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Autore: Blackvirgo    10/04/2010    5 recensioni
C'è una vecchia attorno al fuoco che racconta la storia del mondo quando ancora c'erano gli spiriti. C'è una bambina sicura che un giorno incontrerà uno spirito. C'è un bardo che, ascoltando la storia della vecchia e osservando la bambina, si chiede se in quella storia anche lui - per uno strano scherzo del destino - abbia un ruolo. E, prima della fine, ognuno - in un modo o nell'altro - troverà ciò che cerca.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Naraku, Nuovo personaggio, Sesshoumaru, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 15

Di terra, di acqua e di luce


C’è un solo modo di dimenticare il tempo: impiegarlo.
Charles Baudelaire

Il buio le aveva sempre fatto paura. Sì, si vergognava ad ammetterlo, ma era solo una mocciosa piagnona e paurosa. Però quella sera, nonostante le sue mille angosce – sopra tutte il terrore dei lupi: quando li sentiva ululare in lontananza le pareva già di sentire le loro zampe correre leggere per circondarla, di vedere il biancore dei loro denti sulle sue tenere carni – non si era limitata a guardare le stelle fuori dalla finestra. L’aveva aperta ed era uscita.
Era tornata all’aia dove raccontavano la storia e, nascosta dalle tenebre, aveva visto il bardo. Era sempre l’ultimo a lasciare quei piccoli raduni che per loro, al paese, erano la normale conclusione della giornata, mentre per lui apparivano come l’appuntamento che dava senso al suo giorno. L’aveva visto incamminarsi, lentamente, ma non era andato nella direzione della locanda. Stava andando verso il lago.
Il cuore di Corinna diede un balzo: il lago! Quella distesa d’acqua l’aveva sempre affascinata – proprio come la notte – ma non aveva mai avuto il coraggio di andarci da sola, al buio. Di giorno sì: andava spesso a giocare nelle vicinanze della riva, anche se la nonna non voleva che toccasse quelle acque tranquille. “Se ti bagni i piedi prenderai la tosse!” le diceva sempre. E Corinna, obbediva, temendo di non poter più andare a vedere il lago se si fosse ammalata.
Prese a seguire l’uomo solitario che camminava lentamente davanti a lei. Ma che passi lunghi che faceva! Per fortuna la bambina conosceva perfettamente il sentiero, sennò non sarebbe mai riuscita a tenergli dietro. Doveva solo stare attenta a non inciampare: non sapeva neppure lei il motivo, ma non voleva farsi scoprire. Non credeva che il cantore l’avrebbe sgridata se l’avesse scoperta, ma non si sa mai coi grandi. E poi il pericolo dei lupi era sempre lì: se si fosse fatta male non avrebbe mai fatto in tempo a fuggire e l’avrebbero mangiata. Anche se la nonna diceva sempre che era troppo magra per essere un pasto gustoso, anche per un lupo affamato. Però chi ha fame – lupi compresi – si accontenta anche di poco, pensava lei.
Appena arrivata si fermò a rimirare lo specchio di acqua ai suoi piedi: era bellissimo. Sembrava un secondo cielo o meglio: sembrava che il cielo gli desse un volto con le stelle per occhi e la falce di luna per sorriso. Si sedette sulla riva, a poca distanza dal bardo – non si deve andare in giro da soli dopo il tramonto! – che appariva immerso nei suoi pensieri, e, proprio come lui, contemplava la superficie dell’acqua.
Ma quando apparve l’immagine del guerriero, Corinna non distolse lo sguardo e, men che meno fuggì, anzi: rimase a guardarlo, estasiata, dimenticando di avere paura della notte e dei lupi. Sapeva perfettamente cosa fosse: finalmente l’aveva trovato. O ritrovato?
“Signor Sesshomaru?” bisbigliò fra sé e sé.
E, come se l’acqua fosse diventata solo un sottile velo, come una tenda lisa dal tempo, lo spirito si voltò verso di lei.

Aveva riconosciuto quello sguardo. L’avrebbe riconosciuto fra mille altri. Grandi occhi neri che mai lo avevano temuto. Eppure il viso non era lo stesso, neppure il modo di vestire. Però quegli occhi… non poteva sbagliarsi.
Sesshomaru chiuse i suoi per un attimo, per cancellare quell’immagine temendo nell’ennesimo sogno, nell’ennesima illusoria speranza. Ma la bambina era ancora lì quando li riaprì. Anzi era più vicina e gli tendeva una piccola mano, per sfiorarlo, per toccarlo.

Corinna stava camminando con le caviglie lambite dalle acque del lago, dimentica dei suoi buoni propositi e delle raccomandazioni della nonna. Voleva avvicinarsi al guerriero bianco, voleva vederlo da vicino, voleva toccarlo. Voleva sapere perché quella figura gli fosse tanto familiare nonostante fosse la prima volta che lo vedeva, voleva sapere perché conosceva il suo nome se, fino a poco fa, la sua esistenza, per lei, era stata solo una speranza a cui si era aggrappata tante volte, con cui aveva giocato, con cui aveva parlato, ma senza ottenere una risposta che le suggerisse che quel sogno potesse essere reale.

Sesshomaru allungò la mano verso il cielo, incontro a quella della bambina, ma toccò solo aria.
Di nuovo il terreno tremò sotto i suoi piedi squarciando la terra, mutilandola e in lontananza risuonarono grida e richiami.
Quanto ancora resisteremo?

La terra tremò anche sotto i piedi di Corinna. E il lago si riversò su di lei, ingoiandola in un vortice fatto di acqua, schizzi e schiuma. Non seppe mai dire se fosse stato un gioco della sua fantasia, un incubo o il frutto della paura, ma lei fu sempre convinta che, in quel momento, le onde si condensassero nelle sembianze di un grande lupo nero che l’azzannò alle caviglie per portarla con sé in abissi molto più profondi del fondo del lago, abissi così lontani dove neppure la luce della luna poteva giungere, dove non c’era aria per respirare, dove sarebbe morta senza neppure salutare la nonna. E di nessuno di quei malanni che l’acqua avrebbe potuto provocarle.
Aveva chiuso gli occhi, Corinna, per non vedere tanto orrore – per non vedere la morte in faccia – , mentre col poco fiato che le restava, bisbigliava un nome che era una preghiera: “signor Sesshomaru, aiutatemi, signor Sesshomaru…”

E Sesshomaru sentì le parole, vide il lupo e vide la bambina.
Fu investito da una corrente di aria fredda, e da schizzi d’acqua: il cielo sopra di lui si era aperto.
In un balzo fu in piedi, la spada sguainata e quella bestia nera come la notte avvolta in turbini di acqua gelida gli si mostrò in tutto il suo furore. Portava la bambina fra le possenti zanne e lo guardava altezzosa, superba. Era una sfida: Sesshomaru non aspettava altro. Un salto, un breve volo e la voragine nel cielo diventò una porta e una guerra: entrambe portavano verso la libertà. O verso la morte.

Fu una lotta serrata, fatta di artigli, di morsi e di spade. Lottavano fra case diroccate che degli uomini portavano solo il ricordo, sentieri disfatti, coperti di alghe e abitate da creature che, ignare di assistere a uno spettacolo che avrebbe cambiato il loro mondo, si nascosero o fuggirono, per non soccombere a loro volta a quelle due furie.
Due guerrieri che combattevano fieramente, perché entrambi sapevano che dal risultato di quel duello sarebbero dipese molte cose.

Sesshomaru taceva mentre combatteva. Non aveva bisogno di sprecarsi in parole che non avrebbero ferito il suo nemico abbastanza da indebolirlo o da farlo soccombere. C’era gelo e fiamma nei suoi occhi, e c’era una volontà di vincere che mai aveva provato prima. Non c’era solo il suo orgoglio in gioco: c’era la sopravvivenza degli spiriti – tutti –, la loro libertà. E c’era anche la vita di quella bambina che doveva avere già incontrato anche se in tempi e in luoghi che ora sfuggivano dalla sua memoria.

La bestia nera ringhiava e nei suoi ululati c’era dolore e rabbia. Tanta rabbia. Rabbia per un giuramento proferito di cui non era mai stato pagato lo scotto. E ora i mondi si erano avvicinati, di nuovo. Abbastanza per riunirsi, vero, ma lui non lo avrebbe permesso, non finché il mezzo demone non gli avesse dato quello che era suo: voleva quell’anima. Voleva divorarla. Gli era stata concessa in cambio di molto – troppo – potere. Era sua.
Nel frattempo si sarebbe accontentato anche di quella bambina. Se solo la sua anima fosse stata un pochino più nera. Le anime dei bambini non erano molto appetitose: non avevano ancora visto abbastanza vita.

“Lasciala e te lo porterò,” mormorò Sesshomaru, accorgendosi che quella lotta non sarebbe mai finita. Non abbastanza velocemente perché la bambina sopravvivesse, almeno. E probabilmente neppure i demoni nell’altro mondo. Maledetto tempo! Ora si rendeva conto perché gli umani lo reputassero dannatamente importante.
E lui che aveva sempre pensato di averne a disposizione senza limite…

La risposta della bestia nera fu l’ennesimo ringhio. Un ringhio che pareva una risata e uno sberleffo e che tradiva la minaccia che stava dietro. Ma era anche un’affermazione e un ultimatum: prima della prossima luna piena, gorgogliò, dissolvendosi in acqua fra le nere acque del lago.

Sesshomaru raccolse la bambina – “è ancora viva!” pensò – e la riportò in superficie.
E quando Rin si risvegliò bagnata come un pulcino, la prima cosa che vide fu uno spirito bianco che contemplava una sottile falce di luna nel cielo.


***
Prima che il bardo potesse rimettere piede nel villaggio, la terra aveva tremato sotto i suoi piedi. Era durato soltanto un istante, più la vertigine della caduta che la sensazione di un crollo, ma era stato sufficiente perché tutta la gente si riversasse nella piazzetta, chi piangendo, chi pregando, e chi trovando conforto nella paura degli altri. Ovviamente non mancavano neppure i baldanzosi che urlavano il loro coraggio, soprattutto ora che tutto era finito.
Il bardo si tenne in disparte: non aveva voglia di compagnia. E neppure era tornato alla locanda: era troppo inquieto per rinchiudersi fra quattro mura, per stendersi su un letto e mettersi a dormire.
Si era diretto svogliatamente nell’aia del racconto e, trovandola miracolosamente vuota, si era seduto, la schiena appoggiata al solito ciliegio. Aveva chiuso gli occhi, per cercare il sonno sotto il cielo che tante volte l’aveva guardato dormire.

Un ticchettio ritmico lo fece sussultare: aprì gli occhi e si guardò attorno: un’ombra si muoveva fra le altre. Un’ombra che con una mano si reggeva ad un bastone e che, con l’altra, si reggeva il petto. Anzi no: reggeva qualcosa di luminoso, che, a mala pena, riusciva a nascondere con la mano.
“Cosa fate qui, cantore?” gli chiese con una voce roca e stanca.
La vecchia!, pensò il bardo alzandosi lentamente in piedi.
Avrebbe voluto chiederle la stessa cosa, ma si trovò a aiutarla a sedersi su uno dei ciocchi: essere arrivata fin lì doveva essere stato uno sforzo troppo grande per lei. Eppure era sembrata così energica in quei giorni! Solo quella sera aveva tossito, ma non poteva essere così grave…. O sì?
“Avete visto la mia bambina?” chiese in un bisbiglio.
Il bardo fece un cenno di diniego.
E quando la vecchia portò la mano che teneva al petto a coprirsi la bocca per un attacco di tosse, il bardo la vide: una sfera grande quanto una noce che emetteva una tenue luminescenza rosata. Una luce che, pian piano, sembrava aumentare di intensità.
Ipnotizzato da quella visione – che diavoleria è mai questa? È forse? No… la Sfera dei Quattro Spiriti? – accostò la mano per toccarla, per sentire se era calda per sentire se era viva.
Ma una stretta ferrea sul polso da una mano ghiaccia lo distolse dal suo intento. Alzò lo sguardo e brividi gli corsero lungo la schiena quando incrociò gli occhi neri da rapace della vecchia.
Paura, di quella vera. Paura di essere nel posto sbagliato, nei panni sbagliati, nella vita sbagliata.
E paura – tanta, davvero – alla fine di aver trovato una storia che non avrebbe potuto raccontare.
***

Nota dell'autrice: ebbene sì, è tornato e si avvicina alla conclusione. Mi scuso immensamente di aver impiegato più di un anno ad aggiornare questa storia. Mi scuso con chi l'ha amata, con chi l'ha seguita e anche con chi è solo passato di qui per caso.

Ringrazio infinitamente Miriel67 e Gweiddi at Ecate che mi hanno mostrato più e più volte quanto tenessero a questi personaggi (in particolare al bardo) e a questa storia.

Un abbraccio anche alle adorabili (e adorate) Jekka e Avalon9.

Come ho già detto, la conclusione è vicina. Pazientate: ultimamente sono diventata lentissima a scrivere per un sacco di motivi, ma non lascerò passare un altro anno per il prossimo aggiornamento!

Ringrazio tutti per la vostra attenzione.

 

   
 
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