna! Innegabilmente, inconfutabilmente una donna. Ed un buon comandante.
Lentamente, il conflitto sulla propria natura che l’aveva lacerata si era andato richiudendo. Aveva accettato la sua vera natura, dando così un senso profondo alle parole di André.
Già, André… la sua presenza costante al suo fianco le dava ogni giorno più conforto dai suoi mali: insieme ad Alain (di cui era divenuta buona amica), si riunivano spesso nel suo studio dopo la ritirata, per parlare della difficile situazione che stava attraversando la Francia. I tumulti, le sommosse sempre più frequenti la preoccupavano molto; ma bastava incrociare lo sguardo smeraldo di André perché anche questi suoi dubbi si placassero.
Era una presenza calda e rassicurante, di cui aveva capito di non poter più fare a meno; forse che anche questo faceva parte del suo essere donna?
Donna e comandante. Donna e soldato. In perfetto accordo.
Se si voltava indietro, e volgeva il suo pensiero a Fersen, si accorgeva di non provare più alcun dolore; sì, perché quel sentimento, seppure all’epoca tanto forte, era legato ad una visione della realtà e della sua natura completamente distorta: donna e soldato in conflitto tra loro. Ed ora che aveva capito non essere così, quella di Fersen era una ferita ormai rimarginata.
Andrè, invece, andava assumendo un’importanza sempre maggiore dentro di lei, anche se ancora non avrebbe saputo attribuirle un nome.
E in tutto questo mare calmo dopo la tempesta restava solo un alto, inaccessibile scoglio: il tormento!!  
Ma da che accidenti proveniva, ora che erano fuori gioco sia Fersen che il suo “strappo” personale?
E, soprattutto, perché la sola presenza di André lo acquietava?

Era stanca. Stanca di porsi continuamente domande a cui non riusciva a trovare risposta; e stanca di essere oppressa da quell’oscuro male.
Si alzò e ripose il libro. Uscì dalla biblioteca, dove l’aria si era fatta troppo pesante per i dubbi irrisolti, e si diresse nella sua camera.
Lungo il tragitto, incontrò Nanny, che reggeva in mano una vassoiata di biscotti; le sorrise.
“Ci sono ospiti?”,
“Sono per te, tesoro. Ti vedo sempre così debole, e sei molto dimagrita. Immagino come si mangi male, in caserma! Povero il mio André! Ma almeno ci sono io a provvedere a voi due!”.
Oscar rise; le premure di quella dolce vecchina le facevano un’infinita tenerezza.
Raggiunsero la sua stanza; Nanny entrò, deponendo il vassoio sul tavolo.
“Ecco: sono frollini d’uovo; dimmi come ti sembrano. Domani ne porterò un cesto anche ad André”.
Detto questo, uscì.
Oscar rimase di nuovo sola. Sola col suo tormento.
Si accasciò su di una sedia, prendendosi la testa fra le mani; per alcuni istanti, alzò lo sguardo ai biscotti: Magari avessi voglia di mangiarli! Ma di questi tempi, il mio appetito è andato via con la mia tranquillità!, pensò.
Dunque, nella sua famiglia non c’era stato nessuno di nome Derania; ma nonostante tutto, lei era ormai sicura che quell’incubo e le sue segrete sofferenze fossero legate da un filo rosso. Quale poteva essere?
Concentrò la sua attenzione sui particolari del sogno, anzi dell’incubo: indossava una sorta di tunica, un abito che andava di moda nell’antichità prima di Cristo, quindi non doveva stupirsi più di tanto se negli annali della sua famiglia, che si era originata nel tardo Medioevo, non aveva trovato nulla; lo strano luogo in cui si trovava era una sorta di tempio… Egizio, forse? Poteva essere, ma sembrava assai più grande; e quei segni sulle pareti, poi… potevano essere simboli, sorta di geroglifici. Ma che luogo poteva essere? E di quale civiltà antica?
Si alzò e si avvicinò alla sua libreria personale, prendendo in mano un libro di storia antica; iniziò a scartabellare le pagine, antica Grecia, Roma, Mesopotamia, persino Vichinghi… niente da fare! L’Egitto era quello che gli assomigliava di più, ma le dimensioni non combaciavano: quelle del suo incubo erano molto più colossali.
Ripensò agli strani personaggi che l’avevano torturata: uno sembrava un sommo sacerdote, mentre gli altri due soltanto due carnefici, due esecutori. Sfogliò ancora il libro, cercando adesso immagini di quei curiosi abbigliamenti; ne trovò di molto simili nell’Assiria, a Creta ed ancora in Egitto. Dunque, il suo sogno, anzi il suo incubo, era da situarsi presso una civiltà lontana e forse scomparsa da millenni.
Ma perché proprio lì? E quale poteva essere il nesso col suo perenne tormento?

                                 **********

Qualche sera dopo, André ed Alain erano riuniti nell’ufficio di Oscar; la ritirata era passata da un bel pezzo, e gli altri soldati dormivano beatamente.
Alain sgranocchiava i biscotti di Nanny “Ottimi, davvero! Sei fortunato, amico, ad avere una nonna così brava ai fornelli!”, disse ad André,
“Di questi tempi, bisogna godersi le cose buone il più possibile”, aggiunse questo, piluccando un biscotto,
“Già! I tempi cambiano e le cose precipitano. Il popolo è in rivolta” rispose Alain.
Oscar non aveva detto nulla, era rimasta con gli occhi fissi sulla scrivania, il viso appoggiato sul dorso delle mani.
“Comandante, non dite nulla?” le chiese Alain,
“Cosa? Ah, scusa Alain, non ti avevo sentito. Che dicevi?”,
“Ultimamente, vi vedo sempre distratta, comandante. Siete preoccupata per la rivoluzione alle porte?”,
“La rivoluzione?”, fece lei, gli occhi sgranati per l’incredulità,
“Sì, la rivoluzione. Il popolo ha superato ogni limite di sopportazione verso i privilegi dei nobili. Adesso, anche gli Stati Generali si stanno rivelando un fallimento. Se il re non si deciderà a fare qualcosa di concreto, le cose potrebbero mettersi molto male”,
“E’ già così grave la situazione, Alain?”,
“Anche peggio. Da figlio del popolo, io vivo ogni giorno sulla mia pelle le terribili condizioni a cui la gente è sottoposta; e credetemi comandante, la sofferenza prima o poi si tramuta in rabbia, e la rabbia esplode. I nobili non si rendono conto di questo!”.
Oscar rivolse lo sguardo ad André, che era rimasto in silenzio, dubbiosa. Era dunque questo, il destino che attendeva la Francia? E lei, cosa avrebbe fatto? Da quale parte sarebbe stata? Da quella dei nobili o da quella del popolo?
Mentre guardava André, sentiva dentro al cuore uno strano calore, come di conforto; anche André era figlio del popolo, ed avrebbe sicuramente sostenuto i più deboli; e lui le era troppo caro per perderlo; quindi, in fin dei conti, a ben vedere lei si sarebbe trovata a scegliere tra la sua famiglia, che era nobile, ed André, il suo caro amico di sempre, per il quale da tempo nutriva strani ed incomprensibili sentimenti.

Cosa mi stai facendo, André? Perché quando ti ho vicino mi sento a casa? Mi sento protetta, felice! Dio mio, che succede? Un soldato non dovrebbe avere simili pensieri! Ma oltre ad essere un soldato, io sono una donna… ed è stato proprio lui a farmelo capire! Ed ora che ho accettato ciò che sono, è forse per questo che accanto a lui sto così bene?
Perché plachi il mio tormento, André? Cos’è quel dolore sordo che mi accompagna quando lascio la caserma da sola, per tornare a casa? Ogni mattina, non vedo l’ora di esser qui per averti vicino, anche solo per vederti… forse che… ti amo?!? Oscar ama André?!? Amore… solo una volta l’ho provato… è abbastanza per capire se sta succedendo di nuovo?

“Credo che tu abbia ragione, Alain. Per troppi secoli, la nobiltà ha abusato della pazienza del popolo, ha vissuto sulle spalle di un’intera popolazione; ed anche se io ne faccio parte, non sono tanto stupida da negare la verità. Ma una rivoluzione… mi fa paura, davvero, e non solo perché sono una nobile: ci sarebbe chi cercherebbe di approfittarne. Ma nonostante ciò, ritengo che una rivoluzione sarebbe giusta, necessaria anche: i privilegi ingiusti devono finire, siamo tutti esseri umani!”.
André, che fino a quel momento se ne era rimasto zitto, prese la parola “Credo che con una rivoluzione, tramonterebbe il sole di un’epoca, un’epoca che è durata troppi secoli, e che si è fondata su di un’etica sbagliata, quella della guerra e dei guerrieri invincibili, e che ha fatto soffrire moltissime persone: sarebbe una cosa giusta, moralmente”.
In fondo al cuore, Oscar gli diede ragione.
La donna si alzò dalla sua scrivania, avvicinandosi alla finestra; il cielo scuro di Maggio era trapunto di stelle, lontane e luminose. Le guardò, piena di una malinconia strana.
I suoi pensieri si persero, in un tempo lontano…

“Ce ne andremo di qui, Derania. Non ci potranno fermare. Né Idion, né nessun altro potranno far nulla quando saremo fuggiti da qui. Avranno ben altro a cui pensare, poi: le eruzioni e poi le gelate di quest’anno hanno messo a dura prova i raccolti; il popolo è in rivolta contro la casta dei gran sacerdoti e dei guerrieri, è di quello che dovranno preoccuparsi, non di una coppia di fuggiaschi!”.
Lei alzò gli occhi, e lo accarezzò con una mano “Ti amo, Iram. Ti amerò sempre, anche se le divisioni sociali ce lo vorrebbero impedire!”.
I due si scambiarono un appassionato e lungo bacio; la donna si perse, affondando le mani nei capelli scuri di lui, bello quanto una delle statue del palazzo reale.
“Giurami che non mi costringerai a tradire la mia gente” sussurrò lei,
“Non lo farò mai, te lo giuro! Significherebbe non amarti come ti amo”, l’uomo la guardò intensamente con i suoi occhi verdi.

“Oscar! Oscar, stai bene? Che sta succedendo, Oscar?”,
“Comandante, tornate in voi! Colonnello D’Agout! Il comandante sta male, c’è bisogno di un medico!”.
Riprese conoscenza, in modo confuso; era sorretta dalle braccia di André, mentre Alain le stava sollevando i piedi.
“Mettiamola sul divanetto, presto! Il dottore sta arrivando” il gigante dal cuore d’oro aveva preso in mano la situazione,
“Ma che è successo? Sembrava star bene…”,
“Non ne ho idea, André. A dir il vero, è da un po’ che la tua amata è strana: pallida, stanca, debole. E non sembra migliorare!”.
Le voci le giungevano confuse, attutite. Non capiva quando aveva perso il contatto con la realtà, perdendosi all’improvviso lontano da lì, in un mondo lontano ed irreale, eppure così… vero! Si era ritrovata lì, e basta. E nonostante fosse tanto lontano, era tutto così… suo!
Adesso non poteva più credere alla coincidenza, né ad uno sfogo dei suoi tormenti sul proprio mondo onirico: quella era stata un’allucinazione vera e propria, che l’aveva colta da sveglia. Ed era stata reale, troppo reale, per pensare ad un sogno.
Che cosa aveva a che fare lei con quelle persone vissute in quel mondo tanto lontano? E perché quei due somigliavano così tanto a lei e André?
“Il dottore è arrivato” André lo fece accomodare. Visitò Oscar, poi le prescrisse una settimana di riposo assoluto, a casa.

                                    **********

Due giorni. Due giorni erano già passati da quando aveva dovuto mettersi in licenza, e già non lo sopportava. Si sentiva inutile.
Passare le giornate a passeggiare in giardino, per una persona attiva come lei, era la peggiore delle torture. E per cosa poi? I dottori non avevano davvero idea di quale fosse il suo male. La sua inattività avrebbe potuto anche durare all’infinito, attendendo che qualcuno trovasse un rimedio.
L’unica consolazione in quei giorni era André; aveva fatto avere anche a lui una licenza, per poterlo avere accanto, e lui ne era stato felice, dolce ed affettuoso come sempre. Lo osservò curare le rose bianche del giardino, illuminato da un raggio di sole.
Quant’è bello! Sembra una divinità antica, con quegli occhi smeraldo e le spalle così larghe e forti! Le stesse spalle di Iram…
Si bloccò. Iram? Chi era questo Iram, di cui aveva sentito il nome nella sua visione? Come faceva a conoscerlo?
Quella storia la stava davvero facendo impazzire.

Sentì bussare alla porta “Avanti!” disse.
Entrò Nanny “Oscar, c’è una visita per te”,
“Di chi si tratta?” chiese lei; ma Nanny era già uscita dalla camera.
Si diresse nel salone; entrò e rimase di sale vedendo il conte di Fersen.
“Fersen! Voi qui?”,
“Sì, Oscar. Ho saputo della vostra malattia, e non ho potuto non venire a farvi visita”.
Lo guardò: era sempre bellissimo: capelli castani che incorniciavano un volto dai tratti fini con due grandi occhi azzurri, tutto ciò esaltato dall’uniforme delle Guardie Reali.
Ma non c’è paragone con André, il mio André!, si ritrovò a pensare Oscar.
Ma cosa vado a pensare!, si disse un istante dopo, arrossendo impercettibilmente. Ultimamente, aveva pensieri un pò troppo “liberi” nei confronti del suo amico di sempre; si andava convincendo sempre più che il suo fosse amore.
“E’ gentile da parte vostra, Fersen. Ma non ho molto da dirvi, purtroppo; nemmeno i dottori sono stati in grado di spiegarmi l’origine del mio male”.
L’uomo si avvicinò “Perdonatemi! Perdonatemi, Oscar! Se sono stato io la causa del vostro male, come credo, non potrò mai perdonarmi per questo! Non ho saputo vedere la vostra meravigliosa natura di donna, vi ho ferita, e forse fatto ammalare! Sono stato cieco, per colpa dell’amore che mi lega a Sua Maestà!”, il conte piangeva.
Oscar ebbe compassione di lui.
“Non fate così, Fersen. Voi non avete colpa alcuna, al cuore non si può comandare! Io non vi porto alcun rancore, Fersen: forse è grazie a voi, che ho scoperto cosa realmente c’era nel mio cuore!”.
“Permettetemi, madamigella”, si asciugò le lacrime “di far qualcosa per voi, per dimostrarvi il mio pentimento più sincero: desidero aiutarvi nella vostra guarigione”,
“Vi ringrazio davvero, ma non vedo come potreste”,
“E’ presto detto: è da poco arrivato a corte un ospite dalla Germania: pare sia un valente medico, anche se usa metodi poco ortodossi; si chiama Mesmer(1). I suoi metodi hanno funzionato con molta gente, ed ora anche il re si è incuriosito, e lo ha invitato per ascoltare le sue teorie”.
Oscar era perplessa “Ma… questo dottore… se davvero usa metodi poco ortodossi… ci sarà da fidarsi?”,
“Con molte persone c’è riuscito. Permettetegli di provarci almeno, Oscar!”.
Cosa ho da perdere?
“E come potrei avere un incontro con lui, dato che non metto piede a corte?”,
“Lasciate fare a me: posso chiedere alla regina di farvi avere un incontro privato qui a palazzo Jarjeays”,
“D’accordo, Fersen. Vi ringrazio della vostra generosità”.

                                       **********

Due sere dopo, un uomo dal viso cadente e dagli occhi penetranti stava sistemando uno strano liquido in una tinozza, mentre alcuni suoi assistenti maneggiavano strani aggeggi.
Indossando una lunga camicia, Oscar osservava il dottor Mesmer preparare il suo “bagno magnetico”, che, lui diceva, avrebbe dovuto ristabilire all’interno del suo corpo la giusta quantità di fluido vitale.
“Potete accomodarvi, madamigella” le indicò la tinozza. Oscar si sollevò leggermente l’orlo della camicia, ed entrò nel fluido.
Quel liquido pizzicava sulla pelle; il medico si avvicinò, e le pose una specie di bacchetta metallica sulla fronte, fermandola con dei nastri; collegò poi la bacchetta ad alcuni magneti.
“Scusate dottore, potrei sapere cosa state facendo?” chiese Oscar,
“Certamente, madamigella. Vi sto applicando i magneti che fungeranno da poli per concentrare su di voi il fluido di vita”,
“E… quale effetto sortiranno?”,
“Vi faranno cadere in una sorta di trance, dalla quale emergerà la causa del vostro male”,
Trance?”,
“Sonnambulismo artificiale. Indotto. Quello che vedrete e direte in un tale alterato stato di coscienza farà emergere qual è la causa delle vostre sofferenze. A quel punto, potremo curarle”,
“In che modo, dottore?”.
Il medico finì di sistemare i magneti “Ricomponendo la frattura che si è avuta nel passato nella vostra vita”,
“Eh? Di che parlate, dottore?”. Il medico si sedette.
“Ascoltate, madamigella. Ciascuno di noi ha vissuto molte vite prima di questa, e molte ancora ne vivrà dopo; in ognuna di queste vite ci sono stati traumi, errori, dolori. E spesso, non basta reincarnarsi in un altro corpo per cancellarli, ragion per cui ce li portiamo nella vita successiva. Ma scoprendoli, possiamo porvi rimedio, anche se una vita dopo”.
Oscar era esterrefatta: non riusciva a credere di stare a parlare razionalmente di cose simili, un tempo ci avrebbe fatta una risata considerandole roba da folli; ma nelle sue attuali condizioni (già abbastanza fuori della razionalità) non esisteva più follia.
“E’ pronta?” chiese il dottore ad Oscar,
“Sì”,
“Si dìa inizio all’esperimento!” ordinò Mesmer ai suoi assistenti.









(1)In realtà, Luigi XVI nominò una commissione esaminatrice sulle teorie del mesmerismo nel 1784,  non nel 1789 (epoca di questa storia), e di questa commissione fecero parte alcuni valenti scienziati (tra cui Benjamin Franklin) ed un allievo dello stesso Mesmer, ma senza il maestro.

O.K.!! Con questo capitolo credo di aver soddisfatto la curiosità di molti!! Chiedo scusa in anticipo per le imprecisioni storiche su Mesmer, ma ho dovuto spostarlo di qualche anno, per far andare avanti la storia. Il rating arancione apposto a questa storia è dovuto soprattutto a queste scene dell'esperimento, che ho ritenuto essere alquanto inquietanti per un pubblico molto giovane o molto sensibile; più avanti, poi, vi saranno altre scene un tantino cruente...
E ora, passo ai ringraziamenti:
Ninfea 306: come avevi fatto ad indovinare tutto, mi hai letto nel pensiero? Comunque, bravissima!!
Pry: eh, tra nottambuli ci si intende!! Però no, non ho studiato psicologia, almeno non nel senso canonico del termine "studiare"... sono laureata in Economia, ma ho acquisito in passato una certa dimestichezza con le questioni psicologiche...
Beatrix 1291: credo proprio che tu abbia ragione, dovrei apporre la nota OOC... è una cosa che metto spesso nelle mie storie, forse perché la fantasia finisce per prendermi un pò troppo la mano, anche quando avevo deciso di restare aderente al personaggio; in quanto al sogno, Freud non c'entra, ed in questo capitolo hai avuto modo di capire il perché!
Patrizialasorella: sono lieta che la mia Oscar ti piaccia, in fondo io l'ho sempre vista così... forte e femminile insieme.
Lady in blue: fammi sapere se ho soddisfatto la tua curiosità con questo capitolo.
Bay: grazie sempre della tua attenzione e dei tuoi complimenti!!
StregaGrianne: non so quale fosse la tua idea, se era uguale a quella di Ninfea, allora ci avevi preso anche tu... e grazie ancora dei complimenti!
Baby Elisa: se ti piacciono le storie misteriose, con me hai trovato l'autrice giusta!!
Un grande grazie anche a chi sta leggendo senza commentare: GRAZIE!! UN BACIO!!



  
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