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Autore: Mitsutsuki    04/04/2010    1 recensioni
Un viaggio in macchina, una svolta mancata e un passeggero di cui avrebbe fatto volentieri a meno.
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Serie: Original
Partecipante a: Caccia alle Uova - Challenge@FW.it
Prompt: 3 - Scrivi una storia che contenga la frase “Non rompere le uova nel paniere”.
Capitolo: 1/1
Note: “Colilla” significa “mozzicone/cicca” in spagnolo (da leggersi ‘coliglia’)
Disclaimers: Fife, Martin Breen e Joseph Garcia Duarte sono con amore © Mitsutsuki

Dedicata ai compiti che non sto svolgendo


One Shot


Se avesse dovuto dare alla Solitudine un volto, probabilmente le avrebbe dato quello di Martin.
Stare con lui equivaleva allo starsene per conto proprio, tanto era aperto al mondo.
Tamburellò nervosamente le dita sul volante, mentre l’accecante luce rossastra del semaforo gli massacrava la retina e l’intero bulbo oculare.
Martin leggeva. Leggeva sempre, e nel frattempo perdeva qualche diottria su un carattere undici che solo lui avrebbe potuto gradire.
Gli lanciò una fugace occhiata, pensando che avrebbe potuto andare a sbattergli contro con tutta la fronte che non l’avrebbe notato di più.
— Che leggi? —
La sua non era una semplice domanda. Non se posta a Martin.
Che leggi?” era un saluto, un complimento e un insulto. Tutto dipendeva dalle circostanze.
In quel caso, gli stava lanciando il chiaro messaggio che avrebbe potuto degnarlo anche solo di uno sguardo, visto e considerato che stava sulla sua auto, che andava con la sua benzina e che era rivestita dei copri-sedili che lui aveva pulito.

Martin sospirò in modo quasi addolorato, dovendo abbandonare momentaneamente la degustazione delle sue parole d’inchiostro preferite.
Lo guardò e alzò la copertina verso di lui, giusto prima che la luce del semaforo si tingesse di verde.
Poi tornò a leggere. O a fare finta. Spesso si limitava a guardare le pagine con aria assorta, quasi recitasse le parole a memoria. La verità era che avere un libro sotto gli occhi lo faceva sentire a casa: un bilocale di ottanta metri quadri, cinquanta dei quali erano sommersi da pile di libri in ordine alfabetico.
Fife non si sprecò a leggere il titolo che gli veniva mostrato.
Gli unici libri che avevano suscitato il suo interesse rimanevano quelli da colorare che la maestra gli aveva regalato ad ogni natale per cinque anni. Poi si era accorto che ne regalava a tutti i bambini, così li aveva bruciati, godendo di quel fuoco che divorava le copertine e le figure colorate con tanta dedizione, rendendole polvere.

Sbuffò, svoltando all’ennesimo incrocio.
Non aveva la minima idea di dove stesse andando.
— Martin, da’ uno sguardo alla cartina. Pepe non mi ha parlato di case diroccate immerse nel letame. —
Il ragazzo poggiò il libro sul cruscotto. Poi vagò con lo sguardo per l’abitacolo dell’autovettura con una lentezza estenuante, nel vano tentativo di reperire la famigerata cartina.
Davanti al suo fallimento, tornò a leggere come se nulla fosse.
— A volte mi domando perché perda il mio tempo con gente palesemente innamorata di oggetti inanimati. —
— Perché rifuggi il confronto. —
Si sarebbe fermato in mezzo alla strada per la sorpresa di sentirlo parlare, se non fosse stato che lo specchietto retrovisore gli mostrava l’inquietante immagine di un camion alimentari.
— Che cazzo stai dicendo? — Sbottò, dando veloci occhiate al paesaggio circostante.
Campi a destra, case disabitate a sinistra, mucche davanti.
Per fortuna degli animali, il piede che dava sul freno sembrò prendere vita propria e frenare ancor prima che il fatto di avere delle bestie ruminanti davanti giungesse ai giusti neuroni e lo facesse agire di conseguenza.
Imprecò, accasciandosi sul volante.
Era bloccato in mezzo al nulla, con il signorino Breen al fianco e un flaccido camionista che, non avendo notato quella trentina di mucche che gli sbarravano la strada, si accaniva contro il clacson e i suoi timpani.
— Io non rifuggo il confronto. — Borbottò, osservando con la coda dell’occhio Martin inarcare un sopracciglio, come a recitare: “Ho ragione e lo sappiamo entrambi, non farmi sprecare fiato a contraddirti”.
— Oh avanti! Di chi dovrei aver paura? —
— Della gente. Lo dimostra il fatto che ti relazioni con soggetti dagli scarsi rapporti sociali. Come me, o quel tuo non-amico musicista. —
Non-amico? — Ripeté, trascurando volontariamente tutto il resto della frase, a cui, tra l’altro, non aveva neanche dato troppo peso.
Effettivamente, erano poche le persone a cui dava davvero ascolto.
Due erano morte, aspettava di seppellire la terza.
— T’infastidisce che lo si definisca “amico”. Nego l’evidenza. E’ divertente. —
Fife lo fissò allibito mentre abbozzava un sorriso, segno che trovava la cosa davvero esilarante.
Ecco, tutte le sue teorie trovavano fondamento: Martin non parlava perché, quando lo faceva, diceva idiozie. A meno che non sottolineasse l’evidenza.
Cosa che avvenne una manciata di minuti più tardi, quando si resero entrambi conto di aver varcato i confini regionali.
— Ci siamo persi. —
— Ma non mi dire. —
Accostò nei pressi di un ruscello.
Prese il cellulare solo quando fu sicuro che Martin avesse registrato l’informazione dell’auto ferma e immobile. La prima - e unica - volta che aveva fatto il gesto di prendere il telefono con l’auto ancora in moto e Martin come passeggero, quest’ultimo gliel’aveva letteralmente sfilato di mano e fatto volare fuori dal finestrino.
Maledetto lui, le sue stronzate da bravo ragazzo e maledetto Joseph che gli scartavetrava tutto l’apparato uditivo.
— Non rompere le uova nel paniere, colilla, dovevate essere qui mezz’ora fa! —
Sbuffò, allontanando il telefono dall’orecchio in un vano tentativo di salvarsi il timpano.
— Ti ho detto di girare alla prima fattoria, quella col mulino! —
— Ma non c’erano svolte! —
— E allora? —
No, lui non aveva amici normali. Ammesso li si potesse definire tali.
Fece inversione, incurante del fatto di non aver chiuso la conversazione. Tanto era una telefonata addebitata al destinatario.
Con la coda dell’occhio, vide che Martin sorrideva per la seconda volta nell’arco di poche ore. Fatto che nel suo caso aveva del fantascientifico.
— Cos’hai da ridere? —
— Non credo che Joseph sappia cosa significhi “non rompere le uova nel paniere”. —
— E’ un modo educato di dire di non rompere le palle, no? —

Martin preferì non rispondergli.

  
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