Pomeriggio
-Bene bambini ora
tutti i fila, veloci, veloci! – Urlò la nuova insegnante di nuoto, seduta sul
bordo della piscina con un succinto costumino che catturava non pochi sguardi
dei papà in attesa. Veloci i 15 bambini seguirono le istruzioni, tutti quanti
armati di salvagente. Al fischio dell’insegnante si buttarono in acqua, tutti a
eccezione di uno, con lo sguardo fisso sul fondo, come se ci fosse una strana creatura pronta a
divorarlo.
Una bambina si
avvicinò a lui, guardandolo con un sorrisetto divertito sulle labbra. Era
identica all’altro bambino, solo che lei sembrava essere nel suo elemento
naturale, al contrario dell’altro. –Cosa c’è fratellino? Paura dell’acqua?
-Lo sai come la penso.
L’acqua è troppo.. troppo umida per i miei gusti. E se qualcosa mi aggredisce?
Che ne so? Uno squalo? Come posso difendermi?
L’altra scuote la
testa. –La piscina è d’acqua dolce! Dolce capito? Gli squali vivono nell’acqua
salata. – Possibile che ogni volta che avevano una lezione di nuoto suo
fratello iniziava con le stesse paranoie? Tutta colpa dell’alchimia, fortuna
che lei aveva imparato ad usare le armi, letali ovunque.
La bambina uscì dall’acqua, si avvicinò di scatto al fratello e, con un gesto
fulmineo, lo buttò nella piscina. Questo si dibatté, si dimenò, rischiò di
affogare ma alla fine si accorse di toccare. L’acqua gli arrivava a malapena
alle spalle. Un lieve rossore si propagò sulle guance. –Però potevi dirmi che
l’acqua era bassa Maeve – borbottò, tenendo gli occhi
bassi.
-E’ la stessa piscina
dell’altra volta e delle altre 8 volte prima Maes.
Non è che cambi profondità col tempo. Certo che sei proprio un bam.. – la frase venne interrotta a metà dall’insegnante
che iniziava a spiegare.
***
Un’ora e mezza dopo la
lezione finì e i bambini si diressero agli spogliatoi per cambiarsi, seguiti
dalle mamme. Riza quel giorno era decisamente in
ritardo, tutta colpa di quel scansafatiche di marito che ci aveva messo ore per
compilare 5, ma proprio 5, fascicoletti. Attraversò di corsa il corridoio, seguita
ad una certa distanza dal responsabile del ritardo. Arrivata agli spogliatoi
entrò, ignorando Roy dietro di lei e chiudendogli la porta sul naso.
-Ahia! Ma ti pare
maniera? – Le sue proteste furono dette al vento visto che non c’era nessuno
nelle vicinanze. Si girò, massaggiandosi il naso dolorante, e finì a terra, con
qualcosa sopra. Lo scostò di peso, ed ottenne un grugnito come risposta. Quel
“coso” era qualcuno non qualcosa. Guardò chi aveva appena tamponato, e vide
l’insegnate dei figli.
“Perfetto, di male in
peggio!” Fece per allontanarsi con una scusa ma questa si alzò di colpo, come
se non avesse appena fatto un volo, e lo acchiappò per il braccio,
strusciandosi contro.
-Oh signor Mustang!
Quanto tempo! Di solito passa sempre la madre dei bambini a prenderli. A cos’è
dovuto l’onore della sua visita oggi?
-Oh beh..in effetti
stavo proprio andando via. Ho solo accompagnato mia moglie – e sottolineò la parola - a prendere i bambini-.
-Ah ma abbiamo appena
finito, ci metteranno un po’ ad uscire, perché non andiamo a prenderci un caffè
nel frattempo? – Ormai il braccio dell’uomo cominciava a perdere la
sensibilità; una porta si aprì, seguita dall’uscita di alcuni bambini e delle
mamme.
Una di queste fissò la
scena, e si avvicinò con passo spedito. “Ecco l’uragano che arriva” pensò Roy
mentre vedeva lo sguardo assassino della moglie, seguito da quello divertito
dei figli. La “vittima” parve accorgersi del pericolo solo troppo tardi, si
allontanò di colpo dall’uomo, ma non abbastanza in fretta da evitare una 9 mm
piazzata sotto il mento.
-Mi pare che noi due
avessimo fatto un discorsetto riguardo alle distanze di sicurezza, giusto? – La
voce di Riza risuonò fredda come il ghiaccio; un
brivido percorse la schiena dell’altra donna mentre rispondeva. –S-si signora. Me lo
ricordo bene – “soprattutto la parte sui proiettili vaganti” voleva aggiungere,
ma non ne ebbe il coraggio.
-Bene allora non
abbiamo altro da dirci mi pare- Riza abbasso
leggermente la pistola, dando il tanto agognato spazio libero all’insegnate per
scappare. Quando quest’ultima non si vide più, Riza rinfoderò
le pistole e si girò verso i suoi bambini che sghignazzavano senza ritegno.
–Allora che ne dite? Andiamo a casa?
Un coro di si eruppe
nella stanza, seguito da una corsa alla macchina per accaparrarsi i posti
migliori. Dopotutto era un pomeriggio come un altro.