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Autore: Shona    10/04/2010    10 recensioni
I lunghi capelli rossi mi impedivano di vederne il volto e la barba lasciata crescere lo faceva somigliare ad un vecchio eremita. L’unica cosa che riuscii a notare furono le sue mani grandi e dalle lunghe dita bianche, se non mi avessero detto che era un pianista lo avrei potuto notare benissimo da sola.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Ma buon sabato! Spero per voi che siate fuori e non chiuse in casa come me! Ahahaha
So che avrei dovuto aggiornare la Maschera, ma il capitolo è in revisione! A breve aggiornerò anche li, sarà questione di qualche giorno anche perchè lunedì ricominciano i corsi in Uni e la faccendo si fa alquando complicata!
Scusate se non risponde alle recensioni, ma sto per uscire! (E allore non dire che stai chiusa in casa il sabato pomeriggio!)(Dettagli ù_ù)
Vi ringrazio infinitamente per ogni singolo commento che avete lasciato! Li adoro tutti e sono felice che questa storiellina sia di vostro gradimento! In questo capitolo ci sarà una rivelazione! Forse anche due ù.ù So che avrei potuto allungare e descrivere, spiegare, ammorbarvi con descrizioni introspettive e cazzi e mazzi, ma... Questa storia è nata veloce e veloce procede senza intoppi! Spero di non deludervi con i prossimi capitoli! Un bacio a tutti voi che leggete!
Ps: Mi dimentico sempre di metere lo SPOILER ù.ù

Piano

Capitolo 3

Sono passati dieci giorni da quella promessa e ancora non sono potuta entrare nella camera di Edward.

Cencio alla mano tolgo la polvere che si è accumulata in questi giorni sui mobili del secondo piano.

Come sempre più spesso mi accade negli ultimi giorni l’occhio mi cade sulla seconda porta che non ho ancora varcato.

Non ha niente di differente dalle altre porte del piano. Il legno è chiaro e riprende quello dei mobili, la maniglia è dorata come tutte le altre. L’unica cosa che la differenzia è che è chiusa a chiave.

Nonostante quest’ultima sia nella toppa non mi sono mai permessa di aprirla.

Ma, si sa, la curiosità è donna.

Mi guardo intorno furtiva come se stessi per commettere un reato. Nessuno mi ha vietato di entrare in questa stanza e non mi è mai stato nemmeno proibito.

Titubante passo le dita sul metallo freddo della maniglia. Cosa dovrei aspettarmi? Forse una camera vuota? Una camera da letto? E se ci fosse della roba strana che Edward tiene nascosta?

Mi tolgo questi stupidi pensieri dalla mente. Edward è un uomo a posto.

Il rumore della serratura che scatta risuona nel silenzio della casa facendomi correre un brivido per la schiena.

Abbasso la maniglia e la porta cigola sui cardini quando la faccio ruotare.

La stanza è buia e, come quella di Edward, piena di polvere e di aria viziata.

<< La curiosità uccise il gatto. >> Spaventata lascio che l’urlo che mi è nato in gola esca in tutta la sua potenza.

Assorta nel cercar di non far rumore non ho sentito, come al solito, Edward avvicinarsi.

Con il cuore in gola e il respiro ansante mi giro incontrando gli occhi allegri del padrone di casa.

<< Prima o poi mi farai morire! >>

Non mi risponde, si limita a spalancare la porta camminando a piedi scalzi in mezzo alla polvere.

Arriva alla finestra spalancando le tende e aprendo le imposte.

La luce mi acceca abituata com’ero al buio della camera.

Sbatto un paio di volte le palpebre cercando di abituarmi nuovamente alla luce mentre riprendo controllo del respiro.

Quando le fastidiose macchioline bianche non mi ostacolano più la vista posso finalmente vedere la stanza.

I muri sono beige con una striscia di orsetti su ogni parete. In disparte una sedia a dondolo coperta da un lenzuolo e nel mezzo una culla montata solo per metà.

La polvere prende a danzare guidata da un lieve venticello che entra nella camera sostituendo il cattivo odore di chiuso.

<< Ecco io… visto che mi manca solo la tua camera e questa da sistemare, volevo approfittare del fatto che avessi finito col resto e… ehm… >> Finite le parole faccio un passo entrando nella stanza.

Edward, creando un sentiero scuro fra il tappeto di polvere, passeggia assorto accarezzando con cura sia la sedia che la culla.

<< Sarebbe dovuta essere la stanza di mio figlio. >> Quelle parole, come una coltellata nel petto, mi fanno stringere la gola e pizzicare gli occhi di lacrime troppo a lungo versate.

<< Fino a un paio di anni fa o poco meno ero fidanzato. >>

Mentre parla torna verso la sedia scoprendola.

Il legno chiaro, come quello della culla, è perfetto per il colore delle pareti.

Segue le linee dei fiori incisi sullo schienale accennando un sorriso.

<< E’ stata mia madre a regalarmi questa. >> Accarezza i braccioli una volta che si è seduto.

<< Non le è mai piaciuta Hannabel, ma non appena le dissi che sarei diventato padre, caricò la sua sedia a dondolo in macchina e me la portò. Mi ha raccontato che quando ero piccolo e la notte piangevo riusciva a calmarmi solo quando si sedeva qua sopra e mi cullava. >> Stende le gambe e si lascia scivolare quasi sdraiandosi.

<< Siamo stati insieme per anni. Pensavo che fosse tempo di fare le cose per bene. E allora le chiesi di andare a vivere insieme. La mia compagna mi disse di essere incinta poco dopo che ci trasferimmo qui. Ero talmente felice che non aspettai un momento di più per iniziare a sistemare questa stanza, ma lei non era dello stesso parere. Una settimana dopo abortì senza dirmi nulla e se ne andò dicendo che questa non era la vita che voleva e che un pianista non le avrebbe dato tutto quello che si meritava. >> Parla tranquillo, con la voce piatta come se non fosse la sua storia quella che sta raccontando.

Le lacrime ormai scendono senza sosta sul mio viso bagnandolo e le mie braccia sono strette intorno alla vita.

Per la prima volta sento i suoi passi mentre mi si avvicina.

Sul pavimento polveroso le sue impronte arrivano fino a me.

<< Bella, non volevo farti piangere. Scusami. >> Mi appoggia le mani sulle spalle accarezzandomi confortante.

Non riesco a parlare a causa dei singhiozzi che mi scuotono il corpo. Scuoto solo la testa e alzo una mano per dirgli di aspettare.

Non riuscirei a dire niente nemmeno se non stessi singhiozzando come una disperata.

Mi giro dandogli le spalle, con passo tremante mi avvio per il corridoio chiudendomi in camera.

Con la schiena appoggiata alla porta mi lascio scivolare a terra portandomi le ginocchia al petto.

I singhiozzi non smettono di salirmi dalla gola e le lacrime non accennano a smettere di bagnarmi il viso.

Non posso continuare a piangere. Non voglio continuare a piangere.

Cerco di rialzarmi in piedi e barcollando mi trascino in bagno. L’acqua fredda scorre nel lavandino schizzandomi alcune gocce sulle mani.

Mi bagno i polsi e unendo a coppa le mani le riempio d’acqua buttandomela sul viso arrossato.

I singhiozzi lentamente si calmano e le lacrime si acquietano lasciandomi, come ricordo, gli occhi rossi e gonfi.

Dopo qualche respiro profondo riesco a tornare padrona di me stessa nonostante il dolore nel petto non accenni a scomparire.

Mi asciugo le mani e il viso con la morbida spugna profumata di fuori.

Due colpi alla porta mi fanno sobbalzare dallo spavento. Mai era successo che Edward mi venisse a chiamare di sua spontanea volontà.

Con una leggera corsa arrivo alla porta aprendola di un soffio, proprio come fa lui di solito.

<< Ti ho… ehm… portato della camomilla. >> Sorpresa apro la porta mentre lui entra in camera con un vassoio in mano, sopra una teiera fumante e una tazza.

Posa tutto sul comodino spostando la sveglia.

Tiene una mano in tasca mentre con l’altra si scompiglia i capelli, che sono cresciuti incredibilmente in questi giorni, come se non sapesse cosa fare.

Si guarda in giro imbarazzato con le guance leggermente arrossate.

<< Siediti pure sul letto. >> Mi accomodo accanto al comodino versando la camomilla nella tazza.

<< E’ già zuccherata. >> Grattandosi la nuca si siede sul letto accanto a me.

Prendo la tazza in mano beandomi del suo calore e soffiando faccio sparire il fumo caldo per un istante.

Me la porto alla bocca prendendone una piccola sorsata e risputandola subito.

<< Scotta? >> Preoccupato Edward mi da qualche colpo sulla schiena mentre tossisco a causa del cattivo sapore.

<< E’ salata! >> Poso la tazza sul piattino continuando a tossire finché non ne sento più il bisogno.

Spero di non dover mai più assaggiare una schifezza del genere.

La faccia di Edward è impagabile. Dispiaciuta e sorpresa allo stesso tempo.

Non riesco a trattenermi e le risate nascono spontanee lenendo un poco il dolore di prima.

Poco dopo anche Edward si unisce alle risate e per la prima volta lo vedo ridere davvero.

Ride con gli occhi chiusi e la testa piegata indietro. Le mani affondate sulla leggera coperta arancione gli fanno da appoggio altrimenti si sarebbe già sdraiato.

Era da tanto che non ridevo così e credo che anche per lui sia lo stesso. Non avrebbe senso ridere così tanto per un’assurdità del genere, ma ne sento il bisogno.

Mi asciugo una lacrima all’angolo dell’occhio, per fortuna non ha niente a che fare con quelle versate fin’ora.

<< Mi dispiace per prima… e per la camomilla! Ero convintissimo che fosse zucchero. >> Si ricompone facendo scomparire il sorriso dalla sua bocca che rimane comunque piegata nel suo sorriso strano.

<< Scriverò sul barattolo “Zucchero” e “Sale” appena torno in cucina. >> Incrocio le mani in grembo torturandomi le dita.

È strano ritrovarmi qui con lui.

È una cosa che non avevo mai nemmeno osato immaginare.

Mi chiedo come una donna possa scappare da un uomo del genere. Si è dimostrato premuroso, quando parlava del figlio che non ha mai potuto conoscere i suoi occhi erano pieni d’amore. È indubbiamente bello, non so se sia un bravo pianista o meno dato che non ho mai avuto l’occasione di ascoltarlo, ma se si può permettere questa casa e tutto il resto non credo proprio che abbia problemi di soldi.

Cosa avrebbe mai dovuto desiderare la sua ex per lasciarlo di punto in bianco e decidere di non voler costruire una famiglia con lui.

Certe persone hanno la fortuna di avere tutto, ma voltano le spalle a questa fortuna in cerca di qualcosa di più.

<< Ho avuto una reazione esagerata prima. Mi spiace di essere scappata a quella maniera, ma avevo bisogno di stare un attimo da sola per riprendermi. >> Alzo lo sguardo trovando i suoi occhi fissi su di me.

<< Se avessi saputo che la mia storia ti avrebbe rattristato fino a questo punto non ti avrei raccontato nulla. Ma rivedere quella stanza… >> Lascio le mie mani libere dalla tortura che mi sono autoimposta e ne sposto una coprendone una delle sue sulla sua gamba.

In pochi sanno quello che sto per dirgli e non so bene perché sto per farlo, ma ne sento il bisogno.

<< Purtroppo… condividiamo lo stesso dolore. >> Tengo lo sguardo fisso sui ricami dello scendiletto troppo codarda per guardarlo negli occhi e leggere la tristezza, la compassione, il dolore che ci accomuna.

   
 
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