Allooooooora,
I’m back!
Anzi, questa volta
siamo in due (:
La mente e la penna:
io e Claudietta (cloe cullen), Claudietta ed
io!
Dietro questa shot
c’è una luuuunga storia, che
parte da Parigi
fino ad arrivare a casa della nostra Fio *_* e questo viaggio
è stato fatto a
bordo di una nuvoletta dolce e rosa, tipo Nuvola Speedy di Goku
*muahahah*
Okay, basta sclerare XD
Comunque, eccovi qui
un’altra shot sulla piccola Joy e il suo
paparino (:
Buona lettura da Rox e
Cloe (:
Daddy, Peter
Pan and
Pink Candy Cloud
“Papà,
perché la zia non è venuta con noi?” La
vocina dispiaciuta
di mia figlia, che camminava accanto a me, mano nella mano, mi
raggiunse dal
basso del suo metro e cinque.
“Perché è andata con la
mamma” le spiegai, mentre passeggiavamo davanti
al Big Ban, o meglio, l’orologio
grande
grande come lo chiamava lei.
“E la mamma?” mi chiese, sempre con quella vocina
dispiaciuta.
“Beh, perché...” ci pensai un
po’ perché, sinceramente, non avevo
idea di dove fossero scappate “perché è
andata con la zia!”
“E dove sono andate?”
“Già, dove sono andate?” mormorai tra me
e me “Non lo so Joy,
scusa” le risposi, mesto.
“Fa niente, papà, allora oggi siamo io e
te!” mi rispose allegra.
“E non ti dispiace?” le chiesi, stupito.
“No, no” mi rispose, scuotendo la testa
“Che facciamo?”
“Tu cosa vuoi fare?”
“Mi porti in un posto bello?” mi pregò.
“Anzi no, un posto bello
bello!” si corresse.
“Va bene lo stesso anche se non ci sono le Barbie?”
la presi in
giro.
“Papà, ormai sono grande! Non ci devono essere
sempre le Barbie!”
sbuffò, come se fosse una donnina.
“Va bene lo zoo?” proposi.
“No, puzza!” mi rispose, storcendo il naso: era
uguale a sua madre
quando lo faceva.
“Allora l’acquario?” tentai, facendole
illuminare gli occhietti
vispi.
“Sì, a vedere i pesciolini,
sì!” esclamò, cominciando a saltare.
“Okay, allora andiamo alla macchina” le dissi,
prendendola in braccio
e raggiungendo l’auto che avevo preso in prestito da mio
padre. Quando
arrivammo all’acquario, Joy si tuffò subito sulla
classica mappa che danno
all’ingresso quando acquisti il biglietto, cominciando a dire
“voglio andare
qui, poi qui, e anche qui” e indicando praticamente tutto il
parco. “Vuoi
andare a vedere anche gli squali?” le chiesi, stupito e anche
un po’
sconcertato.
“Certo, sono belli e grandi” mi rispose, facendo
spallucce.
“Ma non hai paura?”
“Macché!” rispose, con un schiocco di
lingua. Spesso mi scordavo
che mia figlia, a solo quasi quattro anni, era più
intelligente e matura di me,
o meno fifona della madre.
“Che
tunnel
è questo?” mi chiese quando entrammo in
un’altra galleria colorata di blu, con
a destra una parete di vetro dalla quale si poteva vedere
l’interno delle
vasche.
“Qui ci sono
i pesci tropicali” le risposi, indicandole la grande vetrata
con tantissimi
pesci di varie dimensioni, tutti multicolore.
“Robert,
guarda questo piccolino! E’ stupendo!” disse,
avvicinandosi al vetro e
indicando un pesciolino minuscolo, tutto giallo, che si era posato a
terra tra
la sabbia “Non si può portare a casa,
vero?” mi chiese, ridendo.
“Ma se non
hai neanche l’acquario, Kris!”
“Lo compro!”
disse, facendo spallucce e tornando vicino a me “Anzi, lo
compriamo” precisò,
sussurrando sulle mie labbra, dove poi mi stampò un bacio.
“Mi piace
sentirti parlare del futuro al plurale” le dissi
all’orecchio, intrecciando le
mie mani con le sue.
“E a me
piace farlo” mi rispose sorridente, prima di baciarmi di
nuovo. Si allontanò un
po’, tenendo sempre le mani intrecciate, e mi
trascinò nel nuovo tunnel quando,
improvvisamente, rallentò il passo.
“Che c’è?”
le chiesi, preoccupato.
“Wow, gli
squali” mormorò, affascinata, fermandosi davanti
alla nuova vetrata “sai che
non li avevo mai visti?”
“Eppure vivi
in California” le dissi, guardando quegli enormi bestioni
nuotare lenti
nell’acqua, mentre con la coda dell’occhio ci
fissavano, scocciati.
“Non è che
ora mi butto nell’oceano aspettando uno squalo solo
perché vivo in California!”
disse ridendo. “Guarda come ci fissano”
mormorò, con la voce un po’ incrinata,
stringendosi di più al mio braccio.
“Kris, c’è
il vetro, non ti spaventare!”
“E se ci
sbattono contro, lo rompono, qui si allaga tutto e ci
sbranano?” mi chiese, ora
un po’ paranoica. La guardai, sorridendo.
“Ma che
immaginazione hai!” dissi, dandole un bacio sulla tempia.
“Vuoi portarti pure
lui da mettere dell’acquario?” le chiesi, visto che
continuava a reggere lo
sguardo di uno squalo.
“Direi di no”
disse nervosamente. “Robert, non è che io abbia
paura” cominciò, con una voce
che dimostrava esattamente l’opposto “ma diciamo
che mi sta venendo un po’...
un po’ d’ansia, ecco! Quindi che dici di
andare?” concluse, velocemente.
Sorrisi pensando a quanto fosse assurda alcune volte, così
le cinsi le spalle e
cominciai a camminare verso l’uscita della galleria.
“Okay, mai
più squali!”
“Buona!” mi rispose, mentre beveva
l’ultimo sorso di Coca Colo
dopo aver mangiato una fetta enorme di pizza che, se l’avesse
vista Kris, mi
avrebbe torturato lentamente e dolorosamente solo per aver permesso a
nostra
figlia di poterne sentire l’odore “e anche le
patatine!” Dopo la lunga
mattinata all’acquario, a Joy era venuta fame,
così avevo deciso di portarla in
una pizzeria vicino Hyde Park, uno dei luoghi che amavo di
più di Londra.
“Che dici di andare a digerire un po’ al
parco?”
“Va bene!” disse allegra, saltando giù
dalla sedia e prendendomi per
mano. Arrivati dentro il parco, la lasciai libera di correre e
rotolarsi tra
l’erba, di fare un po’ quello che tutti i bambini
dovrebbero fare, ma che a Los
Angeles non sempre era possibile. “Papi, guarda!”
esclamò, correndo verso il
lago e arrampicandosi alla staccionata in legno del lago “Le
barchette!” Mi
avvicinai anch’io e mi ci poggiai di schiena mentre Joy
guardava incantata le
barche prese in affitto dalle coppiette galleggiare
sull’acqua che brillava
alla luce del sole.
“Ci vuoi fare un giro?” le chiesi, accarezzandole
il capelli.
Sgranò gli occhi per la sorpresa: pensava davvero che se me
lo avesse chiesto
non ce l’avrei portata?
“Davvero? Sì!” esclamò
allegra, saltandomi in braccio.
“Pronta, capitano?” le domandai, facendo il verso
del pirata.
“Certo, Spugna!” rispose lei, come Capitan Uncino
“Andiamo a
prendere Peter Pan!” Andammo verso il piccolo molo ed
affittammo una barchetta,
con la quale l’avrei dovuta portare verso
“l’isola che non
c’è”.
“Joy, non è che ti viene da vomitare?”
“No, papà” rispose sorridente. Bene,
almeno non soffriva di mal di
mare! “Papà?” mi chiamò.
“Dimmi piccola”
“Posso remare io?” mi chiese, lamentandosi
“Tu vai troppo piano!”
“Certo, capitano, venga pure!” le dissi, ridendo.
La feci sedere
davanti a me, e le feci afferrare i remi - che erano il doppio di lei
–
mettendo le mie mani sulle sue e aiutandola a remare.
“Così va meglio?”
“Sì sì” rispose contenta.
Tutto fu così tranquillo, finché non
sentii la barca agitarsi e non vidi più Joy seduta davanti a
me: in un batter
d’occhio, la teppista si era liberata dalla mia stretta ed
era arrivata
all’altra punta della barca. “Un
pesciolino!” esclamò, sporgendosi, anzi,
sporgendosi un po’ troppo
verso l’acqua!
Mollai subito i remi e la acchiappai da dietro, rimettendola seduta
sulla
panchetta.
“Joy, non ti affacciare più così,
rischi di cadere in acqua, mi
hai fatto prendere un colpo!” la rimproverai, ma invece di
piangere o
arrabbiarsi come tutti i bambini normali dopo una sgridata, mi
fissò un po’ e
se ne uscì con un “facciamo il bagno,
papà?” facendomi scoppiare a ridere. La
presi in braccio e le stampai un bacio sulla guancia. “Amore,
il bagno lo
facciamo al mare quando torniamo a casa, okay?”
“Perché qui no?” mi chiese, curiosa,
“Perché questo è un lago in un parco,
Joy, non si può fare il
bagno!”
“E perché non si può fare il bagno in
un laco?”
continuò, imperterrita.
“In un laco?”
la presi
in giro, sorridendole “Joy, si chiama lago,
con la g”
“Perché non si può in un lago?”
mi domandò di nuovo, sottolineando la g.
“Beh... perché...” cominciai, cercando
le parole adatte ad una
bambina di quasi quattro anni per spiegare alcuni concetti della vita
che non
erano chiari neanche a me: perché non si poteva? “Perché
altrimenti, potresti sembrare pazza
come la mamma!” conclusi, ripensando a circa quattro anni
prima. Joy sorrise,
tornando a guardare l’acqua.
“Com’è
rilassante farsi cullare dalle onde” sospirò,
sdraiata sulla panchina della
barca, con gli occhi chiusi.
“Certo,
tanto quello che rema da tre ore sono io!” dissi, mentre
continuavo a spingere
quei cosi pesanti di legno, facendola sorridere “La prossima
volta affittiamo
quella con il motore!”
“Nah, tutto
quel caos, poi non ci sarebbe niente di romantico...”
“Perché tu
ci trovi qualcosa di romantico in te che prendi il sole - praticamente
inesistente visto che è il tramonto – ed io che
fatico come un mulo per far
muovere la barca?” le domandai, un po’ acido.
“No” mi
rispose alzandosi e venendosi a sedere accanto a me
“però è divertente!”
aggiunse, stampandomi un bacio.
“Tu sei
sadica!” la presi in giro, sorridendo.
“Non è vero!
Dai, molla i remi, marinaio!” mi ordinò,
sfilandomi i remi dalle mani e
allontanandoli, per poi sedersi sulle mie gambe. La barca si
fermò, così la
abbracciai ai fianchi, stringendola un po’ e facendola
accoccolare a me.
“Ti piace?”
le chiesi, indicando l’acqua che brillava di arancio per il
sole che stava
tramontando.
“E’
stupendo” sussurrò, incantata.
“Hyde Park,
a quest’ora, è meraviglioso: ci venivo tutti i
giorni a passeggiare, per
pensare...”
“A che
pensavi?” mi interruppe con un sussurro.
“A tante
cose. Alla mia vita, a quello che facevo, a quello che avrei voluto
fare... poi
ho cominciato soprattutto a pensare a te” confessai,
lasciandole un bacio sulla
fronte.
“Beh, allora
devo ringraziarlo” disse, sorridendo. Feci un respiro
profondo, e mi feci
coraggio per fare quello che stavo per fare. Era il passo
più importante di
tutta la mia vita, probabilmente, e speravo che quel posto, che per me
significava moltissimo, mi potesse aiutare ancora una volta.
“Kris,
ascolta, poi sederti qui accanto un secondo?” le chiesi con
il tono più rassicurante
che potessi avere. Mi guardò confusa, e anche un
po’ spaventata: forse non ero
stato poi così rassicurante. “Non ti
preoccupare! Siediti qui...” le dissi, facendole segno
accanto a me con la
mano.
“Okay”
mi
rispose, un po’ incerta, sedendosi sulla panchetta. La
guardai dritto negli
occhi.
“Kris”
cominciai “lo sai che faccio schifo a fare i discorsi lunghi,
perché comincio
ad imbrogliare le cose, senza dare al discorso un filo logico. Forse
l’unica
cosa logica nella mia vita sei stata tu, anzi, il mio amore per te,
perché
anche tu non sei tanto logica!” scherzai, facendola ridere.
“Ma come potresti
esserlo per stare con un idiota come me? Comunque... ecco mi sono perso
di
nuovo!” sbuffai, facendola ridere ancora. “Non
ridere, che mi confondo!” la
rimproverai, ridendo anch’io con lei.
“Scusa
amore, continua...”
“Ecco, perfetto,
mi hai chiamato amore, il che fa supporre che tu mi ami e che quindi
non sto
facendo proprio una cazzata in questo momento. Kris, volevo farlo
quando sarei
venuto a Los Angeles, tra un mese, ma poi sei piombata qui e... e non
puoi
sapere quanto cavolo mi sei mancata! Però una cosa la sai,
cioè quanto ti amo e
sai che non ho mai amato nessuno così. Ora voglio che lo
sappia anche il resto
del mondo, quindi...” mi fermai per prendere
l’anello dalla tasca dei jeans, ed
anche un po’ d’ aria.
“Oh cazzo”
mormorò.
“Bonjour
finesse” la presi in giro, poi tornai più serio
che potessi “Kristen Jaymes
Stewart, mi vuoi sposare?” Non ci potevo credere, lo avevo
detto sul serio.
Vidi i suoi occhi cominciare a riempirsi di
lacrime che caddero subito sulle sue guance, rendendola
ancora più bella
e indifesa di quanto già fosse.
“Oh mio dio”
mormorò, fissando l’anello, con il respiro e il
battito accelerato “E c’è
bisogno di chiederlo, idiota che non sei altro?” mi disse,
tra le lacrime “Sì,
Rob, sì!” Forse il mio cuore perse un paio di
battiti, non pompando più sangue
al cervello, perché non capii immediatamente che avesse
accettato, che Kris mi
avesse detto sì. Quando mi ripresi dal mio stato di shock,
le infilai subito l’anello
al dito, ormai anch’io con le lacrime agli occhi, e Kris mi
buttò le braccia al
collo così forte, che facemmo ribaltare la barca e cademmo
in acqua, tra le
risate e le lacrime. La presi tra le mie braccia e la bacia con
più amore che
potessi metterci, finché avemmo bisogno di prendere fiato.
“Ti amo,
pazza” le sussurrai all’orecchio, facendola
ridacchiare.
“Ti amo
anch’io, idiota!”
“Joy,
guarda un po’ là cosa
c’è?” le dissi, indicando un punto
davanti a noi. Joy strinse gli occhi,
per mettere a fuoco in lontananza.
“Papà! Peter Pan!” gridò
quando riuscì a vedere, vicino alla riva
del lago che si affacciava su Kensington
Gradens, la statua di Peter Pan. “Abbiamo trovato
l’isola che non c’è!”
“Tu l’hai trovata, Capitano!” le dissi,
sorridendo “Però ora
torniamo sulla terra ferma, che dici?”
“Papi, quando scendiamo mi compri la nuvoletta?” mi
chiese con gli
occhietti dolci, facendo illuminare quei due gioielli identici a quelli
di
Kristen. La guardai, accigliato.
“La che?” le
chiesi, non
capendo cosa fosse la nuvoletta. Sbuffò.
“Papà, la nuvoletta rosa!”
“Piccolina, ciao!” la salutò Kris,
scendendo le scale e
prendendola in braccio “Com’è andata la
giornata?”
“Papà mi ha portata in tanti posti belli
belli!” disse lei,
entusiasta. Kris le sfiorò la manina, quando la vidi fare
una faccia strana.
“Joy, perché sei tutta appiccicosa?”
“Perché papà mi ha comprato la
nuvoletta rosa!” esclamò, scendendo
dalle braccia della madre e cominciando a saltellare per casa
“Poi mi ha
portata dagli squali, poi al parco, poi sulla barca e siamo andati
sull’isola
che non c’è!” Kris mi guardò
la piccola un po’ sconcertata, poi mi si avvicinò.
“Cosa hai fatto sniffare a nostra figlia?” mi
chiese ridendo, dopo
avermi stampato un bacio.
“Non sapevo che lo zucchero filato mandasse su di giri,
altrimenti
non glielo avrei comprato!” dissi, guardando Joy che
saltellava e canticchiava
per il salotto.
“Ah, la nuvoletta rosa!” esclamò Kris,
capendo.
“Mamma, sai che poi siamo andati al centro del
mondo?” gridò,
saltando sul divano.
“Dove?” le chiese, stupita. La abbracciai da dietro.
“Mamma, dovresti saperlo, ci sei stata anche tu al centro del
mondo!” le dissi all’orecchio. Si voltò
verso di me, con un sorriso enorme
stampato in volto, e mi diede un bacio.
“Siete voi il centro del mio
mondo” disse, ripetendo le mie parole di pochi anni
prima.
“Oddio, è
stupendo qua su!” disse, affacciandosi alla ringhiera del
balcone dell’osservatorio.
“Questo
posto mi è sempre piaciuto, a dire la
verità...” dissi, mentre guardavo da un
telescopio il cielo, non trovando niente visto che era pieno giorno.
Con la
coda dell’occhio vidi Kris avvicinarsi al primo meridiano, il
meridiano di
Greenwich.
“Guarda, ci
sono tutte le città” dissi, abbassandosi per
leggere meglio le scritte sul
pavimento “Los Angeles, 118° 15’ ad
Ovest” Mi avvicinai anch’io a guardare
“Praticamente
siamo sulla linea che divide a metà il mondo, è
spettacolare!” gridò, facendomi
ridere. Con un salto, si mise in piedi esattamente sulla traccia del
meridiano “Vieni!”
mi disse, prendendomi per mano “Mettiti qui!”
“Kris, che...?”
“Mettiti di
fronte a me, muoviti!” mi ordinò. Feci come disse,
poi mi prese entrambe le
mani e mi guardò dritto negli occhi “Non
è un po’ come essere al centro del
mondo?” Scoppiai a ridere per quanto fosse meravigliosa,
tutta illuminata dall’entusiasmo,
poi le presi il
volto tra le mani e la
baciai.
“Kris” le
sussurrai, con le nostre fronti incollate “sei tu il centro
del mio mondo!”
Spazio mio mio, tutto mioooo *_*
Ragazze, oggi non ce la faccio a rispondere a tutte le recensioni, ma sappiate che vi adoro tutte, dalla prima all’ultima (: Grazie mille per aver recensito e per continuare a leggere queste cose. Spero vi sia piaciuto anche quest’altro sclero, ma questa volta ho avuto una valida aiutante ;) quindi lo sclero è stato doppio! Alla prossima, un bacio! Rox