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Autore: Mina7Z    25/03/2010    1 recensioni
Il primo capitolo di questa storia è stato pubblicato tempo fa su un altro sito.
Adesso è arrivato il momento di proporvi la storia completa che ho tenuto chiusa in un cassetto per molti anni.
Che Oscar e Andre siano morti proprio nel momento in cui la loro felicità iniziava è sempre stato per me troppo doloroso e  per alcuni versi inaccettabile.  Ho quindi pensato di  immaginare un seguito della storia dove  il destino riservi loro  altre mille avventure……..
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Il dolore

 

Il dolore non accennava a diminuire. Si era insinuato in lei come una pietra che le pesava nel petto e nello stomaco.

Trascorreva le notti ad immaginare  gli incontri amorosi tra Andrè e quella donna. 

Pensava ai loro corpi nudi che ansimavano di piacere, pensava a lui che la baciava e le sussurrava parole d’amore e si sentiva impazzire. 

L’unico rimedio alle sofferenze era l’alcool. Spesso si recava in una taverna isolata per ubriacarsi senza essere vista dai suoi soldati e beveva tanto da stare male.

Una sera Alain la incontrò  mentre scendeva le scale della caserma. “Uscite comandante?”

“Si Alain, vado a fare un giro, fa molto caldo.”

“Volete un po’ di compagnia? Potremo andare a bere in una locanda  poco frequentata, che ne dite?”

“Va bene Alain” rispose lei rassegnata “Ma non sarò una buona compagnia, non sono dell’umore adatto”.

Oscar fissava senza parlare il bicchiere di vino rosso che teneva tra le mani.

“A cosa pensate comandante?”

“A niente Alain, o forse a tutto, chissà”.

“Beh, certo che siete un po’ complicata non vi pare?” Alain scoppiò in una rumorosa risata.

L’espressione di Oscar sembrava diventare ancora più cupa.

“Alain, tu pensi che Andrè sia felice con quella donna?” 

“Alain trasalì, non pensava che lei lo sapesse. 

Notò che i suoi occhi erano lucidi e aveva un’espressione profondamente triste. 

“Io spero di si, ma temo che Andrè voglia essere felice solo con voi,……… nonostante tutto”.

“Io gli auguro di essere felice, tanto felice lui se lo merita,  davvero Alain, mi devi credere”.

Non riuscì più a trattenere le lacrime che iniziarono a scorrerle sulle guance.

“Vi credo non temete”.

 

 

Oscar si sentiva rincuorata dalle parole di Alain. Era mai possibile che Andrè non l’avesse dimenticata?. Erano settimane che  non le rivolgeva neanche la parola. Non sapeva cosa pensare.

La sera seguente faceva un caldo insopportabile, Oscar non riusciva a dormire. Era troppo assorta nei suoi pensieri per Andrè. 

Erano quasi le due di notte e con indosso una camicia bianca  e pantaloni uscì sulla terrazza e si sedette per terra appoggiando la testa  sulle ginocchia. Nessuno l’avrebbe vista a quell’ora.

Non si accorse che Alain, affacciato aduna finestra della caserma, condividendo con lei una notte insonne, la osservava allibito. Si rese conto che stava piangendo. Era dunque una corazza quell’aria altera e severa che la caratterizzava? Anche lei poteva soffrire. Per amore forse? Per Andrè? Chissà.  Lui si era intromesso spingendola a  respingerlo e Andrè si era buttato tra le braccia di una donna che non amava.

Avrebbe voluto correre da lei, prenderla tra le braccia, asciugarle le lacrime  e consolarla ma non poteva farlo. Era la donna amata dal suo amico.Era una donna che aveva negato a se stessa il permesso di amare.

 

C’era un’altra cosa che preoccupava Oscar. La sua salute era molto peggiorata e non poteva più fingere di non avere nulla. Era spesso preda di attacchi di tosse incontrollabili  che le toglievano il respiro  e spesso la febbre la lasciava sfinita e priva di forze. 

Non si era confidata con nessuno e temeva che prima o poi chi le stava vicino si sarebbe potuto accorgere della  gravità della malattia.

I turni di guardia erano massacranti e spesso passava ore sotto la pioggia senza potersi riparare.

Una sera fu colta da una febbre molto alta e decise di rimanere in caserma.

Non  sarebbe riuscita ad affrontare il viaggio da sola sino a casa Jarjayes e non voleva chiedere aiuto ad Andrè per paura che si accorgesse delle sue condizioni. Inoltre quella sera lui era in libera uscita e non voleva certo essere di peso.

Si sentiva male, la testa le girava ed  era assalita da tremori incontrollabili. Si sedette sul divanetto dell’ufficio pensando di avere chiuso la porta a chiave.

Era già molto tardi  quando Alain, rientrato prima di Andrà si accorse della luce che ancora illuminava l’ufficio.  Bussò piano e non sentendo risposta decise di aprire la porta.

Trovò Oscar  distesa sul divano  che ansimava visibilmente.

“Comandante state male? Oscar!” 

Lei aprì gli occhi e lo guardò con sorpresa. “Che fai qui Alain? Non ti devi preoccupare, non è nulla”

Lui le posò la mano sulla fronte.. “Volete che chiami un dottore? Avete un bel febbrone. Bruciate!. Volete che chiami Andrè?”

Queste parole riuscirono a scuotere Oscar dal torpore. “No….no…..ti prego non gli dire nulla..non voglio disturbarlo”.

“Non potete rimanere qui per tutta la notte, prenderete  freddo. Vi accompagno  nei vostri appartamenti”. Non sentendo lamentele da parte di Oscar, la aiutò ad alzarsi e la accompagnò nelle sue stanze.

“E’ da un po’ di tempo che siete sempre pallida, non state bene vero? Non volete che chiami un medico comandante?. 

“No, non è necessario, grazie Alain”. 

Oscar si infilò sotto le coperte  senza spogliarsi e si addormentò subito.  Alain non voleva lasciarla sola. Sembrava così triste e infelice. La fissò intensamente. Era bella, maledettamente bella anche in quelle condizioni. 

Decise di rimanere accanto a lei ancora un po’ di tempo.  Prese un panno,  lo bagnò con dell’acqua fresca e lo posò sulla sua fronte. Voleva darle un po’ di sollievo.

All’improvviso sentì un lamento, Oscar era incosciente, forse vaneggiava per la febbre alta ma  pronunciava chiaramente un nome “Andre…..Andrè..” Alain ne fu molto sorpreso.

Notò che dai suoi occhi iniziavano a scendere delle lacrime. “Andre…..non mi lasciare…ti prego………non lasciarmi sola…..”.

Alain era sconvolto.

Era mai possibile che lei ricambiasse i sentimenti dell’amico? Perché lo stava chiamando in quel modo?  Non si era sbagliato dunque quando l’aveva provocata gridandole in faccia che non aveva il coraggio di ammettere  i propri sentimenti. 

Lei tornò per un attimo in sé e si rese conta di avere chiamato Andrè di fronte ad Alain. Lui la guardava con aria interrogativa.  “Comandante………”

Lei non gli lasciò terminare la frase. “Non dirgli niente Alain per favore, non deve sapere niente di quello  che hai visto o sentito stasera. Me lo devi giurare.”

L’uomo era perplesso. “Perché vi ostinate in questo modo a farvi del male?  Fate male anche ad Andrè così, non ve ne rendete conto?.” 

Lei non riuscì ad obiettare. Disse solo “Ti prego…giuramelo..” e le  lacrime le rigarono nuovamente  il viso 

“Va bene, come volete. Accidenti a voi due…. Ma come siete complicati !”. 

“Alain, io sto un po’ meglio. Puoi andare a dormire adesso.  Ti ringrazio di tutto.”

 

 

La situazione era davvero precipitata. Da quando il Delfino di Francia era morto  la Regina era caduta in una disperazione profonda.

Poco di quello che stava accadendo le interessava veramente. Pensava solo ad allontanarsi da Versailles. L’occasione per  risollevarsi le venne dalla notizia che M.me Noel, l’anziana dama di compagnia al tempo del suo attivo in Francia era in fin di vita. Decise di raggiungerla nel castello di Vendome.

La guardia  reale non poteva  scortarla nel viaggio e chiese quindi al Generale Boullie la scorta dei soldati comandati da Oscar.  Dopo qualche insistenza riuscì a convincere il Re e ottenne l’autorizzazione di partire.

La notizia sorprese Oscar e ancor più i suoi soldati. Sarebbero stati in grado di proteggere la Regina?  E poi non era certo compito loro proteggere i nobili, né tanto meno l’odiata austriaca.

Dovettero accettare l’incarico di buon grado, senza  esprimere apertamente il loro disappunto.

I preparativi furono frenetici. Boullie aveva avvisato Oscar della pericolosità dell’operazione. Potevano esserci gruppi di ribelli che approfittando dell’occasiona  avrebbero potuto tentare atti inconsulti. Oscar doveva stare particolarmente all’erta e non lasciare nulla al caso.

La sua salute peggiorava di giorno in giorno. Aveva quasi sempre la febbre e iniziava a preoccuparsi di non essere più in grado di  essere all’altezza del suo ruolo.

Sarebbero partiti  due giorni dopo e Oscar pensò di rientrare a casa per riposarsi e tentare di ristabilirsi un po’.

Giunse a palazzo in serata, cenò da sola e salì in camera sua. Si sentiva stanca, maledettamente stanca e sapeva che questo poteva solo dire che la malattia la stava consumando lentamente.  La febbre era salita di nuovo. Sentiva continuamente brividi di freddo che le provocavano un tremolio incontrollabile e la testa le girava. Pensò di andare subito a letto. Si svestì, si mise la camicia da notte bianca e si infilò sotto le coperte. Il respiro era affannoso e sentiva bagnata dal sudore provocato dalla febbre.  Si addormentò subito ma dopo un paio d’ore di sonno agitato, si svegliò  con la gola arsa dalla sete.  Nonostante non si sentisse in forze, si costrinse a scendere nelle cucine per prendere dell’acqua fresca.

 

Anche Andrè aveva deciso di tornare a palazzo per salutare la nonna. Erano diverse settimane che non la vedeva e sapeva che era molto in ansia per lui. Aveva pensato di arrivare a casa dopo cena  per non incontrare Oscar.  Si era talmente abituato al clima di gelo che si era instaurato tra di loro che l’idea di vederla  in privato lo spaventava.  Non avrebbe sopportato uno sguardo di disprezzo o di pietà da parte sua. E alla commiserazione era arrivato a preferire l’indifferenza. Da tempo non si parlavano se non per dare o chiedere ordini, lei non lo guardava più negli occhi, non gli chiedeva più consigli, non si confidava più con lui.

La cosa che lo faceva soffrire maggiormente era però il pensiero che adesso Oscar era sola. 

Non avrebbe più potuto o voluto contare sull’aiuto  di un amico fidato. E si sentiva in colpa per averla lasciata sola. Sapeva che lei non aveva mai avuto altre persone sulle quali potere contare o con le quali confidarsi. Temeva che se si fosse trovata in pericolo si sarebbe trovata sola.

Fissava il fuoco del camino della cucina. Era molto tardi e i domestici erano tutti a dormire.

Prese del vino rosso, si sedette vicino al fuoco e non riuscì a non pensare a quante serate avevano trascorso vicino al fuoco a sorseggiare vino parlando di poesia, di  letteratura, di Versailles e dei suoi scandali, della fame a Parigi e della rabbia del popolo oppresso.

 

Ad un tratto, mentre era immerso in questi ricordi, sentì un rumore e un lamento  provenire dal salone. Pensò fosse il caso  di andare a controllare. Non era facile vedere chiaramente se c’era qualcuno. L’ambiente era buio e la sua vista  malandata non gli era di aiuto.

Gli parve di scorgere una figura  bianca sulle scale e avvicinandosi  riconobbe Oscar. Era  seduta su di un gradino e con le mani si teneva stretta alla balaustra. Non era normale vederla in quello stato, doveva esserle accaduto qualcosa. La  raggiunse e notò che aveva gli occhi chiusi.  Era visibilmente sudata e il respiro era affaticato. “Oscar….stai male? Oscar…..che  hai rispondimi sono Andrè Oscar…..” Pronunciò queste parole con un tono calmo e rassicurante, non voleva farla agitare.

Lei aprì gli occhi e lo osservò con aria stupita. Che ci faceva a casa? Stava forse sognando?

“Sono scesa per prendere dell’acqua, ma mi girava la testa…….forse ho un po’ di febbre…non è niente, non preoccuparti Andrè, ora passa”.

Era felice di averlo lì con lei, si sentiva sicura  con Andrè. Non voleva però  fargli sospettare che avesse problemi di salute.

“Senti, facciamo una cosa, io ti porto in camera tua e poi ti prendo l’acqua. D’accordo?”

Oscar si sentiva troppo debole per protestare. “Va bene, come vuoi”

La sollevò delicatamente e la prese in braccio. Lei si sentì avvolta da braccia forti, protettive e fidate. Entrò in camera di Oscar e la pose sul grande letto. Le portò l’acqua e si sedette sul bordo del letto vicino a lei e le rimboccò la coperta.

“Sei sicura di stare bene Oscar? Vuoi che chiami il medico?” Sapeva che la proposta l’avrebbe potuta irritare.

“Non è niente Andrè è solo stanchezza domani starò bene, non ti preoccupare, ma ti ringrazio lo stesso….sei  stato gentile.

Nel pronunciare quelle parole le lacrime iniziarono  a riempirle gli occhi e rigarle le guance. Si sentiva troppo debole per controllare tutte le emozioni che provava….. nascondere la malattia…..nascondere i sentimenti per l’uomo che amava……..nascondere la gelosia, la solitudine che provava da tempo…..si sentiva senza difese e  in balia delle emozioni.

“Cosa c’è Oscar, cosa posso fare per aiutarti, dimmelo ti prego”. La vedeva soffrire e non era in grado di fare niente per lei e si sentiva morire dentro.

“Andrè dimmi  perché  non posso essere felice…….perché non mi è concesso?”

Lui la guardò con  aria triste. “A pochi è concesso di essere felici Oscar…….a pochi fortunati. Eppure basterebbe così poco……” Si accorse che  lei aveva chiuso gli occhi e che si era addormentata.  I segni delle lacrime le rigavano ancora il bel volto.

A me basterebbe il tuo amore Oscar …per essere felice” pensò.

Poche volte l’aveva vista in quello stato. Cosa stava succedendo alla sua Oscar? Perché stava soffrendo in quel modo? Si sentì inutile e sciocco per  non essere in grado di fare qualcosa per lei.  Andò in camera sua e si soffermò a fissare il cielo stellato.

Mi basterebbe il tuo amore Oscar, solo il tuo amore”.

 

Dopo un giorno di riposo Oscar si era ripresa. La febbre era calata e si sentiva in forze. Non ricordava  molto di quello che era successo quella notte sulle scale. Il giorno seguente aveva incontrato Andrè solo nel tardo pomeriggio. Si era affrettata a rassicurarlo sul fatto che non avesse nulla di grave, solo   un po’ di stanchezza. Avevano cenato velocemente e erano tornati in caserma quasi senza parlarsi.

 

 

   
 
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