CAPITOLO 2

(Zero’s pov)

Dormii sonni inquieti, quella notte. Non facevo che pensare a quei cioccolatini. O forse pensavo a ciò che sarebbe successo il giorno dopo. Insomma, non lo so di preciso a cosa stavo pensando.

Mi svegliai di soprassalto poco prima dell’alba, e mi alzai. Indossai la mia divisa: era diventata stranamente fredda, come se oltre che su di me il gelo fosse calato anche su di essa.

Presi i libri sottobraccio e mi avviai a fare una passeggiata per ingannare il tempo, in attesa del suono della campanella.

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Driiiin!

“Oh no, già mattina?” farfugliai mezza addormentata.

“Dai Eiko, alzati. Oggi c’è anche il compito.”

“Compito?!”, dissi, scattando in piedi. “Compito di che?”

“Fisica. Ma è da tanto che ce lo hanno detto.”

“Cosa?! Ma io non so niente!”

“Fingiti malata. È una buona soluzione, a volte.”

“Macchè, quella scusa l’ho già usata per l’ultimo compito di Algebra. Questa volta mi tocca proprio andare.”

“E prendere un brutto voto.”

“Non essere troppo negativa. Inventerò sul momento!”

Mi preparai lentamente e meccanicamente, sentendo la tensione crescere man mano che si avvicinava il fatidico momento. Sarebbe stato l’ennesimo brutto voto nelle materie scientifiche. La mia morte, in pratica.

Uscii e volai a scuola. Ero in ritardo, come al solito. Persino Yumi, la mia compagna di stanza, che di solito mi aspettava, se n’era andata per paura di far tardi.

Finalmente riuscii ad uscire dalla camera. A corsa mi diressi in classe, e col fiatone spalancai la porta.

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Accidenti, non sapevo che ci fosse compito di Fisica, oggi.

Vabbè, chi se ne frega.

Mi sedetti al mo solito banco, in ultima fila. Mi fece uno strano effetto vedere vuoto quello che un tempo era stato suo. Immaginai che ci avrei dovuto fare l’abitudine, prima o poi. Ma sarebbe stato maledettamente difficile.

Finii il compito in dieci minuti, era facilissimo. Se c’erano delle materie in cui non avevo proprio problemi, quelle erano Algebra e Fisica. Al contrario di lei, che ad Algebra non andava bene.

Provai a darle ripetizioni una volta, ma era impossibile non lasciarsi distrarre dal suo profumo.

Fatto sta che, dopo aver consegnato il mio compito uscii a fare una passeggiata per la scuola.

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“Cavolo, il compito era difficilissimo!”

“No, a me invece è sembrato abbastanza facile”.

“Ma che hai bevuto, si può sapere?”

Era di questo che parlavo insieme a Yumi dopo la fine delle lezioni. Stavamo passeggiando per i viali del Collegio. Poi lei se ne tornò in camera; io preferii rimanere ancora un po’ a passeggiare, per scaricare la tensione di una giornata stressante.

Era tornato a scuola.

Ed io ero in ansia costante. Non so come, ma avevo la netta sensazione che lui avesse capito che i cioccolatini glieli avevo mandati io. E lo deducevo dal modo in cui mi sentivo perforare la schiena da due occhi insistenti durante le lezioni. Però ogni volta che mi giravo lui guardava da un’altra parte.

E la cosa era ripetuta per molto più di una volta sola.

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Eccola là, l’aura che cercavo.

Non avrei mai pensato di trovarla così facilmente. Era una ragazza qualunque. Capelli color topo, un po’ più bassa di me, occhi castani.

Bruttina.

Ma era lei! L’avevo trovato, il mio contatto con Yuuki.

Mi avvicinavo, passo dopo passo, alla mia unica speranza di salvezza.

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“Ti ho trovata, allora.”

Sobbalzai. Una voce vellutata mi stava sussurrando queste parole al mio orecchio. Dei capelli mi solleticavano il collo. Deglutii rumorosamente e cominciai a girarmi, molto, molto lentamente. Solo quando vidi alcune ciocche di capelli argentei capii che si trattava solo di Zero. Pfiù, niente stupratori assassini, almeno per questa volta.

Non dissi niente. Ma come cavolo aveva fatto a capirlo che ero io ad avergli mandato i cioccolatini? E se mi ha cercato, vuol dire che gli piaccio. Evviva!, pensai.

Senza volerlo, le mie guance presero un colorito a dir poco vistoso.

“Come hai fatto a capirlo?”

“Ma dai. I cioccolatini. Il giorno di S. Valentino per lo più. Chiunque avrebbe capito il collegamento. Avanti, parla. Dov’è lei?”

Ma che stava dicendo? Che strano modo di dire che apprezzava il mio regalo. Mah.

“Eh? Ma di che parli?”

“Hahaha, molto divertente. Ora dimmelo.” Che risata metallica e poco orecchiabile.

“Ma io non so di cosa tu..”

“Basta! Ti ho detto di dirmelo, e così devi fare.”

Si stava arrabbiando, e mi metteva paura. Be’, stavo cominciando a pentirmi di avergli mandato quei cioccolatini.

Rimasi in silenzio, spaventata. Non sono mai stata abbastanza coraggiosa per rispondere a tono a qualcuno. È codardia, lo so, ma sono fatta così.

“Sappi una cosa, ragazzina: io non ti darò pace finché non me lo avrai detto.”

Detto ciò sparì.

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(Somewhere, far away from the Cross Academy)

Sono stufa di vivere nascosta da tutto e da tutti.

Da quando sono cambiata, ogni cosa mi appare nuova, diversa. Eppure non è per mia scelta che passo la maggior parte del mio tempo a fuggire. Però, nonostante tutto, sono felice. Felice di esser cambiata, felice di aver saputo dare pace al malessere degli ultimi tempi. Vivo la mia vita con al mio fianco colui che amo. E alla fine è questo, l’importante: io e lui. Non importa a quante difficoltà potremmo andare incontro, finché saremo insieme niente potrà farci del male.

Raramente mi capita di esser triste. Solo quando penso a lui. E a come mi sono sentita quella sera. E a cosa devo avergli fatto provare.

Mi manca, a volte.

I’ll also show you a sweet dream

                                                  Next night_