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Autore: Mina7Z    25/03/2010    1 recensioni
Il primo capitolo di questa storia è stato pubblicato tempo fa su un altro sito.
Adesso è arrivato il momento di proporvi la storia completa che ho tenuto chiusa in un cassetto per molti anni.
Che Oscar e Andre siano morti proprio nel momento in cui la loro felicità iniziava è sempre stato per me troppo doloroso e  per alcuni versi inaccettabile.  Ho quindi pensato di  immaginare un seguito della storia dove  il destino riservi loro  altre mille avventure……..
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La decisione

 

 “ Oscar, Andrè, venite a vedere chi è arrivato fin qui!” La voce della nonna raggiunse i ragazzi che rientravano da una passeggiata sul cortile di casa.

“Buongiorno Madamigella Oscar, Andrè, come state cari amici, è meraviglioso rivedervi” Fersen era in piedi di fianco al camino del soggiorno e aveva in mano un bicchiere. Non potè fare  a meno di restare piacevolmente sorpreso dal nuovo abbigliamento di Oscar. Pensò che fosse infinitamente bella, una dea.

“Fersen……che piacere avervi qui.non ci posso credere……..come avete fatto a trovarci?” Oscar sorrideva ma l’espressione sul suo viso tradiva una certa tensione.

“La nonna aveva lasciato il vostro recapito in caso di necessità” Rise imbarazzato. “ Spero di non disturbarvi. Andrè come stai? Io devo ancora farvi le congratulazioni per il vostro matrimonio e per questo meraviglioso bimbo”

“Grazie  Fersen, siete molto gentile. Non ci disturbate affatto, è sempre un piacere avervi tra di noi”. Andrè rispose con tono sicuro. Anni prima solo la visione del conte avrebbe potuto irritarlo, ingelosirlo e innervosirlo. Ora no. Ora Oscar era sua e Fersen solo un ricordo del passato.

“Santo cielo Oscar, siete incantevole, splendida. Andrè è un uomo fortunato, veramente.”

“Rimarrete con noi qualche giorno vero? Ne saremmo lieti”.

“Non vorrei disturbare Oscar, però mi farebbe piacere”.

“D’accordo allora, sistemiamo la camera degli ospiti”.

Quella sera a cena c’era una strana atmosfera. Momenti di gioia e divertimento si alternavano a forti sensazioni di dolore. Nel rammentare episodi  divertenti del passato non potevano non tornare alla mente ricordi di un mondo che stava per essere definitivamente spazzato via.

Oscar aveva a tratti lo sguardo perso nel vuoto. Quanto dolore le davano quei ricordi…..Versailles, la corte, Parigi, la Regina, suo padre…….tutto ciò che Fersen nominava  non faceva altro che accrescere una sensazione di angoscia e di rimpianto. Pensò che avrebbe tanto voluto indossare abiti maschili in quel momento per  potersi riappropriare di quel passato che non le apparteneva più.

Si sentiva a disagio davanti a Fersen che l’aveva conosciuta in altre vesti.

Parigi…….Parigi….Versailles, la Corte……il Re… avrebbe voluto spronare il suo cavallo bianco al galoppo per cancellare i ricordi che le tornavano alla mente vorticosamente.

Aveva Julienne tra le braccia. Il bambino sorrideva e le tirava i capelli. Poi batteva le manine.  Oscar lo fissava e lo teneva stretto. Solo lui in quei momenti poteva riportarla alla realtà.

Fersen osservava la scena attentamente. Non riusciva a distogliere lo sguardo da Oscar. La ritrovava madre, donna bellissima e felice. E la disperazione lo assalì.

“Perché siete venuto qui Fersen? Non posso credere che abbiate fatto questo viaggio solo per vederci” Il tono di Andrè si era fatto improvvisamente serio. Quella visita improvvisa non lo tranquillizzava affatto. Aveva notato anche l’inquietudine di Oscar.

Fersen si alzò e si diresse verso la finestra aperta. Era metà luglio e faceva molto caldo. Una folata di vento gli  scompigliò i capelli. Lo sguardo perso nel vuoto.

“Io sono venuto qui spinto dall’egoismo che spinge l’uomo più disperato e solo del mondo. Avevo un progetto e volevo coinvolgere anche voi. Ma appena vi ho visto ho capito che non ho il diritto di coinvolgervi nei miei piani”.

“Fersen, parlate, di cosa si tratta? Che piani avete?” La voce di Oscar era tremante.

Senza distogliere lo sguardo da un infinito che sembrava indirizzato ad una meta precisa, Fersen iniziò a svelare il motivo della visita. “Sto organizzando la fuga della famiglia Reale  dalle Tuileries.  Sono in pericolo ogni giorno di più. Voi non immaginate  neanche  che il popolo francese sia arrivato ad un livello tale di odio nei confronti della Regina da chiederne la morte.  E non si tratta più di voci isolate. Il popolo nutre un odio infinito nei confronti della Regina e a Parigi la sua vita è in pericolo. Ho un piano per portare la famiglia Reale in Belgio. Ho l’appoggio di Boullie e di altri soldati. Non è un ‘impresa difficile, ho procurato dei lasciapassare che appartengono a una famiglia straniera. Usciranno dalle Tuileries travestiti. Li scorterò oltre il confine e saranno in salvo. Dal Belgio, o dall’Austria aspetteranno che gli animi tornino sereni e che il popolo capisca che la Francia senza Re non può esistere.

Oscar e Andrè erano senza parole.

Fersen continuò a parlare. “Voi siete una famiglia felice adesso, non ho il diritto di coinvolgervi in questo piano, non posso. Anzi, perdonate la mia intrusione e dimenticate ciò che vi ho detto.  Consideratemi solo un vecchio amico in visita di cortesia”.

Andrè volse lo sguardo verso Oscar. Sapeva che le parole del conte l’avrebbero turbata profondamente. Era fragile in quel periodo e temeva che l’arrivo di Fersen avrebbe potuto minare un equilibrio sempre più delicato. Ma Oscar non aveva detto una sola parola e lui sapeva che quando la donna non parlava l’inquietudine che aveva dentro si stava scatenando.

 

Quella notte non fu facile prendere sonno. “Cosa ne dici Andrè, che ne pensi?”

“Di cosa?”

“Del piano di Fersen, può funzionare? Pensi che riuscirà a condurre la famiglia Reale in Belgio?”

“Non senza inconvenienti, temo.” La voce di Andrè era tremante. Sentiva che Oscar era già troppo coinvolta nella questione. Le candele non si erano ancora spente e il viso di lei era lievemente illuminato dalla luce soffusa. La vedeva seria e pensosa. Fissava il soffitto con le braccia raccolte intorno alla nuca.

Cosa stai pensando” rifletteva tra sé Andrè “Pensi che vorresti unirti a Fersen per salvare la Regina? E’ questo che vuoi Oscar? Percepisco i battiti accelerati del tuo cuore. Sento la tensione che provi in questo momento. So che dentro di te ricordi e emozioni si stanno agitando. Ma non permetterò che tu ti perda Oscar. Non più”.

Chiuse gli occhi per qualche minuto e riuscì ad addormentarsi. Dopo un po’ però percepì che Oscar non era più  sdraiata nel letto e aprì gli occhi. Lei era seduta sul letto con la testa tra le mani.

“Cos’hai Oscar, perché non riesci a dormire?” Si tirò su e le si avvicinò.

“Non ho niente Andrè, non ti preoccupare”. La voce era debole e il tono molto indeciso.

“Tu vuoi andare con lui vero?”

“Da solo non ha molte possibilità di riuscire. Noi potremmo aiutarlo”

“Noi? Noi chi Oscar, io e te? E a Julienne non ci pensi? Se ci accadesse qualcosa chi si prenderebbe cura di lui?” Si alzò dal letto in preda alla rabbia.

“Ci posso andare io”

“Tu Oscar? Certo, tu sei solo la madre. Se ti accadesse qualcosa avrebbe sempre me vero?” La voce di Andrè si era fatta dura. “Non posso credere a quello che sento. Tu devi essere completamente impazzita. Che diavolo ti prende? Tieni così poco a noi? Non ti importa nulla se dovessimo soffrire per causa tua?  Che non ti importi di me posso anche capirlo, ma che tu non  pensi a Julienne non posso accettarlo”.

Andrè aveva pronunciato queste parole con rabbia. Oscar non si era neanche girata a guardarlo. Respirò profondamente per cercare di calmarsi e di trovare le parole giuste. Ma i pugni chiusi in una stretta  tremante tradivano tutta la sua agitazione. Le si avvicinò  e chinandosi la  scrutò. Gli occhi erano fissi verso un punto inesistente e sul viso un’espressione glaciale.

“Oscar……ti prego dimmi che non andrai…….dimmi che è stato l’impulso di un momento”.

Il tono di Andrè si era fatto più calmo.

“Andrè non puoi pensare che non mi importi di te o di Julienne. Siete le persone più importanti della mia vita. Darei la vita per entrambi. Però  io non posso dimenticare quello che sono stata. Non riesco a chiudere gli occhi e fare finta che la Regina non  esista e che non sia in pericolo. Ho trascorso venti anni della mia vita  proteggendola. Non posso rinnegare ciò che sono stata”.

Oscar alzò il viso e Andrè noto che le lacrime iniziavano a scorrere lungo il bel viso.

 “E non dimenticare vuole dire rischiare la propria vita per la famiglia Reale? Vuole dire sacrificare tutto ciò che abbiamo? No Oscar, non è giusto. Tu non sei più libera di decidere solo per te stessa. Tu sei una moglie e una madre e hai delle responsabilità. Devi ricordarlo”

“Io ci ho provato Andrè, con tutte le forze, ma dentro di me sento che il mio compito al servizio del Re non è ancora terminato. Devo aiutarli per l’ultima volta. Non capisci che la mia vita sarebbe stata vana se accadesse loro qualcosa”

“No Oscar, non è più un tuo problema. Tu non sei più al servizio della Regina. Altri pensano a lei ora. Io non ci posso credere….quel damerino piomba qui e tu ti precipiti ad aiutarlo. Cosa vuoi ottenere? La sua riconoscenza?  E noi? Noi non contiamo proprio per te vero? Cosa sono stati per te questi anni? Un ripiego per una vita che non hai potuto avere con lui?” Andrè era fuori di sé. La sollevò di peso e tenendole con forza le braccia le gridava in faccia tutta la sua disperazione.

“Rispondi per Dio………dì qualcosa”.

“Non puoi credere questo, non tu Andrè non puoi pensarlo veramente. Io ti ho sposato perché ti amo. non per ripiego, come puoi dire una cosa del genere. Ti chiedo solo di capire i motivi che mi spingono a aiutare la Regina”.  La voce di Oscar era tremante.

“E quali sono questi maledetti motivi?  Non è abbastanza avere rischiato mille volte la vita per lei? Non è sufficiente? Lei non si merita che tu ti sacrifichi…….non ha mai appreso nulla dai suoi errori…….è  rimasta la ragazzina capricciosa e insoddisfatta che  è sempre stata. E’ riuscita a farsi odiare da tutta la Francia e ora anche io la odierò se tu partirai per raggiungerla”

La lasciò dalla stretta e lei ricadde sul letto come senza forze. Andrè uscì dalla stanza ancora furioso. Corse giù dalle scale e raggiunta la cucina si precipitò a prendere una bottiglia di vino rosso. Aveva la testa in fiamme, sentiva i battiti del cuore che gli salivano in gola.  Si versò il primo bicchiere e lo bevve d’un fiato. Voleva solo bere tanto da dimenticare quello che era successo. Almeno fino al giorno successivo.Si versò un altro bicchiere e lo bevve senza gustarne il sapore. Avrebbe voluto  urlare, inveire,  battere i pugni contro il tavolo ma non voleva creare scompiglio in casa. Oscar non aveva neanche tentato di fermarlo e non era scesa a vedere come stava.

Avrebbe giurato che niente e nessuno fosse in grado di minare la felicità che avevano costruito. E ora si presentava  Fersen a rovinare tutto. E la bufera si era scatenata in Oscar.

Lui sapeva che il passato rappresentava un pericolo per l’equilibrio della moglie, ma non avrebbe mai creduto che  il sogno meraviglioso che stavano vivendo sarebbe andato in pezzi tanto facilmente.  Ma si sentiva stanco e appoggiando la testa e le braccia sul tavolo, si addormentò.

In camera Oscar continuava a pensare agli ultimi avvenimenti. Si sentiva come frastornata. Andrè non aveva capito e forse non l’avrebbe mai fatto. Lui difendeva la famiglia e lei voleva mettere in pericolo la felicità di tutti. Non riusciva a biasimare Andrè. Lui era sempre stato protettivo nei suoi confronti e ora  proteggeva la felicità del figlio.

Il mattino successivo l’atmosfera era tesa.  Dopo una colazione dove tutti i conviviali tentarono una conversazione superficiale, Oscar e Andrè si ritrovarono di nuovo soli.

“Non ho cambiato idea Andrè, io vorrei partire. Tu però hai dei diritti su di me come marito. Se tu mi imponessi di rimanere io ti obbedirei”. La voce di Oscar era ferma.

“Andrè abbozzò un sorriso “ Tu che prendi ordini da un marito, non ti ci vedo proprio sai Oscar, E comunque io non ti ordino nulla”.

L’espressione di Andrè si era fatta seria.

“ Io voglio che sia tu che decida di rimanere, che capisca l’errore che stai commettendo. Non ti imporrò una decisione che non condividi. Non avrebbe comunque senso.  Sappi Oscar che se ti accadesse qualcosa io non ti perdonerò mai. Mai”.

“Io tornerò te lo prometto. Tornerò da voi e non mi accadrà niente”

Gli occhi si riempirono di lacrime.

Con quelle parole Andrè aveva capito che neanche la minaccia di non perdonarle la decisione l’aveva persuasa a rimanere. Non le aveva imposto ordini. Obbligarla a restare non avrebbe risolto il problema. Doveva essere una sua scelta e lei aveva deciso di partire.

“L’hai già detto a Fersen?”.

“No, gli parlerò più tardi”.

“Non diremo  a mia nonna il motivo della tua partenza. Diremo che accompagni Fersen per un pezzo del vaggio e che starai via qualche giorno”.

“Andrè io ti amo, ti amo, non dimenticarlo mai”

Sei tu che l’hai dimenticato Oscar, sei iu” pensò e uscì dalla stanza.

 

Avevano deciso di partire la mattina successiva. Il viaggio per Parigi non era lungo ma occorreva qualche giorno per ultimare i preparativi.

Quella sera Oscar entrò nella camera da letto. Andrè si era già preparato e si stava coricando.

Si tolse i vestiti e si infilò la camicia da notte. Entrò nel letto e sentì il bisogno di stringersi a lui. Gli si avvicinò e non notò resistenze.

“Ti amo da morire e ti amerò per sempre. Non dubitare del mio amore ti prego, tu sei tutta la mia vita. In questo momento sento di avere un compito   da portare a termine prima di chiudere definitivamente con il passato. Se non lo facessi rinnegherei me stessa e ciò che sono stata. Non credere che sia facile lasciarvi qui. So benissimo che soffrirete e sarete in pena per me. Io penserò a voi ogni istante e farò di tutto per tornare sana e salva da voi”.

Andrè si voltò a guardarla e l’espressione del suo volto tradiva  un dolore profondo che non era in grado di nascondere.  “Oscar…….io…..”

“Andrè stringimi  ti prego, voglio sentirti vicino”.

L’uomo l’aveva presa tra le braccia. Avrebbe voluto respingerla ma era troppo grande il desiderio che provava. Aveva bisogno di sentire il suo corpo, la sua pelle vellutata e morbida.

“Io voglio una cosa sola da te stasera. Voglio che nessuno di noi faccia l’amore pensando che possa essere l’ultima volta. Non lo sopporterei” .

La guardava negli occhi e poteva leggere la sorpresa  sul suo volto.

Lei gli prese il viso tra le mani. “Non sarà l’ultima volta amore, te lo prometto”.

Fecero l’amore con passione, trasporto, dolcezza e disperazione. Nonostante cercassero di nascondere  il dolore e l’amarezza entrambi sapevano che avrebbero ricordato quella notte per tutta la vita.

 

Oscar fissava i Julienne che dormiva nel lettino. Voleva imprimere nella memoria tutti i tratti del figlio. Sentì Fersen che la chiamava e scese in cucina. Andrè li raggiunse. Era l’alba e  si poteva udire solo il rumore del vento.

“Io incomincio ad andare” disse Fersen “Andrè, non ti preoccupare, te la riporterò sana e salva”

Andrè non rispose e abbozzò un sorriso ironico.

“Sta attenta ti prego, non correre rischi inutili. Quanto vorrei venire con te, ma non posso, lo sai” La prese tra le braccia e la strinse forte.

“Starò via solo qualche giorno, non ti preoccupare. Ti amo Andrè, ti amo tanto.  Lo so che non condividi la mia scelta ma cerca almeno di comprenderla, ti prego”.

Rimasero abbracciati ancora per qualche istante, poi lei sciolse l’abbraccio e lo guardò negli occhi verdi. Si sentì improvvisamente incerta della decisione presa. Ebbe come il presentimento che sarebbe accaduto qualcosa che l’avrebbe portata lontano. Era troppo tardi per cambiare idea e poi  quella sensazione di perdita che stava provando dipendeva sicuramente dalla  separazione dalla famiglia.  Uscirono in cortile, salì sul suo cavallo bianco e se ne andò con le lacrime agli occhi.

“Siete sicura Oscar? Non venite a costo di sacrificare la vostra felicità, non potrei mai perdonarmelo!”

“Non vi preoccupate Fersen, tornerò sana e salva”. E spronò il cavallo al galoppo voltandosi  per salutare con un cenno della mano Andrè.

 

 

Varennes

 

Giunsero a Parigi che era ormai sera. Decisero di fermarsi in una piccola locanda alle porte della città dove i controlli non erano  altrettanto minuziosi.

Nei giorni seguenti si recarono in città  per definire gli ultimi preparativi. Oscar indossava.  abiti femminili per non essere riconosciuta. In realtà era lei a non riconoscere Parigi. Come era cambiata la città in questi anni di assenza. Era persino più sporca e sudicia e la gente sembrava più povera e disperata di prima.

Aveva deciso di recarsi a palazzo Jarjayes in cerca del vecchio padre. Non sapeva se stesse ancora lì o se si fosse trasferito ma era certa che non avrebbe abbandonato Parigi.

Arrivò da sola al cancello di quella casa che l’aveva vista nascere, crescere e affrontare  i momenti più difficili della sua vita.  Aprì il cancello e entrò nel cortile. Nessuno le corse incontro. Non vi era più nessun servitore ad adempiere a quella mansione. Arrivò al portone principale del palazzo. Era aperto. Spinse la porta ed entrò. Notò subito che vi erano chiari segni di  danneggiamenti. Alcune pareti erano annerite dal fuoco e i tendaggi bruciati. Non vi erano rimasti molti mobili. Percorse i l lunghi corridoi un tempo arredati preziosamente ma non vide nessuno. Salì le scale, si fermò e si voltò a guardare  dall’alto  l’ampio ingresso. Quante volte era entrata correndo   in quella casa  per rifugiarsi in camera sua…….quanti successi, quanti dolori aveva conosciuto di lei quell’antico palazzo. Si diresse verso la sua vecchia stanza.  Aprì la porta ed entrò. L’arredamento era parzialmente distrutto. La furia del popolo non aveva risparmiato neanche il suo pianoforte. Si recò alla finestra e guardò il cortile con tristezza.  Ad un tratto sentì dei passi avvicinarsi dal corridoio e trattenne il respiro.

“Padre.padre mio….siete vivo”

“Non è possibile, ma tu sei…….sei mia figlia Oscar…..Oscar”. Il generale le si avvicinò e la abbracciò. In tanti anni quello era il primo gesto  di affetto che il padre le riservava.

“Cosa fai qui? E Andrè dov’è? Come sei bella figlia mia sei meravigliosa in questi abiti femminili…..io l’ho sempre saputo che eri bellissima sai Oscar…….l’ho sempre saputo”

“Andrè non è qui con me, lui mi aspetta in Normandia. Sono venuta qui per portare in salvo la famiglia Reale. Fersen ha ideato un piano e io ho deciso di aiutarlo”.

“Parlami di te Oscar sei felice?”

Oscar raccontò al padre della sua vita  nella casa sul mare, gli parlò di Julienne e di quanto fosse infinitamente felice con Andrè e con il piccolo. Provava molto imbarazzo, non era abituata a parlare in quel modo al generale. Un figlio….figlio suo e di Andrè……il ragazzo cresciuto nella casa per volere del padre, per aiutarla a diventare un uomo. Oscar abbassò lo sguardo. Un figlio tanto amato, desiderato, voluto, un figlio dell’uomo più meraviglioso del mondo che non aveva  esitato a   chiedere di morire con  lei quando il padre voleva  punirla per il tradimento.

“Un nipotino…chissà se mi somiglia un po’…..sono contento per voi figlia mia, veramente. Mi piacerebbe tanto conoscere il piccolo Julienne ma il mio destino è al Parigi al fianco del Re. Tua madre e le tue sorelle sono in Inghilterra. Non volevo che corressero dei pericoli. Io darò la mia vita per la famiglia Reale se necessario.  Non posso dimenticare che la famiglia Jarjayes  si è sempre distinta per lealtà e fedeltà alla casa Reale. Sono lieto che anche tu senta il bisogno di continuare a proteggere il Re, ma ti prego di stare attenta a non sacrificare la tua vita. Non sei più un soldato adesso”.

L’addio al vecchio padre fu molto doloroso. Entrambi sentivano che non si sarebbero mai più visti.

 

 

Oscar giunse  in anticipo al luogo dove avrebbe dovuto incontrare la carrozza Reale. Era molto nervosa e continuava a fissare l’orizzonte. “Andrè  mi manchi da morire. E’ quasi fatta….ora comparirà la carrozza e dovremo solo scortarla sino al confine. Non è difficile, non succederà nulla. Non vedo l’ora di tornare da te Andrè Eccoli  eccoli…sono loro…………ci è riuscito, li ha fatti scappare…….ci è riuscito…”.

Corse incontro alla carrozza. La Regina fu immensamente felice di rivederla.

“Oscar…mio Dio.amica mia……...che felicità rivedervi..che sorpresa…..”

“Non avrei potuto abbandonarvi nel momento del bisogno Maestà”.

Durante  il viaggio Oscar raccontò a Maria Antonietta della sua nuova famiglia, di Andrè e Julienne. Parlò della sua malattia e di come l’amore di Andrè  l’avesse  tenuta aggrappata alla vita.

“Vorrei tanto vedere il vostro bimbo madamigella….sono sicuro che vi assomiglia tanto e che sarà bellissimo”.  La Regina era commossa.

“In realtà Maestà Julienne è un bambino bellissimo ma è un vero monello. Ha pochi mesi ma  ha un bel caratterino!” E risero di cuore.

Oscar era però preoccupata. Erano in ritardo sulla tabella di marcia. La berlina  era pesantissima e piena di oggetti preziosi  che contribuivano a rallentare la corsa dei cavalli.  I passeggeri inoltre continuavano a chiedere al convoglio di fermarsi per riposare, per passeggiare un po’ o per mangiare.  Rischiavano di essere riconosciuti troppo presto e fermati prima di oltrepassare il confine.

Si fermarono per la notte e Oscar espresse  tutti i dubbi a Fersen. “Sembra stiano facendo una scampagnata, non una fuga. I cavalli si affaticano troppo con quel peso, non ce la fanno”.

“Lo so Oscar, ma la Regina è stata irremovibile. Ha voluto utilizzare la berlina che ha fatto preparare mesi fa e ha preteso di portare tutti i suoi  gioielli e molti preziosi. Non sono riuscito a dissuaderla”

“Dobbiamo fare più attenzione Fersen, se li riconoscono è la fine”.

 

 

 

“Vi prego non ‘possiamo fermarci adesso, tra poco saremo nel luogo dove il generale  Boullie ci attende. Avremo la scorta del suo esercito e arriveremo in Belgio senza problemi. Ci riposeremo più avanti”. Luigi VI sembrava non capire le ragioni delle suppliche di Oscar.  Erano lontani da Parigi e pensava che nessuno avrebbe  fatto del male al Re di Francia. In campagna la gente non era feroce come a Parigi. Continuò a dilettarsi nella conversazione con un contadino incontrato sulla strada.

 

Finalmente si decise a risalire in carrozza. Oscar e Fersen  la seguivano sui loro cavalli.

 

Erano giunti al luogo dell’appuntamento ma Boullie non c’era.

“Siamo in ritardo ma Boullie non si vede. Dove diavolo sarà?” Oscar era molto agitata.

“Io non vedo nessuno Oscar. Accidenti a lui. Senza la sua scorta non arriveremo al confine. Verremo fermati prima” Anche Feren era visibilmente  in ansia.  Arano ai piedi di una collina e da quella posizione non potevano vedere nulla.

“Forse è il caso di andare a vedere se dalla collina si vede qualcosa. Magari quell’idiota ha frainteso le mie indicazioni”.

“Andiamo allora” rispose Oscar. “Maestà  andiamo a cercare Boullie. Su quella collina vedremo tutto il territorio. Torneremo subito, voi non vi muovete”.

Spronarono i cavalli al galoppo e raggiunsero la cima. 

“Accidenti Fersen, non si vede nessuno. Cosa sarà successo?  Avranno pensato che fossimo già passati e non ci hanno aspettato………o..non so cosa diavolo possa essere successo a Boullie” Oscar era  scossa.Qualcosa era andato storto, ne era sicura. Temeva che avessero intercettato i soldati del generale.

“Maledizione Oscar, cosa facciamo adesso? E’ il caso di procedere senza induci verso il confine, che ne dite? Non sarà facile senza scorta”.

“Già, e poi la famiglia Reale non ci aiuta molto,  sembrano non capire che la loro sorte è in pericolo”.

 

Dalla collina si godeva di una vista molto ampia su tutta  la vallata. Ad un tratto notarono  che qualcosa in lontananza che procedeva rapidamente verso la carrozza.

“Guardate…che diavolo è? Sembrano cavalli al galoppo e si stanno avvicinando rapidamente. Dobbiamo raggiungere la carrozza”

Spronarono i cavalli più che poterono ma lungo il percorso la situazione fu chiara. I soldati guidati da La Favette stavano raggiungendo la carrozza sulla quale viaggiavano il Re e la Regina di Francia che scappavano da Parigi. Fersen tentò di continuare la discesa della collina. Era disperato. “No.  no….no  ..Oscar …dobbiamo raggiungerli, maledizione…Maestà…..no!”           

“Fersen fermatevi, è troppo tardi, non potremo fare più nulla per loro” Oscar tentava di fermare Fersen impedendo la discesa al cavallo dell’uomo”.

“Dobbiamo liberarli, dobbiamo fare qualcosa……”

“Ci ammazzeranno non capite e non potrete più fare nulla per lei. Dovete restare vivo per continuare ad aiutarla a Parigi.non capite……Fersen!”

Fersen  rallentò la corsa del cavallo che parve fermarsi. “Dio Santo, mancava così poco Oscar, così poco”

“Guardate, si stanno avvicinando a noi, ci hanno visto….dobbiamo fuggire Fersen….via…via” Oscar  lanciò il cavallo  in una corsa disperata per la fuga. Due uomini li avevano notati e correvano all’inseguimento.

Oscar mirò ad uno di loro, fece fuoco e lo colpì. Non riuscì però ad evitare i colpi di un altro inseguitore. Sentì un dolore fortissimo alla gamba, poi udì uno sparo, una fitta lancinante alla testa le impedì di continuare  la corsa. La vista si stava annebbiando.  Percepì una sensazione di calore che le percorreva la fronte, il viso sino ad arrivare alle labbra.   Capì che era sangue. Era stata colpita due volte. Si guardò intorno in cerca di Fersen  mentre il cavallo rallentava la marcia.  Lo vide cavalcare al fianco del suo cavallo.  L’uomo cercava di mirare all’inseguitore. Uno sparo…due spari….tre spari………poi più nulla. Non sentì più nulla.  Non vide più nulla. Fu avvolta da una sensazione di calore profondo che arrivò a stordirla completamente. Poi fu il buio.

 

“Oscar, Oscar, aprite gli occhi per carità Oscar…….”

Udiva una voce che la stava chiamando. Chi poteva essere? Ma dov’era e perché quell’uomo la chiamava così? Era Andrè forse, il suo caro Andre? No….non poteva essere lui.

Tentò con fatica di Aprire gli occhi. Riconobbe Fersen.

“Siete stata colpita Oscar, come vi sentite? Riuscite a muovervi?”

“Colpita? Dove?” Improvvisamente i ricordi le tornarono alla mente.

“Dov’è il Re, la Regina…dove sono?” Tentò di alzarsi. Fersen la pregò di fare attenzione. Notò che anche lui era stato colpito e sanguinava ad un fianco.

“Dobbiamo andare via Oscar, dobbiamo metterci in salvo e cercare un dottore. Siete ferita”.

Risalirono sui cavalli e dopo qualche minuto di  notarono degli uomini a cavallo che procedevano verso di loro.Riconobbero Boullie e i suoi uomini.

“Dove diavolo eravate generale?  Avete mancato all’appuntamento e questo è imperdonabile.  La famiglia Reale è stata catturata. Quale motivazione avete  Boullie? Risponedete!”  Oscar era  fuori di sé.

Il generale non rispondeva e fissava il vuoto.

“Non ho scuse Jarjayes, non ho scuse. Mi resta solo l’esilio e il rimorso mi seguirà per tutta la vita. Voi dovete cercare un dottore state perdendo molto sangue”.

“Non è un problema vostro” rispose Oscar gelida.

 

Sentiva   però che le forze le stavano di nuovo venendo meno.

“Venite, dobbiamo cercare un medico.  Fersen  le mise le mani sulle spalle. Lei si voltò a guardarlo.

“Va bene, andiamo”.

Risalirono a cavallo e si diressero verso un villaggio indicato da Boullie.

Arrivarono di fronte allo studio del medico. Scesero da cavallo ma il buio  la assalì  di nuovo.

 

 

 

 

“Io non so perché Oscar abbia voluto accompagnare il conte di  Fersen per una parte del viaggio, non poteva andarci da solo?” La nonna di Andrè era in agitazione. Oscar era via da quasi due settimane e nonostante il nipote continuasse a ripeterle di non preoccuparsi non riusciva a stare tranquilla.

Andrè si alzò e  uscì  sulla terrazza che dava sul mare. Erano troppi giorni che Oscar era via e lui non  sapeva più nulla. Del resto, le notizie arrivavano spesso  con molti giorni di ritardo  in quel piccolo paese in Normandia. “In caso di fuga del Re però la notizia sarebbe dovuta arrivare subito, nel giro di un giorno. E non si sa ancora niente. Sarete riusciti   nel vostro folle piano? Torna presto Oscar, non resisto più con quest’ansia”.

Il giorno dopo Andrè si recò come al solito in paese. Alain era con lui. Videro un gruppo di uomini radunati  nel centro di una piazza. Si avvicinarono.

“L’Austriaca voleva scappare capite, voleva scappare  con tanti soldi e gioielli. Ha convinto lei il Re a tentare la fuga. Erano travestiti sapete e avevano lasciapassare appartenenti ad altre persone.  Li hanno  fermati a Varennes e riportati a Parigi. . E’ vergognoso che il Re di Francia si sia abbassato a tanto. L’Austriaca deve essere punita per questo!”

Andrè si precipitò dall’uomo. “Sai qualcosa di più sulla fuga? Chi li ha aiutati? Hanno arrestato qualcuno?”

“No, non so niente di più di quello che ho detto. Forse al paese vicino sanno qualcosa di più, la notizia arriva da là”

Andrè era sconvolto. Sentiva che era accaduto qualcosa di grave ad Oscar. Sentiva che si trovava in pericolo. Sentì l’ansia stringergli la gola e i battiti del cuore si facevano sempre più forti.

“Devo andare a Rochette, Alain, devo andare” Corse verso il cavallo e vi montò come una furia.

Alain non capiva cosa stesse succedendo.  Vedeva che Andrè era  impallidito ma non ne capiva il motivo.  “Ma che diavolo ti prende….perché ti interessa tanto sapere della fuga?”

Improvvisamente  venne assalito da un dubbio. “Andrè ti prego non dirmi che ….che Oscar……tu sei preoccupato per Oscar, per questo hai chiesto se si sapesse chi li ha aiutati nella fuga.  Non ci posso credere….quella donna è impazzita….è completamente matta!”

Lesse nello sguardo dell’amico la tacita conferma alle sue supposizioni.

“Andiamo a Rochette, lì ci sapranno dire di più.  E’ pazza è completamente pazza. Che diavolo credeva di fare? Di liberare da sola il Re?”

Andrè non rispose. Come poteva spiegare in quel momento le ragioni che avevano spinto la donna a tentare un’impresa disperata? Come poteva spiegare che lui non le aveva imposto di rimanere?

Arrivarono nella cittadina in cerca di notizie. Nessuno però seppe aggiungere ulteriori particolari alla fuga. Nessuno sapeva chi aveva aiutato il Re nel piano tanto sfortunato.

 

“Andrè non ti preoccupare, Oscar tornerà sana e salva. Quella donna ha la testa dura, lo sai. Te l’ho sempre detto”. Alain sedeva al fianco di Andrè di fronte al camino acceso. Erano passati cinque giorni dalla notizia della fuga ma della donna ancora nessuna traccia.

Andrè fissava il fuoco. Il suo viso non tradiva nessuna emozione.

“Già, tornerà.  Tornerà qui e si arrabbierà perché ci siamo preoccupati per lei. Non ha mai voluto che qualcuno si preoccupasse per lei Alain, lo sai? Ha sempre voluto essere forte e indipendente.  Alain,  non sopporto non avere sue notizie. Non ce la faccio più. Sto impazzendo”.

“Lo so Andrè, lo so”. Alain finì d’un sorso il bicchiere di vino rosso che stringeva tra le mani.

 

 

Non riusciva a muovere la gamba. Sentiva che un forte torpore l’aveva avvolta senza che lei fosse in grado di ribellarsi. Aprì gli occhi.  Vide un soffitto marrone rivestito da travi malandate.  Dove diavolo era?  Cercò di sollevare la testa e di guardarsi intorno. Tentò di mettere  a fuoco i particolari di quella stanza molto povera. Da una tenda scura intravide la luce proveniente da una finestra. Notò una  piccola scrivania sulla quale vi erano libri e una grossa borsa. Ma dov’era finita? Non ricordava niente di quel posto. Si girò alla sua sinistra e vide la figura  familiare di un uomo che era sdraiato in un letto accanto a lei. “Fersen,  Fersen” cercò di chiamarlo ma non ottenne risposta. Tentò allora di tirarsi un po’ su.

“Piano,  piano, non dovete sforzarvi Madame, siete ancora debole”.

Cercò nella stanza la provenienza di quella voce matura. Riuscì a definire i contorni di un  uomo anziano che la osservava dalla porta.

“Chi siete? Perchè sono qui? Come sta lui?” indicando Fersen.

“Quante domande Madame, vi ho già detto che non dovete stancarvi”.rispose l’uomo con tono pacato.  “Io sono il dottor Romer e voi siete arrivati qui nel mio studio feriti e malridotti. Lui non sta bene, la sua ferita è profonda e si è infettata. Voi Madame avete perso molto sangue ma le vostre ferite non erano profonde. Ve la caverete, non temete. Come vi sentite piuttosto? Vi duole qualcosa?”.

“La testa…..mi fa male…e mi gira, mi sento debole” Oscar tentò di toccarsi la ferita.

“E’ normale che vi sentiate  debole, non mangiate da parecchi giorni”.

La frase  riportò  improvvisamente Oscar alla realtà. “Da quanto siamo qui? Da quanti giorni?”

“Da dieci giorni Madame”.

“Dieci giorni.santo cielo, da così tanto!” Oscar  sospirò. Povero Andrè. Non aveva sue notizie da troppo tempo.  Doveva fare qualcosa.

“Io…io devo andare via…devo tornare a…devo andare….” Cercò di sollevare le coperte ed uscire dal piccolo letto. Le mancarono le forze.

“Non siate imprudente Madame!. Non siete in condizioni di alzarvi. Dovete riposare ancora un po’ di tempo”.

“Va bene” Oscar sentiva di non avere più forze. Si sentiva debole, stanca….tanto stanca…e si riaddormentò.

 

 

“Devo andare a cercala Alain, devo andare a Parigi”

“Vengo con te  e non accetto un rifiuto sia chiaro”

Non poteva più  continuare a rimanere inerme ad aspettare. Passava le giornate a fissare il mare, a pensare a lei…a suoi occhi blu…… ai suoi magnifici capelli biondi…..al suo corpo sinuoso…..alla pelle bianca, vellutata e profumata come le rose del  giardino.

Chiudeva gli occhi e ripercorreva  ogni centimetro del suo corpo, ricordava la risata allegra e spensierata che lo sapeva rendere infinitamente felice. Ricordava lo sguardo innamorato di lei quando godeva tra le sue braccia, quando lo supplicava di amarla ancora.  Ricordava il suono della sua voce quando lo chiamava, quando gli sussurrava “Ti amo” quando lo supplicava di non lasciarla mai.

Ma era lei che lo aveva lasciato per correre a rischiare la vita per uno strano conto in sospeso  con il passato. Un passato troppo presente e  troppo doloroso per  rimanere inascoltato. E lui l’aveva lasciata andare, non si era imposto. Non aveva saputo proteggere lei e la sua famiglia. Non aveva protetto Julienne, non gli aveva risparmiato la sofferenza di crescere senza una  madre.

 

Partirono per Parigi la mattina di due giorni dopo. Avevano deciso di rivolgersi a Bernard perché avrebbe potuto essere a conoscenza di informazioni riservate.

La folla si era riunita in manifestazioni di protesta contro la famiglia Reale. L’odio che oramai il popolo nutriva nei confronti dei nobili e del Re era dichiarato apertamente, senza più remore.

Ogni pretesto era buono per distruggere palazzi  e compiere antiche vendette.

Bernard non fu di aiuto nella ricerca di Oscar. Non aveva avuto sue notizie da diverso tempo. Consegnò però agli amici un lasciapassare per visitare le prigioni della città. Se Oscar fosse stata coinvolta in faccende legate al Re sarebbe stata sicuramente condotta a Parigi e rinchiusa lì. Difficilmente prigionieri di quel tipo vengono tenuti in campagna.

Andrè seguì i consigli di Bernard.

Si recarono immediatamente alle prigioni della città. Andrè  vagava per le camerate affollate, ispezionava attentamente le celle buie  pensando di potere trovare Oscar o Fersen.

Alain accompagnava l’amico. “Se la troviamo come diavolo facciamo  a farla uscire dalla galera?” pensava. “Non so se sia meglio augurarmi di trovarla.”.

Percorreva i corridoi al fianco di Andrè e poteva vedere chiaramente l’angoscia sul volto dell’amico. Capiva che Andrè era combattuto tra il desiderio di trovarla e la preoccupazione di saperla prigioniera.

“Non c’è Andrè, non è neanche qui” disse Alain rassegnato. “Forse non è mai stata catturata. Forse si trova da qualche altra parte”.

“Già, ma dove? Io non so molto del piano organizzato per la fuga. Non conosco il luogo dell’incontro con i soldati di Bouille. Non saprei dove cercare Alain”.

“Torniamo a casa Andrè, forse è meglio”. Mise una mano sulla spalla dell’amico. “Vedrai, tutto si sistemerà”.

“Già” Ripresero il viaggio verso casa.

Andrè era molto  silenzioso. Non aveva aperto bocca da Parigi.

“A cosa pensi amico? Posso fare qualcosa?”

“No Alain, non puoi fare niente. Pensavo che il non sapere mi provoca più sofferenza della certezza, qualsiasi essa sia. Sai,  sono arrivato al punto di immaginare che Oscar se ne sia andata per scelta, che abbia deciso di sparire, di cambiare vita, di andarsene, magari con un altro uomo. Ti giuro che la sofferenza sarebbe minore rispetto a non sapere più niente di lei .

“Ma che diavolo stai dicendo, cosa ti viene in mente?”

Già” pensò Andrè  fissando il cielo stellato di quella notte di agosto. “Preferirei sapere che sei scappata con Fersen, che hai deciso di andare via con lui. Preferirei sapere che non mi hai mai amato, che la tua vita con me ti rendeva infelice, che hai avuto quello che volevi, una vita con lui. Preferirei mille volte  questa spiegazione piuttosto che saperti morta, amore mio. Preferire saperti felice lontano da me, per sempre,  preferirei non vederti più, non sentire più la tua voce, ma sapere che qualcuno ha ancora la gioia della tua risata, che qualcuno guarda i tuoi occhi intensi e meravigliosi, che qualcuno ricambia il tuo amore. Dove sei  Oscar, dove sei”.

 

 

“Come state Fersen? Come vi sentite?”

Oscar osservava l’amico che tentava di  aprire gli occhi.

“Dove siamo…non ricordo molto….quanto tempo è passato….voi piuttosto come state? Siete ferita vero?”

Romer  interruppe la serie di domande che il conte era già pronto a chiedere.

“Madame sta bene e voi  grazie al cielo vi siete ripreso. Ho temuto per voi sapete. La vostra ferita si è infettata e la febbre era alta”.

“Siamo qui da diverso tempo Fersen, troppo. Io devo tornare a casa il prima possibile, Andrè sarà preoccupato”

Abbozzò un sorriso. Preoccupato……erano passate più di due settimane e lei non era stata in grado di inviargli sue notizie. Temeva che Andrè avesse potuto commettere qualche sciocchezza, magari andarla a cercare. Doveva partire il prima possibile, si sentiva  abbastanza bene e poteva intraprendere il viaggio. Ci avrebbe messo almeno tre giorni  a tornare in Normandia, ma sarebbe partita il prima possibile.

“Io parto Fersen, torno a casa, non posso rimanere qui, voi sapete perché”:

Il conte era preoccupato.

“Aspettatemi amica mia, vi prego, ancora qualche giorno e mi sarò ripreso completamente. E’ pericoloso viaggiare da sola e nelle vostre condizioni”.

“Non posso. Non mi è possibile rimandare ancora. Partirò dopodomani mattina”.

“Con cambierete mai, vero? Siete la solita temeraria”. Fersen abbozzò un sorriso triste.

“Non mi perdonerò mai per avervi coinvolta amica mia e temo che neanche Andrè mi possa perdonare. Non lo biasimo di certo. Ha tutte le ragioni del mondo. Sono un egoista e  ho rischiato la vostra vita invano.

Andrè….. Andrè, chissà se avrebbe perdonato anche lei per quella scelta azzardata. Aveva agito d’impulso, si era lasciata sopraffare dai ricordi e dal senso di dovere e responsabilità verso un passato ormai lontano. Non aveva potuto fare altrimenti. Non era riuscita a non rispondere alla richiesta di aiuto della donna che aveva protetto per tanti anni. Non si pentiva della scelta fatta ma si sentiva terribilmente in colpa per il dolore che aveva provocato inevitabilmente al suo uomo.

“Tornerò da te amore mio, tornerò tra le tue braccia forti. Aspettami amore, aspettami”.

 

 

 

Andrè fissava il figlio che dormiva  nella culla. Faceva molto caldo quella notte e la finestra era spalancata. Si udiva chiaramente il rumore delle onde che sbattevano impazzite sugli scogli.

“Dormi almeno tu piccolo mio, dormi tranquillo”.

Dormire….da quanto tempo non dormiva?….Forse  una settimana, un mese, un anno….non ricordava l’ultima volta che aveva fatto un sonno tranquillo. Spesso si ritrovava sdraiato sul sofà del soggiorno dopo essersi addormentato ubriaco e stordito. L’alcol stava diventando un  compagno fidato, poteva dimenticare con lui dolori e sofferenze, ma  il risveglio era ogni giorno più doloroso.

Osservò attentamente il bimbo. Quegli occhi, quella bocca,  la pelle candida,  i riccioli biondi, tutto di lui ricordava la madre. “Spero che tu abbia anche il carattere della tua mamma piccolino, sai? Lei è forte, coraggiosa, indomita, leale, intelligente….lei è splendida…….lei è la donna che amerò per tutta la vita, per sempre. Lei tornerà da noi vedrai, non ci abbandonerà mai. Piccolo mio, sei bello sai, sei infinitamente bello. Dormi beato Julienne perché il tuo papà ti proteggerà sempre, non ti lascerà mai solo”.

Tornò nel salone. “Dove sei, dove diavolo sei………Dio santo……non sopporto più di non sapere….sto impazzendo”.

Si sedette  sul sofà, la testa tra le mani.

“Oscar……Oscar……quello che mi fa impazzire è che non credo che tu sia  scappata con lui, non può essere vero. Ti è successo qualcosa, lo sento…….sto impazzendo…” afferrò un bicchiere e lo scagliò contro il camino. L’ansia gli opprimeva il respiro.  Prese un altro bicchiere e questa volta  versò del vino rosso che bevve in d’un fiato. La mattina successiva si sarebbe risvegliato  dolorante  sul divano,

 

 

 

Tre giorni, al massimo quattro e sarebbe arrivata a casa. Lanciò il cavallo al galoppo.  Il tempo non era di aiuto, la pioggia aveva iniziato a cadere fitta poco  dopo l’inizio del viaggio.

Cavalcò sino a tardo pomeriggio e poi si decise a fermarsi per la notte in una piccola locanda.

Cenò e si coricò  immediatamente. Doveva riposare per continuare il viaggio. Era molto stanca ma non riusciva a prendere sonno. Fissava il soffitto  mentre fuori infuriava  il temporale.

Quel posto le ricordava la  locanda dove lei e Andrè avevano fatto l’amore per la prima volta. Ritornò con la mente a quel momento e sorrise. Ricordò dapprima  la paura, l’incertezza, la disperazione che si erano impossessate di lei rendendola chiusa e distante, ricordò la gioia, il piacere, la felicità che aveva provato quella sera quando finalmente si era aperta all’amore di Andrè. Ricordò i suoi occhi intensi, il suo corpo perfetto, ricordò le carezze incerte ma intense, dolci, ricordò il piacere profondo, intenso, completo provato  quella notte. Ricordò di essersi data a lui completamente, pienamente, senza riserve, ricordò quella sensazione di godimento, di appagamento,  di straniamento, di gioia, di felicità di amore.  Ricordò i gemiti, gli sguardi, le frasi sussurrate mentre le fiamme del camino illuminavano i loro corpi nudi. Ricordò di non essersi sentita mai  più sola da quella notte perché per la prima volta in vita sua apparteneva ad  un uomo e un uomo era parte di lei.

Al risveglio la pioggia cadeva ancora fitta. Decise comunque di riprendere  immediatamente il viaggio. Continuò  a cavalcare per ore fino a crollare esausta alla sera nel letto di una locanda qualsiasi.

Quella notte  si svegliò molto agitata. Sentiva freddo, tanto freddo. Si toccò la fronte e si accorse di avere la febbre. Cercò di riaddormentarsi.

Il mattino seguente si rimise in viaggio nonostante non si sentisse ancora bene. “Devo farcela, devo, potrei essere a casa entro sera, devo resistere”.

Non aveva mai smesso di piovere quel giorno. Si sentiva stanca, tanto stanca,  ma continuò a cavalcare senza fermarsi. mancavano solo poche ore, poche ore tra lei e Andrè.  Rallentò la corsa. La vista le si era appannata e decise di fermarsi per riposare qualche minuto. Anche il cavallo era esausto.

Non posso rinunciare adesso, manca così poco. Tra tre ore potrei essere a casa.……a casa .

Risalì a cavallo e si sforzò di incitarlo alla corsa.

 

 

“Resta a bere qualcosa Alain, fammi compagnia” Andrè fissava l’amico con aria di chi cerca un complice..

“Vorrai dire a prendere una bella sbornia! L’invito è allettante” Accompagnò Justine a casa e ritornò da Andrè.

Dopo qualche bicchiere, Andrè sembrava stare meglio.  La presenza dell’amico riusciva a fargli dimenticare  per qualche momento la sofferenza che lo accompagnava sempre.

Bevvero molto e si addormentarono sul sofà.

Un rumore improvviso svegliò Andrè dal  Torpore in cui era caduto. Aprì gli occhi. Gli pareva di avere udito il nitrito di un cavallo. Rimase immobile pensando di avere semplicemente sognato. Dopo qualche istante, udì di nuovo  lo stesso rumore provenire dal cortile di casa.

Si alzò di scatto,si diresse verso la porta e la aprì. La pioggia continuava a cadere più fitta che mai.  Si guardò intorno ma non vide nulla. Decise di uscire fino al cancello, e notò  il muso di un cavallo bianco che scalpitava sulla strada. “Quel cavallo……è….non è possibile…..è ….Cesar…..Cesar” Si era reso conto che si trattava del cavallo di Oscar.  Ma lei non c’era.  Si guardò intorno, controllò la sella. Ebbe la certezza che si trattasse del cavallo della donna. Notò alcune gocce di colore scuro che avevano macchiato la sella. Sembrava sangue.  Si precipitò in casa e svegliò Alain. Corsero fuori i e decisero di  seguire Cesar che scalpitando sembrava indicare loro di seguirli.

“E’ successo qualcosa ad Oscar, me lo sento,  potrebbe essere qui vicino e trovarsi in pericolo. Dobbiamo fare presto Alain.”.

Il cuore di Andrè batteva all’impazzata. Oscar era vicino, lo sentiva, non poteva trattarsi di un sogno, non poteva.  Cesar li stava conducendo da lei, ne era certo. E tra poco l’avrebbe rivista, abbracciata, l’avrebbe riavuta.

Percorsero qualche centinaia di metri fino a che il cavallo rallentò la corsa e lasciando la strada principale si diresse verso una piccola stalla.

“Oscar….. Oscar,  la vedo  Andrè è là  per terra, la vedo”.

Si precipitarono da lei. Oscar  era per terra e aveva perso i sensi. Era inzuppata e non si muoveva. Andrè cercò di girarla. “Dio Santo è ferita  alla testa Alain,  perde molto sangue. Ma è viva, è viva. Dobbiamo portarla a casa e chiamare il dottore”

“Apri gli occhi Oscar…….Oscar…”.La sollevò delicatamente, e la caricò sul suo cavallo. La tenne stretta sino a casa.

“Nonna, nonna, svegliati  presto nonna” Andrè  entrò in casa con Oscar tra le braccia.

“Alain, va chiamare il dottore, ti prego. Io la porto in camera!:

“Certo, non ti preoccupare”. E corse via.

Salì con molta attenzione i gradini che portavano alla sua camera e adagiò delicatamente la donna sul letto mentre la nonna giunse sulla soglia della porta. La felicità fu immensa.

“Bambina mia adorata, sei salva…..bambina……o Signore , che brutta  ferita…....Andrè, dobbiamo toglierle  questi vestiti fradici. Dio mio, questa ferita non mi piace, non mi piace. Povera bambina..cosa ti è successo”.

“Certo nonna, aiutami, dobbiamo spogliarla. Tra poco il medico sarà qui, è meglio controllare che non vi sia niente di compromettente”.

Le tolsero velocemente i panni bagnati.  Il sangue uscito in abbondanza le aveva sporcato i vestiti ed era arrivato sino al seno.  Andrè le tolse anche i pantaloni. Notò una fasciatura che aveva sulla coscia sinistra. Sciolse le bende ma vide con sollievo che la ferita si era rimarginata quasi completamente. 

“Dobbiamo lavare via il sangue che le ha sporcato il corpo. E poi è anche sporca di fango”. Prese una spugna e un catino che tenevano in camera. 

“Andrè non è il caso che tu veda madamigella Oscar così, non sta bene” disse la nonna con tono contrariato. “Ci penso io a lei ”.

“Nonna, madamigella  è mia moglie, non te ne dimenticare. Non è certo  la prima volta che la vedo nuda, sai!”.

L’anziana donna  borbottò ed arrossì.  Andrè immerse la spugna nell’acqua e iniziò  a passarla sul viso di Oscar, sul collo, sul seno e sul ventre.  Le aprì le cosce e passò la spugna nella parte  più intima della moglie. Non è la prima volta pensava, già, ma quanto tempo era passato da quando questo meraviglioso corpo si era donato a lui  completamente e totalmente come solo Oscar poteva fare? Da quanto tempo non toccava più quei seni perfetti, non baciava più il collo lungo e delicato, da quanto tempo i loro corpi non si univano in una passione capace di fermare il tempo e lo spazio, capace di cancellare passato e futuro?

Mentre le  infilava una camicia da notte bianca un rumore improvviso lo distolse da questi pensieri. “Venite dottore, venite. Grazie Alain, ti ringrazio di tutto”.

“Io aspetto fuori va bene?” rispose l’uomo sorridendo all’amico.

La visita fu accurata. La  ferita alla gamba non destava preoccupazione, a differenza di quella alla testa.  “E’ una gran brutta ferita, ha perso molto sangue. Penso si tratti di una ferita che si stava rimarginando e che si è riaperta magari per una caduta. La febbre è molto alta, dobbiamo cercare di farla scendere. Il suo fisico è molto provato.  Se passa la notte ci sono buone speranze. Dovete tenerla al caldo e farla riposare serenamente. Io non ho altri rimedi purtroppo, posso solo mediare la ferita perché non si riapra”.

Dopo avere proceduto con medicamenti ed unguenti puzzolenti,  se ne andò con la promessa di tornare  il giorno dopo.

Oscar non aveva mai ripreso conoscenza. Brividi di freddo le percorrevano il corpo e a tratti  si lamentava e sembrava delirare.

“Ce la farà Andrè, non ti preoccupare.  Non  si fa certo  vincere da una ferita alla testa il nostro comandante, stanne certo” disse Alain all’amico con un sorriso triste.

“Già..vai a casa Alain, ti ringrazio di tutto. Sarai stanco anche tu. Ci vediamo domani”.

Rimase con la nonna al capezzale di Oscar. Era ormai notte fonda e la vecchia decise di ritirarsi nella sua camera. Avrebbe dato il cambio al nipote l’indomani.

Andrè rimase da solo con Oscar.

“Avevo perso le speranze sai Oscar..mi ero quasi convinto che non saresti più tornata da me. Tu non puoi sapere quanto ho sofferto Oscar, non puoi”.

Le teneva la mano e continuava a fissarla.

“Devi farcela amore, devi vivere. Non vorrai perdere la tua battaglia proprio ora, non ne sei il tipo”.

Vide che i brividi  della donna aumentavano. Decise di avvicinare un sofà al camino, la  sollevò e  si sedette sul divanetto tenendola tra le braccia. Voleva stringerla a sé ancora di più, voleva tenerla forte. Voleva scaldarla con il suo corpo e farle sentire che era a casa e che non era più sola. Voleva che lei riconoscesse  il suo calore, che ricordasse il suo amore. Voleva che ritrovasse la forza per tornare da lui, nonostante tutto. La tenne stretta vicino al cuore per tutto il resto della notte, senza mai addormentarsi, perché se si fosse svegliata avrebbe dovuto vedere i suoi occhi e  avrebbe dovuto sentire il suo amore infinito.

Oscar non riprese conoscenza neanche il giorno seguente. Il dottore era però fiducioso. Riteneva che la donna avesse una fibra particolarmente forte e robusta e se era stata in grado di vincere la tisi  avrebbe potuto riprendersi anche da questo accadimento. Pensava che la febbre fosse dovuta ad uno sforzo fisico eccessivo, a una cavalcata prolungata, magari senza mangiare, e il tutto era stato poi acuito dalla perdita di sangue causato dalla riapertura della ferita. Si chiedeva però cosa potesse essere accaduto alla donna per trovarsi in tali condizioni. Un’aggressione forse, un incidente spiacevole.  Probabilmente un cattivo incontro con dei malintenzionati, chissà. Andrè non poteva però rispondere a nessuna di queste domande. Lui non  aveva avuto più notizie della moglie da diverso tempo, da quel giorno maledetto in cui lei si era ostinatamente decisa a partire per  tentare di portare in salvo il Re. Una missione suicida, adesso ne era certo. 

Si alzò e andò  ad osservare dalla finestra della camera le onde del mare che si infrangevano  furiose sugli scogli. Si maledì per  non averle impedito con tutti i mezzi di partire con Fersen per quell’impresa assurda. Avrebbe dovuto  imporsi, fare valere i suoi diritti di marito, ricordarle che non era possibile ad una moglie disobbedire agli ordini del marito e nemmeno contrariarlo.

Si voltò ad osservare la donna che giaceva inerme tra le lenzuola candide. Sorrise. 

Come avrebbe potuto imporsi come marito alla donna più decisa, forte, coraggiosa e ostinata che Dio avesse mai posto sulla terra? Non ci sarebbe mai riuscito se non a costo di perderla comunque, per sempre. Lei forse avrebbe accettato di obbedire ma in cuor suo gli  avrebbe rinfacciato  di averla costretta alla remissività.  Avrebbe finito per odiarlo, forse, si sarebbe sentita soffocata, oppressa,  provata della facoltà di decidere sempre e comunque. Non si poteva imporre  una scelta sofferta  senza pagarne le conseguenze.

Ma ora, le conseguenze del non essersi imposto  non erano altrettanto gravi?  Cos’era meglio per Oscar, per lui, essere in salute e sentirsi schiacciata dai doveri di moglie o trovarsi in fin di vita per avere seguito sino in fondo le proprie idee?

Non poteva dimenticare però che la donna non aveva esitato ad abbandonare lui e soprattutto Julienne per  seguire il folle progetto di un uomo disperato  innamorato della Regina di Francia.

Cosa poteva significare quella decisione tanto avventata se non che Oscar fosse ancora indissolubilmente legata al passato e che la vita di moglie  e madre non la realizzasse pienamente?

Cosa rappresentava per lei quel  meraviglioso bimbo tanto piccolo  e indifeso che aveva rischiato di non vedere mai più?  E cosa rappresentava per lei, il compagno fedele di una vita fatta di ricchezza e agiatezza, di balli, di ricevimenti sfarzosi e al contempo di caserme colme di uomini rudi e arroganti?  Cosa rappresentava l’uomo che l’aveva condotta lontano, che  l’aveva curata, amata, protetta, posseduta, con il quale aveva condiviso ogni istante di una vita colma  di  immensa felicità ma anche di ricordi dolorosi?.

Quante volte l’aveva sentita lamentarsi nel sonno reso inquieto  da incubi che  sembravano  soffocarla  facendola ripiombare nelle sale di Versailles?

Ma Julienne ora doveva venire prima di tutto. Prima del passato, prima di Parigi, prima dei ricordi dolorosi. Lui avrebbe dovuto essere la luce che illumina ogni cosa. Lui avrebbe dovuto riportare  la donna alla ragione nei momenti di indecisione. Per lui Oscar avrebbe dovuto  rinunciare al folle piano. E non lo aveva fatto. Ricordava la mattina della partenza. L’aveva vista entrare nella stanza dove dormiva il figlio e  fermarsi qualche istante ad osservarlo. Aveva udito le parole che gli aveva rivolto. “Ciao piccolo mio.  Non mi dimenticare mai Julienne”. 

Gli aveva baciato la manina e accarezzato i riccioli biondi.  Andrè ripensò a quelle parole.  Sapevano di addio.  Una sensazione di rabbia lo assalì.  Tornò a guardare il mare. Sentiva che anche dentro di sé qualcosa si stava agitando. Provava un risentimento molto forte nei confronti della donna ma nonostante tutto la amava disperatamente. Non avrebbe mai smesso di amarla, neanche se lei si  fosse macchiata delle colpe più  ignobili, ma questo amore conviveva nel suo cuore con un  sentimento di rabbia tanto acceso da farlo fremere.

“Andrè..Andrè……..”  si voltò di scatto e il suo cuore ebbe un sussulto. Lo stava chiamando, Oscar lo stava chiamando…… Si avvicinò al letto e le prese la mano.

“Sono qui Oscar, sei a casa, apri gli occhi ti prego Oscar….”.

La mano era fredda ed immobile.  Andrè chiuse gli occhi. “La tua voce amore, da quanto tempo non la sentivo. La tua voce che pronuncia il mio nome, che mi chiama……….è il suono più bello dell’universo amore mi”.

Le accarezzò la testa bionda, le strinse forte la mano finchè non la sentì muovere. Era sera inoltrata quando Oscar aprì gli occhi e riprese conoscenza.

“Andrè.. .….dove sei?” Aprì gli occhi e cercò di mettere a fuoco ciò che vedeva.

“Sono qui Oscar, vicino a te. Sei a casa.”

“A casa? Allora….sono riuscita a mantenere la mia promessa…….ho temuto di non farcela sai………..ho avuto paura di non riuscire a rivederti Andrè”. Oscar piangeva e cercava lo sguardo dell’uomo.

“Si, ce l’hai fatta Oscar, sei a casa, Cesar  è riuscito a condurci da te”

“Andrè……non ci sono riuscita, sai……..non ci sono riuscita……la Regina non …….non è in salvo…….è stato tutto inutile, ci hanno trovato prima che  raggiungessimo il confine”

“Lo so Oscar lo so, stai tranquilla adesso, devi riposare, dormi un po’. Sei debole, hai perso molto sangue”

“Si, ho tanto sonno…….tanto”e chiudendo gli occhi si riaddormentò.

Andrè sospirò. Era fuori pericolo,  avrebbe avuto bisogno di molto riposo e si sarebbe ripresa completamente. Sarebbe tornata la Oscar di prima, forte, coraggiosa e ostinata. Ma sarebbe ancora stata sua?

Decise di coricarsi sul sofà per la notte. Non voleva disturbare il riposo di lei.

Il giorno seguente la donna riprese le forze. Raccontò di come era miseramente fallito il piano di fuga e di quanta responsabilità avesse Boullie nell’accaduto. Raccontò delle ferite e dell’uomo che si prese cura di loro senza domandare troppo. Raccontò di come avesse ostinatamente voluto partire per tornare a casa  per poi essersi  risvegliata  sanguinante e senza forze  in  mezzo al fango. La caduta aveva riaperto la ferita che si era quasi rimarginata.

“Ci hai fatto stare in pena bambina, sai? Che diavolo ti è venuto in mente? Rischiare la tua vita in quel modo assurdo! Se l’avessi saputo te l’avrei impedito io!” La nonna era in lacrime.

Oscar si voltò in cerca dello sguardo complice di Andrè ma non lo trovò. Lui aveva abbassato la testa. Sul viso dell’uomo un’espressione triste non lasciava presagire difese da parte sua.

“Dai Marie, sono tornata no? Voglio vedere Julienne, dov’è Jilienne? Come sta? Portalo qui ti prego, mi sento bene veramente, portamelo per favore”

Oscar abbracciò il figlio con tenerezza e trasporto  e poi  ricevette le visite di Alain e Juliette.  Arrivò presto l’ora di andare a dormire ma Andrè preferì  coricarsi nella stanza degli ospiti.

Oscar non capiva.

”Vedi Oscar, non voglio  disturbarti, dormirai meglio da sola”.

“No, dormi qui ti prego, non mi disturbi, veramente”.

“E’ meglio così  Oscar, dammi retta. Buonanotte”. Prese alcune cose e se ne andò.

Lei rimase impietrita. Perché mai non voleva rimanere con lei?  Si coricò ma non riuscì  a prendere sonno. “Sei freddo con me Andrè, non sei più lo stesso. Cosa ti è successo, non capisco! Non mi hai abbracciato, non mi hai tenuta stretta tra le tue braccia piangendo di felicità. ”

Si addormentò esausta.

 

   
 
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