Capitolo 9
Lo
dobbiamo a lui…
Subito
dopo, l’urlo del ragazzo dal
cappello di paglia invase l’intera isola.
-NAAAMIIIIIIIIII!-
Quando si
erano addentrati nel bosco, Usop e Chopper, si erano ricordati che non
avevano
la minima idea di dove fossero finiti i loro compagni, ma Rufy, senza
ascoltare
le loro proteste, aveva preso a correre a più non posso, fin
quando giunto al
centro esatto dell’isola, era stato colpito da un martello
super gigante di
Usop, che lo aveva fatto finire a terra, per poi essere risucchiato da
essa
stessa.
Rufy i
realtà non aveva ben capito cosa fosse successo, anche
perché sia Usop che
Chopper erano inspiegabilmente scomparsi, così aveva urlato
il nome della sua
navigatrice…iniziando ad incamminarsi verso
l’enorme struttura, che si trovava
al centro di tante piccole case.
Ignaro che
Usop e Chopper si trovassero proprio sopra di lui.
*
Kamatari
strinse i pugni, mentre Nami alzandosi dal letto lo raggiunse verso la
finestra.
Guardò verso
il basso, aprendosi in un sorriso spontaneo, mentre la figura del suo
ingenuo
capitano si stagliava contro il sole.
-Un'altro
scocciatore..-mormorò, spostando lo sguardo verso la sua
navigatrice.
-Sapevo che
sarebbe venuto…-sussurrò, senza staccare gli
occhi da Rufy.
Kamatari
estese il suo viso ad una smorfia infastidita, strinse il polso di
Nami,
strattonandola contro il suo corpo.
-Allora..
immagino saprai già quale sarà la sua fine.-il
cuore d Nami perse un battito,
mentre con forza Kamatari la buttò contro il letto poco
distante.
-Vado ad
occuparmi del tuo amichetto..dopo potremo continuare senza
più alcun intoppo.-
La sua
risata si espanse nell’aria, mentre con la solita
velocità inaudita si
dirigeva, verso cappello di paglia.
Nami si
morse il labbro inferiore, lasciando che il volto sorridente le suo
capitano le
invadesse la mente.
Con il braccio
che pulsava dal dolore e le immagini della fine dei suoi compagni, si
alzò da
dove si trovava e i suoi occhi brillarono come una volta.
Non si
sarebbe arresa e non avrebbe permesso a nulla e a nessuno di far del
male al
suo capitano.
Strappò un
lembo della sottoveste logora che portava indosso, e la legò
al braccio per
fermare il sangue.
Camminò fino
alla porta, ma come già sapeva la trovò chiusa.
Guardò in
ogni angolo della stanza fino a posare il suo sguardo sulla finestra.
La sua unica
via di fuga.
Aprì le ante
e il vento gelido che la investì, la fece rabbrividire.
Avanzò verso
il piccolo balcone, notando che la distanza da terra era troppa per
saltare.
Fece
scorrere lo sguardo da una parte all’altra, notando solo in
quel momento, un
altro balcone alla sua destra.
Non era
molto vicino, ma per la gatta ladra, non sarebbe stato un problema.
Si sporse
verso l’altra parte di balcone e prendendo la rincorsa
saltò in avanti,dandosi
una buona spinta col parapetto.
Arrivò
incolume dall’altra parte e sorrise, asciugandosi il sudore
dalla fronte.
Guardo la
finestra che si trovava di fronte e stringendo i pugni colpì
il vetro.
Sentì alcune
schegge conficcarsi sulla pelle e il sangue colare copioso, ma non se
ne
preoccupò.
Doveva
raggiungere Rufy, doveva salvare i suoi amici.
Entrò nella
stanza guardandosi in giro furtivamente, fin quando la visione di un
quadro,
attirò la sua completa attenzione.
Sentiva il
cuore batterle forte, mano a mano che si avvicinava per vedere meglio.
Eppure,
quella donna dai capelli arancioni era la sua copia esatta.
Sembrava
fosse lei, di qualche anno più grande e la sua mente
scoprì perfino di sapere
già il nome della donna che la guardava sorridente.
Era Ayako…
La ragazza
che Kamatari aveva nominato..la sua presunta rincarnazione.
Sentì un
brivido scorrerle lungo la schiena, ma non né
capì il motivo.
Voltò lo
sguardo alla porta e avanzò velocemente, ma quando mise la
mano sulla maniglia
esitò.
Sentiva che
qualcosa le stava sfuggendo…sembrava quasi che avesse
ignorato un tassello fondamentale.
Però
lasciò
che questi pensieri sfumassero e aprì lentamente la porta,
lasciandosi alle
spalle quel quadro così uguale a lei.
*
Rufy
camminava per l’enorme maniero in cui era entrato,
continuando ad urlare ad
uno, ad uno, i nomi dei suoi compagni
Nessuno
rispondeva alle sue grida e l’immagine che lo aveva
risvegliato, non faceva che
riempirli la mente.
Voltò verso
un nuovo corridoio, trovandosi di fronte ad un enorme salone semi
distrutto.
Non furono
però le macerie che catturarono l’attenzione di
cappello di paglia, ma i corpi
dei suoi compagni, sospesi su delle enormi bolle azzurre.
Rufy avanzò
fino a trovarsi sotto di loro, allungò il braccio salendo
sopra quella di Zoro,che
come tutti gli altri sembrava dormire.
-Ehi!-esclamò
il ragazzo di gomma, colpendo la bolla senza però ottenere
alcun risultato.
-Zoro!-lo
chiamò, senza arrendersi minimamente, ma lo spadaccino non
rispose, mentre la
sua espressione si faceva di pura sofferenza.
-È tutto
inutile…-borbottò una voce
e Rufy guardò
per la prima volta il viso di Kamatari.
Con
curiosità e senza nemmeno pensare che lui fosse la causa di
tutto, cappello di
paglia scese dalla bolla che imprigionava il suo migliore amico.
-Cosa gli è
successo?-chiese e Kamatari sorrise, godendosi
l’ingenuità di quel ragazzino.
-Sono stati
catturati dalle loro stesse paure…ecco cosa gli è
successo..-Rufy guardò lo
strano tizio apparso dal nulla.
Brandiva una
spada e l’aura che avvertiva da essa, non era delle
più amichevoli.
-I miei
compagni non hanno paura..-borbottò Rufy,lo sguardo sicuro
quanto quello di un
bambino.
Kamatari
camminò intorno a cappello di paglia, studiandolo senza
riuscire a capirlo
veramente.
-Eppure è
questo il motivo per cui non riescono a
svegliarsi…-mormorò e Rufy celò il suo
sguardo grazie al suo fedele cappello di paglia.
-Ma non ti
devi preoccupare, perché presto farai la loro stessa
fine.-decretò Kamatari, ma
cappello di paglia restò impassibile e con voce priva di
calore chiese solo:
-Sei stato
tu?-
Il viso
ancora coperto dal cappello, Rufy si voltò leggermente verso
il suo nemico, che
rise della domanda.
-Bravo..sei
perspicace..-lo schernì subito dopo, stringendo la spada con
più forza.
Rufy anche
sta volta non fece una piega, voltandosi totalmente verso di lui:
- Dov’è
Nami?-chiese, portando una mano al suo cappello.
-Non credo
ti riguardi, ma puoi stare tranquillo..non le farò del male
a meno che lei non
mi costringa.-borbottò in risposta.
-Sai è molto
combattiva,esattamente come sua madre, ma dopo che ti avrò
sistemato, sono
sicuro che non avrò più problemi nel domarla..-
Rufy non
disse nulla, nonostante il suo corpo era scosso da
un’incontrollabile rabbia,
ma strinse i pugni fino a quando non sentì il sangue colarli
nei palmi.
Subito dopo,
alzò lo sguardo verso i suoi compagni, incuriosendo il
sicuro Kamatari.
-Ora basta
dormire..svegliatevi!-ordinò Rufy e il suo implacabile si
espanse per
l’edificio, mentre la sua forza di volontà
distruggeva lentamente le bolle
create da Kamatari.
-Non è
possibile..-esclamò quest’ultimo, guardando la
ciurma alzarsi uno, ad uno.
Il suo
sguardo infine si posò sul capitano.
L’espressione
scultorea, gli occhi pronti all’attacco e la sicurezza
assoluta.
-Ti sei
ripreso…-mormorò Zoro, sbadigliando sonoramente.
Rufy
sorrise, mentre tutti i suoi compagni lo affiancavano.
-Come
diavolo..-si lasciò sfuggire Kamatari, senza nemmeno saper
come continuare.
Incredulo per
quanto appena visto,
indietreggiò inconsapevolmente
di un passo, mentre la voce cristallina della navigatrice raggiunse
tutti i
presenti.
-C’è
riuscito perché è lui il motivo se ora siamo
tutti qui…se abbiamo ancora
qualcosa per cui lottare, lo dobbiamo al nostro capitano.-
Rufy fissò
intensamente gli occhi della sua navigatrice, che nonostante le lacrime
le
rigassero il volto sorrideva.
La rabbia si
dissolse e una strana quiete si diffuse su tutto il suo corpo.
L’aveva
trovata.