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Autore: Dragonfly    03/08/2005    4 recensioni
Solo una semplice parola. Solo un liquido purpureo. Solo un legame indistruttibile.
I pensieri di tre ragazzi, nella stessa fredda notte.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lily Evans, Remus Lupin, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sangue

Sangue

 

Solo una semplice parola. Solo un liquido purpureo. Solo un legame indistruttibile.

La linfa vitale che ti scorre dentro è la cosa che più vorresti rinnegare al mondo: ma non puoi.

Ciò che sei non si può cambiare.

Allora come il sangue lasci che i giorni scorrano via, trascinato dalla corrente, cercando di essere un fiume come gli altri, un corso d’acqua fra tanti.

Ma quando ti fermi, non c’è più la corrente a trascinare via i tuoi pensieri, e ti accorgi che il tuo corso è tinto di rosso, che la tua vita è segnata, è diversa da quella degli altri.

E in quel momento la rabbia, la paura, il dolore, e la tristezza ti esplodono dentro, e tu non puoi fare a meno di soccombere, distrutto da quelle certezze in fondo all’anima, mentre sei costretto ad andare avanti facendo finta di niente.

Perché ciò che sei non si può cambiare.

 

 

-Sirius-

 

Fa freddo.

Sono appena uscito dal Castello sotto forma di Padfoot e fortunatamente nessuno si è accorto del mio passaggio.

I campi attorno a Hogwarts sono deserti, eppure riesco ad avvertire la vita che palpita in ogni singolo angolo.

E’ la terra stessa che respira, ogni alito di vento, ogni singolo filo d’erba ha vita propria.

Ma queste sono solo le sensazioni di Padfoot: in un attimo torno nella mia forma umana.

E sento solo freddo.

 

Era da tanto tempo che non uscivo da solo, di notte, e mi sembra strano restarmene qui fuori senza nessuno che proponga continuamente idee assurde, che piagnucoli, e che mi faccia la predica.

Ma ci sono sentimenti che James non può capire, e nemmeno Remus potrebbe consolare.

Ed in questo istante si agitano tutti dentro di me, nel disperato tentativo di uscire.

Ho sentito dire che quando le emozioni diventano troppe, finiscono per distruggersi a vicenda, portando anche te nel loro oblio.

A volte penso che non sarebbe male riuscire a non provare più niente: rimarrebbe solo un incredibile senso di vuoto e questo freddo che ti lacera dentro.

 

La notte riesce con incredibile facilità a portare a galla i pensieri più nascosti: mi viene quasi la nausea.

Il fruscio del vento, che prima mi sembrava così calmo, nella mia mente sta crescendo, trasformandosi in un insopportabile grido.

Istintivamente mi tappo le orecchie: ma a che serve?

So benissimo che queste non sono le grida del vento, le conosco troppo bene per potermi sbagliare.

Le urla di mia madre non le scorderò mai.

Strepitano, gridano, rimbombano in ogni angolo della mia testa, ed a volte sono così tante, e così forti, che mi sento soffocare.

Urlo anche io per sovrastarle e corro disperato coprendomi le orecchie, cercando di fuggire: ma sento benissimo quello che dicono.

“Vergogna del tuo sangue!  Disgrazia!  Maledetto, ma perché un figlio così doveva capitare proprio a me?!  Mostro!!”

Inciampo improvvisamente e finisco disteso sulla terra fredda.

Sento ancora mia madre che mi chiama con quegli orribili epiteti, ma ora è lontana, è solo il fruscio del vento.

Un ricordo, d’un tratto, ritorna alla mia mente offuscata: mi ero dimenticato che esistesse.

 

 

Era una giornata di inizio Gennaio, una di quelle davvero gelide, in cui il sole fa fatica  a spuntare e la neve dà a tutto un’immagine surreale.

Un padre con in braccio un bambino molto piccolo sta tornando verso casa, seguito a poca distanza dalla moglie.

Improvvisamente la donna si gira, come se avesse dimenticato qualcosa, ed inizia a guardarsi intorno lievemente seccata.

Ma non serve cercare molto: il più grande dei suoi figli è poco distante, fermo sul ciglio della strada, con lo sguardo fisso sulla neve.

La donna si avvicina al bambino immobile:  “Che stai facendo?” sussurra, ma subito si accorge di cosa il figlio stia fissando.

Disteso sul ghiaccio c’è un cane moribondo, che aspetta la sua fine tra il freddo: il sangue ha sporcato la neve tutto attorno e il flebile respiro si sente appena.

“E’ il cane dei vicini.” dice il bambino, tenendo lo sguardo sull’animale.

Ma dentro di sé si sta chiedendo tante cose: i suoi vicini sono persone ricche e importanti, possibile che non si possano permettere nemmeno di curare il loro cane?

L’hanno abbandonato in mezzo alla strada, a morire come un randagio qualunque.

Allora a che serve essere nobili o potenti, se nel momento della morte siamo tutti così uguali?

”ll fatto che venisse da una famiglia importante, alla fine non è servito a nulla” dice piano il bambino, continuando a fissare il cane

“In punto di morte si è sempre così…soli?”

La donna non risponde, ed ha anche lei lo sguardo fisso sul cane, eppure sembra che col pensiero stia guardando un po’ più in là.

“Mamma?”

Si riscuote come da un sogno e guarda il figlio che ha accanto.

“Andiamo a casa, Sirius.”

 

 

Quella è stata l’ultima volta che mi ha chiamato per nome.

 

******

Mi rialzo piano da terra, respirando ancora affannosamente.

Per fortuna a quest’ora non c’è nessuno in giro: chiunque si sarebbe spaventato non poco a vedere un ragazzo correre a perdifiato urlando a sé stesso.

Sono stanco di questa situazione: prima o poi troverò davvero il coraggio di lasciare casa.

Sono stanco di questo, sono stanco di ciò che sono, sono stanco di ciò che dovrei essere, sono stanco di tutto.

E ora vorrei solo dormire, per riuscire a dimenticare, anche solo per una notte: so bene che al mio risveglio tutto sarà come prima, ma non posso fare a meno di illudermi che forse un giorno riuscirò a svegliarmi, senza più riuscire distinguere i miei sogni dalla realtà.

Mi avvio a passo lento verso il Castello stringendomi nel mio cappotto nero.

Sento freddo, ma non ricordo più se è il vento o il mio cuore.

 

 

 

 

 

Pensieri di fine capitolo

Ma quanta tristezza abbiamo qui!!!!

Lo devo ammettere, non ero al massimo della gioia quando ho scritto questo….spero comunque vi sia piaciuto.

Allora, c’è da dire che questo è il primo capitolo di una fic molto corta (che in origine doveva essere una one-shot, ma ovviamente non so darmi una regolata, ed è venuta troppo lunga..-_-) che comprenderà in tutto tre capitoli: non uno di più, non uno di meno (ho sempre sognato dirlo…*__*)

Sono le riflessioni di tre personaggi differenti ( che sono raramente utilizzati assieme) sulla propria discendenza e su ciò che sono.

Spero sinceramente che vi piaccia, perché in fondo è una fic a cui tengo molto.

La alternerò a “Rapsodia in Agosto”, anche se dato la sua brevità dovrei finirla in fretta.

Fatemi sapere!!^___^

Bacioni, Dragonfly

  
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