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Autore: Mitsutsuki    23/03/2010    3 recensioni
Invecchia con me, il meglio deve ancora venire: l’ultima parte della vita, di cui la prima è solo il preludio.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Coppie: Touya/Yukito
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Serie: Card Captor Sakura
Partecipante a: Caccia alle Uova - Challenge@FW.it
Prompt: 16 - Moltiplica per dieci la tua altezza in cm e dividila per due. Scrivi una storia con quell’esatto numero di parole.
N° Parole: 170 x 10/2 = 850 [Contatore di Pages]
Timeline: Dopo Serie
Capitolo: 1/1
Note: Idea delle 00:00 del 18 Marzo, adeguata alla Challenge. Forse sarebbe stata meglio più corta.
Disclaimers: CCS è © CLAMP. L’introduzione è tratta dalla traduzione italiana di Paria dei cieli di Isaac Asimov (Mondadori, 1988).


One Shot
Invecchierai



Il pomeriggio, la classe era irrealmente silenziosa.
Terminata la pausa pranzo, gli studenti si dedicavano alle attività extra-scolastiche da loro prescelte a inizio anno. Dai cortili riecheggiavano voci di rivincita e comandi di un professore esasperato, incapace di gestire i propri alunni.
Quel giorno, gli allenamenti di calcio erano stati sospesi, ragion per cui Touya aveva pensato di godersi la classe vuota e silente, guardando distrattamente fuori dal vetro delle finestre.
Cielo coperto, che non minaccia pioggia e si limita a tingere di grigio la città.

Qualcuno aprì la porta.
Non dovette neanche voltarsi.
Lo riconobbe non appena sentì i primi passi avvicinarsi e la plastica dei sacchetti muoversi leggera, in risposta allo spostamento d’aria.
Forse in lui non scorreva più neanche un rivolo di magia, ma gli era rimasto l’affetto.

Perché i sacchetti di Yukito facevano un rumore diverso dagli altri.
Perché la cadenza dei suoi passi aveva un ritmo particolare.
E perché lui lo riconosceva.
Sempre.

Si sedette nel banco di fronte al suo, poggiando un grosso sacco di carta sulle ginocchia. Con la coda dell’occhio, poté intravedere circa una decina di confezioni alimentari in plastica, contenti panini di varia consistenza e misura. Per lo più contenevano gli ingredienti tipici dei sandwich, ma qualche volta gli piaceva cambiare un po’.
Lo salutò e addentò un panino con la voracità di chi non mangia da giorni.
— Di’ un po’, come mai hai raddoppiato la porzione, oggi? — Gli chiese, cercando di nascondere il velato moto di preoccupazione che l’aveva preso tutt’a un tratto.
L’idea che potesse sparirgli davanti agli occhi tornava a tormentarlo di tanto in tanto, anche se la parte razionale di lui gli ricordava che non c’era più alcun pericolo.
Yukito dovette abbandonare a malincuore la degustazione del suo secondo pranzo. Guardò Touya vagamente spaesato.
— Trovi che abbia esagerato? —
— Beh... —
L’altro osservò meglio. Dieci panini, un sacchetto di patatine imboscato, due lattine di chissà cosa nascoste da qualche parte. Indicò le patatine. Effettivamente, salvo quelle, era ancora tutto nella norma. Per lo meno per gli standard di Yukito.
— Ah, erano in offerta. Vuoi? —
Scosse il capo, portando avanti una mano a fermare un’eventuale insistenza.
Cosa che non avvenne. Yukito non era il tipo che s’imponeva agli altri.

Touya rimase a guardare l’amico mangiare, l’unica attività che, ne era certo, l’avrebbe addirittura spinto ad iscriversi a qualche club scolastico, se solo ce ne fosse stato uno apposta.
— Yuki. —
Fece una pausa, aspettandosi di venir interrotto da un momento all’altro.
Akizuki doveva averli maledetti: dopo che la ragazza era tornata a Londra, le sue conversazioni con Yukito venivano regolarmente interrotte, tagliate, rinviate da una serie di coincidenze poco felici che li portavano a concludere con un sbrigativo: “Ne parliamo dopo”.
Decisamente snervante.

Il silenzio che seguì, però, sembrò volerlo incoraggiare ad andare avanti, per cui riprese, mentre Yukito divorava il terzo panino quasi avesse le dimensioni di una caramella.
— Tu credi di poter invecchiare? —
L’ultimo boccone di pane rimase sospeso a mezz’aria, stretto tra dita che, non trovando la via della bocca, tornarono ad appoggiarsi sul banco.
Gli rivolse uno sguardo perso nel vuoto. Di chi non ha idea di cosa dovrebbe provare.
— Non lo so. —
Touya fece un cenno d’assenso.
Era un’idea palesatasi alle porte del suo cervello in una notte d’insonnia.
Stava mentalmente divagando avanti di qualche anno, immaginando cosa avrebbe potuto fare, i progetti da portare a compimento... poi gli era venuto in mente Yukito. Così, senza una ragione ben precisa. Aveva pensato al suo miglior amico. A quell’amico che non era umano, ma che si presentava come se lo fosse.
E mentre si chiedeva se gli sarebbe stato al fianco anche in futuro, non era stato capace d’immaginarlo cambiare: non l’aveva visto alzarsi di qualche centimetro, o avere i capelli più lunghi, o con un qualsiasi altro particolare che lo distinguesse dallo stesso Yukito che ora gli stava innanzi.
Quel “non lo so” mascherava soltanto il timore di dare una risposta affermativa, di cui, d’altronde, nessuno dei due avvertiva l’esigenza.
Sospirò, spingendo indietro lo schienale della sedia, finché questo non toccò il banco dietro di lui. Rimase a dondolarsi sulle gambe posteriori.
— Io invece invecchierò. —
E questa volta fu Yukito ad annuire, rimanendo in silenzio.
Attendendo con pazienza che andasse avanti.
— Credi che potrai sopportare la vista di un uomo vecchio, con i capelli bianchi e che non riesce a tenere la dentiera attaccata alla mandibola? —
Lo sguardo dell’altro, fino a quel momento teso e tirato, si addolcì con un sorriso a fior di labbra. Lo rassicurò senza parlare. Attraverso quel gesto, gli disse che ci avrebbero pensato dopo, che non gli importava, che sarebbe comunque stato il suo numero uno.
Senza smettere di sorridere, questa volta in un modo quasi divertito, estrasse dal sacchetto un nuovo panino e lo offrì a Touya.
— Dicono che mangiare sano prevenga la vecchiaia. —
Touya sbuffò divertito, prendendo il panino.
Era al formaggio. Sicuramente tra i più normali nella dieta dell’amico.
Sorrise, addentando i primi bocconi.

Non c’era motivo di credere che Yukito gli avesse mentito.
Lui sarebbe stato per sempre il suo numero uno.
E tanto gli bastava.

  
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