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Autore: micht82    18/04/2010    1 recensioni
un ragazzo umiliato dalla vita decide di suicidarsi ma un incontro fortuito minerà le sue intenzioni
Genere: Romantico, Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lascio questa lettera per spiegare questo mio gesto estremo. In modo da far capire a tutti i motivi che mi hanno spinto a suicidarmi.

La mia vita non è stata mai semplice ho dovuto lottare contro l’indifferenza e l’odio di certe persone a cui non avevo fatto niente di male. Per loro, molestarmi e ingiuriarmi, era un piacevole passatempo, era un modo come un altro per ingannare la noia. Non è solo a causa loro, che voglio porre fine alla mia esistenza, ci sono anche le ragazze come Giada che prima si dimostrano dolci e comprensive e poi quando non gli servi più ti buttano via come se fossi spazzatura.  Il vero motivo è che sono stanco di essere solo, senza avere nessuno che mi conforti quando sono triste per poi ripagarlo donandogli il mio amore e la mia vita. Spesso sono preso da attacchi di malinconia e tristezza che mi buttano a terra e mi lasciano nello sconforto più totale. Mi sento come un naufrago sballottato dalle onde in mezzo all’oceano durante una tempesta senza nessuno che mi aiuti a rimanere a galla.

La mia morte sarà solo una delle tante non degne di essere menzionate o se invece qualcuno ne parlerà, vi dirà che è morto un ragazzo insignificante.

Nessuno dei miei parenti sentirà la mia mancanza. I miei genitori sono morti quando avevo tre anni e gli zii materni, a cui sono stato affidato mi trattano come un peso morto che sono costretti a trascinarsi dietro.

Chiunque ritroverà questa lettera sappia che il mio non è stato un gesto deciso senza rifletterci almeno un milione di volte, ma questa è l’unica soluzione per non soffrire più.

 

Ero giovane quando scrissi questa lettera, ma non riesco a pentirmi del mio tentativo di suicidio, leggendo capirete il perché.

Quel giorno avevo ricevuto il colpo finale. I soliti bulli mi avevano trovato, mentre scrivevo sul mio fidato quaderno nell’attesa che suonasse la campanella, dopo avermi preso, avevano cominciato a denudarmi costringendomi a fare il giro della scuola con i calzoni e le mutande abbassate fino alle caviglie, a niente era servito ribellarmi e implorare, arrivare perfino a piangere, anzi godevano della mia sofferenza, fino a quando il loro “gioco  perverso” non fu interrotto dall’arrivo di un professore. Avevano fatto in tempo a scappare ma io non fui altrettanto veloce a rivestirmi. Quel professore mi sgridò severamente per essermi calato i pantaloni in un posto pubblico, a niente valsero i miei tentativi di difendermi dalle accuse che mi lanciava. Decise di portarmi dal preside, così ci avrebbe pensato lui a farmi smettere di fare l’esibizionista. In quel momento compresi di aver toccato il fondo. Ero punito dall’unico mio appiglio con la vita, che era la voglia di apprendere dai professori, nonostante avessi tenuto sempre un comportamento integerrimo. Così decisi di scappare dalla scuola di corsa, con il professore che mi ordinava di tornare indietro immediatamente.

Non sentivo più niente era come se mi trovassi in una bolla, che impediva ai suoni che mi circondavano di arrivarmi alle orecchie. Era giunto il momento di farla finita perché solo in quel modo avrei potuto smettere di subire le amarezze che il destino avverso m’infliggeva.

Avevo deciso di morire in modo che per una volta potessi sentirmi libero e leggero.

Volevo farlo subito, sull’onda  delle emozioni che provavo in quel momento, ma non volevo che qualcuno intervenisse, quindi dovevo aspettare la notte in modo che nessun passante si potesse trasformare “nel buon samaritano”.

L’attesa si annunciava lunga, poiché il posto era sempre gremito di gente, ma non m’importava. Pensavo che l’attesa mi avrebbe calmato e mi sarebbe passata la voglia di porre fine all’inferno che chiamavo vita. Ma continuavo a vedere nella mia testa le immagini di quella mattina, la vergogna che avevo provato e il senso di umiliazione e d’inferiorità che il professore mi aveva inflitto. Gli occhi tornarono a riempirsi di lacrime ma feci di tutto per ricacciarle indietro, non potevo piangere per lui.

Volevo andarmene sereno e con il sorriso sulle labbra, perché per una volta, nella mia vita miserabile, volevo essere felice.

Ormai era buio inoltrato, le strade erano deserte e il ponte da cui avevo deciso di gettarmi mi attirava come una falena è attratta dalla fiamma.

Deposi lo zaino.

Presi un bel respiro.

Svuotai la mente.

E incominciai a scavalcare la balaustra, aldilà di essa vidi il fiume nero sotto di me, sorrisi con le mani pronte a lasciarmi cadere nel vuoto, ma all’improvviso due braccia esili mi avvolsero in vita. Andai nel panico, ma riuscii ad afferrarmi saldamente al ponte, evitando di portarmi dietro anche il misterioso salvatore, se c’era una persona che doveva morire quella, ero io e nessun altro.

“Non lo fare…………. Ti prego!” mi disse una voce sottile e rotta dall’emozione all’orecchio.

“Va bene……” gli dissi conscio che il mio volo era solo rimandato.

Riuscii a ritornare dentro il ponte, nonostante l’abbraccio mi rendeva difficoltoso il rientro. Appena si allontanò, mi girai per vedere chi aveva ritardato l’inevitabile e rimasi rapito da due occhi grigi velati da lacrime, che mi guardavano con una tristezza infinita.

Non riuscivo a emettere alcun suono. Avevo di fronte  a me la creatura più bella che avessi mai visto. Rimanemmo a fissarci per un tempo indefinito, finché lei non ruppe il silenzio.

“Ne vuoi parlare con me, davanti a una cioccolata calda?” mi disse con quella sua voce delicata.

Assentii con la testa all’istante, non avevo il coraggio di parlare, perché pensavo di sognare, quindi temevo che se avessi anche solo bisbigliato, lei sarebbe sparita come quando ci si sveglia dopo un sogno meraviglioso. Pensavo che solo in un sogno uno sfigato come me avrebbe potuto parlare con un angelo come lei.

Mi tese la mano lanciandomi un tacito invito ad afferrarla, gliela presi delicatamente con una certa titubanza. Mi accorsi subito che era morbida e liscia, il contatto con la sua pelle era un balsamo per le ferite della mia anima.

Camminammo per dieci minuti distanti l’uno dall’altra nonostante fossimo mano nella mano, quel contatto aveva il potere di annullare la mia volontà, in quel brevissimo tempo avevo provato più emozioni positive che nell’arco della mia vita fin lì vissuta. Arrivammo in un bar deserto, dove ci sedemmo uno di fronte all’altra e finalmente potei notare meglio i suoi capelli lunghi e castani e il suo bellissimo viso a forma di cuore.

Ero così perso ad ammirarla che non mi ero accorto dell’arrivo del barista che mi chiedeva cosa volessi da bere, farfugliai qualcosa d’insensato e lui se ne andò un po’ stranito borbottando sottovoce, mentre lei rideva di cuore.

“Perché volevi farlo?” mi chiese ritornando seria e con il viso preoccupato.

“Mi chiedi perché? ………. La mia è una vita che non vale la pena di essere vissuta” le dissi sorridendo amaro.

“Ogni persona al diritto e il dovere di vivere………. e tu non fai eccezione” mi disse lei con ardore.

“Belle parole………… ma tu non sai niente della mia vita” gli dissi stizzito.

“Allora perché non mi parli di te e non mi fai capire quant’è insulsa la tua vita” disse lei che cominciava ad arrabbiarsi.

“Io…….. non ho legami con nessuno, perché la gente tende ad evitarmi, si ricorda di me solo se hanno bisogno, vengo umiliato ogni giorno, per i miei parenti sono solo una palla al piede………… solo la passione per la scrittura mi ha tenuto in vita, mi fa sentire bene, mi permette di essere me stesso, altrimenti……” mi fermai, non avevo la forza di proseguire, la mia era proprio una vita di merda.

“Pensi di essere l’unico al mondo a essere trattato male?...... prendi ad esempio me, sono costretta a subire l’invidia della gente perché mi trova troppo bella e mette in giro menzogne per screditarmi, dice che sono una sgualdrina una poco di buono e che non ho cervello. Secondo te che dovrei fare?” mi chiese guardandomi dritto negli occhi.

“Cerco di andare avanti e penso che prima o poi me ne andrò da questo posto popolato da gente ignorante e piena di astio, così potrò finalmente iniziare una nuova vita……..” disse con fervore e determinazione.

“Io sono invidioso della tua forza di volontà….. ne avessi anche solo la metà penso che potrei camminare sui carboni ardenti, il mio problema forse e che mi perdo nei meandri della mia testa per sfuggire alla realtà e quando essa mi viene a reclamare mi trova totalmente impreparato ad affrontarla, purtroppo solo nei miei racconti riesco a fronteggiare le avversità della vita” dissi ammettendo davanti a lei le mie debolezze.

“Mi fai leggere qualcosa di tuo?” mi chiese speranzosa.

Ero tentato di dirle di no, ma pensai che in fondo per me era già finita, allora cosa importava se lei mi diceva che scrivevo idiozie.

Presi il quaderno dallo zaino e glielo porsi e lei lo prese avidamente neanche fosse qualcosa dal valore inestimabile. Mentre lei leggeva concentrata, mi alzai per andare al bagno, avevo bisogno di stare un attimo solo e di rinfrescarmi la faccia, al mio ritorno vidi che era ancora immersa in una mia storia. Dalle espressioni sul viso intuivo che quello che stava leggendo le procurava una serie di emozioni secondo il tono del capitolo.

Quello che non mi aspettavo era che si emozionasse al tal punto da piangere lacrime di felicità, non ero preparato a una reazione del genere.

“Tu devi vivere per regalare anche agli altri emozioni così belle……………. Hai altri racconti?” mi chiese mentre si asciugava le lacrime.

“Si…………… ma non sono un granché” dissi senza falsa modestia, non potevo credere che un mio racconto riuscisse a suscitare tali emozioni.

“Se hanno anche solo la metà dell’intensità che aveva questo, saranno comunque bellissimi, quindi devi farmeli leggere altrimenti, verrò a cercarti……… e una promessa” mi disse cercando di risultare minacciosa.

“Solo se li leggerai con me, vicino” dissi senza pensare, dove erano andati a finire i miei propositi di suicidio?

“Affare fatto………….. a proposito io mi chiamo Laura è stato un piacere conoscerti Luca” mi disse mentre scriveva il suo numero di cellulare su un tovagliolo usando la penna che tenevo sempre appesa al quaderno di turno.

Se ne andò salutandomi con la mano, sorridendomi felice. Mentre ero ancora seduto al tavolo stringendo in mano il suo numero di cellulare, mi chiedevo come avesse fatto a scoprire il mio nome, finché riprendendo il quaderno lo vidi scritto a mano. Stavo percorrendo la strada per ritornare a quella che qualcuno diceva fosse la mia casa e mi sorpresi a pensare che potevo provare a vedere se avevo qualche possibilità che Laura diventasse mia amica, forse in mezzo alla tempesta che era la mia vita avevo finalmente trovato un porto sicuro in cui rifugiarmi in attesa che finisse. Perciò decisi che fin quando c’era quell’illusione di amicizia, il suicidio poteva aspettare.

Quello che non avevo previsto è che mi sarei innamorato di lei, ogni volta che c’incontravamo i miei sentimenti nei suoi confronti diventavano sempre più chiari a me stesso. Nei nostri incontri parlavamo di tutto, soprattutto di libri, era piacevole avere accanto una persona che mi capiva e con cui potevo essere me stesso. Quello cui non ero preparato, era che anche lei s’innamorasse di me, la prima volta che me lo disse non potevo crederci, ma dovetti ricredermi mentre guardavo l’intensità del suo sguardo quando mi prese il viso tra le mani per scambiarci il nostro primo bacio.

 

Adesso che sono passati dieci anni dal nostro primo incontro e il nostro amore è stato suggellato dalla nascita dei nostri due splendidi bambini non posso fare a meno di pensare che se non avessi avuto tanta voglia di morire non avrei mai incontrato la mia unica ragione per vivere.

Da quell’esperienza ho capito che andare incontro alla morte è facile, mentre affrontare la vita ogni giorno con coraggio e a viso aperto è difficile ma ti può regalare gioie ed emozioni indescrivibili.

 

   
 
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