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Autore: SissiCuddles    29/03/2010    4 recensioni
Ho ufficialmente deciso di autocondannarmi a morte. Ebbene sì, questa è la terza fanfiction che scrivo in questo periodo. Questa fanfic però è diversa dalle altre. La sto scrivendo con più calma e tranquillità. Spero vi possa piacere. Vi avviso di nuovo: non è una delle mie classiche fanfiction a mio parere. Ridico che contiene spoiler riguardanti il prossimo finale di stragione. Io ve l'ho detto due volte ora tocca a voi. Ah, dimentivavo: il titolo è "The Bitter End" in quanto la fine sarà amara, ciò significa, niente lieto fine.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Greg House, Lisa Cuddy
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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The Bitter End

Capitolo 2 : The Choice

 

Loft di House e Wilson. Ore 4:15
Dall’altra parte della stanza l’orologio digitale scandiva i minuti con quella sua luce rossa intermittente. Cuddy pensò che quella sveglia era simile alla sua. Sotto le fredde coperte cercava di non pensare a ciò che aveva appena fatto. Un uomo era sdraiato in parte a lei, un suo braccio la stringeva per la vita e la teneva stretta a sé. Lui aveva ragione, i suoi sensi di colpa cominciarono a scalciare freneticamente dentro la sua testa e le attanagliavano il petto.

Che cosa avrebbe fatto ora? Che cosa avrebbe detto a lui?

House si rigirò nel sonno. Fece in tempo a vedere un dolce sorriso sulla bocca di lui.

E’ successo veramente, nessuno lo può negare. Nessuno potrà dire il contrario. E’ accaduto. E Cuddy non sapeva cosa sarebbe potuto succede dopo quella notte.

Spostò il braccio di House e strisciò fuori dal letto in punta di piedi. Guardò la stanza, ma la pochissima luce non rendeva possibile vedere i vestiti sparsi sul pavimento.

Si inginocchiò e riuscì a recuperare i suoi vestiti. Cercando di non fare il minimo rumore, Cuddy si rivestì in fretta. Prese la sua borsa ancora in salotto, indossò ilo cappotto leggero e si lascio la porta alle spalle. Si appoggiò alla parete fredda di quel corridoio buio.

Che cosa ho fatto?

House si rigirò nuovamente tra le lenzuola. Questa volta però non c’era nessuno ad impedirgli di muoversi liberamente. Senza aprire gli occhi, allungò un braccio verso l’altra metà del letto. Non trovando nessuno, aprì gli occhi. Quando si adattarono al buio della stanza, non vide nessuno con lui nella stanza. Era di nuovo solo. Questa volta non era stato lui ad andarsene, ma era stata lei.

Ha capito di avere sbagliato, sa di avere fatto qualcosa che può cambiare le cose.

Tutto ciò che aveva creato negli ultimi mesi lo aveva fatto crollare in una notte. O forse no.

House si alzò lentamente, facendo attenzione alla sua gamba, che da qualche settimana continuava a fargli male. Camminò per la stanza cercando i suoi vestiti. Li trovò ai piedi del letto insieme al suo bastone. Lo prese tra le mani e cominciò a camminare verso il bagno. Si guardò allo specchio, e ripetendo quell’azione di quasi un anno prima, si portò una mano alla guancia e cancellò il segno del rossetto. Era successo. Cosa potesse significare questo ancora non lo sapeva. Ma di una cosa ne era certo: era successo.

Casa di Cuddy. Ore 4:45
Cuddy entrò in casa sua. Una casa silenziosa, forse troppo. Ma dopotutto non erano nemmeno le 5 del mattino. Appoggiò la borsa e si tolse il cappotto e le scarpe. Non voleva svegliare Rachel e Marina. Ormai la povera baby-sitter sarebbe rimasta qui tutta la giornata.

“Lisa…”
“Ciao Marina. Scusa se torno solo adesso.”
“ Non c’è alcun problema, pensavo si fosse fermata dal suo compagno.”
“Già. Rachel?”
“Si è addormentata alle 9 ed è ancora nel mondo dei sogni. Se non le dispiace io andrei a casa a farmi una doccia.”
“Certo, vai pure”
“Ci vediamo tra poco.”
“Sì, grazie. A dopo allora”

Marina si chiuse la porta alle spalle. Cuddy si appoggiò alla parete alle sue spalle. Sospirò presa dai pensieri che la tormentavano.

Solo ora si accorgeva dell’enorme sbaglio che aveva commesso. La sera precedente non le sembrava un errore mentre era presa da tutte quelle emozioni. Ma come aveva sempre pensato negli anni precedenti, qualcuno ne sarebbe rimasto ferito. Ma questa volta non sarebbe stata lei.

Salì le scale lentamente ed entrò nella stanza della piccola. Dormiva beatamente tra le sue coperte leggere. Cuddy ascoltò il suo respiro lento e calmo. In quel momento avrebbe voluto essere una bambina come quella che di fronte a lei dormiva beatamente. Non avrebbe dovuto prendersi tutte quelle responsabilità. Pensare a cosa è giusto, cosa è sbagliato, sarebbero stati pensieri a lei estranei. Avrebbe solo fatto ciò che voleva e desiderava, evitando ciò che poteva renderla infelice. Infelice. Era infelice? No, non lo era. In quel momento era ancora presa da certe emozioni, troppo forti da descrivere. Emozioni che aveva provato pochissime volte. Come la prima volta sulle montagne russe. Il brivido della novità, la paura dell’altezza, ma nonostante il terrore, arrivi alla fine e sorridi, perché sai di avercela fatta indenne. Lei sarebbe arrivata indenne alla meta? O meglio, sarebbe arrivata da qualche parte?
Decise di farsi una doccia. Si tolse i vestiti man mano che si muoveva verso il bagno, lasciandosi alle spalle i pensieri, negativi e positivi.
Era ancora sotto la doccia quando qualcuno entrò nella stanza. Uscì dal bagno avvolta nell’accappatoio. Si asciugò i capelli con una salvietta e solo in seguito notò che Lucas la stava osservando.

“Hei, cosa ci fai sveglia?”
“Ciao. Non riuscivo a dormire. Come è andato l’appostamento?”
“Abbastanza bene. L’ennesimo marito infedele”

L’ennesimo marito infedele. Loro non erano sposati, ma lei lo aveva tradito. Lei era infedele.

“Lisa? Ci sei?”
“Sì, scusa. Ho un po’ di mal di testa.”
“Mi dispiace. Posso fare qualcosa?”
“No, grazie. Vorrai dormire adesso”
“Sì, sono un po’ stanco. Ma se vuoi ti faccio compagnia”
“Non ce ne è bisogno. Devo finire del lavoro. Altre pratiche da compilare mi aspettano”
“Ok.”
Lucas si avvicinò e la baciò dolcemente.
“Buona notte”
“Grazie, buon…lavoro allora”

Cuddy rientrò nel bagno e chiuse la porta alle sue spalle. Che cosa stava facendo? Perché non riusciva a dimenticare tutto quello che era successo? Tutte le immagini le tornavano nitide e chiare nella mente stanca dopo una notte fatta di atti fisici e torture psicologiche. Si guardò allo specchio, ma riportò il suo sguardo verso il pavimento.

Non riesco nemmeno a guardarmi allo specchio. Ho tradito Lucas. L’ho tradito.

Si vestì lentamente. Ogni sua azione era rallentata e allungata nel tempo, in modo da darle il minimo tempo per pensare. Doveva occupare la sua mente con qualcosa di diverso. Tuffarsi nel lavoro per dimenticare, se mai ce l’avesse fatta.

Loft di House e Wilson. Ore 7:30
“House, io e Sam usciamo”
“Ok”
“A che ora hai intenzione di presentarti a lavoro?”
“Non lo so. Credo più tardi del solito”
“Clinica?”
“No….”
“James, andiamo o farò tardi. Ciao House”
Wilson e Sam si chiusero la porta alle spalle, lasciandolo solo per l’ennesima volta quella mattina. Non era riuscito a togliersi dalla testa quello che era successo q distanza di poche ore. Si ricordò di averla baciata, di averla lentamente spogliata, di aver trattenuto il respiro per non farsi sentire, la stringeva a sé con un braccio e poi la stanza vuota. Lei se ne era andata.
Sarebbe andato in ospedale più tardi del solito. Non voleva trovarsi a parlare con Cuddy. Doveva chiarire le idee prima di creare un “qualcosa”. Gli serviva un piano, doveva pianificare i suoi prossimi passi. Per la prima volta si trovò ad archiviare i propri pensieri in maniera scrupolosa. Cosa fare prima. Coma fare dopo. Cosa dirle. A chi dirlo.

Non l’ho detto nemmeno a Wilson…

Non l’aveva detto a Wilson. Ormai lui aveva Sam, non aveva bisogno di un amico che gli stesse tra i piedi e Sam era ormai abituata al comportamento da bastardo di House. Rendere la vita delle persone un inferno era stato il suo obiettivo negli anni passati. Se lui non poteva essere felice, anche le altre persone non potevano esserlo. Questo era ciò che Sam pensava di lui. Aveva forse ragione?
House finì la sua colazione, prese il cappotto e il suo zaino e uscì dall’appartamento. Chiuse il portone e salì sulla sua auto, diretto verso l’ospedale.

 

   
 
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