Film > Brokeback Mountain
Ricorda la storia  |      
Autore: Kiki75    05/04/2010    4 recensioni
Una breve fic su Cassie Cartwright e sui suoi primi giorni al ranch di Jack ed Ennis (da "I segreti di Brokeback Mountain").
Genere: Generale, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Cassie Cartwright, Ennis Del Mar , Jack Twist
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'e'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Come sei veramente
Feel

Dicembre 1972

Quei due si baciavano.
Gesù.
Naturale che si baciassero; anzi, dal momento che erano una coppia, era naturale che si spingessero anche molto più in là.
Ma saperlo era una cosa; vederli era tutto un altro paio di maniche, anche se Cassie era una donna di mondo, che ne aveva viste tante.
Ma mai fra due maschi.
Dopo appena tre giorni nel ranch di Ennis e Jack, Cassie Cartwright aveva già capito le loro abitudini, alquanto regolari. Ennis si svegliava per primo, alle cinque, per andare a controllare le stalle e le scuderie prima che arrivassero gli operai. Jack si alzava alle sei e tre quarti e, dopo una veloce doccia, scendeva a preparare la colazione per sé e per il suo compagno, e ora anche per la nuova ospite.
Sulle sette e mezzo, Ennis tornava, prendeva il suo secondo caffè e si sedeva a tavola... non prima di avere baciato il suo compagno. Niente di eccessivo: ma un buongiorno con tanto di bacio sulla bocca, labbra contro labbra, non era uno spettacolo a cui si potesse assistere tutti i giorni.
Almeno, non fra una coppia composta da due uomini.
E il bello era che a Cassie la cosa non era sembrata per nulla sconveniente.
Il primo giorno, quando si era accorto di essere osservato da Cassie, in piedi allibita sulla soglia, Ennis era arrossito fino alle orecchie e si era scusato con un mezzo grugnito, ma lei aveva minimizzato: "Lascia stare, è casa vostra. Potete fare quel che vi pare."
"Ma..."
Lei aveva sorriso. "Ennis, piantala. Va tutto bene... non immagini quanto siete dolci."
E a quel punto, anche Jack era arrossito, mentre dalle orecchie di Ennis a momenti non era uscito il fumo.
Ma il giorno dopo, si erano nuovamente baciati.
Li aveva visti scambiarsi un bacio vero, con lingua e tutto, solamente una volta, due giorni dopo. Erano in lavanderia, e Cassie li aveva raggiunti con i lenzuoli da mettere in lavatrice. Non si erano affatto accorti di lei.
Aveva fatto dietrofront, ma era rimasta tutt'altro che sconvolta. Eccitata, più che altro.
Erano due uomini, è vero, ma entrambi bellocci - i gusti di Cassie andavano più verso gli uomini tipo Ennis, alti, nerboruti, di poche parole e con l'aria macha, ma doveva ammettere che anche Jack faceva la propria porca figura, più basso e minuto ma ben proporzionato, con il viso dolce, quegli occhi enormi e quel sorriso che, malgrado la dentatura imperfetta, definire affascinante era un perfetto eufemismo - e vederli che si baciavano, bocca contro bocca, le lingue che giocavano, i corpi a stretto contatto, Ennis che teneva le mani sulle chiappe di Jack e Jack che sorrideva leggermente e teneva le mani sotto il maglione di Ennis accarezzandogli la schiena, l'aveva maledettamente eccitata.
Diamine, la gravidanza deve averti scasinato tutti quanti gli ormoni.
Chissà com'erano quando facevano sesso. Chissà chi lo metteva dentro chi. Si scambiavano, facevano una volta per uno oppure...
No, doveva essere Ennis. Certamente, almeno novantanove volte su cento, Ennis era quello attivo e Jack...
Basta, Cassandra, finiscila.
Alla notte, a volte li aveva sentiti parlottare: la voce bassa di Ennis, quella roca di Jack. La loro stanza era proprio adiacente alla sua.
Se li avesse beccati fare sesso... se avesse sentito rumori strani...
Me ne starò zitta nel mio letto. Non ho voglia di vederli sodomizzarsi a vicenda.
Ma non potrebbe essere... interessante?
Maledetti ormoni incasinati.

Lo stavano facendo.
Quei due stavano scopando. Senz'ombra di dubbio.
Era passata una settimana da quando Cassie li aveva sorpresi a baciarsi in lavanderia, erano le undici e mezzo e tutti e tre erano andati a letto da un quarto d'ora, ognuno nelle proprie stanze, ed Ennis e Jack ci stavano dando dentro.
Senza alcuna ombra di dubbio.
Chissà se stavano facendo piano per fare il meno rumore possibile e non farsi sentire da lei, o se lo facevano sempre in quel modo.
Oltre al letto, che cigolava appena, Cassie aveva udito solo una risata sommessa, qualche sospiro, qualche bisbiglio, qualche gemito soffocato.
Certo che fanno sesso. Sono in casa propria, si baciano e scopano come una qualsiasi coppia, non possono smettere solo per evitare di metterti in imbarazzo. Sei tu l'estranea qui, cara mia. Se non ti va bene... aria.
Il problema era che le andava più che bene. Non solo non aveva dove altro andare, per cui doveva andarle bene per forza: ma la situazione la stava eccitando. Avere due uomini che scopavano nella stanza adiacente alla propria, due uomini di bell'aspetto, che avrebbero potuto avere ai piedi tutte le donne che desideravano, due uomini che, senza conoscerli e senza averli mai visti insieme, mai avresti potuto sospettare di omosessualità... tutto questo, forse insieme agli ormoni incasinati dalla gravidanza, la stava maledettamente eccitando.
Potrei andare di là e chieder loro di farmi partecipare alla festa.
Brava. Per farti cacciare dalla camera, e da questa casa, a male parole.

Fin da quando aveva iniziato a lavorare al Wolf's Ear e li aveva conosciuti, Cassie si era accorta che fra quei due c'era qualcosa che andava al di là di una semplice per quanto profonda amicizia, e si era chiesta come facesse la gente a non rendersene conto. Ennis e Jack si comportavano come due grandi amici, mai una mano fuori posto, mai una parola maliziosa, mai un gesto che potesse dare adito a dubbi: ma come si guardavano... completamente persi l'uno per l'altro, l'uno nell'altro.
Due amici non si guardano così, aveva spesso considerato Cassie. Neanche se si conoscono dall'infanzia, neanche se sono soci in affari, neanche se dividono l'abitazione.
Anzi. Due amici che condividono l'abitazione, senza donne...
La gente non ha voglia di accorgersene, aveva risolto Cassie, e non a torto. A tutti fa comodo così, loro non danno fastidio a nessuno. Perché scomodarsi?
Ovviamente, non ne aveva avuto la conferma fino a quel dicembre, ma Cassie non ne aveva mai avuto bisogno. Si era invaghita di Ennis fin dal primo momento, ma non aveva avuto voglia di provarci, rischiando un rifiuto con successiva delusione, o di farlo litigare con Jack.
Al mondo c'erano tanti uomini piacenti quanto e più di Ennis del Mar, poteva benissimo trovarsi qualcun altro.
Come poi aveva fatto.

Doveva andare in bagno, non ne poteva più.
La sveglia sul comodino segnava le due e tredici di notte, e Cassie, ancora insonne, aveva la vescica piena.
Da almeno tre quarti d'ora non aveva più sentito rumori strani. Né bisbigli, né sospiri, né semplici parlottii.
Poteva andare.
Si alzò, cercando di fare meno rumore possibile, e raggiunse il corridoio.
La porta della stanza dei suoi due ospiti era socchiusa, e Cassie, d'istinto, sbirciò dentro.
Dormivano. Jack rannicchiato sul fianco sinistro, dalla trapunta uscivano solo un ciuffo di capelli scuri e un braccio avvolto dal pigiama di flanella, abbandonato sul cuscino; Kes era ai suoi piedi, altrettanto profondamente addormentata. Ennis, braccia e torace nudi, gli teneva un braccio sulla spalla, protettivo, come a dire: Quest'uomo è mio, e russava leggermente.
Kes alzò la testa, guardò Cassie.
"Ssst", fece Cassie, con un dito sulla bocca.
La Kelpie riabbassò la testa sulle zampe anteriori e la guardò, quasi con complicità femminile. Io non li disturbo, tu non li disturbi, okay?
"Okay", disse Cassie. Quei due non si sodomizzavano, considerò. Assolutamente no. E se era per quello, non scopavano, e non facevano nemmeno sesso.
No, quei due facevano l'amore.
Ed erano, accidenti, erano così dannatamente teneri...
Ed erano due uomini.
Erano due uomini, maledizione, ma si amavano, ed erano riusciti a costruire quella che per lei poteva benissimo essere definita una famiglia con tutti i crismi, seppure la maggior parte della gente non fosse dello stesso parere. Si amavano così tanto da essere riusciti a superare tutte le avversità e...
E invece lei, Cassandra Linda Cartwright, donna quasi trentaduenne ed eterosessuale, cos'aveva costruito nella vita?
Guai. Solo guai. Guai su guai.
Quello che la gente diceva di lei in parte era vero. Non aveva un figlio abbandonato nel Montana né da nessun'altra parte, ma in quanto al resto...
Fino ai quindici anni, aveva abitato a Rock River con i suoi genitori, padre mandriano e madre casalinga che a fatica sapeva spiccicare sì o no in presenza del marito, e sua sorella più grande, Rose. Poi Rose si era sposata ed era andata a vivere a Jackson, e in capo a due mesi dal matrimonio, Cassie aveva deciso che anche per lei era meglio cambiare aria: dopo avere bevuto, suo padre spesso e volentieri la picchiava e ogni tanto tentava di accarezzarla in un modo che non le piaceva per niente. Così, una notte aveva preso la paga che il vecchio aveva riposto nel cassetto (duecentocinquantatre dollari sui trecento che aveva ritirato quel pomeriggio, che si sarebbe sputtanato in bevute durante le sere seguenti allo stesso modo dei quarantasette di quella sera: una destinazione certamente peggiore di quella a cui li avrebbe destinati lei) e se l'era filata.
Non aveva mai imparato un vero e proprio mestiere: a Laramie aveva fatto la cameriera in un pub, poi a Natwick la donna delle pulizie in un piccolo motel, poi di nuovo la cameriera in un ristorante di Slater, poi la commessa in un emporio di Glendo, e così via, spostandosi ogni volta nel Wyoming sudorientale, fino a che, a ventitre anni,  era approdata a Cheyenne, e aveva trovato lavoro come spogliarellista in un night, dove cercavano una sostituta per una ballerina che era rimasta incinta.
Durante quei quattro mesi, per la prima volta, aveva arrotondato con prestazioni sessuali più o meno estemporanee verso qualche cliente.
Niente di eclatante, o che non fosse mai successo prima a qualche altra sua collega: qualcuno aveva iniziato a chiederglielo, lei glielo aveva concesso, e aveva scoperto che non era poi tanto terribile: era un buon modo per arrotondare il magro stipendio, anche se a volte bisognava chiudere gli occhi, o turarsi il naso, o tapparsi le orecchie, o tutte e tre.
Mai che le fosse capitato un bel giovanotto simpatico, elegante, profumato e ricco sfondato. O anche vecchio e brutto e antipatico e puzzolente, ma ricco sfondato comunque. Cheyenne non era il posto giusto: forse il Wyoming non era il posto giusto per quel genere di colpi di fortuna, se avesse voluto intortarsi un riccone avrebbe fatto meglio a migrare in luoghi come Las Vegas.
Ci aveva pensato, ma terminato il contratto il titolare del locale le aveva proposto un contratto a tempo indeterminato, e lei aveva accettato.
L'unico problema era la voce di sua madre, che ogni tanto la disturbava: nei sogni, ma anche da sveglia. Soprattutto quando andava con un cliente. La disturbava chiamandola prostituta, redarguendola che certe cose non si fanno, non era così che le aveva insegnato a vivere.
Cassie cercava di ignorarla, e per lo più ci riusciva.
Quando non ci riusciva, si diceva che era l'unico modo in cui poteva tirare avanti. Con cosa avrebbe pagato l'affitto e le bollette? Cosa avrebbe messo sotto i denti? La maledetta morale non serviva a pagare i debiti, né ti riempiva la pancia.
Era rimasta a Cheyenne per altri cinque anni, fino a che il night aveva chiuso, perché il proprietario, ormai settantenne, aveva deciso di averne avuto abbastanza e l'aveva venduto a un riccone che l'aveva rinnovato, licenziando tutte le lavoranti sopra ai venticinque anni, cameriere o spogliarelliste che fossero, per rimpiazzarle con altre sotto ai venti.
Cassie si era trasferita a Casper, dove aveva scoperto che al Wolf's Ear George Thompson cercava una cameriera.
Si era proposta, ed era stata assunta.
Aveva smesso di prostituirsi
(prostituirmi? Io non mi sono mai prostituita)
(ah no?)
ma al Wolf's Ear, anche se era un semplice pub, c'era sempre qualcuno che le faceva complimenti, che la corteggiava... e lei ne approfittava abbondantemente. Si concedeva, e in cambio a volte riceveva regali, inviti a cena, o a pranzo, qualcosa da bere. Niente di esagerato, Casper non era Las Vegas, non era nemmeno Cheyenne, i regali consistevano al massimo in un mazzo di rose e gli inviti a cena in una bistecca con contorno e una bottiglia di vino, ma quelle attenzioni la facevano sentire importante e desiderata.
La facevano sentire potente. Usava gli uomini per ricavarne non sesso, non calore umano, non regali... ma per tenerli in pugno, per sentirsi in qualche modo potente. 
(tu credi di usare loro, ma sono loro che usano te)
(non è vero)
(sì invece. Tu ti sei anche innamorata, spesso è successo, e lo sai bene... ma chi si è mai innamorato veramente di te?)
(basta, mamma, smettila)
(nessuno ti ha mai promesso niente, nessuno ti ha mai amata davvero. Solo sesso, sesso in cambio di qualche piccolo regalo, di qualche piccola attenzione... non è prostituirsi, questo?)
(BASTA!)
Cassie distolse la testa dalla visione dei suoi ospiti addormentati, sentendosi improvvisamente colpevole per quell'intrusione.
Dannata curiosità.
Dannato carattere del cazzo.
No, non incolpare il tuo carattere. Non è colpa del tuo carattere, è colpa tua, è ora che te ne rendi conto.
E' colpa tua se finora non hai combinato nient'altro che guai, e alla fine sei riuscita pure a rimanere incinta di un figlio di puttana.
Era sempre stata attenta. Sempre. Aveva perso il conto degli uomini con i quali era stata, ma con tutti quanti aveva sempre, sempre, sempre usato il profilattico: poteva condurre una vita dissoluta, ma non aveva voglia di prendere malattie o di ritrovarsi con un bel ricordino di altro tipo. Da una malattia venerea si poteva anche guarire, da un figlio no, e Cassie non aveva mai avuto voglia di prendersi una tale responsabilità, non in quel modo. Non da sola, facendo la cameriera o la spogliarellista, senza un compagno fisso.
Avrebbe voluto avere un figlio, questo sì, ma innamorata di un uomo che la ricambiasse, regolarmente sposati, magari non ricchissimi, ma con denaro a sufficienza per vivere una vita soddisfacente e dignitosa.
Cazzate, si era spesso detta. Una favola. E le favole sono favole, la realtà è ben diversa.
Non troverai mai un uomo che ti ama, non riuscirai mai a sposarti, non avrai mai l'occasione di mettere al mondo un bambino e mostrargli quanto può essere bello il mondo.
Perché il mondo è schifoso, e non vale la pena di mettere al mondo un bambino, se la si pensa in questo modo.
Invece, era successo. C'erano ragazze che scopavano a destra e a sinistra usando nient'altro che il coito interrotto come precauzione, e mai una malattia, mai una gravidanza.
E lei invece...
Bella sfiga. Avrebbe potuto vincere il Campionato del Mondo, ce ne fosse stato uno. Non si era nemmeno mai accorta che il preservativo si fosse rotto.
Il figlio era di George, su questo non aveva dubbi. Da quando si era stabilita a Casper, non aveva mai avuto più di una relazione alla volta, e in confronto a quelle precedenti, erano tutte state piuttosto durature - con Mark Levine, operaio dei pozzi trentottenne, atletico e ancora piacente, era durata la bellezza di otto mesi: peccato che lui fosse sposato con due figlie, e si sentisse in colpa verso la famiglia.
Sfiga su sfiga.
Guai su guai.
E in ultimo, un bambino nella pancia, che per chi la conosceva e conosceva la reputazione che si era costruita, poteva essere di chissà chi.
Aveva deciso di ammazzarsi. Per quanto tremenda, le era sembrata l'unica soluzione possibile: ammazzarsi e ammazzarlo. Sarebbe finita all'inferno, ma probabilmente ci sarebbe finita comunque, e quel povero bambino non avrebbe sperimentato l'inferno nascendo in questo mondo di merda? Tanto valeva risparmiare una vita di sofferenza anche a lui.
Com'era stata stupida. Stupida, idiota, e crudele.
E irresponsabile. Era rimasta incinta, okay, e la soluzione migliore che aveva trovato era stata morire, portando con sé un piccolo innocente, quando invece avrebbe dovuto prendersi le proprie responsabilità e cercare di tirare avanti, come aveva sempre fatto... anzi meglio di come aveva sempre fatto, cercando di cambiare vita, anche se la strada per una ragazza madre poteva solo essere in salita, piena di ostacoli e impedimenti.

Nonostante tutto, questi due uomini le avevano dato un'opportunità. Non l'avevano condannata, bensì stavano cercando di aiutarla.
Jack in modo più evidente, era da lui che era partito tutto: l'aveva invitata ad abitare con loro, in cambio solo di qualche faccenda domestica.
Ma anche Ennis, in un modo più sottile: inizialmente non era stato d'accordo, ma poi si era forzato ad accettarla. Cassie conosceva Ennis del Mar a sufficienza per sapere che, se era convinto di qualcosa che riteneva importante, s'impuntava fino a che non l'aveva vinta contro chiunque fosse in disaccordo. Ennis non l'avrebbe voluta in casa, chiaramente non amava interferenze nella propria privacy (il che era perfettamente comprensibile, considerando il tipo di rapporto che aveva con Jack), ma l'aveva accettata comunque, forse convinto che la propria privacy fosse una faccenda insignificante, in confronto ai problemi di una ragazza madre sola, senza casa e senza lavoro.
Come le aveva spiegato Jack, anche loro si erano trovati in difficoltà. Erano stati vicini a toccare il fondo, ma avevano trovato qualcuno che li aveva aiutati, che aveva dato loro fiducia, e li aveva aiutati a costruirsi una vita dignitosa.
Ora stavano facendo lo stesso con lei. La stavano aiutando, e le
avevano fatto comprendere la portata dei suoi errori.
Esisteva anche gente buona, a questo mondo. Ne esisteva tanta, troppa, di cattiva: gente che si approfittava di te, che ti usava, che in cambio di un pò di sesso ti offriva un drink o non ti offriva nient'altro che un'illusione... ma esisteva anche gente buona. Altruista. Che sapeva cosa voleva dire soffrire, trovarsi in difficoltà, e invece di chiudersi e di abbrutirsi, offriva il proprio aiuto a chi si trovava nella stessa situazione.
Aveva vissuto trentadue anni di dissolutezza, di sbandamento, ma sarebbe cambiata, o almeno ci avrebbe provato. Per il suo bambino, per i due uomini che la stavano aiutando: lo doveva a tutti loro.
E lo doveva anche a se stessa. Alla fine, se lo meritava. Era ora che iniziasse ad amarsi almeno un pò, invece di cercare inutilmente amore dove non poteva trovarlo.


Nota 1: inizialmente, Cassie Cartwright mi serviva solo per dare alla luce C.J., ma mi ci sono affezionata scrivendone, e mi sono accorta che in "Leave out" non faceva una gran figura. Qui ho voluto cercare di "riabilitarla", visto che nel precedente racconto non potevo farlo - non era centrato su di lei, ed era completamente in POV Jack. Giusto un appunto: anche se i "miei" Ennis e Jack, per quanto riguarda l'aspetto fisico, sono un insieme fra le descrizioni che ne fa la Proulx (che tende a sottolinearne i difetti più che i pregi, facendoli apparire come due perfetti spiantati), le controparti cinematografiche (due attori decisamente carini), il tutto mixato con la mia immaginazione, Cassie l'ho sempre vista come la Linda Cardellini del film.
Nota 2: questo breve racconto è nato in un modo che mi vergogno un pò a confessare (ma lo confesso, come espiazione della mia stupidità): negli ultimi tempi non sono mai riuscita a scrivere per mancanza di tempo (oltre a tutto il solito e impegnativo tran tran, mi sono pure messa a imparare a fare tatuaggi, cosa che a dir poco mi entusiasma, ma che richiede tempo, e una calma e una concentrazione assolute). Ora però sono di nuovo a casa dal lavoro, ingessata al piede destro, essendomi infortunata in maniera oltremodo idiota durante un corso di kettlebells
(se avessi mollato il peso quando ho visto che non riuscivo a tenerlo, invece di cercare stupidamente di controllarlo! Ma ormai è successo, e mi serva di lezione per la prossima volta), e così ora  ho tutto il tempo che voglio per scrivere e tatuare e leggere e dedicarmi a tutte le altre mie svariate passioni (hahahaha, sai che soddisfazione...). Comunque, nella sfiga sono stata fortunata: un peso da dodici chili in volo che termina il suo atterraggio sul tuo piede può farti molto, molto peggio di una piccola frattura a un ossicino (si vede che ho la pellaccia dura, non solo la testa, come dice mio marito). L'unica cosa che mi tira davvero è per il mio Tommy, con il quale non posso fare tutti i giochi "matti" che facevo prima, e che non capisce come mai la sua mamma abbia il gambone e debba stare relativamente ferma - però si diverte un sacco a fregarmi le stampelle!

Credits: "Feel" è una canzone di Robbie Williams, cantante adorato dalla mia sorellina.

Disclaimer: I personaggi di Cassie Cartwright, Jack Twist ed Ennis del Mar appartengono ad Annie Proulx.
Se qualcuno riconoscesse nella mia storia idee che ritiene di sua proprietà, mi creda se gli dico che non l’ho fatto apposta, e spero non si offenda.
Infine, preciso che questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.


   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Brokeback Mountain / Vai alla pagina dell'autore: Kiki75