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Autore: S_jlms    21/03/2010    1 recensioni
un incontro particolare fra due entità profondamente diverse;riusciranno a comprendersi davvero? (La storia prende spunto dal sonetto di Francesco Petrarca "solo et pensoso".)
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Solo et pensoso


Solo et pensoso

Il vento soffia con dolcezza, vortica, coinvolge le foglie nella sua danza ; passando fra gli alberi ne accarezza la dura corteccia; i rami, piegandosi al suo volere, sembrano quasi supplicare di essere portati via. Il vento però, è un amante solitario: sfiora qualsiasi cosa, a volte con amorevolezza, altre con rabbia, riempiendo il vuoto di ogni cosa, ma non permettendo mai che esse si impossessino della sua libertà.

Prosegue la sua strada incontrando una collina su cui decide di salire: ha voglia di correre velocemente spirando su tutta la valle. Eppure,una volta in cima, rallenta, si ferma quasi. Di fronte a se' percepisce una figura sconosciuta. 
In quelle regioni non esistevano che erba, foglie ,fiori, alberi,  l'acqua dei ruscelli, alcuni animali, ma nessuna delle cose che conosceva sembrava simile a quella.


La figura scura si volta ed il vento ancora non capisce cosa, chi sia: percepisce distintamente invece che quell'ombra lo sta osservando, come se quegli occhi si chiedessero perchè il forte e possente re del cielo dovrebbe provare diffidenza, sconforto, paura nei suoi confronti.

Per attimi infiniti il vento si lascia indagare, a sua volta studiando quello strano essere: è lungo, avvolto in un mantello. Solo gli occhi si vedono: due profondi occhi scuri. Questo infastidisce il sultano del cielo: non ritiene giusto farsi studiare mentre lui non può osservare cosa c'è sotto quel mantello.


Come se fosse stato detto ad alta voce, la figura coglie quel pensiero e lentamente toglie il pesante indumento, lasciandolo cadere a terra. Ora finalmente il vento può capire: quello è un
uomo, glielo avevano descritto mille volte le correnti sue sorelle. Due piedi, due gambe, due mani attaccate alle braccia, il busto, il viso. Mai nessuno gli aveva però raccontato degli occhi, ne' sapeva che quelle creature potessero vedere il vento.


Dopo essersi rivelato l'uomo abbassa lo sguardo, era convinto che su quella collina sarebbe stato finalmente solo.
Osserva le impronte che ha lasciato sul terreno. Sperava che in quel luogo dimenticato dall'uomo il suo dolore sarebbe scivolato via. Con lentezza guarda, o meglio, appoggia nuovamente lo sguardo sul vento che ha modo di vedere il mare di tristezza di quella creatura. Un mare però, è troppo vasto per essere contenuto in un paio d'occhi, e poi è troppo fiero della sua grandezza per poter rimanere imprigionato, prima poi vorrà sbarazzarsi dei confini in cui è costretto
. Questo il vento lo sa. 

Eppure, non può non stupirsi quando il mare inizia ad uscire da quei meravigliosi occhi, silenziosamente.

E' questo che il vento non riesce a credere: il mare non è mai stato silenzioso, nemmeno quando era quieto e sereno. La sua voce è profonda e presente in qualsiasi situazione.
Poi capisce: l'uomo non potrebbe lasciar uscire anche l'impeto della voce del mare. Essa è facile da assorbire, ma impossibile da liberare, da quanto vede il vento capisce che quell'uomo ne morirebbe. Inoltre capisce il motivo che l'ha spinto fin su quella collina: voleva trovare un modo per far fluire i suoi pensieri senza che nessuno se ne accorgesse.

L'uomo ora è grato al vento. Solo lui ha davvero capito il suo dolore. Lo comprende a tal punto che non si avvicina per consolarlo, ma si spande tutto intorno la cima dell'altura, come per difenderlo dal resto dell'universo, protendendo solo  un piccolo soffio verso di lui per asciugare quelle lacrime. 

Sarebbero rimasti  così per infinito tempo: l'uomo che rimargina le sue ferite, ed il vento che lo custodisce. 

Ma non tutto può durare in eterno: presto l'uomo capisce che quella ferita non smetterà mai di far male, ed il vento sente di voler tornare a godere della sua libertà. E' per questo che i due si guardano nuovamente. Il vento pian piano si allontana, promettendo di non raccontare a nessuno di quell'incontro. L'uomo ora è davvero solo, e non crede di sentirsi meglio. Quando vede le spire del suo protettore il suo cuore rallenta, pulsa sereno. Le labbra si distendono in un sorriso. Non potrà allontanare da se' quella sofferenza ma sa di poter contare su qualcuno che possa capirlo ed accoglierlo.

Questo ora l'uomo lo sa. 







"
Solo et pensoso i più deserti campi

vo mesurando a passi tardi e lenti,
et li occhi porto per fuggire intenti
ove vestigio uman l'arena stampi.

Altro schermo non trovo che mi scampi
dal manifesto accorger de le genti,
perché ne li atti d'allegrezza spenti
di fuor si legge com' io dentro avampi.

Sì ch'io mi credo omai che monti et piagge
et fiumi et selve sappian di che tempre
sia la mia vita, ch'è celata altrui.

Ma pur sì aspre vie né si selvagge
cercar non so, ch'Amor non venga sempre
ragionando con meco, et io con lui
"
Francesco Petrarca- C anzoniere XXXV

Note dell'autrice:

 Ciao! 

Questa è la mia prima one-shot, ispirata al sonetto di Petrarca. Ovviamente non è altro che una mia piccola interpretazione della poesia.

Mi farebbe molto piacere sapaere cosa ne pensate, e se avete dei consigli da darmi, fate pure! Mi renderete solo più entusiasta. 

Alla prossima, sempre se vorrete.

S_jlms


  
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