Capitolo 1 – Loneliness and Guilt
- Cosa ti turba?
Miroku si alzò di scatto dal letto. Si sentiva sporco, una vera merda.
Si vestì immediatamente, non badando ai vestiti messi alla rovescia, alle etichette all’esterno. Voleva, doveva uscire da quell’appartamento claustrofobico.
Stava andando in iperventilazione, la stanza girava su se stessa e i piedi non volevano entrare nelle scarpe.
- Miroku, che ti succede sei strano…- fece lei languidamente.
La guardò sdraiata sul letto. Era una gatta sinuosa e tentatrice e si maledì di non averla mai voluta e potuta conoscere quando avrebbe potuto.
- Devo andare.- biascicò trascinandosi per la casa, che non era la sua.
- Torna qui.- Kikyo si alzò con uno sguardo torvo e in poche falcate lo raggiunse, neanche in grado di reggersi in piedi.
- Cosa…v-vuoi…- respirava pesantemente, i polmoni non incameravano aria a sufficienza.
- Mi servi…- scosse la testa e si portò una mano alla bocca, quasi a rendersi conto di star svelando troppo - …mi servi perché il piacere che mi dai tu, non me l’ha dato mai nessuno.- così dicendo si avvicinò alla bocca di Miroku sfiorandola con la sua. Il ragazzo roteò gli occhi all’indietro, incapace di fare qualsiasi cosa, si fece forza e la fissò nuovamente.
- Ki…Ki…kyo…no…- e poi fu il buio.
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Stava svaccata sulla poltrona e faceva dondolare le gambe oltre il bracciolo, riordinando le foto della giornata sul portatile, quando sentì uno strano rumore provenire dallo stomaco. Sbattendo gli occhi per il fragore e il dolore per la fame, guardò l’ora.
- Le nove, fantastico.- posò il pc e attraversò la stanza arrivando alla cucina. Kagome viveva in un piccolo bilocale totalmente ristrutturato qualche anno prima secondo il suo esatto volere. Regalo dei suoi genitori per il successo delle mostre fotografiche. Due ampie camere, due bagni, uno sgabuzzino, un piccolo corridoio e un grande open space ad accogliere le persone. Le piacciono gli spazi grandi e luminosi, le case arredate con stile minimal ma con dettagli che fanno la differenza. Lei amava le fotografie, aveva disseminato casa con migliaia di cornici a creare giochi di forme e colori.
Il frigorifero non le diede le risposte che lei cercava e si aspettava.
- Vuoto!- rimase a bocca aperta a fissare il nulla nell’elettrodomestico. Suonarono alla porta.
- Apri disgraziata, sono io, lo so che non hai niente da mangiare.- Kagome aprendo la porta fece accomodare Sango.
- Come sai che non ho ancora mangiato?- chiese con una voce atona.
- Tu non hai mai da mangiare, se potessi vivresti d’aria.- risero entrambe e si sedettero sul divano a mangiare pizza e guardare la tv.
- Kouga non dice niente che sei spesso e volentieri a casa mia?
- Che cosa deve dirmi?
- “Hai un’amica dall’infanzia che sta di merda, stai a casa e pensa a me tuo marito e lasciala nella sua disperazione” potrebbe essere una frase…perfetta.- addentò la punta di una fetta dalla quale stava colando il formaggio.
- Kouga deve solo stare zitto. Eravamo in luna di miele quando Hojo ti ha lasciato qualche anno fa per poi riprenderti, ed eravamo in vacanza l’estate scorsa quando sempre Hojo ha fatto…quel che ha fatto. Io non gli impedisco di vedere i suoi amici single che lo portano a giocare a biliardo.- fissò Kagome leccandosi la punta delle dita sporche di pomodoro – Anche se parlasse non starei a sentirlo.- l’amica rise del suo sfogo – Sì, Kachan, proprio così si fa.
- Già. Devi darmi ripetizioni di risate Sachan forse mi sono dimenticata come si fa.
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Aprì gli occhi trovandosi in un letto caldo con lenzuola leggere di lino color vermiglio. Era ancora quel letto.
- KIKYO!- tuonò Miroku per attirare l’attenzione della ragazza che seduta davanti alla pesante specchiera in legno massiccio, si spazzolava i lunghi capelli.
- Ti sei svegliato, piccolo caro!- si avvicinò a lui e chinatasi al suo fianco prese ad accarezzargli la testa con fare premuroso.
- Slegami immediatamente. Lasciami andare via.- la ragazza fece un’espressione fintamente stupita.
- Ma come? Mi sembrava ti piacesse la mia compagnia.- Miroku era convinto che lei sapesse chi fosse, o meglio, chi fosse lui per Inuyasha. Ma non doveva capire che lui sapeva chi era lei.
- Kikyo, ho una fidanzata incinta. Per quello ho avuto una reazione simile. Mi stava chiamando, devo andare, ORA!- mentire per trovare salvezza.
Kikyo sollevando un sopracciglio iniziò a sciogliere i nodi della corda che aveva usato per legargli i polsi alla testiera del letto.
- Se avessi saputo che eri fidanzato e per di più quasi padre, non avrei fatto tutto ciò. Sei stato scorretto. Pensavo fossi importante.
- Addio.- Miroku se ne andò in fretta e furia, lasciando la ragazza seduta sul letto con le corde in mano ed uno strano sorriso in faccia.
“Lei sa. Tutto.” Aveva la testa che gli scoppiava, tanti troppi pensieri che gli affollavano la testa e non gli davano tregua nemmeno per un secondo. Dirlo ad Inuyasha? Non dirglielo e celare la cosa? Dirgli una mezza verità?
Senza che neppure se ne accorgesse, le gambe gli fecero attraversare quasi mezza città, conducendolo sotto casa dell’amico. Sospirò. Prese il coraggio non a due, non a quattro, ma a cento mani e suonò il bottone del citofono che portava scritto “Ragahisho”.
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Eccomi di nuovo…ci sto prendendo gusto xD
Spero vi intrighi la storia e che continuerete a seguirmi, io mi prendo l’impegno di aggiornare immediatamente ogni volta che il capitolo risulta pronto…
E ora è tempo dei primi ringraziamenti.
A fmi89: grazie per i complimenti, crepi il lupo e spero che questo capitolo regga la suspance del prologo! Grazie mille fammi sapere come proseguo!
Baci coccolosi a tutti!
LaNana