Ed eccoci qua con il primo capitolo di questa storia che è nata per caso =3
Grazie a tutte le ragazze che hanno commentato e che mi danno fiducia mettendo la storia fra le preferite, seguite e ricordate! Mille volte Grazie!
Capitolo
1
Ho già lavorato in una
casa come
domestica. Solo per un anno certo, ma mi sono fatta il mio bagaglio
d’esperienze. Sono passati circa due anni da quando sono
andata via dalla casa
dei signori Brandon, ma ancora ci teniamo in contatto e spesso mi sono
trovata
a passeggiare con la giovane Alice, secondogenita della famiglia e
ormai mia
grande amica.
È stato grazie a lei se
ora posso
riprendere a lavorare. Dopo tutto quello che è successo
negli ultimi mesi
tornare a lavorare sarà solo un beneficio per me.
Con le valigie ai miei piedi e la
borsa
stretta fra le mani cerco di trovare il coraggio per suonare il
campanello.
Non so cosa sia questo timore che mi
è
salito addosso, il non sapere chi mi troverò davanti
sicuramente mi sta
suggestionando più del dovuto.
Dopo un respiro profondo premo
finalmente
il pulsante del campanello e il classico “ding
dong” si propaga nel silenzio
pomeridiano di fine settembre.
Un veloce scalpiccio preannuncia
l’arrivo
del padrone di casa con un “Arrivo!” tanto allegro
quanto squillante che
ricordo di aver sentito almeno un milione di volte.
Sull’uscio aperto la
minuscola figura di
Alice mi sorride raggiante. Con un saltello mi si butta contro
abbracciandomi
fin quasi a stritolarmi.
<< Oh Bella sei venuta
veramente!
Non sai quanto sono felice! >> Quasi incredula della mia
presenza mi
bacia le guance per poi prendermi per mano e trascinarmi dentro.
<< Non avrei mai potuto
rifiutare
la tua richiesta d’aiuto. Ma lascia almeno che porti dentro
le valigie prima
che qualcuno me le porti via! >> Il suo musetto
imbronciato è sempre
stato la sua arma prediletta, ma sono diventata ormai immune alla sua
dolcezza.
<< Ci
penserà Emmett alle tue
valigie. Infondo dovrà pur rendersi utile in qualche
maniera, non pensi?
>> Emmett è il fratello maggiore di Alice, si
distanziano di appena due
anni, ma l’enorme mole del fratello messa a confronto con
l’esile fisico della
mia amica li fa apparire come se fra di loro corresse almeno un
decennio.
<< Sei sempre molto
gentile
sorellina. >> Alle nostre spalle Emmett fa la sua
comparsa con le borse
piene di tutti i miei averi.
<< Emmett è
un piacere rivederti.
>> Gli vado incontro abbracciandolo e facendomi sollevare
come suo
solito.
<< Bella sei diventata
ancora più
piccola dall’ultima volta che ci siamo visti?
>> I quasi due metri del
moro fanno sfigurare il mio metro e sessantacinque.
Sia lui che la sorella hanno folti
capelli color dell’ebano che circondano i loro stupendi visi.
Hanno entrambi
occhi chiari che risaltano sui loro volti pallidi.
<< Forse sei tu che sei
diventato
ancor più grande caro Emmett. >> Tronfio ci
mostra i suoi muscoli
vantandosi dei suoi progressi in palestra.
Li conosco da quando non erano ancora
maggiorenni, ma la differenza d’età non
è mai stato un problema fra di noi.
Emmett ha ventidue anni mentre Alice venti. Quando entrai in servizio
in casa
loro frequentavano ancora le superiori mentre io toccavo la soglia dei
venticinque anni.
<< Suvvia basta con
tutte queste
baggianate! È ora di mostrare questa catapecchia alla nostra
Bella. >>
Con un ampio gesto delle braccia Alice mi mostra l’entrata
dove ci siamo
fermati a parlare.
Non mi ero resa conto delle effettive
condizioni della casa.
Le imposte sono chiuse, praticamente
sigillate. I tappeti, così come il pavimento, sono coperti
da uno strato di
polvere non indifferente, mentre i mobili sono protetti da lenzuola e
coperte.
<< Da quanto
è disabitata questa
casa? >> Mi tolgo il soprabito appoggiandolo su un
attacca panni vicino
al portone.
<< Oh da mai. Nostro
cugino non è
uno che si diletta nei lavori domestici. Sarà almeno un anno
che è tutto così.
Lui si limita a stare nella sua camera a scrivere musica. Come ti ho
già detto
è un pianista molto acclamato anche se non ama mostrarsi in
pubblico. >>
Mentre parla mi conduce in quello che dovrebbe essere il salotto per
poi
passare alla cucina. Mi mostra il piccolo bagno di servizio, la
dispensa e la
lavanderia.
<< Le camere sono tutte
al piano di
sopra e ognuna ha il suo bagno. >> Con un sinistro
scricchiolio saliamo
le scale seguite da Emmett che gentilmente porta le mie valigie fin
dentro una
camera già aperta.
<< Questa
sarà la tua stanza. Ho
aperto le finestre e messo biancheria pulita sia nel letto che nel
bagno.
>> La piccola Alice mi mostra anche il bagno attinente la
camera. È
modesto, ma c’è tutto l’occorrente. Le
mattonelle sono verde pastello con
disegnati fiori rampicanti ingrigiti dalla polvere. Mi chiudo la porta
del
bagno alle spalle tornando in camera. Scosto alcuni panni dai mobili
rivelando
un armadio e una cassettiera in legno di ciliegio, così come
lo sono anche il
comodino e la testata del letto.
Quando
avrò finito di pulirla sarà veramente deliziosa.
Prendendomi per mano, Alice mi
trascina
lungo il corridoio indicandomi le altre stanze. Apre tutte le porte
saltandone
solamente due.
<< La stanza infondo al
corridoio è
quella di nostro cugino, mentre l’altra… beh su
lasciamo perdere! Adesso è
tempo che tu conosca Edward. >>
Il timore che mi aveva preso fuori
dal
portone torna prepotente. Dai racconti della piccola Brandon dovrei
aspettarmi
un orso taciturno e di poche parole che si esprime a grugniti.
Spero vivamente che non sia
così, infondo
dovrò conviverci d’ora in poi. Sebbene sia il mio
nuovo datore di lavoro vorrei
riuscire ad istaurare almeno un civile rapporto così come
è successo con i
Brandon.
Due colpi secchi e veloci alla porta
e ancora
silenzio. Il bel visino di Alice s’imbroncia arricciando le
labbra.
<< Edward apri
immediatamente
questa porta! Non intendo aspettare un momento di più!
>> Con le mani sui
fianchi mi ricorda un piccolo generale.
Passi strascicati risuonano
all’interno
della stanza e il rumore della chiave che gira nella toppa mi fa salire
un
brivido lungo la schiena.
È
possibile avere paura di una persona senza nemmeno averla mai vista o
sentita?
Lentamente la maniglia si abbassa e
la
porta si apre quel tanto che basta per far uscire un terribile odoro di
aria
viziata.
<< Cugino esci da li.
È arrivata
Bella, lascia almeno che vi presenti. >> Le piccole mani
di Alice
spingono la porta cercando di aprirla, ma rischia solo di cadere per
terra
quando Edward la apre completamente uscendo dal suo rifugio.
Da quando la porta si è
spalancata non ho
ancora avuto il coraggio di alzare lo sguardo su di lui.
Il mio sguardo è fisso sul
pavimento
coperto da un morbido tappeto e polvere.
Un piede nudo entra nella mia visuale
e,
imponendomi coraggio, alzo la testa studiando il fantomatico Edward che
ora mi
porge la mano.
I vestiti sono vecchi e sformati e mi
impediscono di capire che tipo di fisico abbia. Il viso è
coperto da lunghi
capelli rossi scuro lasciati crescere selvaggiamente così
come la barba. Non
riesco a vedere i suoi occhi e forse è proprio questo a
darmi coraggio.
Alzo la mano tremolante stringendo la
sua. La mia piccola mano sparisce quando la sua si chiude sulla mia con
una
stretta calda e decisa.
<< Chiedo scusa per
come si
presenta la casa, spero che riuscirà a sistemare e che si
trovi a suo agio. Non
credo che la mia presenza intralcerà il suo lavoro.
>> La voce bassa e
roca è appena sussurrata, come se a parlare fosse stato il
vento.
Alice mi ha detto che è
circa un anno e
mezzo che suo cugino non lascia queste mura e che prima non era
così chiuso e
solitario. Non mi ha rivelato il motivo di tale cambiamento ed io non
ho
insistito nel chiederglielo. Ognuno ha dei segreti che vuole che
rimangano tali
ed io sono la prima a pensarla così.
<< Cercherò
di fare del mio meglio.
>> Sciogliamo le mani e lui torna nella stanza salutando
i cugini con un
cenno del capo.
<< Devi essergli
piaciuta! >>
Alice saltella allegra per il corridoio incamminandosi verso le scale.
<< Già. Non
ricordo quand’è stata
l’ultima volta che l’ho sentito parlare tanto!
>> La risata allegra di
Emmett nasconde in realtà una nota malinconica.
Deve essere dura per loro vedere il
cugino ridotto in questa situazione.
Una volta rimasta sola, per modo di
dire,
in casa inizio ad aprire tutte le finestre facendo entrare la luce che
ancora
riscalda l’aria.
La sala è più
grande di quel che possa
sembrare ad una prima occhiata.
Due divani sono disposti ad elle
davanti
ad un basso tavolino e una poltrona completa il tutto vicino al camino.
Tolgo i teli dai mobili scoprendo una
credenza piena di bicchieri di cristallo e porcellane ed un grosso
mobile con
incastrata una grande televisione al centro.
In disparte a tutto un piano nero fa
bella mostra di se ricoperto dalla polvere che sta volando in aria.
Porto i teli nella lavanderia
lasciandoli
a terra.
Entro in cucina aprendo pure li le
finestre e facendo entrare la luce. Una montagna di piatti sporchi
riempie il
lavello e il ripiano accanto. Cartoni di pizza e scatole del ristorante
cinese
coronano il tutto.
Nella speranza di trovare una
lavastoviglie apro tutte le ante appuntandomi mentalmente che
l’indomani una
spesa sia assolutamente necessaria.
Per fortuna la lavastoviglie mi si
apre
davanti con un cigolio. Deve essere diverso tempo che non viene usata,
ma non
mi stupisco. Inizio col caricare la prima mandata di piatti e
stoviglie, almeno
per stasera potremo mangiare sul pulito.
Torno in lavanderia cercando
l’occorrente
per iniziare a pulire.
Nell’armadietto infondo al
piccolo
stanzino trovo tutto il necessario nuovo di zecca con un biglietto.
“Visto che in casa non
c’era nulla
abbiamo pensato di prendere qualcosa che ti rendesse più
facile l’inizio dei
lavori di ristrutturazione di questo rudere! Un bacio Alice e
Emmett”
Ringrazio mentalmente i miei due
amici
prendendo l’aspirapolvere e tornando in cucina.
Non so dopo quanto tempo ma ora il
pavimento risplende e un buon profumo di fiori si spande per la stanza.
La lavastoviglie è
già al suo terzo
lavaggio e le stoviglie pulite sono riposte in perfetto ordine al loro
posto.
La polvere, almeno qui, è
ora un ricordo,
ma il pensiero di quello che mi aspetta nel resto della casa mi fa
scoraggiare.
Edward non si è fatto
sentire
minimamente. Ne rumore di passi o quant’altro.
L’ora di cena si sta
avvicinando più in
fretta del previsto ed io non so dove mettere le mani per preparare
qualcosa.
Torno a frugare in dispensa e nei
mobiletti della cucina, ma tutto quello che trovo sono scatolette di
tonno e
altri cibi a lunga conservazione.
Preferisco non pensare a cosa
c’era nel
frigo, ma forse nel freezer posso trovare qualcosa di utile.
Con un po’ di sforzo riesco
ad aprire lo
sportello incrostato dal ghiaccio.
Fra carne congelata e pizze ormai da
buttare riesco a trovare un paio di scatole di cibi precotti non ancora
scaduti. Per stasera dovrò arrangiarmi così.
Mentre il forno finisce di cuocere,
chiudo tutte le finestre. Per fortuna l’aria viziata nel
salotto se ne è quasi
del tutto andata lasciando solo uno spiacevole odore di polvere.
Salgo in camera con
l’aspirapolvere per
toglierne almeno un po’. Il rumore assordante mi estrania.
Mi viene in mente quando in casa
Brandon
venivo sempre seguita da Alice che mi ossessionava con i suoi problemi
amorosi
che puntualmente venivano risolti in meno di due giorni.
O quando Emmett mi aiutava a pulire
le
finestre e mi raccontava delle sue conquiste facendomi ridere ogni
volta per
come finivano. Lei che se ne andava ancheggiando circondata dalle sue
amiche e
lui con cinque dita stampate sulla guancia.
Troppo presa dai miei ricordi non
posso
fare a meno di urlare quando una mano mi si poggia sulla spalla.
<< Santo cielo che
spavento!
>> Con una mano sul cuore e il respiro affannoso mi giro
verso Edward che
silenzioso mi è arrivato alle spalle.
<< Non era mia
intenzione ma… c’è
uno strano odore in casa e volevo avvertirti. >>
Strascicando i piedi
nudi esce lentamente dalla mia stanza lasciandomi interdetta.
Strano
odore?
Annuso l’aria come un
animaletto e subito
riconosco l’odore di cui stava parlando Edward.
<< ODDIO! La cena!
>>
Corro a perdifiato giù per
le scale
rischiando di inciampare su uno dei tappeti che domani dovrò
iniziare a pulire.
Col fiatone spengo il forno e apro lo
sportello coprendomi la mano con un guanto.
Il fumo nero mi fa tossire e corro
alla
finestra spalancandola. L’odore di bruciato mi si attacca ai
vestiti ed ai
capelli legati in una coda che lentamente si sta sciogliendo.
<< Bella.
>> La voce
sussurrata di Edward mi fa girare verso la porta. Con le mani in tasca
e lo
sguardo coperto dalla lunga frangia sembra quasi sorridere, ma
è difficile
dirlo sotto tutta quella barba.
<< I-io… mi
dispiace! >> Con
le lacrime agli occhi per colpa del fumo e per l’umiliazione
mi avvicino di
nuovo al forno tirando fuori quello che resta della cena.
Edward mi si avvicina guardando
quello
che ho fra le mani. << Pizza o cinese? >>
Il primo giorno non è
iniziato nel
migliore dei modi. Decisamente no.