The Bitter End
Capitolo 2 : The Choice
Loft
di House e Wilson.
Ore 4:15
Dall’altra
parte della stanza l’orologio digitale scandiva i minuti con
quella sua luce
rossa intermittente. Cuddy pensò che quella sveglia era
simile alla sua. Sotto
le fredde coperte cercava di non pensare a ciò che aveva
appena fatto. Un uomo
era sdraiato in parte a lei, un suo braccio la stringeva per la vita e
la
teneva stretta a sé. Lui aveva ragione, i suoi sensi di
colpa cominciarono a
scalciare freneticamente dentro la sua testa e le attanagliavano il
petto.
Che
cosa avrebbe fatto ora? Che cosa
avrebbe detto a lui?
House
si rigirò nel sonno. Fece in tempo a vedere un
dolce sorriso sulla bocca di lui.
E’
successo veramente, nessuno lo può negare.
Nessuno potrà dire il contrario. E’ accaduto. E
Cuddy non sapeva cosa sarebbe
potuto succede dopo quella notte.
Spostò
il braccio di House e strisciò fuori dal
letto in punta di piedi. Guardò la stanza, ma la pochissima
luce non rendeva
possibile vedere i vestiti sparsi sul pavimento.
Si
inginocchiò e riuscì a recuperare i suoi vestiti.
Cercando di non fare il minimo rumore, Cuddy si rivestì in
fretta. Prese la sua
borsa ancora in salotto, indossò ilo cappotto leggero e si
lascio la porta alle
spalle. Si appoggiò alla parete fredda di quel corridoio
buio.
Che
cosa ho fatto?
House
si rigirò nuovamente tra le lenzuola. Questa
volta però non c’era nessuno ad impedirgli di
muoversi liberamente. Senza
aprire gli occhi, allungò un braccio verso l’altra
metà del letto. Non trovando
nessuno, aprì gli occhi. Quando si adattarono al buio della
stanza, non vide
nessuno con lui nella stanza. Era di nuovo solo. Questa volta non era
stato lui
ad andarsene, ma era stata lei.
Ha
capito di avere sbagliato, sa di
avere fatto qualcosa che può cambiare le cose.
Tutto
ciò che aveva creato negli ultimi mesi lo
aveva fatto crollare in una notte. O forse no.
House
si alzò lentamente, facendo attenzione alla
sua gamba, che da qualche settimana continuava a fargli male.
Camminò per la
stanza cercando i suoi vestiti. Li trovò ai piedi del letto
insieme al suo
bastone. Lo prese tra le mani e cominciò a camminare verso
il bagno. Si guardò
allo specchio, e ripetendo quell’azione di quasi un anno
prima, si portò una
mano alla guancia e cancellò il segno del rossetto. Era
successo. Cosa potesse
significare questo ancora non lo sapeva. Ma di una cosa ne era certo:
era
successo.
Casa
di Cuddy. Ore 4:45
Cuddy
entrò in casa sua. Una casa silenziosa, forse troppo. Ma
dopotutto non erano
nemmeno le 5 del mattino. Appoggiò la borsa e si tolse il
cappotto e le scarpe.
Non voleva svegliare Rachel e Marina. Ormai la povera baby-sitter
sarebbe
rimasta qui tutta la giornata.
“Lisa…”
“Ciao Marina. Scusa se torno solo adesso.”
“ Non c’è alcun problema, pensavo si
fosse fermata dal suo compagno.”
“Già. Rachel?”
“Si è addormentata alle 9 ed è ancora
nel mondo dei sogni. Se non le dispiace
io andrei a casa a farmi una doccia.”
“Certo, vai pure”
“Ci vediamo tra poco.”
“Sì, grazie. A dopo allora”
Marina
si chiuse la porta alle spalle. Cuddy si
appoggiò alla parete alle sue spalle. Sospirò
presa dai pensieri che la
tormentavano.
Solo
ora si accorgeva dell’enorme sbaglio che aveva
commesso. La sera precedente non le sembrava un errore mentre era presa
da
tutte quelle emozioni. Ma come aveva sempre pensato negli anni
precedenti,
qualcuno ne sarebbe rimasto ferito. Ma questa volta non sarebbe stata
lei.
Salì
le scale lentamente ed entrò nella stanza della
piccola. Dormiva beatamente tra le sue coperte leggere. Cuddy
ascoltò il suo
respiro lento e calmo. In quel momento avrebbe voluto essere una
bambina come
quella che di fronte a lei dormiva beatamente. Non avrebbe dovuto
prendersi
tutte quelle responsabilità. Pensare a cosa è
giusto, cosa è sbagliato,
sarebbero stati pensieri a lei estranei. Avrebbe solo fatto
ciò che voleva e
desiderava, evitando ciò che poteva renderla infelice.
Infelice. Era infelice?
No, non lo era. In quel momento era ancora presa da certe emozioni,
troppo
forti da descrivere. Emozioni che aveva provato pochissime volte. Come
la prima
volta sulle montagne russe. Il brivido della novità, la
paura dell’altezza, ma
nonostante il terrore, arrivi alla fine e sorridi, perché
sai di avercela fatta
indenne. Lei sarebbe arrivata indenne alla meta? O meglio, sarebbe
arrivata da
qualche parte?
Decise di farsi una doccia. Si tolse i vestiti man mano che si muoveva
verso il
bagno, lasciandosi alle spalle i pensieri, negativi e positivi.
Era ancora sotto la doccia quando qualcuno entrò nella
stanza. Uscì dal bagno
avvolta nell’accappatoio. Si asciugò i capelli con
una salvietta e solo in
seguito notò che Lucas la stava osservando.
“Hei,
cosa ci fai sveglia?”
“Ciao. Non riuscivo a dormire. Come è andato
l’appostamento?”
“Abbastanza bene. L’ennesimo marito
infedele”
L’ennesimo
marito infedele.
Loro non erano sposati, ma lei lo aveva tradito. Lei era infedele.
“Lisa?
Ci sei?”
“Sì, scusa. Ho un po’ di mal di
testa.”
“Mi dispiace. Posso fare qualcosa?”
“No, grazie. Vorrai dormire adesso”
“Sì, sono un po’ stanco. Ma se vuoi ti
faccio compagnia”
“Non ce ne è bisogno. Devo finire del lavoro.
Altre pratiche da compilare mi
aspettano”
“Ok.”
Lucas si avvicinò e la baciò dolcemente.
“Buona notte”
“Grazie, buon…lavoro allora”
Cuddy
rientrò nel bagno e chiuse la porta alle sue
spalle. Che cosa stava facendo? Perché non riusciva a
dimenticare tutto quello
che era successo? Tutte le immagini le tornavano nitide e chiare nella
mente
stanca dopo una notte fatta di atti fisici e torture psicologiche. Si
guardò
allo specchio, ma riportò il suo sguardo verso il pavimento.
Non
riesco nemmeno a guardarmi allo
specchio. Ho tradito Lucas. L’ho tradito.
Si
vestì lentamente. Ogni sua azione era rallentata
e allungata nel tempo, in modo da darle il minimo tempo per pensare.
Doveva
occupare la sua mente con qualcosa di diverso. Tuffarsi nel lavoro per
dimenticare, se mai ce l’avesse fatta.
Loft
di House e Wilson. Ore 7:30
“House,
io e Sam usciamo”
“Ok”
“A che ora hai intenzione di presentarti a lavoro?”
“Non lo so. Credo più tardi del solito”
“Clinica?”
“No….”
“James, andiamo o farò tardi. Ciao House”
Wilson e Sam si chiusero la porta alle spalle, lasciandolo solo per
l’ennesima
volta quella mattina. Non era riuscito a togliersi dalla testa quello
che era
successo q distanza di poche ore. Si ricordò di averla
baciata, di averla
lentamente spogliata, di aver trattenuto il respiro per non farsi
sentire, la
stringeva a sé con un braccio e poi la stanza vuota. Lei se
ne era andata.
Sarebbe andato in ospedale più tardi del solito. Non voleva
trovarsi a parlare
con Cuddy. Doveva chiarire le idee prima di creare un
“qualcosa”. Gli serviva
un piano, doveva pianificare i suoi prossimi passi. Per la prima volta
si trovò
ad archiviare i propri pensieri in maniera scrupolosa. Cosa fare prima.
Coma
fare dopo. Cosa dirle. A chi dirlo.
Non
l’ho detto nemmeno a Wilson…
Non
l’aveva detto a Wilson. Ormai lui aveva Sam, non
aveva bisogno di un amico che gli stesse tra i piedi e Sam era ormai
abituata
al comportamento da bastardo di House. Rendere la vita delle persone un
inferno
era stato il suo obiettivo negli anni passati. Se lui non poteva essere
felice,
anche le altre persone non potevano esserlo. Questo era ciò
che Sam pensava di
lui. Aveva forse ragione?
House finì la sua colazione, prese il cappotto e il
suo zaino e uscì dall’appartamento. Chiuse il
portone e salì sulla sua auto,
diretto verso l’ospedale.