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Autore: FrannieCullen    03/04/2010    1 recensioni
Qualcosa di terribile sta per succedere a Forks. La ragazza nuova, appena arrivata da Phoenix, sta per scomparire in circostanze molto misteriose. Il componente più inquietante della famiglia Cullen ne sa qualcosa...
Genere: Romantico, Triste, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jasper Hale
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mike Newton considerò per la prima volta, seriamente, quanto fosse spaventoso Edward Cullen. Né strano, né montato, né antipatico: realmente spaventoso. Fu una considerazione veloce la sua, lo spazio di un secondo mentre quello si alzava in piedi di scatto, facendo cadere dietro di sé la sedia con un rumore secco. “Signor Cullen…Edward.. cosa..?” la professoressa Goffman era spaventata a sua volta. Con i denti scoperti e gli strani occhi fuori dalle orbite, Edward Cullen strinse i pugni e disse, con una voce che nessuno in quella classe avrebbe mai dimenticato: “Ho bisogno…di uscire”. Mike fece appena in tempo a notare che aveva fatto a pezzi la penna che aveva in mano. La pelle  sul suo braccio si aggrinzì mentre Cullen gli passava a fianco e si dirigeva verso la porta, con una strana andatura claudicante e innaturale.

“Roba da matti” pensò rabbrividendo.

 In fondo al corridoio, nell’aula di algebra, si era verificata da qualche minuto una scena simile. A balzare in piedi era stata la pallida Alice Cullen, mentre prendersi un bello spavento era toccato alla sua compagna di banco, Lauren.  Quella stramba Cullen aveva gli occhi vuoti, come fosse cieca, ma quando l’aveva toccata sul braccio aveva sentito che era fredda come il ghiaccio. Aveva gridato qualcosa, ma l’attimo dopo non c’era più. Il professore si era girato appena, mentre scriveva equazioni alla lavagna: catalogò la cosa come una stranezza da studentessa isterica, e la ignorò.

Jasper Hale, il maggiore Whitelock, aveva appena affondato i denti nel collo morbido della sfortunata mortale che aveva incrociato nel cortile, isolata e indifesa su una panchina. Solo un attimo, e il sapore bestiale del sangue otturò i suoi sensi e la sua percezione del mondo. Un piacere infinito, lussurioso, che credeva di aver dimenticato, riaffiorò in ogni fibra del suo essere, e Jasper si sentì di nuovo completo, vivo, felice, come non lo era da anni. Nella sua mente spaziosa e iperattiva da vampiro, seppure ottenebrata dal piacere del sangue, cominciarono a farsi spazio flash indesiderati, che ferivano la parte interna dei suoi occhi: il dolore di Alice, la rabbia dei suoi fratelli, la delusione dell’uomo buono che lo aveva adottato come un figlio. Cosa stava facendo? Aveva lasciato che la sua natura avesse il tragico corso che tutti temevano. Ci aveva provato, Dio solo sa se lo aveva fatto, ma alla fine avevano ragione loro: era un mostro, un assassino nato. Aveva ucciso un’umana nel cortile della scuola. Le sue mani percepivano appena il peso del suo corpo, la sua bocca non riusciva a staccarsi dalla giugulare che aveva reciso. Chi li avesse visti da lontano avrebbe pensato a un bacio troppo passionale, per essere ammissibile su una panchina fuori scuola. Jasper avvertì sulla fronte i capelli della ragazza, e con essi il peso della sua disperazione, della sua schiacciante colpa. L’attimo dopo era finito con la schiena contro un robusto cipresso, che si spezzò sotto l’impatto: occhi negli occhi con Edward, il suo perfetto fratello, che lo aveva strappato dal corpo di quella ragazza e gli leggeva la mente, come sempre, come ogni maledetto giorno. Sospeso in aria a diversi centimetri da terra non si ribellò,  ma chiuse gli occhi e aspettò l’odio, la vergogna, il castigo. Alice non c’era. Jasper aveva visto solo che Rosalie stava scappando da qualche parte con il corpo della ragazza stretto fra le braccia. Non aveva voluto neanche guardarlo negli occhi. Sentì che Edward lo riappoggiava a terra, con delicatezza. Si aspettava di percepire l’onda della sua indignazione e del suo disprezzo, ma quando aprì gli occhi in quelli del fratello lesse solo pietà.

Carlisle Cullen cercava di essere una brava persona, ed un buon medico. Il fatto che fosse un vampiro da 400 anni non lo rendeva tanto peggiore di molti umani che conosceva: nei momenti di sconforto se lo ripeteva, quando cercava di convincersi che la strada che aveva intrapreso secoli fa, e che aveva indicato anche ai suoi figli, fosse la migliore e la più giusta. Quella mattina gli bastò guardare Rosalie per capire che qualcuno aveva fallito la sua missione. Uno dei ragazzi non era riuscito a tenere fede al patto dei Cullen, rispettare la vita umana. Subito nel suo cuore e nella sua mente si fece avanti un nome. Carlisle sussurrò: ‘Jasper…?’ Gli occhi freddi e rabbiosi di Rosalie gli diedero la risposta.

Rosalie aveva portato il corpo di Bella fino in ospedale, da Carlisle. L’aveva tenuto discosta da sé il più possibile e aveva serrato gli occhi, il naso e qualunque altro orifizio: con la mente era tornata al lungo viaggio intrapreso con Emmett morente fra le braccia. Come quella volta, era riuscita a resistere all’odore del sangue: non era una donna particolarmente compassionevole, ma aveva un forte senso del giusto e sapeva ciò che andava fatto. Aveva portato la ragazza da Carlisle, perché non era ancora morta. Voleva sapere da lui cosa era più giusto fare. Dovevano finirla, e mettere quindi fine anche alle sue sofferenze, o aspettare che il veleno di Jasper entrasse in circolo e la trasformasse? Vedeva le due opzioni danzare negli occhi affranti del suo padre adottivo. Bella Swan andava portata via da lì, subito: in capo a pochi minuti il veleno le avrebbe sigillato le vene e sarebbe cominciato il processo di trasformazione. Se doveva essere eliminata, era questione di secondi: Rosalie sapeva che Carlisle non l’avrebbe mai fatto.

 ‘Posso farlo io’ gli disse seccamente ‘è un atto molto più compassionevole che lasciarla soffrire e tramutarsi in uno di noi’. Carlisle subì l’ennesima stilettata che la sua figlia più riottosa gli stava infierendo: Rose odiava essere una vampira, avrebbe preferito morire da umana quando era giunta la sua ora. Sebbene amasse Carlisle e lo rispettasse, non gli aveva mai perdonato di averle donato l’immortalità. Ora il dottor Cullen rialzò gli occhi e li fissò nel viso di Rosalie: ‘Non ucciderò questa ragazza. Sono responsabile per le azioni di Jasper, e se lui l’ha privata della vita mortale io non posso non dargli l’opportunità di continuare a vivere da immortale. Se lo desidera, Bella Swan sarà una di noi. Altrimenti ha il mondo a disposizione per sfruttare la sua seconda occasione. Forse lei lo apprezzerà’. Con Bella fra le braccia, uscì dal suo studio.

Bella giaceva sdraiata, immobile e pallida come un cadavere, su un lettino da ospedale. Esme le aveva ripulito il volto e il corpo dal sangue, e la vegliava in silenzio. Intorno al corpo di Bella si era riunita silenziosamente la famiglia Cullen, Jasper escluso. “Non so dove sia”, aveva detto Alice fra disperata. Era sfuggito all’abbraccio di Edward, gli aveva chiesto di poter stare un po’ da solo: non era ancora tornato. Alice malediceva se stessa, la sua fissazione perché Jasper frequentasse la scuola, il ritardo fatale nel comprendere le sue intenzioni. Edward, l’unico che sentiva fino in fondo i suoi pensieri, le stava accanto in silenzio, offrendole un muto conforto. Tutti fissavano il volto delicato e innocente della ragazza stesa sul lettino, in attesa delle prima grida, i primi spasmi dovuti al fuoco del veleno che si diffondeva. Edward fissò il bel volto sul vetro antiproiettile della cantina che Carlisle aveva attrezzato per assistere la trasformazione di Bella. Prevedeva che quando si sarebbe svegliata avrebbe fracassato tutto ciò che la circondava, per la paura e la disperazione, nell’impeto della forza disperata e letale dei neonati vampiri. Riusciva a leggere i pensieri di tutti i presenti, e percepiva con mano l’accorato dolore di Carlisle, la sensazione di fallimento che provava, la tragedia del dover offrire a una ragazza innocente l’inferno eterno per riparare almeno in parte ad uno sbaglio naturale, prevedibile, che uno dei suoi figli aveva commesso. Sentiva la compassione di Esme per la ragazza, che già considerava una figlia. Lo sdegno di Rosalie, la preoccupazione di Emmett per Jasper.

Anche lui compativa Bella Swan, ovviamente. 17 anni, come lui quando era successo. Addio vita, addio speranze, addio umanità: tutto finito, in cambio di una forza sovrumana e la sete costante a bruciare la gola. La compativa ma se ne sentiva infastidito: per colpa della sua sparizione, avrebbero dovuto lasciare Forks. Il più presto possibile, come ripeteva a Carlisle ogni cinque minuti. Sparire, ricominciare da capo, occuparsi di una sciocca e sanguinaria vampira neonata, come quella ragazza sarebbe stata per almeno un anno. Avrebbero dovuto rifugiarsi lontano dai centri abitati, stare attenti ad ogni contatto con l’esterno. Clandestini, come da secoli. Quando Bella Swan spalancò gli occhi marroni e cominciò a urlare, Edward abbandonò la stanza.

 

Sapeva di trovarlo lì. Scorse il biondo dei capelli di Jasper da prima di passare il fiume con un salto. Se ne stava fra gli alberi, intento a fissare il tramonto. Gli disse quello che Edward già aveva sentito nei suoi pensieri: “Me ne vado, fratello. Non posso mettervi in difficoltà una volta di più. Mi vergogno di tornare da Carlisle. Non sono degno di questa famiglia”. Edward lo lascio sfogare e poi lo corresse: “Tu non vai da nessuna parte, Jasper. Avrai il dovere di guidare e istruire questa ragazza. E non ti azzarderai a far soffrire di nuovo mia sorella”. Edward aveva sibilato le ultime parole, guardandolo fisso. Jasper Hale ancora non aveva capito, ma l’avrebbe fatto a breve, che la sua redenzione sarebbe passata attraverso Bella Swan.

La notte calava minacciosamente su Forks. Su un padre disperato che non ha visto la figlia rientrare a casa da scuola, e che ha allertato la polizia di tutta la regione per trovarla. Su un giovane Quileute che teme di cedere ai sospetti più tragici che lo stanno attanagliando. Su una giovane che moriva, per lasciare posto all’immortale che sarebbe diventata.



  
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