Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: kikka_akachan    15/04/2010    3 recensioni
Esiste un mondo dove villaggi e città sono divise da foreste e lande deserte, le Lotti Morte, abitate dai Draker, esseri umani che una forza misteriosa ha trasformato in demoni, che attaccano coloro che sono tanto arditi da oltrepassare i loro territori. Questo mondo è una terra chiamata Ashar. Dove uomini, per lavoro, si avventurano nelle Lotti Morte. Le persone affidano loro le proprie “memorie”. Il loro
compito è “consegnare”. Consegnare “missive”. Loro sono i “Commercianti”.
Kyar, una giovane Commerciante che vive da sola da due anni, mezza umana e mezza naiade.
Nahash, un giovane dal passato sconosciuto che la salva e per strade traverse va a vivere con lei.
Kyar, piena di domande. Nahash, chi sei? Da dove vieni? Che vuoi da me?
Cronache con un nuovo nome
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Con indosso la camicia da notte, indugiai sulla soglia. Quella era la camera da letto di mio padre. Con la gola che mi si stringeva dal dolore, lottai contro le lacrime che, se non avessi avuto abbastanza forza di volontà, mi sarebbero sgorgate dagli occhi, come un fiume in piena.

Allora, appena sedicenne, ero stata tanto arrogante de credere di essere cresciuta e in grado di fronteggiare qualunque difficoltà la vita mi avesse posto davanti. Mi ero creduta invincibile. Come mi ero illusa bene.

E in meno di un attimo la vita mi era crollata tutt’intorno. La morte di mio padre e di Brokl mi aveva rubato tutto quello che possedevo. Più di tutto, il loro amore incondizionato e il loro sostegno emotivo.

Malgrado la mia fierezza giovanile, non ero preparata a ritrovarmi alla deriva senza nessuna famiglia. Di nuovo.

E anche se erano passati due anni ero ancora in lutto per loro. Profondamente.

‘È meglio aver amato e perduto’, risi amaramente. Che bella menzogna. Avere delle persone che ti amano e si prendono cura di te, poi perderle. Non c’era nulla di peggio.

Incapace di affrontare la loro morte, avevo sigillato questa stanza il giorno stesso in cui divenni Commerciante, e avevo lasciato tutto come si trovava.

Aprendo il cassetto dove mio padre teneva i pigiami, deglutii. Nessuno li aveva toccati da quel giorno in cui li avevo ripiegati e riposti lì dentro.

Perfino ora riuscii a ricordare la risata di Rubhio.

Ancora peggio, mi ricordai del suo amore paterno.

– Oh, padre… – sussurrai, desiderando che la mia famiglia fosse ancora con me.

Desiderando che…

Non lo sapevo. Volevo soltanto qualcosa nella vita che mi facesse guardare con fiducia nel futuro.

Mordendomi il labbro, appallottolai i pantaloni del pigiama e scappai dalla stanza.

– Ecco – dissi, gettandoli a Nahash prima di allontanarmi e rifugiarmi nel giardino sul retro.

Non volevo che mi vedesse in lacrime. Non avrei mostrato la mia vulnerabilità ad un uomo.

Ω

Nahash cambiò i pantaloni che aveva indosso con gli altri, poi seguì Kyar. Lei si era affrettata verso la porta successiva e l’aveva sbattuta alle proprie spalle.

Scese la scale che trovò appena fuori dalla porta e arrivò in un giardino, dove la trovò seduta sul bordo si una fontana, con le gambe raccolte contro il petto.

– Kyar – disse lui avvicinandosi.

Quando la udì piangere s’immobilizzò. Teneva la bocca premuta contro le ginocchia sforzandosi di smorzare i singhiozzi che la squassavano.

Malgrado il suo severo addestramento e secoli si autocontrollo, un’ondata di pietà lo avvolse. La ragazza piangeva come se le si fosse spezzato il cuore.

Questo lo metteva a disagio, e lo rendeva incerto sul da farsi. Serrando i denti, scacciò quelle strane sensazioni. Una cosa che aveva imparato presto nella sua vita era che non veniva nulla di buono dal conoscere a fondo le persone. Dal prendersi cura di loro. Ogni volta che aveva commesso quell’errore, l’aveva pagato caro.

Fu allora che la parole di quella mattina lo colpirono dritto nel petto. Lei lo aveva inquadrato alla perfezione. Non era più che di un essere spregevole che faceva i suoi comodi e se ne andava.

Nahash strinse il pungo finché la nocche non gli si sbiancarono. Non era un animale. Aveva anche dei sentimenti.

Un tempo, almeno.

Prima di poter riflettere sulle proprie azioni, le si sedette a fianco e la trasse a sé cingendola. Kyar gli avvolse le braccia attorno alla vita e si aggrappò a lui come se fosse un’ancora di salvataggio, poi seppellì la faccia contro il suo petto nudo e pianse. Il suo intero corpo era scosso contro quello di Nahash.

Qualcosa di strano si schiuse dentro di lui. Un profondo desiderio per qualcosa a cui non riusciva a dare un nome.

In tutta la sua vita non aveva mai consolato una donna in lacrime. Aveva fatto l’amore più volte di quanto potesse contare, ma non aveva mai tenuto una donna in questo modo. Nemmeno dopo aver fatto sesso.

Anche prima della maledizione non aveva mai mostrato tenerezza. Neanche a sua moglie.

Era sempre stato addestrato fin da quando si ricordava a essere fiero, freddo. Severo.

Suo padre. Un leggendario condottiere che non tollerava alcuna debolezza. Nessuna emozione. Quell’uomo gli aveva dispensato frustate nel corso della sua fanciullezza, insegnandogli a nascondere il dolore. A fare in modo che nessuno lo vedesse soffrire.

Tuttora poteva sentire il morso della frusta di cuoio intrecciato contro la sua schiena nuda, udire il suono che emetteva quando fendeva l’aria, diretta contro la sua pelle. Poteva vedere la derisoria smorfia sul volto di suo padre.

– Mi dispiace – mormorò Kyar contro la sua spalla, riportando i pensieri al presente.

Inclinò la testa verso l’alto per guardarlo. Gli occhi della ragazza erano intensi e luccicanti, e minacciavano di far breccia in un cuore indurito nel corso dei secoli per necessità e volontà.

A disagio, Nahash si scostò da lei. – Ti senti meglio?

Ω

Mi asciugai le lacrime e mi schiarii la gola. Non sapeva cosa avesse spinto Nahash a seguirmi, ma era da tanto che un umano non mi consolava quando piangevo. – Sì – sussurrai. – Grazie.

Lui non disse nulla. Invece dell’uomo tenero che mi aveva tenuta tra le braccia solo un istante prima, c’era di nuovo Mister Statua, il suo intero corpo rigido e freddo.

Traendo un respiro rotto, lo scavalcai. – Non mi sarebbe successo se non fossi stata così stanca. Ho davvero bisogno di andare a dormire.

Sapevo che mi avrebbe seguita, perciò mi diressi di nuovo in camera mia e salii sul letto, dove mi rannicchiai sotto la coperta.

Come previsto, percepii il materasso affossarsi sotto il suo peso un attimo più tardi.

Il mio cuore accelerò i battiti all’improvviso calore del corpo di Nahash accanto a me. Peggio ancora, lui si raggomitolò all’istante contro la mia schiena e mi avvolse un lungo braccio muscoloso intorno alla vita.

– Nahash! – esclamai con una nota ammonitrice nella voce, sentendo la sua erezione premermi contro l’anca. – Penso che sarebbe meglio se tu rimanessi dal tuo lato del letto , e io dal mio.

Lui non m’ascoltò e appoggiò la testa contro la mia, mordicchiandomi lungo l’attaccatura dei capelli. – Pensavo di sollevarti dando sollievo ai tuoi lombi – mi sussurrò all’orecchio, sfiorandomelo con le labbra. Mi ci volle una notevole forza di volontà per non gemere.

Col corpo che avvampava per la vicinanza di lui e l’aroma di sandalo che mi riempiva la testa, arrossii fino alla punta dei capelli. – I miei lombi sono a posto e stanno bene così come stanno.

– Ti garantisco che potrei farli stare molto, molto meglio.

Oh, non avevo dubbi in proposito. – Se non ti comporti bene, ti farò uscire dalla stanza –. Alzai lo sguardo verso di lui e colsi l’incredulità nei suoi occhi.

– Non capisco perché mai dovresti mandarmi via.

– Perché non ho intenzione di avere rapporti sessuali con un uomo che conosco da appena una giornata. Okay?

I suoi occhi di ghiaccio parvero turbati, e infine si ritrasse da me e mi si sistemò accanto.

Feci un profondo respiro mentre cercavo di calmare il mio cuore palpitante e domare il fuoco nel sangue. Dea, era un uomo difficile a cui dire di no.

Pensi davvero di essere in grado di dormire con questo ragazzo steso accanto a te?, mi chiesi. Cos’è, hai una pietra al posto del cervello?

Chiudendo gli occhi recitai la mia noiosa litania. Dovevo andare a dormire. Non c’erano ‘se’ o ‘ma’ al riguardo. E nemmeno affascinati Nahash.

Ω

Lui ammonticchiò i cuscini dietro la schiena e scrutò Kyar. Questa sarebbe stata la prima volta, nella sua vita eccezionalmente lunga, che avrebbe passato la notte con una donna senza fare l’amore con lei.

Era inconcepibile. Nessuna donna l’aveva mai respinto prima.

Lei si girò e lo guardò con gli occhi stanchi. – Io ho il sonno piuttosto pesante, come hai potuto constatare, perciò non preoccuparti di svegliarmi. Buonanotte, Nahash.

– Buonanotte, Kyar – mormorò lui, osservando il modo in cui i suoi soffici capelli si allargavano a ventaglio sul cuscino mentre lei lo stringeva per dormire.

La osservò per un lungo istante con la luce della candela che le tremolava sul viso rilassato.

Riuscì a capire che si era addormentata dalla regolarità del suo respiro. Fu allora che finalmente osò toccarla. Osò tracciare il gentile contorno della sua tenera guancia col polpastrello dell’indice.

Il suo corpo reagì con una violenza tale che si morse il labbro per impedirsi di imprecare. Il fuoco fluì attraversò il suo sangue.

Aveva conosciuto brame lancinanti in tutta la sua vita. Ma mai, mai prima d’ora, aveva provato qualcosa del genere.

Era una concupiscenza così forte, così grezza, che minacciava la sua stessa sanità mentale.

Si ritrasse ancor più da lei; a una distanza tale da non poter percepire il suo dolce odore femminile di latte e albicocca, da non sentire il calore del suo corpo sotto le coperte.

Avrebbe potuto darle piacere per giorni a venire senza posa, ma per lui non risarebbe mai stata pace.

– Che tu sia maledetto, Valeth – ringhiò, pronunciando il nome di colui che l’aveva condannato a questo fato. – Spero che ti stiano dando quello che ti meriti.

La sua rabbia si palco, sospirò e si rese contro che era quello che stavano di certo dando a lui.

Ω

Mi svegliai con una stana sensazione di calore e sicurezza.

All’improvviso sentii un tenero bacio contro le palpebre, come se qualcuno mi stesse sfiorando la ciglia con le labbra. Mani caldi e forti mi accarezzavano i capelli.

La mia mente si schiarì all’istante. Nahash!

Schizzai su velocemente, col risultato di dargli una testata sulle gengive. Lo sentii sibilare dal dolore. Sfregandomi la fronte, aprii gli occhi e lo vidi rivolgermi una feroce occhiataccia.

– Scusami tanto –. Mi misi a sedere. – Mi hai spaventata.

Lui aprì la bocca e tastò col polpastrello del pollice i denti davanti per controllare che non ballassero.

Non riuscii a non notare il guizzo della sua lingua mentre la usava per saggiarli. Fui turbata dalla vista di quei denti dritti e incredibilmente bianchi da cui mi sarebbe piaciuto essere mordicchiata…

– Cosa vuoi per colazione? – gli chiesi distraendomi da quei pensieri.

I suoi occhi si spostarono verso la profonda scollatura della camicia da notte. Seguendo la linea del suo sguardo, mi resi conto che dal modo in cui ero seduta lui poteva vedere tutto.

Comprese quelle imbarazzanti mutandine rosa.

In un batter di ciglia, lui mi trasse a sé e rivendico le mie labbra. Gemetti di piacere nella sua bocca mentre la lingua di Nahash faceva giochi perversi con la mia. La testa mi girò per quel bacio intenso, al caldo respiro di lui che si mischiava al mio. E pensare che non mi erano mai piaciuti i baci.

Mmh… dovevo essere pazza!

Le braccia di lui si strinsero intorno a me. Migliaia di fuochi si sprigionarono per il mio corpo, bruciandomi, spronandomi mentre si raggruppavano e si fondevano nella zona fra le mie gambe dove lo desideravo ardentemente.

Le sue labbra lasciarono le mie, e fece scorrere la lingua sulla pelle, descrivendo un percorso incandescente verso la mia gola, da cui si mosse in cerchi sulla clavicola, sul lobo dell’orecchio, sul collo.

Quell’uomo sembrava conoscere tutte le parti erogene sul corpo di una donna!

E, meglio ancora, sapeva usare la lingua e le mani per massaggiarle tutte per il massimo piacere.

Nahash mi soffiò gentilmente nell’orecchio, mandando ondate di brividi lungo il mio corpo, e quando mi sfiorò l’interno dell’orecchio con la lingua rabbrividii tutta.

I miei seni formicolarono, di gonfiarono e si rassodarono in dure protuberanze che imploravano il suo bacio.

– Nahash – gemetti, incapace di riconoscere la mia voce. La mente voleva che gli dicessi di fermarsi, ma le parole mi restavano bloccate in gola.

C’era così tanto potere nel suo tocco. Una tale magia. Mi faceva soffrire ancora di più.

Mi fece rigirare, premendomi la schiena contro il materasso. Perfino attraverso il pigiama potevo sentire la sua erezione dura e calda contro l’anca, mentre le sue mani mi afferravano le natiche e mi soffiava spasmodicamente nell’orecchio.

– Devi smettere – gli dissi infine, la voce che suonava debole.

– Smettere cosa? – domandò. – Questo? –. La sua lingua mulinò più volte attorno al mio orecchio.

Fui percossa da brividi in tutto il corpo come braci ardenti, ogni centimetro in fiamme. I miei seni si gonfiarono e si fecero ancora più duri contro il suo torace.

– O questo? –. Mosse una mano sotto le mie mutandine per toccarmi dove lo desideravo di più.

Arcuai la schiena contro di lui in risposta alla sua mano tra le gambe.

Oddea! Era incredibile!

Fece passare un dito attorno alla tenere carne pulsante, facendomi avvampare fino in fondo. Mentre le sue dita descrivevano cerchi, titillavano e carezzavano, lui mi massaggiava gentilmente l’esterno col pollice.

Gemetti, gettando la testa all’indietro dall’intensità del piacere. Mi aggrappai a lui mentre le sue dita e la sua lingua continuavano il loro incessante assalto di estasi. Perso il mio autocontrollo, mi strofinai in maniera spudorata contro di lui, cercando ancora di più il suo calore, il suo tocco.

Ω

Nahash chiuse gli occhi, assaporando il profumo del corpo di Kyar sotto il suo, la sensazione di quelle braccia avvolte intorno a lui.

Era passato davvero troppo tempo dall’ultima volta che aveva posseduto una donna. Ad ogni tocco di lingua era un gemito, un tremito di nervi.

Era sua. Poteva percepirla fremere e pulsare intorno alla mano mentre il corpo si dibatteva sotto le sue carezze. E i seni premuto contro il suo petto. Oh, che sensazione meravigliosa.

Entro pochi istanti avrebbe raggiunto l’orgasmo.

Con quel pensiero preponderante in testa, le sfilò la camicetta. Abbassò lo sguardo per poterla vedere in tutta la sua bellezza. I seni sodi e perfetti. Le cui punte erano turgide, rosa e invitanti. Avvicinò il volto e ne prese una in bocca. Si deliziò nella sensazione della pelle arricciata che gli stuzzicava la lingua.

Non riusciva a ricordarsi di una donna con un sapore altrettanto buono. Quel gusto s’impresse nella sua mente, e seppe che non se lo sarebbe mai dimenticato.

E lei era pronta per lui. Era calda, umida e soda, proprio il corpo di donna che preferiva.

Strappò via dalle sue anche il sottile pezzo di tessuto che gli impediva l’accesso alla parte di lei che non vedeva l’ora di esplorare appieno.

E molto più a lungo.

Ω

Udii lo strappo della stoffa, ma non potei fermarlo. La volontà non mi apparteneva più. Ero stata inghiottita da sensazioni talmente intense che volevo solo sollievo.

Dovevo avere sollievo!

Avevo lo stomaco contratto per quella nuova sensazione.

La carezza della lingua di un uomo sui seni.

Nahash scalciò via i suoi pantaloni e mi allargò le cosce con le ginocchia. Col corpo che avvampava di puro fuoco, trattenni il fiato mentre sistemava il suo corpo lungo e tonico tra le mie gambe.

La punta della sua virilità premette la mia parte più intima. Inarcai la anche contro di lui e mi aggrappai alle sue ampie spalle, desiderandolo dentro di me con una disperazione tale da andare oltre ogni comprensione.

All’improvviso squillò la com-key.

A quel suono sobbalzai, la mente che riacquistava all’istante l’autocontrollo.

– Che cos’è? – brontolò Nahash.

Grata per l’interruzione, mi ritrassi dal suo corpo, gli arti che tremavano, ogni mio centimetro di carne in fiamme. – È una comunication key – dissi, prima di chinarmi verso il comodino e afferrare un apparecchio meccanico grande come una carta da gioco. Mi tremava la mano mentre portavo la com-key all’orecchio.

Imprecando, Nahash rotolò su un fianco.

– Oh, Nadja! Grazie al cielo sei tu! –. Com’ero grata che la mia amica sapesse sempre quando era il momento giusto per chiamarmi.

– Che succede? – mi chiese.

– Smettila – esclamai rivolta a Nahash, mentre cominciava a leccarmi sempre più giù fino ai miei glutei nudi. Lo spinsi indietro e misi più distanza tra di noi.

– Ma non ho fatto niente – ribatté Nadja.

– Non tu.

Dall’altra parte cadde un silenzio profondo. Tipo catacomba.

– Ho bisogno di un favore. Dovresti portarmi gli abiti rimasti del tuo ultimo ragazzo e alcune piantine di Velgola.

– Con lui?! –. L’urlo acuto quasi mi perforò il timpano. – Con quel gran fusto di ieri al Rifugio?! Alleluia! Non posso crederci! Vengo subito!

Ω

Kyar mise giù la com-key mentre la lingua di Nahash descriveva un percorso dalle natiche di lei fino alla sua…

– E smettila! – esclamò spingendolo via.

Le scoccò uno sguardo accigliato. – Non ti piace quando faccio questo?

– Non ho detto questo…

Lui le si avvicinò di nuovo e…

La ragazza schizzò fuori dal letto, tirandosi dietro un lenzuolo per coprirsi. – Devo andare a lavoro.

Nahash si puntellò su un braccio e la osservò mentre raccoglieva i pantaloni che si era tolto e glieli gettava. Li afferrò con una mano mentre il suo sguardo vagava su quel corpo, con molta calma. – Perché non ti dai malata?

– E cosa dovrei fare tutto il giorno?

– Pagare il tuo debito, ad esempio.come un’aggraziata pantera che abbandona la posizione accovacciata, spinse via le coperte e si allontanò lentamente dal letto. I pantaloni dimenticati. Il suo membro ancora pienamente eretto. Lei non si mosse ipnotizzata. Le afferrò dolcemente i polsi e la costrinse a mollare il lenzuolo.

– Non abbiamo finito – disse lui con voce bassa e profonda.

– Oh, e invece sì amico! –. Si liberò dalla sua presa e andò a chiudersi a chiave nel bagno, al sicuro.

Serrando i denti, Nahash fu colto dall’istinto improvviso di prendere a testate il muro per la frustrazione. Ma perché mai con lui si comportava in modo così testardo?

Abbassò lo sguardo verso la parte di lui che era ancora ritta come un fuso e imprecò. – E perché tu non ti comporti bene per cinque minuti?

Ω

Nahash scese di sotto e osservò meravigliato la luce solare che entrava dalle finestre. Si ricordò di un tempo in cui non avrebbe mai fatto caso a qualcosa di tanto semplice come una mattina assolata.

Ora, ognuna di esse era un vero dono. Un dono che avrebbe assaporato per tutto il tempo che gli era concesso, finché non fosse stato costretto di nuovo a vivere nelle tenebre.

Col cuore pesante, si diresse in cucina e verso il grosso armadio dove Kyar conservava il cibo. Quando aprì la porta si meravigliò per il freddo all’interno.

Chinandosi, rovistò fino a trovare un melone maturo. Dopo averlo portato sull’isola al centro della cucina, prese un coltello e lo fece a metà. Poi ne tagliò una fetta e se la mise in bocca.

Emise un basso gorgoglio mentre quella piacevole umidità gli sfiorava le papille gustative.

Prima di riuscire a fermarsi, mise da parte il coltello e afferrò il melone cominciando a infilarsene dei pezzi in bocca quanto più in fretta poteva.

Fu solo quando si ritrovò ad artigliare la buccia che si rese conto delle sue azioni.

Nahash s’immobilizzò fissando la mano coperta dal succo del melone, le sue dita accartocciate come gli artigli di una bestia.

Non c’era da stupirsi che si comportasse come un animale: era stato trattato come tale per così tanto tempo che si ricordava a malapena di essere umano.

Disgustato si guardò attorno, lieto che Kyar non avesse assistito alla sua perdita di autocontrollo.

Respirando in modo irregolare, lanciò la buccia del melone nel ricettacolo per l’immondizia, poi si spostò verso il lavandino per sciacquar via quella sostanza dolce e appiccicosa dalle mani.

In quel momento la parte maliziosa del suo cervello lo implorò di prendere Kyar, immergerla nel dolce succo del frutto e poi leccarglielo via.

Appoggiò la fronte nella mano e gli ritornò alla mente come aveva trattato quel bellimbusto all’arena. Come mai non gli aveva piantato un pugnale nel braccio per tutte le volte che aveva cercato di prenderla, era un mistero.

Udì bussare alla porta e poi dei passi rapidi per le scale. Chiudendo il rubinetto, Nahash prese la stoffa asciutta vicino al lavandino e si asciugò mani e faccia.

Mentre tornava al melone, riconobbe la voce di Nadja. – Lui dov’è?

Scosse il capo sentendo quel tono entusiasta. Era quello che si sarebbe aspettato da Kyar.

Le due donne entrarono in cucina e Nadja gli afferrò un braccio. – Amico mio, sei riuscito nell’impresa di deflorare la più frigida che io abbia mai conosciuto.

Kyar appoggiò una busta e un paio di vasetti sull’isola. – Stai prendendo un granchio colossale. L’unica cosa che ha fatto e stato aiutarmi a trovare un pretesto per buttare quelle orribili mutandine rosa.

– Che delusione…

Irritato, tolse il braccio dalla presa di Nadja. – Guarda che in questo momento, lei non sarebbe più vergine se qualcuno non avesse chiamato.

Lei sussurrò a Kyar: – Mi sembra un po’ alterato…

– Be’, vedi di calmarlo –. Prese un pezzo di melone che lui aveva appena tagliato e se lo mise in bocca. – Perché te lo porterai con te oggi.

– Cosa? – chiesero all’unisono Nahash e Nadja.

Inghiottì il boccone. – Be’, non posso certo portarlo con me da Leno, no?

L’amica le rivolse un sorriso malizioso. – Scommetto che può tornarti utile come arma gelosia.

– Non sarebbe molto produttivo.

– Non puoi disdire?

Nahash convenne. Non nutriva alcun desiderio di andare in un qualche posto pubblico.

– Sai che non posso – rispose Kyar. – Inoltre, non penso che Nahash voglia starsene a casa da solo tutto il giorno. Sono certa che gli piacerebbe uscire e vedere la città.

– Preferirei stare qui con te – disse lui.

Perché quello che lui voleva fare davvero era vederla dimenarsi di nuovo sotto di lui, sentire il suo corpo levigato scivolare lungo l’estensione del suo membro e farla urlare di estasi.

Kyar incontrò il suo sguardo e lui vide il desiderio guizzare nelle profondità dei suoi seducenti occhi. In quel momento seppe che era la sua preda. Stava uscendo per evitare di stargli intorno.

Be’, presto o tardi sarebbe tornata.

E allora sarebbe stata sua.

E una volta che gli si fosse arresa, le avrebbe mostrato di che tipo di resistenza e passione era capace un soldato tanuhr addestrato al Nord.

X _Jade_: Eh, cara giada… tutte vogliono sapere la natura delle ali nere (me compresa)… stavo skerzando. Grazie, in effetti mi dicono spesso che sono brava a scrivere (oltre che a disegnare)

X Dust_and_Diesel: visto?! I freni stavano per saltare! Tutta colpa di Nadja! Ma da qui la cosa si fa più interessante (si sfrega le mani con un ghigno satanico)

X Giulia 91: l’angioletto non l’ha fatto… lo trovo più carino diavoletto (al pensiero di lui in pantaloni di pelle, petto nudo, con coda e corna… sbava senza ritegno). Ehm (afferra un fazzoletto e pulisce il Mar di Bava). È ufficiale: tu odi Nadja.

P.S.

La Velgola è una pianta che ho inventato io, con l’elisir con foglie essiccate si curano diverse ferite e malattie, le donne ne mangiano le foglie fresche non restano incinte. Il panace invece esiste davvero.

P.P.S.

Ehm... la descrizione è un po’ troppo esagerata? No, perché non sono riuscita a leggere le condizioni del rosso, quindi non so quali sono i limiti.

P.P.P.S.

I tanuhr sono la popolazione rivale dei mathurh (Naiadi). Si dice che si siano estinti, i tanuhr. Mentre gli umani sono chiamati, in lingua mathurh, teeran.

P.P.P.P.S.

Ah, una dimenticanza: i mathurh non hanno la pelle verde, ma bronzea, o giù di lì. Mi sembravano troppo simili alle ninfe.

P.P.P.P.P.S.

Appello: chi vuole un disegno di Nahash? Ditemelo nelle recensioni e vedo se riesco a inserirlo nel prox cap. Ora ho finito.

  
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: kikka_akachan