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Autore: yesterday    28/03/2010    16 recensioni
Non è mai una scelta vantaggiosa condividere una stanza di quattro metri per quattro con il tuo ex ragazzo. Soprattutto se l'ex ragazzo in questione è Akito Hayama, e siete più o meno in pessimi rapporti.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Aya Sugita/Alissa, Fuka Matsui/Funny, Sana Kurata/Rossana Smith, Tsuyoshi Sasaki/Terence | Coppie: Sana/Akito
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1.11 War: period of fighting or conflict between countries or states. (part one)

 

 

« Kurata »

« Mmmh »

« Kurata! »

Mi acciambellai ancor di più contro il materasso, lottando contro il freddo pungente fuori dalla coperta che qualcuno stava amorevolmente tirando nella direzione opposta alla mia.
Ma anche da addormentata non avevo dubbi su chi potesse essere così delicato. Oltretutto, la sua voce seccata e seccante era per me incofondibile. Anche da semi addormentata.
Sbuffai, cercando a tentoni l'orlo del lenzuolo, fermamente convinta di essere in grado di afferrarlo con la forza necessaria da riuscire a coprirmi fino al naso.

« Mi hai già stancato, e ti ho davanti da soli tre minuti » sentenziò la voce, in avvicinamento.
Un attimo dopo mi sentii mancare la terra – cioè, il letto – sotto ai piedi.
Tra l'altro avevo anche freddo, ma probabilmente era dovuto al fatto che le coperte mi erano state strappate di dosso senza tanti complimenti.
Lui  camminò con me in braccio per un tempo che mi sembrò interminabile.
Mi imposi di tenere gli occhi ben serrati e di non collaborare, ma al sentire l'acqua ghiacciata scivolarmi dai capelli alla fronte, poi giù per la schiena, non riuscii a non urlare.
E spalancai gli occhi.

Akito mi guardava da una ventina di centimetri, le mani appoggiate alle pareti della doccia, a sbarrare ogni via d'uscita. Non meno importante, la vena divertita negli occhi ambrati c'era, c'era eccome.
Inspirai profondamente, mentre cominciavo, inevitabilmente, a tremare di freddo.
« Io ti detesto! » mi lanciai con tutta la forza che avevo nella sua direzione.
Di certo non ero in grado di spostarlo, ma i miei vestiti ormai fradici rappresentavano un'arma.
Si scostò un istante prima che riuscissi a raggiungerlo, con il risultato che dovetti ancorarmi al lavabo per non scivolare.
« Cosa accidenti ti passa per la testa? » lo guardai furente.
 Tratteneva a stento le risate; « Non volevi alzarti da quel dannatissimo letto » disse, ironico « così ho usato i miei metodi »
Staccai gli occhi dal mio pigiama blu che ormai sembrava diventato nero e sollevai entrambe le sopracciglia.
« Comunque buongiorno » continuò tranquillo.
Gli riservai una delle mie peggiori occhiatacce, ma la mia rabbia non doveva fare poi così tanta scena, dal momento che cominciò a ridere senza controllo.

Dopo essermi asciugata e cambiata – inutile dire che avevo starnutito la bellezza di quindici volte, e altrettanto inutile aggiungere che i miei capelli erano in uno stato pietoso – mi diressi verso la cucina, per la colazione.
Akito guardava la tv, stravaccato senza alcun ritegno sul divano; sembrava interessato: probabilmente seguiva un programma sportivo.
Recuperai una confezione di biscotti e cominciai a rimpinzarmi, fissando le pareti color panna della cucina.

« Tu » quasi non mi accorsi che si era voltato e aveva spento la tv.
 Ah, ora ero diventata addirittura tu?
Alzai un indice e deglutii. « Ho un nome, sai »
Mi guardò come se non avessi aperto bocca.
 « Tu » sottolineò ghignando « muoviti »
Era odioso. Davvero.
« Tu » e lo indicai « va' a farti un giro »
« Per mia sfortuna dovremo andarci insieme, dopo » e con un cenno del viso puntò la lavagnetta appesa al frigorifero, su cui Aya e Tsuyoshi avevano fermato con la calamita un biglietto.
Mi avvicinai a leggerlo.
« Vado a farla da sola la spesa, saresti inutile, Hayama » conclusi, sfilando la lista. La piegai tre volte e la misi nella tasca posteriore dei jeans.
Sapevo che Aya e Tsuyoshi non erano in casa, e che qualcuno, quella mattina, sarebbe di certo dovuto uscire a comprare qualcosa da mettere sotto ai denti; non potevamo mangiare biscotti per sempre. Ma speravo che, appunto, se ne sarebbero occupati loro due.
 Aya era all'università, era stata ammessa ad infermieristica – ed il suo fidanzato era orgoglioso di lei in una maniera assolutamente invidiabile. Tsuyoshi frequentava Legge, ma quella mattina era in ufficio. Aveva trovato lavoro dal padre di Aya, avvocato.
Akito non studiava più, ma insegnava Karate; era diventato la spalla destra del suo Sensei, e oltretutto suo socio.
 Per quanto riguardava me, invece, ero agli sgoccioli: i corsi sarebbero cominciati di lì ad una settimana, motivo per cui svegliarmi alle nove mi sembrava un insulto al concetto di vacanza.
 « Probabilmente devi ancora leggere il post scriptum » aggiunse Hayama.
Recuperai il foglio e lo aprii, leggermente confusa. Perchè non..?
 Osservai il P.S. e mi lasciai andare ad una smorfia indignata.
« Sbrigati, e risparmiati quel sorrisino da idiota che hai » scossi la testa, legando i capelli in una coda.
Trovai la borsa al suo posto sull'attaccapanni, accanto alla giacca. Probabilmente le aveva sistemate la sera prima Aya.

P.S. Akito, accompagnala. Non sarebbe la prima volta che Sana si perde al supermercato.


***


Dopo esserci scannati per il pane, la marca del latte, la carne e il numero di veli della carta igienica, verso le undici riuscimmo a rinfilare la chiave nella toppa e ritornare a casa.
Arrabbiati certo, ma perlomeno illesi.
« Non riesco a trovare un paragone » ammise a denti stretti, appoggiando le borse della spesa sul tavolo circolare.
 « Guarda, nemmeno io. Mi chiedo come sia riuscita a stare con te così tanto, anni fa » alzai gli occhi al cielo.
Non ricordavo che fare la spesa con lui fosse così snervante.
 « Me lo chiedo spesso anche io, fidati. » rispose a tono, prima di aprire la porta d'ingresso in modo che potessero entrare gli operai, che avevamo intercettato per strada, coi letti che avrebbero sostituito quella cosa che troneggiava in mezzo alla nostra stanza.

 Nel caso qualcuno se lo stesse chiedendo, quella notte io e Hayama non avevamo assolutamente dormito insieme. Seppur brontolando, aveva preso cuscino e coperta e si era accampato sul divano.
O il divano o il pavimento, delle due l'una.


***


« Ferma dove sei » mi squadrò, serissimo, non appena chiusi la porta alle mie spalle.
Mi paralizzai sul posto.
Il pomeriggio era scivolato via tranquillo, nonostante fosse il suo giorno libero e che quindi, purtoppo, avessi dovuto sopportare lui, la sua espressione accigliata e le sue continue critiche fare avanti e indietro per la casa, mentre io ed Aya sistemavamo le ultime cianfrusaglie del trasloco.
E la pizza per cena – gentile omaggio di Tsuyoshi, che si era fermato a comprarne quattro prima di rincasare – aveva contribuito positivamente al miglioramento del mio umore.
« Mettiamo le cose in chiaro » annuì scocciato, mentre incrociava le braccia dopo aver lanciato una maglia scura sul suo letto.
Ecco, avevo azzeccato il termine. Lo era sempre – scocciato – con me.
E a dirla tutta, spesso e volentieri lo ero anche io nei suoi confronti.
Ma la cosa più singolare, al momento, era che Hayama volesse “mettere le cose in chiaro”. Beh, non era di certo da lui. Ma non mi riferivo alla timida infanzia delle scuole elementari e del primo anno delle medie ( l'unico passato assieme, anche se in sezioni diverse, dopodichè si era trasferito in America, ma questa ormai è storia... ) tempi che l'avevano dipinto come un bambino schivo ed impacciato. Tempi in cui, almeno per quanto riguardava il rapporto con me, di cose da chiarire ce n'erano state a bizzeffe.
Lui, crescendo, era rimasto lo stesso di sempre. A parte per l' “impacciato” ed il “timido”, aggettivi che ormai erano lontani anni luce da lui.
Mi riferivo al fatto che Akito, l'indifferente Akito, non aveva più avuto bisogno di chiarire le cose. Perchè le cose accadevano, e nella sua vita trovavano subito posto. Tac, semplice. Lui non muoveva un dito, ma tutto si ordinava e sistemava lo stesso. La sua vita era estremamente semplice, ed io gliela invidiavo da matti.
Anche se non l'avrei mai ammesso.
« Ma mi stai ascoltando? »
« Sì » asserii, in realtà non avevo sentito una beneamata cippa del suo illuminante discorso, ma poco male.
 « Dicevo » alzò gli occhi al soffitto, purtroppo se mentivo lui lo capiva « che dovremo decidere delle serate. Perchè ognuno possa avere i suoi spazi. »
Oh sì, avevo azzeccato pure questo termine: illuminante. Era uno dei discorsi illuminanti alla Akito Hayama.
Tradotto per i comuni mortali: parlava di donne.
Dal momento della nostra rottura, Hayama non aveva più avuto storie. E non ditemi “beh, devi esserne felice, vuol dire che per lui sei stata davvero importante” perchè potrei smontare quest'affermazione grazie ad almeno quattro tesi.
 Punto primo. Non era presunzione, ma sapevo di essere stata importante per lui. Nemmeno durante i nostri più violenti litigi avrebbe mai detto che non significavo nulla. E, mio malgrado, nemmeno io avrei mai potuto dirlo.
Punto secondo: lui amava dire che ne aveva abbastanza, delle storie, per ilsemplice motivo che quella con me gli era bastata per una vita e mezza. Adorabile, no?
Punto terzo: la cosa non mi riguardava più. Il gioire del fatto che non si fosse ancora innamorato di nuovo a mio avviso significava provare ancora qualcosa per lui. Ed il più delle volte, io detestavo Akito Hayama. Assolutamente. Quindi, non poteva proprio essere.
Punto quarto: certo, Hayama non aveva più avuto storie. Ma ciò non significava che lui non avesse più avuto ragazze.
Era diventato un fottuto donnaiolo. Ed io lo odiavo anche per questo.
Alt! Mica ero gelosa! No, no.
Okay, un pochino.
Ma donnaiolo non rende il concetto. Perchè Akito non le cercava di sua iniziativa, le ragazze. Erano loro a cercare lui, incessantemente.
E lui, beh, trovava maleducato rifiutare.

« Quando raggiungi di nuovo la Terra, batti un colpo » il suo sarcasmo mi riportò alla realtà, e mi maledii ventitrè volte per aver rotto tempo prima il mio amatissimo Piko.
« Hayama, rapido ed indolore. Dì quello che devi dire e lasciami dormire »
Sorrisi della mia stessa risposta.
 « Trova qualche impegno per venerdì sera. Per ogni venerdì sera »
Il sorriso mi si spense di colpo.
« Come, scusa? » mormorai incredula.
« Cos'è, sei anche sorda adesso? »
 « Ci sento benissimo. Perchè me ne dovrei andare? Invece di far venire loro qui, vai via tu. Così tra le altre cose, fai felice anche me »
Sospirò.
Mi infilai sotto le coperte, in attesa di una risposta.
« Trovati un impegno per il venerdì. Vai a trovare Fuka »
 « Per lasciare campo libero a te? »
 Cercavo di convincermi che stesse scherzando. Non poteva buttarmi fuori da camera mia per quelle, quelle...
Bene. Davvero, ottimo.
« Una domanda »
« Veloce »
 « Come glielo spieghi, alle tue...er, amiche, che dividi la stanza con me? »
« Non glielo spiego. » Ah, un classico. L'uomo dei misteri.
« Oh »
« Allora? » mi fissò spazientito.
Lasciai cadere lo sguardo sulle lenzuola chiare del mio nuovo letto.
« Quanto sei lenta a pensare »
Mi prendeva pure in giro? Di bene in meglio.
Sentii la rabbia lasciar posto allo stupore – perchè sì, ero stupita. Non credevo sarebbe arrivato a chiedermi tanto.
Scossi la testa, incredula.
 « Certo, Hayama » annuii convinta « allora cerca anche tu qualcosa da fare, per i sabato sera che verranno. Ah, precisiamo, per tutti i sabato sera a venire. »
L'ultima cosa che registrai prima di spegnere le luci fu un'occhiata glaciale dall'altro capo della stanza.
In fondo, voleva la guerra?
E guerra avrebbe avuto.







 

 

   
 
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