Comincio col dire che
questa shot potrebbe intendersi come una furry, ossia una fanfic con
presenza di personaggi-animali: beh, sono esigenze di copione dovute al prompt – e tra l’altro questo abbraccio mi
piace quasi di più così che in versione umana…
Vi è anche una possibile presenza di slash,
ma potete rilevarla o meno, a vostro piacimento; questo è uno di quei
capitoli in cui non è
necessario trovare a tutti i costi del romanticismo.
Passo subito a
ringraziare tutti i lettori (vi adoro, vi adoro davvero <3), in particolare
per le recensioni:
Dany92:
Sono felice che ti sia piaciuto il precedente capitolo, e che pensi che l’essenziale
ci fosse ^^ In effetti, come hai detto anche tu, l’idea della velocità del momento mi ha
costretta a pensieri brevi e quasi frammentati, e forse soprattutto per questo l’introspezione
di Leslie non mi convinceva del tutto; ma sono lieta che ti sia piaciuta, sul
serio. A quanto pare ti sto costringendo ad interessarti a parecchi libri, eh?
^////^’ Un bacione, grazie mille come sempre!
Elos: Non hai idea di quanto mi abbiano colpita
le tue recensioni. Dico davvero, a giudicare dalle tue parole ciò che
scrivo mi sembra migliore .__. Non so come ringraziarti, tanto per i
complimenti quanto per i suggerimenti riguardo lo stile (riguardo il secondo
capitolo hai ragione, Misa parla di sé in
terza persona nella versione originale; io ho seguito l’anime soltanto in
italiano, come te, ma mi piaceva l’idea di renderla un po’
più fedele a se stessa: spero di esserci riuscita!). Spero anche che
continuerai a seguire la mia raccolta, perché le tue recensioni sono
veramente costruttive e, come dire, stimolanti.
^^ Grazie di cuore, davvero.
Buona lettura a tutti –
hope you like it :)
Troppo umano
Fandom: Harry Potter
Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black
Genere: Introspettivo, Sentimentale
Rating: Giallo
Ambientazione: Quinto anno a Hogwarts dei Malandrini
Prompt: #12. Fur (Pelo,
pelliccia)
Lo
sapevano tutti, a Hogsmeade. La Stamberga Strillante
era il posto più infestato di tutta la Gran Bretagna. Per davvero.
Peccato
non potessero immaginare che i fantasmi che sentivano urlare erano i suoi, i demoni di un unico essere
dannato.
Il
Lupo Mannaro giaceva prostrato sul pavimento polveroso, ringhiando ansante. La
luce della luna piena filtrava appena dalle finestre sbarrate, ma incendiava il
fuoco nei suoi occhi spalancati – un fuoco in cui la furia andava
sopendosi, lasciando il posto ad una più quieta disperazione. Man mano
che l’umanità si riprendeva il proprio posto nel corpo e nella
mente bestiali, anche i pensieri tornavano a vertere sul lato umano, e portavano
con sé i primi dolorosi segni del senso di colpa e della vergogna.
Il
visetto terrorizzato gli aleggiava ancora davanti al muso, gli occhi spalancati
e la bocca tremante…
Un
odore familiare giunse alle narici dilatate. Il Lupo Mannaro sollevò la
testa e ringhiò all’entrata dell’intruso.
Pensavo avessi
capito che volevo restare da solo.
L’enorme
cane nero entrò trotterellando dalla porta scardinata, diretto verso di
lui con imperterrito sangue freddo.
Pensavo sapessi che
per me ogni occasione è buona per far saltare i nervi al buon vecchio Lunastorta.
Il
Lupo Mannaro ringhiò ancora, ma lasciò ricadere la mascella sulla
zampa, socchiudendo gli occhi.
Non c’è
nulla su cui scherzare. Ho rischiato di aggredire una bambina.
Il
cane sedette sulle zampe posteriori. Sbadigliò, mostrando una fila di
lunghi denti bianchissimi e acuminati; poi si grattò il collo con una
zampa, ostentando la massima indifferenza.
James e Peter sono
con lei. L’hanno riportata al sicuro, al villaggio. Non credo che sua
madre la lascerà tornare tanto presto a sconfinare verso il castello… Non hai nulla di che preoccuparti, è
tutto sotto controllo.
Il
lupo emise un basso verso roco che nel silenzio suonò come una risatina
lugubre. Il cane si scrollò; probabilmente, se avesse potuto, avrebbe
sbuffato.
Dannazione, Remus, piantala di fare il…
Un
ennesimo ringhio coprì quelle che avrebbero potuto definirsi le sue
parole; il Lupo Mannaro sollevò di nuovo il muso.
Come puoi ostinarti
ancora a non vedere la realtà? Come puoi stare lì a scherzarci
sopra? Non hai idea di quel che sarebbe potuto succedere alla ragazzina se…?
Silenzio.
Lontano, da qualche parte ad ovest – forse proprio sopra Hogwarts – echeggiò un tuono.
Il
cane nero guardava il lupo con intensità, come sfidandolo a continuare,
gli occhi neri scintillanti nel buio. Neppure un verso in risposta. Del resto gli
animali hanno molti modi per esprimere il proprio stato d’animo.
Il
Lupo Mannaro rantolò all’improvviso, uggiolò quasi – faceva
male, ed era un dolore troppo umano. Stava tornando se stesso nel modo
più doloroso possibile: con l’anima.
Dio, non avrei mai dovuto
lasciare che tu e gli altri entraste in questa storia. Voi non potete capire.
Non mi pare la
pensassi così stamattina, quando progettavamo insieme nel dormitorio i
particolari della nostra scorrazzata notturna…
Non è
divertente, Sirius. È una cosa mostruosa. Io sono una cosa mostruosa.
Il
cane mostrò i denti, quasi un ghigno.
Di certo sei
mostruosamente seccante quando ti piangi addosso.
Il
lupo respirò profondamente, quasi un sospiro.
Iniziava
a piovere.
«
I miei complimenti, Felpato. Non avrei mai immaginato che potessi diventare Animagus in soli
cinque anni. »
«
Cos’è quest’ironia, Lunastorta?
Avevo la certezza che non possedessi alcun senso dell’umorismo. »
«
Sappi che potrei morderti per questo. »
«
Oh, davvero? Uuuu! Licantropo in libertà! Salvatemi!
Uuuu! »
E
rotolano insieme nell’erba, tra le risate di Codaliscia
e Ramoso.
Il
cane nero si mosse all’improvviso. Ora era abbastanza vicino da poter
posare una zampa su quella del lupo.
Non è colpa
tua, Remus.
Il
Lupo Mannaro lo scrutò con un vago riflesso di umana amarezza.
E di chi vuoi che
sia? Tua? Di James? Di Peter?
Non sei tu a volere
questo. Non l’hai mai voluto.
E
tra i pensieri, tra i sentimenti, affiorarono anche i ricordi. Il lampo bianco di
denti, il dolore sordo del morso, il momento in cui la vita era diventata una
dannazione.
Mentre
tornava a sentirsi un ragazzo di quindici anni, il lupo – il mostro – chiuse stancamente gli occhi.
No. Mai.
Il
cane nero gli si accucciò al fianco. Per un attimo rimase là,
come incerto; poi, con un lieve uggiolio di condivisione, gli lambì il
muso con la lingua. Il lupo non si mosse, così come non rifuggì
il contatto quando il cane posò il muso sopra la sua testa. Pelo nel
pelo, zampa su zampa, ma con gli artigli ritratti.
Sotto
la pioggia, per una volta, i fantasmi della Stamberga Strillante quasi tacevano.