Fianchi Rotondi
Capitolo 8
- Pazza! – la voce tuonò prima che la porta di spalancasse.
La stanza era impregnata dell’odore del
sangue secco. Una magra ombra si mosse appena e
riaffiorò dalle caligini di quella sua notte nera; tuttavia, la luna si rifiutò
di rischiararla e si nascose nuovamente dietro la nuvola.
- Pazza! Dove sei?
Aristandro accese la lucerna. Narda era
completamente avvolta dai propri capelli.
- Disgraziata! Le tue mani…!
Narda sollevò il capo per guardarsi le
mani insudiciate per poi adombrarsi nuovamente. Il re la raggiunse veemente e,
presala per i capelli, la costrinse ad alzarsi.
- Misera! Perché
l’hai fatto? Perché mi hai sfidato in
questo modo?
Il viso luminoso di Alessandro
bruciava su quello scuro e umido dell’ancella.
- Non vuoi parlare adesso? Canterai,
allora, sotto tortura!
Narda spalancò gli occhi. –
Alessandro… no, ti prego! – si abbatté a terra e
afferrò i piedi di Alessandro, ma questi
scalciarono e indietreggiarono.
- Non chiedermi pietà; sei andata
cercando la tua fine!
Narda si prese i capelli tra le mani. –
E’ colpa dell’amore, Alessandro.
- Cosa? Che stai dicendo? Di quale amore vai delirando?
- Oh, Alessandro, lui è pazzo.
- Tu vaneggi! Sarà tutto più
chiaro una volta che i torchi ti stritoleranno le membra!
– la afferrò nuovamente per i capelli e la trascinò verso
la porta.
- No, aspetta! Ti prego, Alessandro! Uccidimi
subito, allora! Ti dirò tutto, e potrai uccidermi!
- Parla, allora.
- E’ Bagoas… - inghiottì un
singhiozzo.
- Parla!
- E’ lui… parla con lui,
Alessandro; lui sa molto più di me. E uccidimi. Uccidimi subito.
Alessandro l’afferrò per i polsi
e la sbatté tra le mani di Aristandro. –
In carcere. Verrò a farti visita se lo riterrò il caso.
L’indovino la condusse fuori dalla stanza e nei sotterranei del palazzo.
Bagoas vestiva di porpora e profumava di mirra quando
Alessandro lo trovò nella sua stanza intento a rimirarsi allo specchio.
Il vetro rifletté la porta aprirsi lentamente e il sovrano entrare alle
sue spalle. Impallidì.
- Oh, mio signore. Come mai sveglio?
- Potrei farti la stessa domanda.
- Stavo provandomi un abito nuovo, signore.
L’ho comprato allo scorso mercato, ti piace?
- Incantevole. Vorrei scambiare due parole con
te, se non ti dispiace.
- No di certo, mio signore.
Alessandro inspirò profondamente.
– No, anzi. Prima voglio mostrarti una cosa.
Scesero nei sotterranei e la puzza di umido
cominciò a preoccupare Bagoas.
- Cosa… cosa mi
vuoi mostrare, mio signore?
- Oh, stai pure tranquillo, se non hai niente
da temere, mio caro Bagoas.
L’aria nelle carceri era appena
respirabile; l’umidità si mischiava all’odore di urina ed escrementi umani. Alessandro si sentì
mancare.
- Mio signore, io non capisco, dove… -
si ammutolì quando la luce della fiaccola che
Alessandro stringeva in mano illuminò il viso scavato di Narda dietro le
sbarre. Stordito, si guardò nervosamente attorno con le labbra tremanti
e sussultò. La figura smilza di Aristandro era
piombata tra le tenebre come le ali di un pipistrello.
- Io…
- Lei sostiene – cominciò
Alessandro – che tu sia a conoscenza di un
tentato omicidio. Ma si sbaglia di certo, non è
vero, Bagoas?
Il servo non capì cosa si celava dietro
il tono del re. – Mio signore, io…
Narda non si muoveva.
- Parla pure, mio caro Bagoas.
- Io non so proprio di cosa si stia parlando, mio signore… dico sul serio. - ma le
sue gambe rabbrividivano e le sue parole erano prive di ogni
convinzione.
Alessandro illuminò il proprio viso con
la fiamma e lo guardò dritto negli occhi. – Ne sei sicuro?
- Mio signore… ma io… non ti farei
mai del male.
Alessandro gettò la testa
all’indietro ed emise un grugnito simile ad una risata. – Farmi del
male? E cosa pensi che abbia potuto farmi del male?
Bagoas spalancò gli occhi e le sue
ginocchia quasi cedettero al suolo.
- E’ meglio che vi mettiate
d’accordo, voi due. - lo sguardo di Alessandro
era tanto feroce che il miasma sparì.
Narda continuava a non muoversi.
- Vedete di mettervi d’accordo – continuò il re minaccioso – altrimenti
farò marcire entrambi in queste fetide carceri senza alcun processo.
- Bagoas… - la voce di Narda era un
sospiro strappato alla morte.
Alessandro illuminò gli occhi gravidi
di lacrime di Bagoas.
- Mio signore… - si abbandonò al
suolo – è l’amore, mio signore…
- Ho già sentito queste parole. Mi
aspettavo qualcosa di nuovo.
Bagoas cominciò a dare sfogo a penose
lacrime. – Io non ti avrei mai fatto del male, mio signore. Volevo solo
il tuo amore.
- Vaneggi.
- Ascoltami, ti prego.
Ho fatto tutto per amore. Per amore.
- Cosa hai fatto al
mio Efestione?
Bagoas strinse i denti e le
palpebre più forte che poté – Riusciresti a
perdonare l’amore?
Alessandro scalciò
violentemente, Bagoas ruzzolò sul ruvido pavimento.
- Mio signore – tossicchiò
tenendosi l’addome dolorante – sono stato io, è vero,
ma l’ho fatto per amore…
- Tu, quindi, hai ordito l’omicidio di Efestione?
- Sì, mio signore, sono stato io.
– gli occhi pesanti del suo amato sovrano erano più strazianti di qualsiasi macchina da tortura.
- Efestione non è morto. Il tuo sicario
non ha avuto il coraggio di ucciderlo. E dunque? Ora
cosa tenterai?
Bagoas si rannicchiò su sé stesso.
– Mio signore, perdonami.
Un altro calcio. – Tu, quindi, hai
incantato Efestione con quella pozione?
- Sì, mio signore, sono stato io.
- Strega che non sei altro! –
sbottò e si chinò fino a sentire il respiro di Bagoas sul proprio
viso – Ti risparmio solo per avere
l’antidoto.
Efestione giaceva tra la vita e la morte.
Filippo aveva disinfettato e bendato la ferita
ma gli occhi del soldato non accennavano ad aprirsi. Se non fosse stato in
grado di curarlo, avrebbe potuto stare certo che le
carceri sarebbero state affollate. Si ritrovò a spergiurare gli dei che
tutto andasse bene e che la ferita non suppurasse,
mentre sentiva grida disperate provenire dai sotterranei.
Bagoas teneva le spalle contro le spesse pietre scure dei muri, premuto
dal corpo di Alessandro.
- Come sarebbe a dire
che non ricordi l’antidoto?
- Mi… mio signore –
farfugliò, incapace di respirare – avevo letto la procedura a
Susa, quando lavoravo per quel venditore di gioielli…
- E quindi?
- Sua moglie… lei era
un’appassionata… amava queste cose… - si fermò per
prendere fiato – una sera tra i suoi volumi impolverati trovai quel libro
d’incantesimi… incuriosito cominciai a leggerlo e trovai questo
filtro d’amore… strappai la pagina… ma
non avrei mai pensato di farne uso, un giorno, io… non credevo a queste
cose…
Alessandro gettò all’indietro la
testa e ruggì. – Menti! Mi rivelerai l’antidoto sotto
tortura! E poi morirai! Tu e la tua complice,
marcirete qui!
- No, mio signore, no! Ti dico
la verità! Davvero!
Alessandro furibondo lo afferrò per un
braccio e lo scaraventò in carcere assieme a Narda. Aristandro
volò verso la sua spalla. - Andiamo,
Alessandro. Troveremo noi l’antidoto.
S’incamminarono lentamente su per le
scale di pietra scura e raggiunsero la stanza di Filippo. Efestione giaceva
ancora immobile e il medico pregava tutti gli dei con le labbra tremanti.
Alessandro si prese la testa tra le mani.
- Ancora niente? – chiese
l’indovino.
- La ferita è disinfettata, ci
vorrà un po’ di tempo perché si cicatrizzi…
- Quanto? – sbottò Alessandro
senza pensare troppo.
- Beh…
- E quando
potrà riaprire gli occhi?
- Sono sicuro che li aprirà molto
presto…
- Lo spero per te. – si adagiò
piano sul petto di Efestione e sparse i suoi capelli
sulla benda della ferita, macchiata di sangue rosso. – Ascoltami,
Efestione – erano parole sussurrate direttamente al suo cuore
– presto potrai stringermi di nuovo la mano. - Filippo si grattò
nervosamente la nuca.
- Posso – riprese il re fissandolo
– portarlo nella mia stanza?
- Potrebbe aver ancora bisogno di me.
- In quel caso, verrò a chiamarti.
– aveva già caricato il suo amato tra le sue
braccia.
Aristandro decise questa volta di non
seguirlo.
Lo depose sul letto e gli si coricò accanto, disteso su un
fianco, ad accarezzargli i capelli e a contemplare il suo viso incavato. Si
lasciò sfuggire una lacrima ma s’impose
di non versarne altre, ad Efestione non piaceva vederlo piangere per lui. Il
suo corpo striato di sfregi raccontava del suo animo ardente, tuttavia il suo
petto era ancora così morbido al tatto, ancora così, come quando l’aveva accarezzato per la prima volta.
Chi mai avrebbe potuto portargli via
quell’Efestione? Due miserabili mai, il tempo nemmeno, la morte non
contava. Quell’amore oltre il bene e oltre il male, era troppo palpabile per poter spirare.
Cercò di addormentarsi.
Mille volte meglio morire, piuttosto che soffrire d’amore.
Ecco a cosa lo aveva portato quella sua
malsana smania di possedere la persona amata; sarebbe forse marcito in quelle
fetide carceri? Narda non dava segni di vita, ma sapeva che respirava; ogni
tanto sentiva un singhiozzo e un sospiro.
Ma sarebbe andato tutto
bene, pensava Bagoas, se non fosse stato per quell’indovino. Avrebbe
dovuto farlo fuori quando era il momento.
Tre tocchi alla porta.
Lentamente, si riscosse. Per quanto tempo
aveva dormito?
- Sì…
Aristandro entrò scandendo i passi con
prudenza.
- Stavo pensando all’antidoto.
- Sì. – sospirò e si mise
in piedi.
- Pensavo che forse il modo migliore sarebbe cercare di annullare letteralmente l’effetto dell’incantesimo partendo dalla
procedura dello stesso.
- Cioè dovremmo
reperire le istruzioni per preparare la pozione d’amore?
- Esatto.
- Mmm. Potrebbe essere un’idea. Ma solo Bagoas sa dove sono nascoste.
- Andrò a chiederglielo.
Alessandro si morse il labbro inferiore.
– No, aspetta. – Aristandro si voltò – Forse è meglio che vada io.
Di nuovo in quelle torbide prigioni.
Quando la fiaccola
illuminò il viso di Bagoas, questo sembrò rinascere.
- Mio signore…
- Non sono qui per liberarti. Voglio solo
sapere una cosa, da te.
Narda rimaneva immobile.
- Sì, mio signore.
- Dove tieni nascoste le ricette per le
tue… pozioni?