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Autore: KikiWhiteFly    23/03/2010    0 recensioni
[Terza classificata all'Iliade contest indetto da Mayumi_san e Vincitrice del premio Angst]
«Nonostante tutto Sasuke, io sarei disposta a seguirti» qualche lacrima scivolosa si stazionò sul suo volto. «L'odio nell'amore è la cosa più masochistica che abbia mai conosciuto», proferì, ottenendo l'attenzione del ragazzo. «Ma anche la più romantica. Ne conosco solo una alla pari» Il volto del ragazzo sembrava chiedere un “cioè?” ma, anche quella volta, non si scompose più di tanto. «L'amore nell'odio.»
Genere: Triste, Introspettivo, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Under the same sky

Primo Capitolo.




Quel giorno Sakura si era svegliata con uno strano presentimento, probabilmente dovuto ai tetri spettri della notte; si era alzata con un mal di testa a tratti violento, 
ma cercò di non dar troppa importanza a quella leggera emicrania, non in quel momento. Aveva riposato un paio d'ore o poco più, il tempo concessole per far 
distendere bene i muscoli indolenziti e lasciar assorbire il dolore provocatole in battaglia. Non vi era da stupirsi, poi, se improvvisamente fossero scattati colpi a 
vuoto o fossero ruotati kunai e shuriken. Era tempo di stare allerta, quello, Sakura questo lo rammentava bene. Dunque, quando aprì le palpebre e realizzò di trovarsi
ancora sul suolo erboso, a pochi metri di distanza dal fuoco ormai spento, fece un gran sospiro di sollievo. Le iridi smeraldine volsero al cielo plumbeo, 
parzialmente annebbiato. S'intravedeva una fitta foschia da un lato, dove si era prossimi alle montagne, mentre dall'altro c'era ancora un barlume 
limpido – di speranza?

«Sakura-chan...»

Un tono basso e non troppo rumoroso la fece scattare, conosceva solo una persona a cui era concesso chiamarla in quel modo e la ragazza 
incontrò il suo sorriso bonario proprio a pochi metri da lei, parallelamente al suo volto. 
Quello sciocco le stava coprendo la vista d'una nuvola, come al solito non sapeva stare al proprio posto.

«Mi togli l'aria, baka.»

Bastò quella semplice frase, tagliente e affilata come una lama, a farlo capitolare. 
Il sorriso cristallino che aveva intravisto tra una guancia e l'altra si rabbuiò poco a poco, fino a spegnersi lentamente.

Sakura scosse il capo, con una certa fermezza, acconciandosi i capelli in modo quanto meno decente; sentì solo allora una pioggerella, aghi che
puntavano dritti alla sua pelle, anch'essi taglienti.

Cominciò a pensare che quella zona fosse una congiura, tutto sembrava volger contro, il pericolo di morte s'odorava, si sentiva, si avvicinava con 
qualche astruso strumento in loro direzione. Ed era cosa risaputa: l'unica cosa che un essere umano non poteva fare a meno di fermare era il proprio destino.

Egli, in qualche modo imparentato con la dea Morte, qualificato dunque a condannare gli uomini giusti – perché era così che funzionava, ormai, nel mondo – 
e portare fortuna a coloro che son ricchi per meriti non propri, avari però di bontà.

E, sulla base di quelle nuove scoperte, Sakura si trovò a fare i conti con la realtà, capendo d'un tratto quanto la vita fosse ingiusta, per certi versi.

«Ormai è quasi ora.»

Bisbigliò Naruto, in tono imperioso.

Sakura lo precedette, dopo essersi curata di aver preso tutto l'occorrente. Stava quasi per procedere in avanti – lo sguardo 
incendiato, quasi sapesse quello che le sarebbe spettato – e il capo rivolto verso l'alto; Naruto si fermò qualche istante ad osservare l'espressione dell'amica, 
non l'aveva mai vista così sicura. Qualcosa, però, frenò il braccio di Sakura, un contatto freddo a primo acchito. 
Naruto le aveva bloccato il braccio, una morsa stretta quanto bastava a farle bloccare l'intera circolazione sanguigna.

«Cosa c'è?»

Disse lei, quasi infastidita da quel gesto. Non si potevano permettere di perdere tempo, in nessun modo possibile: era tempo di guerra, quello, 
le emozioni e i sentimenti non erano adatti ad uno scenario così macabro.

«Questa potrebbe essere l'ultima volta che ci vediamo... Sakura-chan.»

Il ragazzo chinò il capo, palesando una certa insofferenza. Sakura allora, con leggerezza estrema, gli prese anche l'altro braccio, 
fino ad arrivare alla sua mano e a sovrapporla alla propria.

«Potrebbe...» proferì, con amarezza. «... ma questo non vuol dire che dovrebbe

Gli occhi cerulei di Naruto si specchiarono nei suoi cercando un abbraccio, una carezza, un qualsiasi gesto che avesse dell'affettuoso.

«Non guardarmi così, Sakura-chan. Ti prego.» ritrasse lo sguardo il ragazzo, affascinato o forse infastidito dal gesto che gli era stato riservato. 
«Se il fatto che ti amo – lo sai, ormai – conta qualcosa, non guardarmi così.»

Proprio qualche giorno prima Naruto le si era dichiarato. 
Sakura aveva sospettato negli ultimi tempi qualcosa, ma non aveva pensato di certo ad una prova d'amore così, servita su un piatto d'argento. 
Quella sera aveva cercato di sfuggire dallo sguardo indagatore e innamorato dell'amico, ma alla fine aveva dovuto fare i conti con il cuore, 
chiedendosi quale fosse la risposta. E, con enorme rammarico, dovette convenire dandosi della stupida: cosa desiderava di più? 
Poteva avere un ragazzo – un vero ragazzo e non un sogno, come lo era ormai da anni l'altro – e si era lasciata sfuggire l'occasione. 
Con una sola parola – Sasuke – aveva visto il fiore della giovinezza che disegnava i suoi lineamenti appassire, tramutandosi in un serio e cupo sguardo. 
Le doleva ancora, ma, dopotutto, come poteva ingannarsi e ingannarlo? Ingannare gli altri equivale ad ingannare se stessi, assomiglia un po' ad 
un omicidio, in quanto, quando lo si commette si conosce il colpevole, ma anche la vittima.

La cosa che le faceva più male era essere il colpevole... Colpevole mille volte! Naruto l'amava, la stimava, la considerava in un modo che Sasuke non 
si sarebbe nemmeno sognato di pensare, la desiderava non solo come un uomo innamorato, bensì come colui che venerava una divinità, 
in piena contemplazione dell'eterna e immutabile bellezza interiore ed esteriore che possedeva.

Perché? – si domandava di notte, torcendosi in mille pensieri, soffrendo quando il pensiero di colui che era stato il primo amore, ma anche 
l'amore attuale, la disturbava.

Allora le certezze venivano meno, i dissidi interiori erano all'ordine del giorno. La sensibilità di un cuore innamorato è tanto fragile quanto duro: 
più si rafforza, tanto più si frantuma, nel giro di un millesimo di secondo. Serviva a quello innamorarsi? – si chiedeva abitualmente, tra una lacrima
e un sorriso di cartapesta per attenuare il dolore.

Giurare eterno riposo al proprio cuore non era un bel modo di andare avanti, anzi, più soffriva più tornava indietro con la memoria, 
ripescando ricordanze che sembravano sepolte.

«Perdonami, Naruto.» bisbigliò Sakura, incespicando in qualche lacrima assassina. «Perdonami come ad un'assassina si potrebbe perdonare un reato, 
perché quello che amo merita davvero di esser punito.»

D'un tratto non sentì più la stretta amica, Naruto l'aveva lasciata andare. Vide solamente il suo sguardo perduto, assente, forse piccato nell'animo. 
Un sorriso mesto indugiò con amarezza sulle sue labbra, ormai denigrate in ogni maniera possibile.

Sakura non lo vide più: una folata di vento investì armonicamente i suoi capelli, poi, più nulla.
Una lacrima giustiziò indegnamente il suo zigomo, solitaria e crudele come solo l'amarezza sa esserlo.






Sakura si alzò poco a poco, con le mani piuttosto doloranti. Le ginocchia le chiedevano pietà, date le numerose ferite che l'avevano costretta più volte 
a cadere, sottomettendosi al dolore. I due occhi smeraldo cercarono la figura di Tsunade-Sama, di Yamato-Sensei, di Kakashi-Sensei... Persino di Naruto 
– l'aveva immaginato gettarsi in pista con il suo solito fare brioso, completamente estraneo alla razionalità – ma non fu tentata di pronunciare i loro nomi 
ad alta voce, quell'inquietante silenzio stava seriamente mettendo a dura prova il suo coraggio. Faticò ad ergersi in piedi, all'iniziò ciondolò un po', ma
si mantenne ad una roccia nei paraggi. Quando si sentì abbastanza sicura abbandonò anche quella presa, ma, con suo rammarico, lo spettacolo che vide non
gli piacque affatto: dalle sue mani colava un liquido vermiglio, quasi inorridì osservandolo.

Durante la sua vita da medic-ninja aveva visto tante persone morire, aveva pregato fino all'ultimo che il loro sangue fosse risparmiato, trattenendolo addirittura
sulle sue mani quando le era possibile. Ma, quella volta, quel sangue non era solo rosso, bensì anche nero e sembrava volerle dire qualcosa, come ad avvisarla 
di uno spettacolo a cui non era stata invitata, men che meno ne aveva preso parte.

E, spostando lo sguardo oltre la semplice visuale delle proprie mani, vide una serie di corpi martoriati e gettati insieme, uno sopra l'altro, 
quasi fossero un castello di anime ormai andate in pezzi, uno scenario in cui il rosso era l'unico dolore che predominava.

Le parve addirittura di vedere le loro anime salire verso l'alto e i loro sguardi sorriderle per un'ultima volta. Erano davvero morti tutti? 
I suoi insegnanti, suoi mentori, sue guide, li vedeva li uni accanto agli altri, nei loro volti la vita si era spenta e ciò che ne restava era solo il ricordo,
delle leggende che presto o tardi si sarebbero tramandate, di padre in figlio, generazione dopo generazione.

Tutti i suoi amici, ogni cosa, ogni costruzione, persino i dettagli di Konoha che fino ad allora aveva odiato, tutto era stato distrutto e, in quel momento, 
vide solo macerie a terra, camminava e calpestava il Villaggio sotto di lei, ben attenta a non pestare l'orgoglio dei ninja che avevano dato la vita per difenderla.

Poi, mentre s'addentrava con passo lento e cadenzato nella foresta delle anime, qualcosa attirò in particolar attenzione il suo sguardo: Sasuke Uchiha,
la lama impugnata con orgoglio da una parte e la vittoria in tasca dall'altra, agiva in religioso silenzio, uccidendo gli ultimi respiri degli abitanti di 
Konoha, proprio sotto di lui.

La ragazza strinse i pugni con forza, talmente tanto che le nocche parvero arrossarsi anch'esse di rabbia, i suoi occhi dapprima piangenti, frastornati dal macabro
spettacolo che aveva veduto senza il minimo rispetto per quella popolazione che le aveva dato tanto, ora brillavano di un colore estraneo al suo volto, un misto
tra il rosso più acceso e il nero più cupo.

«Sasuke Uchiha»

Lo chiamò ad alta voce, sperando di aver attirato la sua attenzione; così fu, perché un istante dopo vide il corpo del ragazzo dirigersi in sua direzione, 
leggermente sbigottito. Non credeva davvero che quell'inutile ragazza avrebbe mantenuto la pelle fino a quel punto. 
Per un buon minuto i loro sguardi si scontrarono, travolti da un tripudio di emozioni, di parole dette e non dette, di silenzi che
precedevano un aspro scontro.

Addio sentimenti – proferì a bassa voce, pronta come una leonessa in battaglia a dare il massimo di sé.




   
 
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