La forza
della tempesta che si scatenava in lontananza provocava lo
sciabordare delle onde che si infrangevano, violente, sull’alta
scogliera. Sembrava volessero conquistare la sommità di quelle
pareti rocciose invadendo la costa sovrastante, maestose e
apparentemente colleriche nei confronti di quelle rocce che le
tenevano separate dalla madre terra. Il cielo
nero in lontananza scagliava rabbioso le sue saette sulla superficie
dell’oceano, e giungevano nitidi i boati dei tuoni, così netti ed
improvvisi da far sobbalzare gli steli d’erba. Questi ultimi già
mossi dalle improvvise folate di vento, le quali giungevano impetuose
come lancinanti fitte di dolore che laceravano l’aria. Oltre la
distesa verde che lambiva i bordi della scogliera si estendeva una
foresta di pini ed abeti la quale si infittiva mano a mano che ci si
allontanava dalla costa, questa distesa sempreverde era attraversata
da un piccolo sentiero sterrato invisibile dall’alto.
Immerso in
tutto ciò; incarnato nell’irrefrenabile forma della tempesta,
dalla quale mi estendevo, fino a toccare il mare sotto forma di
folgore, o mi slanciavo perdendomi tra le mille forme leggere del
vento, dal quale poi mi scagliavo con violenza sul mare divenendo
quelle onde che si abbattevano con tanta tenacia, una dopo l’altra
sulla nuda roccia, nella quale mi tramutavo per godere dell’energico
impatto che subiva; ed infine, stanco, cavalcavo di nuovo il vento
per beneficiare della quiete degli steli d’erba, essi, abbandonati
soltanto per bearmi della solida saggezza dei centenari tronchi che
popolavano l’immensa foresta.
Immerso in
tutto ciò, l’unica forma estranea a riportarmi alla realtà era la
piccola chiesetta in pietra a picco sul mare, talmente piccola che il
crocifisso sul vertice del tetto spiccava come un lume nell’ora più
buia della notte. Mi diressi a
passi lenti verso l’entrata di quel piccolo eremo, aprii la porta
di legno inondandola di quella poca luce che proveniva dall’esterno. Percorsi il
corridoio per tutta la sua esigua lunghezza e mi inginocchiai di
fronte l’altare.
Vi era pace
nel mio cuore, quella pace che, poi, tutto sommato pace non è. Anzi,
è tutto il contrario della pace, è quella sensazione di intorpidita
rassegnazione che ti estranea dal mondo e ti svuota di ogni
sentimento, sia esso bello o brutto. Lessi il
nome inciso sulla base sinistra dell’altare, e fui immediatamente
inondato dai ricordi. Vidi di
nuovo quegli occhi azzurri come il cielo e quel sorriso contornato da
splendide labbra rosee, le quali promettevano tutto l’amore che un
cuore puro può effondere in un bacio.
Elen…
La conobbi
il giorno che presi servizio presso la tenuta di caccia del Duca.
Giunse in carrozza insieme alla madre, il Duca le seguiva a cavallo
insieme al figlio, accompagnato da un seguito di nobili che, come
lui, erano scesi dalle carrozze per percorrere gli ultimi chilometri
che li separavano dalla tenuta a cavallo. Tanto per apparire,
all’ingresso del lungo viale, come veri e propri guerrieri che,
sulle proprie cavalcature, affrontano l’inizio di una campagna di
guerra per la conquista della terra e dell’onore; onore…
conquista… guerra… parole ormai sconosciute da parecchie
generazioni all’aristocrazia.
Fui
presentato per primo ai nobili, il mio ruolo di rilievo mi permetteva
dei privilegi, a differenza della maggior parte della delegazione
schierata ad accogliere il corteo; sedetti a tavola con loro anche
durante la cena, mantenendo rigorosamente la forma e gli usi che mi
erano stati insegnati nei miei anni di studi. Dovetti quell’incarico
privilegiato all’intercessione del mio maestro, molto influente e
conosciuto all’interno della nobiltà, ciò mi permise, inoltre, di
ottenere il rispetto di coloro che sedevano con me, già dal
principio.
Chiacchierai
amabilmente con tutti gli ospiti e mi trovai molto a mio agio con il
Duca, il quale mi invitò ad assistere alla battuta di caccia del
giorno seguente, tra il giubilo dei convitati che mal mi figuravano
in sella ad un cavallo lanciato al galoppo. Accettai ben volentieri
l’invito, quantomeno per far ricredere coloro che avevano messo in
dubbio le mie capacità d’equitazione.
Stanchi del
viaggio tutti si coricarono molto presto, per mia somma felicità,
poiché mi restava da finire una lettura che mi ero prefissato di
terminare quella sera. Dopo essermi congedato dagli stallieri, ai
quali detti precise istruzioni sulla mia cavalcatura, mi diressi
verso le mie stanze; tuttavia fui distolto dal mio percorso da una
luce, proveniente da una delle finestre del lato ovest dell’immensa
villa. Alzai gli occhi, domandandomi chi mai avesse le candele accese
a quell’ora della notte, quando era oramai passata un ora
abbondante dalla fine del pasto.
Incontrai
col mio sguardo qualcosa comparabile soltanto alla visione di una
angelo, ma che dico, alla visione della luce divina. Essa si
irradiava come un aurora, dal corpo esile di una figura femminile,
che si stagliava, bellissima, dietro la vetrata. Non so dire cosa
provai in quell’istante, o cos’è che si mosse all’interno del
mio corpo, della mia mente, del mio cuore e della mia anima. So
solamente che mi inginocchiai a mani giunte ringraziando Dio di
avermi concesso la vista di quel miracolo.
Mi riebbi
solamente quando l’ala ovest tornò finalmente buia, orfana di
quella miracolosa apparizione. Entrai a passo sostenuto nella villa e
chiesi al primo servitore che trovai di chi fosse quella stanza;
doveva essere sicuramente disabitata, doveva dimorarvi qualche anima
toccata dalla beatitudine celeste...
La risposta
che mi fu data mi fece sprofondare nella disperazione: quella stanza
apparteneva ad Elen, la figlia del Duca.
Entrai nella
mia camera da letto e per prima cosa mi inginocchiai di fronte al
crocefisso, implorando perdono per aver scambiato l’opera
tentatrice del Maligno per un apparizione mandatami da colui che
servivo. La castità era uno dei doveri essenziali per condurre una
buona opera al servizio di Dio.
Chiesi
perdono e, ancora avvolto in una sensazione indefinibile mi
addormentai sognando lei…
Il giorno
successivo partecipai da spettatore all’uccisione di tre cervi, tre
grossi esemplari che sarebbero stati parte del banchetto della sera,
al quale, mi auguravo, non avrebbe partecipato la giovane vista la
sera precedente. Tuttavia, le
mie preghiere non furono ascoltate.
Pregai
all’apertura del banchetto, ringraziando il Signore dei cibi che ci
aveva concesso e mangiai, conversando sulla linea della sera
precedente, con moderazione, sforzandomi di non incrociare mai gli
occhi di quella meravigliosa tentazione.
Non potei
oppormi a quella forza irrefrenabile, quella forza che era tutta
insieme la tempesta, il fulmine, il vento ed il mare. Non potei
sfuggirle quando mi parlò:
“Ho sentito che ha avuto il permesso di studiare la letteratura classica, e che le sue conoscenze superano di gran lunga quelle del suo maestro”
“A dire la verità non riuscirei nemmeno a confrontarmi con le conoscenze del mio maestro” risposi, sperando di smorzare quell’argomento sul nascere.
“L’umiltà è la prima qualità che deve possedere un buon uomo di chiesa” sentenziò la Duchessa
“Non è umiltà la mia, dico solamente la verità. Mi chiedo chi possa aver messo in giro tale assurdità” dissi io sorridendo alla tavolata che seguiva interessata la conversazione
“Il vostro maestro in persona, in realtà, il Cardinale in persona. Dice che, nonostante abbiate meno della metà dei suoi anni possedete già il triplo delle sue conoscenze”
Arrossii visibilmente “Beh… io… non direi che…”
“Vorreste dire che il Cardinale mi ha mentito? O che non sappia valutare un suo allievo?” incalzò la ragazza, che, mi resi conto solo ora, doveva avere sicuramente meno di vent’anni
“No, assolutamente no, non mi permetterei mai, tuttavia…”
“In realtà padre” mi interruppe lei rivolgendosi al Duca “ho aperto questa conversazione non per creare una disputa, bensì poiché vorrei che voi mi deste il vostro benestare per prendere lezioni di letteratura classica da colui che, a detta del Cardinale, è il migliore allievo che abbia avuto in tutta la sua, preghiamo Dio ancora lunghissima vita”
“Noi ce ne andremo fra tre giorni al massimo Elen, non penso sia possibile impartirti tutti gli insegnamenti che desideri in questo breve periodo”
“Beh… potrei sempre rimanere qui e prendermi cura anche della casa”
“Così manderai in rovina la nostra tenuta di caccia…” commentò sarcastico Victor, il fratello di lei, l’occhiata che lui le lanciò mi rimase in quel momento oscura… in seguito ebbi modo di capirne il motivo.
Il sangue mi si era gelato nelle vene mentre seguivo da spettatore la conversazione tra i membri della famiglia, tutti se ne stavano in assoluto silenzio, interessati a come si sarebbe conclusa quella conversazione. Dentro di me si davano battaglia due sentimenti contrastanti, sul quale mi impegnai a far prevalere la ragione, sperando che il Duca non le desse il permesso di rimanere.
“Devi continuare i tuoi studi musicali Elen, per non parlare del canto”
“Erbert” intervenne la moglie “scommetto che il miglior allievo del Cardinale sappia di musica e di canto proprio quanto sa di letteratura e della parola del Signore”
Vedendo che non intervenivo ed ancora non mi ero pronunciato in merito il Duca mi incalzò “Ebbene? Sapete di musica e di canto quanto sapete di letteratura e della parola del Signore?”
Risposi mal volentieri a quella domanda, avrei voluto mentire, ma non potevo venir meno ad uno dei comandamenti.
“Si, in realtà mi intendo sia di musica che di canto”
“Sapete suonare il piano?” chiese Elen con quella voce che stavo cominciando a detestare
“Si, so suonare numerosi strumenti ma eccello particolarmente nel piano e nel violino”
“Non sarebbe poi una cattiva idea toglierti per un po’ dalle sottane di tua madre” bofonchiò il Duca “tuttavia dovremmo sentire l’opinione del tuo nuovo precettore”
La risposta era già implicita nella domanda, lo capii all’istante, non avevo spazio per obiezioni. Tuttavia decisi di avere bisogno di una consultazione con il mio maestro, il Cardinale, chissà se con le sue influenze poteva togliermi dall’onero di quel malaugurato compito.
“Accetto volentieri” mentii “tuttavia dovrei recarmi nei prossimi giorni presso il Cardinale per alcune questioni, mi chiedo se fosse possibile rimandare l’inizio degli studi di qualche settimana…”
Tutti gli sguardi tornarono sul Duca.
“E sia. Elen sarà di ritorno alla tenuta tra un mese e resterà finché voi non riterrete che non abbia appreso tutto ciò che voi avrete la pazienza di insegnarle. È pur sempre una donna…” rise, inducendo al riso anche il resto della tavolata. Tutti eccetto Victor, il quale si alzò e si congedò piuttosto bruscamente.
Il giorno
seguente tutta la compagnia decise una passeggiata a cavallo che li
avrebbe tenuti impegnati da mattina fino a sera, così ebbi il tempo
di riflettere e di meditare su quanto stava accadendo. Era innegabile
la folle attrazione che sentivo per quella ragazza, tuttavia la
paragonai alle tentazioni che dovette subire Gesù nel deserto,
tentato dal Diavolo per cadere nel peccato. Mi feci forza e pensai
che soltanto con l’aiuto del mio maestro potevo districarmi da
quella situazione.
Scrissi così
una lettera al Duca, con la quel comunicavo la mia partenza per
essere ricevuto dal Cardinale, motivando l’anticipazione di tale
viaggio con la possibilità di abbreviare, così, i tempi dell’inizio
delle lezioni alla duchessina. Feci preparare la carrozza e partii in
pieno pomeriggio portando con me la mia inseparabile Bibbia, dalla
quale traevo spesso conforto e consiglio riguardo alle difficoltà da
affrontare quotidianamente.
Non avevo
mai avuto difficoltà a rispettare il voto della castità; fui
introdotto al seminario quando avevo quindici anni e ben presto le
mie eccellenti doti di apprendimento riscossero successo sui miei
precettori, questi ultimi furono da me ben presto superati e, quando
un eminente Cardinale della chiesa di Roma venne in visita al
convento e si accorse della mia particolare propensione ad apprendere
tutto ciò che mi impartito, mi volle con sé. Fui sempre elogiato
non solo per le mie capacità nello studio e nelle arti della musica
e del canto, ma anche per la mia obbedienza e la mia dedizione alla
preghiera.
Non avevo
mai affrontato nulla che avesse rischiato di far vacillare i miei
voti e i miei propositi di fede, perciò ero completamente disarmato
ed inesperto di fronte alla situazione che si era venuta a creare.
Meditai a
lungo su come presentare la cosa al mio maestro e compresi che
l’unica maniera valida era dire la verità, in realtà mi sorpresi
maggiormente del fatto che avevo, anche solo per un istante, preso in
considerazione la possibilità di mentire. L’immagine di lei mi
tornava in mente continuamente così decisi di aprire la Bibbia e
rifugiarmi nelle Sacre Scritture.
Giunsi alla dimora del Cardinale qualche giorno dopo, fu piacevole ritrovarlo ancora in ottima salute. Conversammo a lungo degli ultimi accadimenti nel regno, lui era naturalmente molto più informato di me sui pettegolezzi di corte, e sulle vicende che animavano in generale le corti europee.
“Dunque, mio allievo prediletto, cos’è che ti affligge?” vedendo la mia espressione sorpresa ridacchiò “ti conosco troppo bene per non capire che c’è qualcosa che turba la tua naturale quiete interiore, avanti, raccontami tutto”
Rimasi per un attimo indeciso sul da farsi, ma dopotutto avevo davanti a me la persona che mi aveva insegnato tutto ciò che sapevo, che mi aveva trattato proprio come un figlio, raccontai al Cardinale della mia visione e di come, da quel giorno, non mi era stata più data la possibilità di ritrovare la mia calma interiore.
Mi colse alla sprovvista quando lo vidi sorridere con dolcezza.
“Caro ragazzo, sarebbe stato strano se, alla tua giovane età, non avessi mai dovuto affrontare tali difficoltà. Non mi preoccuperei del perché tu abbia determinate sensazioni, piuttosto, mi imporrei di resistere e di perseverare lungo la strada che Dio a scelto per me”
Compresi le sue parole e chiesi delucidazioni sulle motivazioni che avessero portato Dio a permettere che fossi colpito da una così grande difficoltà.
“Figliolo, Nostro Signore ci mette alla prova ogni giorno. Tu ti sei sempre mostrato un figlio devoto e ligio ai suoi insegnamenti, Lui vuole solamente metterti alla prova”
Riflettei e compresi che vi era una logica in ciò che diceva; dopotutto anche Abramo era stato messo alla prova da Nostro Signore onnipotente quando gli era stato chiesto di sacrificare l’unico figlio.
“Quindi Monsignore, lei mi consiglia di fronteggiare questa difficoltà senza tentare di aggirarla?”
“Guardami negli occhi” lo guardai “ti sentiresti apposto con la tua coscienza se sapessi di aver cercato la strada più rapida per aggirare una tentazione invece di affrontarla e di sconfiggerla?”
Lo ringraziai per il suo consiglio, senza il quale, probabilmente avrei proseguito a brancolare nel dubbio e nell’incertezza. Mi fu chiesto di trattenermi per un po’, accettai ed inviai una lettera al Duca nella quale gli comunicavo la data del mio rientro alla tenuta, con la richiesta di farmi pervenire alcuni testi essenziali per l’indottrinamento della figlia.
Quella breve
parentesi a fianco del mio precettore mi era servita per affrontare
con maggiore tranquillità l’incontro con la duchessina.
Capii che
ero stato fuorviato in quella notte di un mese prima, probabilmente
dall’aver esagerato col vino, del quale, tuttavia, facevo un uso
alquanto modesto. Probabilmente proprio a causa di ciò, appena mezzo
bicchiere in più poteva aver determinato la mia non completa
lucidità nelle ore successive alla cena.
La carrozza
giunse in una mattinata di sole, scortata da alcune guardie e da
Victor, il figlio del Duca. Ordinai alla servitù di sistemate i
bauli contenenti i testi da me richiesti nella biblioteca,
all’interno della quale avevo deciso di tenere le mie lezioni. Era
infatti una delle stanze più luminose della villa e, naturalmente,
anche la più vicina ai testi da consultare. Avevo dato disposizioni
perché il salone nel quale sostava inutilizzato il pianoforte, fosse
illuminato da numerose candele dopo l’ora di cena; alla musica
avremmo dedicato, oltre ad alcune ore del mattino, anche momenti
precedenti all’ora per coricarsi. La musica conciliava il sonno
molto più della lettura a parer mio. Mi trattenni
a parlare con Victor per rimandare, finché mi fosse stato possibile,
l’incontro con Elen. Tuttavia non potei in alcun modo evitare la
cena, attesi la duchessina per più di mezz’ora dall’ora
convenuta per il pasto; il fratello se ne era andato nel pomeriggio,
comportandosi per tutto il tempo in maniera piuttosto brusca ed
arrogante sia con la servitù che con la mia persona.
“Vogliate scusare il mio ritardo” esordì Elen quando si presento a tavola
Rimasi per un attimo incapace di proferir parole, le mie capacità mentali era completamente concentrate sulla bellezza di colei che mi si era presentata innanzi, con tale eleganza e sfarzo. Battei le palpebre a ripetizione per cercare di riprendermi. Mi sforzai di tornare impassibile.
“duchessina…”
“Elen, per favore, chiamatemi Elen”
“Elen, vi informo innanzitutto che non vi era alcuna necessità di presentarsi a cena con tale sfarzo di vestiario”
“permettete ad una giovane ragazza di godersi la propria vanità negli anni della gioventù” rispose quella, sempre sorridente
“la vanità è uno dei sette vizi capitali Elen, ricordatevelo”
“vedrò di ricordarmelo… posso chiamarvi maestro vero?”
Fui colto
alla sprovvista da quella domanda, ma decisi che “maestro” poteva
andare più che bene, acconsentii.
Cominciammo
a mangiare, io cercando a fatica di tenere sempre lo sguardo rivolto
alle pietanze sul mio piatto, ma, quando alzavo gli occhi per
scorgere di sfuggita la ragazza, trovavo sempre quegli stupendi occhi
color cielo di fronte ai miei. Tanto vicini da sembrarmi come se i
nostri sguardi si toccassero. Ero turbato, fortemente turbato, decisi
però di seguire i consigli del Cardinale ed affrontare la tentazione
che il Maligno mi aveva mandato.
Dopo cena
volli condurre la ragazza al pianoforte, per valutare quale fosse la
sua preparazione.
“Suono da quando avevo sei anni” mi comunicò lei.
Ascoltai le
note emanate dallo strumento, seguendo con gli occhi il movimento di
quelle angeliche mani, estasiato dal loro posarsi leggiadre sui
questi tasselli neri e bianchi. Non riuscii a prestare troppa
attenzione al modo in cui suonava, tuttavia da quel poco che avevo
captato conclusi che aveva molto da imparare.
Le chiesi di
cedermi il posto e suonai la stessa melodia.
“insegnatemi a suonare come voi…” mi disse, guardandomi con occhi imploranti, quegli occhi, così meravigliosi…
“vi insegnerò a suonare come me Elen, ma adesso è ora di andare a dormire. Domattina inizieremo al pianoforte, proseguiremo con la letteratura fino all’ora di pranzo, poi leggeremo le Sacre Scritture prima di riprendere lo studio, ceneremo, suoneremo e andremo a dormire: così sarà per tutto il tempo che voi sarete mia allieva.
Faticai ad addormentarmi, mi sovveniva in continuazione l’immagine di quella folgorante bellezza. Come poteva una creatura così meravigliosa essere lo strumento delle diaboliche tentazioni ordite contro di me?
Con questa domanda che mi turbava la mente mi addormentai a notte ormai inoltrata.
La mattina
seguente iniziammo col suonare il piano, nonostante la distrazione
che mi provocava averla così vicina.
Quelle mani, che correvano leggiadre ma veloci creando melodia paradisiache...
Quegli occhi così avidi di conoscenza...
Quelle labbra così...
Mi imposi di smetterla di far vagare la mia mente.
“Bene Elen, direi che riprenderemo stasera con l'attività musicale”
“Avrei una proposta se non vi dispiace...” disse lei timidamente
“Ditemi” le risposi, sentendo il cuore balzarmi in petto quando incrociai il suo sguardo
“Ho pensato al vostro programma di lezione... e... vi volevo chiedere se foste propenso ad accordarmi il permesso di un ora libera nel pomeriggio per parlarvi...”
“Per parlarmi?” rimasi interdetto
“Si, beh... mi piacerebbe colloquiare con lei di argomenti comunque sempre affini alle... come dire... materie che mi insegnerà”
“Non ne capisco la necessità”
“Vorrei, di giorno in giorno, avere la possibilità di ripensare a ciò che ho imparato e porle delle domande, delle curiosità che potrei sviluppare. Non so se mi avete ben compresa”
Rimasi
colpito in maniera positiva dall'idea della ragazza; pensandoci bene
anche io ed il Cardinale, ai tempi dei miei studi, ci trovavamo
spesso ad interloquire di argomenti affini alle lezioni trattate.
Acconsentii
fissando l'ora del ripasso, così lo definimmo, appena dopo il pranzo
in maniera che la lezione affrontata il giorno antecedente risultasse
anche fresca alla mente della giovane.
Iniziai con
lo spiegare ad Elen che molte delle cose che avrei esposto nelle mie
lezioni risultavano contrarie con gli insegnamenti e le tradizioni
cristiane. Perciò risultava necessario che tenesse a mente di non
farsi in alcun modo influenzare, dal punto di vista morale, dagli
influssi di uomini che, in epoche passate, erano ignoranti rispetto
alla parola del Padre.
“Per questo motivo Elen gradirei se, la sera, prima di andare a dormire, voi leggeste alcuni brani delle Sacre Scritture. Bene, direi di avervi detto tutto,possiamo iniziare”
La giornata trascorse rapida, Elen era interessatissima a tutto ciò che le spiegavo, pendeva letteralmente dalle mie labbra. Apprendeva ad una velocità straordinaria ma dovetti porre un freno alle sue domande e rimandarle tutte al dopo pranzo del giorno successivo.
“Elen, dovete imparare che prima di criticare un autore o un opera è necessario studiare, se volete essere in grado di affrontare una disquisizione su qualsiasi cosa quella deve esser conosciuta da voi in maniera completa e approfondita”
Tutto
proseguì al meglio per più di una settimana, Elen era ligia al
programma stabilito e approfondiva il tutto con domande intelligenti
ed argute. Così argute che dovetti far spesso ricorso ai miei libri
per argomentare le mie risposte.
Era ogni
giorno più facile starle vicino senza dover costantemente lottare
contro la sua bellezza, contro l'incontrollabile attrazione che mi
conduceva inesorabilmente verso di lei.
Tuttavia una
sera, dopo aver concluso la lezione al piano, mi spiazzò:
“Vi dispiace trattenervi un po'?” mi chiese la ragazza, la guardai con aria interrogativa “Avrei voglia di conversare di qualcosa che non sia la filosofia, la letteratura o la musica”
“Credete di trovare in me un conversatore ideale?” le domandai
“In questi giorni mi avete dato l'idea di esserlo”
“Probabilmente vi hanno fuorviato le miliardi di parole al giorno che vi propino per insegnarvi ciò che so”
“Sedetevi...”
Non potei rifiutare quella proposta, alla luce delle candele era, se possibile, ancora più bella.
“Vorrei sapere qualcosa di voi, per esempio... qual'è il vostro vero nome?”
“Ho abbandonato il mio nome di battesimo quando ho preso i voti Elen...”
“Lo so, ma vorrei conoscerlo lo stesso”
Quegli occhi celestiali non lasciavano spazio a rifiuti o a bugie, sentivo l'irrefrenabile impulso di acconsentire ad ogni sua richiesta.
“Il mio nome era Michele”
“Michele? Siete di origine italiana?”
“Esattamente, di Firenze per la precisione”
“Ora capisco la vostra passione per le arti... avete da sempre desiderato di percorrere questa strada? Di prendere i voti intendo...”
“In realtà si, inizialmente era l'unico modo per me di accedere ad un'istruzione che mi permettesse di soddisfare il mio desiderio di conoscenza, essendo di origini modeste. Tuttavia con il passare del tempo ho compreso la mia vocazione”
“Capisco... avete mai, non so... dubitato della vostra scelta?”
“A dire la verità mai”
“Non vi siete mai innamorato quindi? Trovato una donna che provocasse in voi delle sensazioni”
“Direi che è ora di andare a letto se non vi dispiace” la interruppi “buonanotte” mi congedai da lei turbato per la luce che avevo creduto di scorgere nei suoi occhi.
I miei
sogni, solitamente così semplici, spesso addirittura assenti;
risultavano ora così vividi e reali. Iniziare a sognarla sotto forma
di un angelo vestito di abiti d'oro, munita di bianche ali con le
quali mi sollevava da terra e mi conduceva verso il paradiso.
Mi svegliavo
ogni notte credendo di vederla realmente di fronte a me. Sentivo il
suo profumo inebriarmi i sensi e le mie mani bramavano la sua morbida
pelle.
Il resto
della notte lo trascorrevo insonne, perseguitato ancora e ancora dal
suo viso e da quegli occhi color cielo.
Il giorno
successivo mi convinse a cavalcare, non sono in grado tutt'ora di
spiegare in che modo accadde, come fece Elen a convincermi; so solo
che mi abbandonai completamente al corso degli eventi.
Sellammo i
cavalli appena dopo il pranzo, le chiesi dove avesse intenzione di
portarmi ma ricevetti in risposta da lei solo un sorriso.
Imboccammo
un sentiero laterale rispetto alla tenuta, lo avevo guardato con
interesse molte volte poiché si trovava proprio di fronte alla
finestra della mia camera da letto. Mi ero sempre domandato dove
conducesse quel piccolo viale sterrato che si inoltrava nel bosco. Le stetti
dietro osservano con occhi indagatori tutto ciò che ci circondava,
nient'altro che alberi. Mi tranquillizzava il fare sicuro con cui la
duchessina si inoltrava tra la foresta, sembrava conoscere a memoria
ogni singola foglia di quella zona. Ogni tanto si fermava a mostrarmi
qualche piccolo animale nascosto nel sottobosco, oppure mi parlava
dei ricordi che quei luoghi le riportavano alla mente: ricordi
d'infanzia.
Cavalcammo a
lungo finché Elen si fermò e mi disse di scendere e di legare le
nostre cavalcature ad un albero li vicino. Fui sul punto di
obbiettare ma decisi infine di tacere, tutto quel mistero, tutta
quella misteriosa situazione mi provocava una strana di euforia.
Lasciati i
cavalli proseguimmo a piedi, camminammo abbastanza da farmi attingere
alla mia bisaccia un paio di volte, finché non riuscii a scorgere la
fine del percorso.
Elen si
voltò verso di me, ammiccò un sorriso ed iniziò a correre,
dapprima mi preoccupai; se fosse inciampata Dio sa quali fatiche
avremmo dovuto fare per tornare alla villa prima di notte. Mi
precipitai dietro di lei e all'improvviso mi fermai: scorsi di fronte
a me la scena più bella che i miei occhi avessero mai visto, la
terra ricoperta di un verde mando d'erba finiva improvvisamente a
picco sul mare, in lontananza il cielo terso era punteggiato dai
gabbiani.
“anche voi non avete mai visto nulla di così bello?”
mi voltai verso di lei, aveva gli occhi fissi sul mare, gli occhi del medesimo colore del cielo.
“già...”
mormorai osservandola sorridere, con i capelli lucenti sotto i raggi del sole.
Si voltò
improvvisamente, i nostri sguardi si incrociarono, ma stavolta non
distolsi gli occhi dai suoi. Ci guardammo non so per quanto tempo,
poi lei proseguì fin quasi al ciglio della scogliera e si sedette.
La guardai,
seduta a qualche metro da me, mi aspettavo di sentirla parlare, di
sentirle chiedere di sedermi accanto a lei, non lo fece.
Avrei voluto
poter dire di non aver avuto scelta di fronte alla richiesta di un
po' di compagnia da parte della figlia di colui al quale offrivo i
miei servigi, non me ne diede modo. Capii che
quello era il momento di fuggire dal suo incantesimo, non ne avrei
avuto più l'occasione. Elen, forse inconsapevolmente, mi stava dando
la possibilità di salvare me stesso.
Mi avvicinai a lei e mi sedetti.
“benvenuto” mi disse sorridendo.
Mise la sua mano sopra la mia e mi invitò a chiudere gli occhi. È quello che feci, sentii la sua voce guidarmi verso una sensazione che avrei in seguito provato tutte le volte che mi sarei recato in quel magnifico luogo.
“ascolta il mare...” aveva abbandonato il “voi”, cosa che non fece mai più, e mi parlava con una voce che mi riscaldava il cuore e placava i miei sensi “...ascolta il vento, ascolta il fruscio dell'erba e delle foglie...” ascoltai.
Fu come se
il mio spirito si fosse incarnato nel luogo in cui ero, non avevo più
coscienza del mio corpo né della mia mente fisica, la mia anima
vagava in estasi immersa nella forma più pura del creato. L'unica
cosa che percepivo al di la del mio essere completamente un tutt'uno
con la natura che mi circondava, era lei, era ciò che i miei sensi
percepivano come lo spirito di Elen. In quel momento mi resi conto
che lei non era la tentazione mandatami dal demonio, bensì un dono
inviatomi da Dio. Quell'anima candida come la purezza stessa non
poteva essere altro che l'incarnazione di un miracolo.
Riaprimmo
entrambi gli occhi e ci guardammo, a passi lenti tornammo per mano
alle nostra cavalcature e tornammo alla tenuta.
Tra di noi
c'era stato qualcosa che andava al di la della comprensione umana,
non conoscevo cosa si provasse nell'unione di due corpi, tuttavia
avevo sperimentato cosa volesse dire l'unione di due anime.
Trascorsero
tre giorni in cui i nostri animi in completa quiete permisero ai
nostri corpi e alle nostre menti di proseguire il percorso di studi
in maniera lineare. Era diverso
da prima, era come se io ed Elen non fossimo più due individui
distinti ma un unica forma riunita nell'essenza di entrambi.
Alla sera
del terzo giorno Elen si sedette al pianoforte.
“ho scritto un componimento per voi”
“per me?”
“beh... no, in realtà ho scritto un componimento per noi...”
Adagiò leggere le sue mani sul piano e suonò.
Sin dalla prima nota capii che era incompleta, compresi che tutto era a metà, le sedetti a fianco e, in un modo che tutt'ora non riesco a spiegarmi, suonai con lei. Completai quella melodia aggiungendo le mie dita alle sue, non avevo mai udito nulla di così bello.
“la mia melodia era già completa nella mia mente, ma soltanto quando voi avete aggiunto le vostre mani al pianoforte è stata realmente completa...”
Capii
all'istante il significato di quelle parole, mi voltai verso di lei e
la baciai.
Per la prima
volta conobbi la dolce sensazione delle labbra sulle mie, la
vorticosa emozione delle lingue che si intrecciano, la tempesta dei
sensi che si scatenano quando le mie mani toccarono i suoi seni,
all'interno di quella stanza illuminata da una moltitudine di
candele, e con la sola compagnia di un pianoforte a coda conobbi
l'apoteosi del piacere e l'appagamento del corpo quando tutto quanto
intorno a me si placò, conobbi infine la bellezza di un abbraccio
vissuto per la sua semplice forma di dolcezza.
“tornerò tra due settimane”
“fuggite da me?”
“no, Elen...” la rassicurai prendendo il suo viso tra le mie mano “mai fuggirò da voi amore mio” la baciai e partii.
Viaggiai
comodamente seduto all'interno di una carrozza fino alla lussuosa
abitazione del mio Maestro, il quale mi ricevette subito.
Mi accolse
abbracciandomi.
“cosa ti turba?” la sua voce era rassicurante, come sempre.
“padre...” mi inginocchiai
“alzati figliolo...” mi disse accompagnandomi su una poltrona lì vicino e sedendomi accanto.
“padre, io la amo..” fui sorpreso nel vedere nei suoi occhi una scintilla di felicità, l'ombra di un sorriso attraversò il suo volto e mi guardò con comprensione “voglio liberarmi dei miei voti” continuai “se sarò scomunicato mi assumerò tutte le colpe che...”
“zitto...” mi interruppe “è la figlia del Duca?”
“si...”
“togli le tue vesti, non ricoprirai più il tuo ruolo alla tenuta da oggi in poi, manderò presto qualcun altro. Sarò io a parlare con il Duca e ad assicurarmi che nessuno scandalo colpisca né te né tanto meno la famiglia che servi. Inoltre potrai vivere il tuo amore con Elen nella più assoluta felicità...”
“ma io... io ho peccato, io sono venuto meno ai miei voti, ho offeso Dio e...”
“credi che Dio riservi la dannazione a colui che ama?” mi domandò, non capii cosa volesse intendere “l'uomo ama coloro che lo circondano e se viene amato a sua volta è felice, dare amore e ricevere amore è la cosa più bella a cui un essere umano può aspirare; poiché l'amore è il dono più grande che Dio ha dato ai suoi figli. Pensaci, figliolo, quello che avviene tra un uomo e una donna nell'atto di procreare non è come in tutte le altre creature. Se un uomo e una donna uniscono i propri corpi per amore, come in realtà dovrebbe essere, lo fanno per vivere fino al suo apice quell'emozione che li attrae in maniera così forte l'uno all'altra, vivere l'apice dell'amore conduce gli esseri umani a generare un figlio. Vivere l'amore porta l'uomo a ripetere il miracolo della creazione.”
“ma allora, l'amore verso il prossimo, l'amore verso...”
“l'amore verso un figlio, l'amore verso un amico, l'amore verso i propri genitori... tutte le forme d'amore portano a creare qualcosa di buono, mai a distruggere, l'amore è il mezzo concesso all'uomo per compiere i miracoli. Dio ci ha creato a sua immagine, ricorda, Dio è amore.”
“ma... io...”
“ascoltami: finché le tue azioni saranno guidate dal sentimento dell'amore tu non sarai un peccatore. Ora va, torna da lei, ci vedremo presto Michele.”
Fu la prima volta che mi chiamò per nome, mi sciolsi in lacrime e lo abbracciai. Ripartii verso il luogo in cui mi attendeva la persona che dava un senso ad ogni attimo della mia vita.
Il Cardinale osservò la carrozza allontanarsi, con le lacrime che gli scendevano dagli occhi bagnandogli il viso ed il cuore colmo di felicità. Mormorando al cielo: “Fa che possa vivere l'amore che non mi è stato concesso di vivere con sua madre. Fa che anche lui,come l'ho avuta io, abbia la possibilità di crescere suo figlio. Proteggi mio figlio Padre mio, proteggilo...”