Attenzione: spoiler
per chi non conosce del tutto la trama originale del fandom.
A dirla tutta, ma proprio
tutta, questo capitolo non mi
convince. Penso che avrei potuto carpire e definire meglio le sensazioni del
personaggio, specie in un momento così definitivo. Ma più ci penso più mi areno, perciò
pazienza, lo pubblico così com’è, nella speranza che
piaccia comunque.
Ribadisco che purtroppo
non ho letto il libro Un ponte per Terabithia; ho visto soltanto il remake del film, ed
è da quello che sono tratte le citazioni – seppure vagamente
adattate al contesto. Chissà, forse è anche per questa consapevolezza
che Leslie mi ha un po’ “frenata”; di lei conosco soltanto la
versione cinematografica, il che, temo, può essere un handicap. Oh,
siate buoni, in fondo siamo qui per migliorare. ^^’
Ringrazio tutti i lettori,
e un ringraziamento particolare alla mia Dany92
per la dolcissima recensione (spero che il compito sia andato bene, Dany-chan! ^^).
Buona lettura!
Un battito
di ciglia
Fandom: Un ponte per Terabithia
Personaggi: Leslie Burke, Jesse Aarons
Genere: Drammatico, Introspettivo
Rating: Giallo
Ambientazione: Il momento della
caduta di Leslie nel fiume
Prompt: #9. Falling (Cadendo)
Tra la
corda e il fiume c’era uno spazio di mezzo metro. E nello spazio di mezzo
metro si può vivere un’attesa eterna.
Leslie
sapeva; aveva sentito distintamente la corda – la corda magica, sì, proprio quella – spezzarsi, aveva
avuto il tempo di vedere la piena sotto di sé – era piovuto tanto
quella notte. Sapeva cosa ci fosse ad attenderla, e forse da qualche parte
aveva anche un po’ di paura.
Ugualmente,
sperava ancora – soltanto
– di vederlo arrivare.
Lo
aveva aspettato, quella mattina, ma lui non era venuto. Che strano. Di solito
non si faceva aspettare. Non più, almeno; non da quando erano diventati
amici.
Amici.
Jess era il suo unico
amico.
Però
quel giorno non c’era.
Quaranta
centimetri dal pelo dell’acqua.
Che
cosa stupida, no, che cosa ridicola.
Eccolo, Jess – il suo Jess, stava arrivando. Veniva
correndo sulla sponda del fiume, saltava giù dal tronco, le tendeva la
mano.
Peccato,
non sorrideva. Le piaceva quando sorrideva.
Forse
proprio perché non lo faceva quasi mai.
Venticinque
centimetri dal pelo dell’acqua.
E
adesso la sentiva, quella mano, sentiva che la stringeva e la tirava su. Palpabile. Reale. E com’era rassicurante.
La
portava in salvo, di nuovo sulla riva, con lui. E un po’ la sgridava anche,
per non aver fatto attenzione, per essere andata là senza di lui.
Le
venne voglia di sorridere. Era la prima volta che l’abbracciava
così.
Venti
centimetri dal pelo dell’acqua.
E
lei cercava di rispondere a quell’accusa, anche se le parole si fermavano
da qualche parte nella gola, ostacolate dalla sorpresa della caduta.
Perché non
sei venuto prima? Perché ho dovuto aspettarti anche stavolta?
Come
qualche mese prima, quando lo aveva battuto in una corsa, e lui non aveva
risposto né alle sue parole né alla sua mano tesa.
Quindici
centimetri.
E
perché, dannazione, perché
non sentiva la sua risposta?
Dieci
centimetri.
Eppure
lui c’era. Lo avvertiva, lo sentiva lì con lei, vicino come non
mai. Sentiva il suo respiro affannato per la corsa; le scaldava le labbra.
Dunque
era solo una speranza, quell’abbraccio?
Cinque.
Quattro. Tre. Due. Uno.
«
Quella corda è vecchia, non c’è da fidarsi. »
«
Pensa se ci fosse un regno incantato che conosciamo solo noi due… Se l’unico modo che abbiamo per entrarci
fosse lanciandoci con quella corda magica! »
Quando
il suo corpo toccò l’acqua, Leslie tornò al presente.
Un
battito di ciglia. Una comprensione dolorosa.
No,
Jess non c’era.
Un
solo pensiero le attraversò la mente, nell’istante precedente
all’urto contro la roccia fredda e liscia.
Peccato.
Non lo avrebbe più visto sorridere.
Nello spazio di mezzo metro si
possono ricordare mille momenti, ma non se ne può dimenticare nessuno.