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Autore: madnessLOVE    30/03/2010    0 recensioni
C'è sempre stato un forte legame che lega Edward a Alice. Ma cosa sarebbe successo se questo legame d'amore fraterno si fosse trasformato in qualcosa di più forte e profondo? Ho provato ad immaginarlo con questa piccola fanfiction... :) Ditemi che ne pensate! ^.^
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alice Cullen, Edward Cullen
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Per la serie chi non muore si rivede riecco direttamente dall’oltretomba spuntare fuori Elena che finalmente ha deciso di farvi sapere che è ancora viva.

Inutile tentare di scusarmi con voi, sono imperdonabile e dato la scelta che ho fatto dovrei proprio essere fucilata, ma… vabbè procediamo con calma.

1)Come avrete potuto notare i capitoli del POV Alice sono magicamente scomparsi, ebbene si, ho deciso di tornare alle origini, questa storia era nata come short-fiction, fatta di soli tre capitoli e tutti dal punto di vista di Edward. Poi si era trasformata in long-fiction con POV di Alice e Edward. E ora torna alle origini.

2) Perché questo cambio di rotta? Rispondo subito. Ho perso del tutto l’ispirazione per scrivere di Eddy e Ali. Perché io sono così, sono un tipo piuttosto instabile cambio idea molto facilmente. E mi odio per questo perché lascio in sospeso delle storie che all’inizio mi prendevano così tanto e che poi sono finite nel dimenticatoio! L

3)Mi scuso ancora con tutti voi!!!! Abbiate pietà !! ^^”

Ora vi lascio al secondo capitolo, a risentirci alla prossima!!

 

2-Impassibile

I giorni seguenti tenni le distanze il più possibile da Alice e Jasper, con la prima era davvero difficile, poiché non era normale essere così freddo con lei; con il secondo era più facile, con Jasper non avevamo poi tutto questo rapporto.
Era una tortura evitarla e non poterle stare vicino come sempre. Sentivo la mancanza della sua esuberanza e della sua vitalità che ogni giorno rallegrava l’intera famiglia. Ma era un sacrificio utile a salvaguardare la tranquillità dei Cullen; potevo sacrificarmi per la mia famiglia giusto? Era mio dovere farlo. Eppure era così difficile alle volte.
Una settimana dopo aver preso la decisione di evitarla anche lei cambiò atteggiamento stava sempre sulle sue e rimuginava su tutto ciò che aveva fatto nell’ultimo periodo, cercava di capire la ragione del mio comportamento. Pensava per ore ad un motivo valido che potesse giustificare il mio modo di fare nei suoi confronti. Era convinta di avermi fatto qualche torto. Mi trattenevo a stento da andare lì, correre verso di lei abbracciarla e dirle che era tutto apposto; che lei era perfetta e che il vero problema ero solo io, era solo il mio egoismo; quasi stavo per farlo.
E nello stesso istante in cui stavo per alzarmi dal divano della mia stanza, vidi la scena successiva nella sua mente. Stava avendo una visione che era la copia esatta dell’episodio che avevo appena pensato. Avrebbe ascoltato perfino le stesse parole se non avessi cambiato immediatamente idea e avessi deviato per le scale anziché per la sua camera. Non c’era alcun bisogno di farle sapere quale era il motivo del mio atteggiamento, anche se mi faceva male vederla triste a causa mia.
Scesi le scale e quasi contemporaneamente la porta della sua camera si aprì. Senti i suoi passi leggeri scendere le scale.
In un attimo mi fu affianco.
“Edward…” mi chiamò mentalmente con tono serio. Quell’intonazione stonava su di lei che era sempre allegra.
“Cosa?” le risposi senza girarmi non era facile guardarla negli occhi.
“Dobbiamo parlare.” Assunse anche lei un tono freddo come era stato il mio.
“Riguardo cosa?”
“Smettila di fare finta di niente Edward! C’è qualcosa che non va e voglio capire cosa!”.
“Ti stai sbagliando, è tutto apposto.”
“Certo, come no? Per te è normale il tuo comportamento, vero?”.
Non risposi non avevo il coraggio di ammettere che aveva ragione. Non potevo permettermi neanche un attimo di debolezza.
“Edward, ti prego…” il suo tono era ora supplichevole “… cosa c’è che non va, cosa ho fatto? Perché mi eviti?”Strinsi i denti per evitare al fiume di parole che avevo in testa di sgorgare all’esterno. Alice non doveva sapere.
“Non mi vuoi più bene. È così?”
Quelle parole furono una lama dritta laddove c’era il cuore che sembrava tornato a battere solo per farmi male. Strinsi i pugni e scossi la testa impercettibilmente. Come poteva pensare una cosa del genere? Come potevo lasciare che pensasse una cosa del genere.
“D’accordo. Non posso mica obbligarti a volermi bene, solo… vorrei sapere perché? Che è successo?”
Non potevo resistere oltre, mi ero spinto al limite del sopportabile. La presi per un braccio e la trascinai fuori. Gli altri non diedero peso a quel gesto, erano solo preoccupati, pensavano fossi uscito di testa in quel periodo. Non sbagliavano. Tra tutte percepivo più forte la preoccupazione di Jasper per la sua adorata Alice.
Cominciai a correre in preda all’irritazione e Alice mi arrancava dietro, fino ad acquisire un passo che poteva reggere il mio, reso veloce dal nervosismo e l’impazienza.
La portai ad una piccola radura nella quale mi piaceva trascorrere le giornate un po’ troppo assolate, era lontana da tutti i sentieri, perciò era tranquilla e nessuno poteva disturbarci.
Mi fermai al centro esatto della radura; il sole nel bel mezzo del cielo splendeva e si rifletteva sulla nostra pelle scintillante. Alice alle mie spalle era immobile.
“Presumo che sia qualcosa di grave se ci siamo allontanati da casa.” Suppose giustamente lei.
“Alice…” non sapevo cosa dire, perciò decisi che la cosa migliore da fare era cominciare dall’inizio.
“Alice, hai ragione, in realtà c’è qualcosa che non va in me in questo periodo.”
“Lo immaginavo, ma io cosa c’entro? Perché mi hai allontanata così?”
“Ecco, la cosa non riguarda esattamente solo me; tu c’entri in qualche modo. Sei indirettamente la responsabile del mio comportamento.”. Mi voltai verso di lei. Vidi la sua espressione accigliata mentre cercava di capire qualcosa della mia spiegazione ingarbugliata.
“Perdonami, ma non capisco. Cosa ho fatto?”
Sospirai e mi sedetti sull’erba fissando per terra. Lei fece lo stesso e si sedette di fronte a me.
“Edward, sai che sei il mio fratellone preferito, puoi dirmi qualsiasi cosa ti vorrò sempre bene.” Disse poggiando una mano sulle mie strette a pugno l’una sull’altra.
Era proprio quello il punto dopo che glielo avessi detto tutto sarebbe cambiato sia la considerazione che aveva di me sia i suoi sentimenti; se in bene o in male non lo sapevo.
Alzai lo sguardo fino ad incontrare i suoi. Esaminavo quel topazio liquido dei suoi occhi e cercavo di anticipare la sua reazione, come avrei voluto avere io il suo dono. Stavo riflettendo sulle parole più adatte per presentarle la situazione, ma lei spazientita chiuse gli occhi e cercò da sola di far luce sulla faccenda.
Impotente lasciai che scoprisse tutto, vidi nella sua mente il mio sguardo cauto mentre le dicevo ciò che provavo per lei, mentre le raccontavo come le cose erano cambiate e la decisione che avevo preso per preservare la tranquillità della famiglia. Lei rimaneva concentrata, impassibile a quell’ondata di parole che avevo intenzione di dirle e che lei già stava ascoltando. Io ero in attesa della sua rabbia, del suo disprezzo, o di qualunque fosse stata la sua reazione.
La vidi aprire gli occhi e togliere la sua mano dalle mie, non riuscivo a percepire niente, la sua mente era vuota, ripassava tutto il discorso che, nella sua visione, le avevo fatto.
Chiusi gli occhi e aspettai di capire cosa ne pensasse.

 

  
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