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Autore: Winona Lighteyes    19/04/2010    2 recensioni
"Harry, so che è inatteso, ma pensiamo di trasferirci" disse la Zia, a bruciapelo. La mascella di Harry cadde, rotolò e non tornò più "Trasferirci? E la scuola" disse, incredulo. "Lo so, pensavamo di mandarti a Hogwarts per i NEWT.. in fondo Silente era un amico di famiglia, non sarà troppo male" Cercò di blandirlo la Zia, invogliandolo con un pezzetto di toast. Harry Potter, il bambino.. che non è sopravvissuto a nulla di fuori dal normale, si trova in breve tirato via di peso dalla sua vita. La zia Petunia e lo zio vernon, maghi di nota fama, devono trasferirsi per lavoro, e lui si trova costretto a frequentare in un'altra scuola.. accidenti! Era solo l'ultimo anno!!!
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio | Coppie: Harry/Ginny
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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And Suddenly nothing happened 2aAggiungo qui il secondo capitolo riscritto. Sul serio chi lo legge mi faccia un fischio, le vostre opinioni sono importanti per me =)

- Finito! – esclamò Zia Petunia qualche tempo dopo, non appena l’unico baule fu chiuso con un sonoro click.

Quel suono riecheggiò sulle pareti vuote della stanza da letto dei padroni di casa: le quattro mura che avevano ospitato la famiglia Dursley e Harry Potter per gli scorsi sette anni erano ora completamente vuote.

I vari dipinti di buffe creature che fino a poco tempo prima avevano drappeggiato il soggiorno erano scomparsi, lasciando spazio alle loro sagome chiare sul muro verdastro.

Tutti i mobili erano stati riposti con cura in una scatola da imballaggi, che a sua volta era stata incastrata meticolosamente nella borsa da viaggio della matrona, e oscillava a tracolla della donna sfidando ogni legge di Gravità conosciuta.

La famiglia si strinse nell’ingresso per un ultimo sguardo a quella che fino a qualche tempo prima era casa.

Se possibile, disabitata sembrava ancora più spettrale, sebbene non fosse ancora stata lasciata. I ricordi di una vita si accavallarono l’uno sull’altro, e mentre la signora Dursley sospirava guardando la finestra da cui si sarebbe dovuta intravedere la cucina, il marito fissava con insistenza quella corrispondente al suo studio.

Fu però con un gesto deciso che la famiglia Dursley girò i tacchi e si diresse, baule alla mano, verso la piazza di Flattenburg, pronta ad affrontare un’intensa giornata al Centro di Regolazione dell’International Confederations of Wizards.  

***

- NON E’ ASSOLUTAMENTE CONCEPIBILE! – Ruggì Vernon Dursley all’ennesimo suono metallico d’Attesa.

Erano rimasti accampati nel formale Salotto dell’ICW da più di tre ore. Nel locale vi erano una serie infinita di poltrone e poltroncine di legno tipiche dei luoghi adibiti all’attesa, affiancati a tavolini bassi e rigidi, sopra i quali erano stati posti vasi di piante ornamentali poco impegnative e varie riviste. 

Su uno di quelli il giornale del giorno, l’Het oog van Fox, recitava a grandi caratteri i risultati del Quidditch del giorno prima, sotto i quali l’immagine delle due squadre che si stringevano la mano spiccava tra l’inchiostro infittito.

 

Era ormai mezzogiorno, e l’unica risposta che avevano ottenuto, attraverso lo Speaker posto sulla parete dell’ufficio, era stata una fredda risposta registrata e circostanziale, che pregava gentilmente di ‘Attendere’.

- C’era da aspettarselo – sospirò Petunia, seduta su uno dei sedili di quella sala dai colori neutri – Flattenburg è un paesino piuttosto piccolo; è ovvio che la precedenza per il viaggio vada a città più grandi. Non possiamo pretendere che il Ministero della Magia e Stregoneria faccia eccezioni per noi

Questo non parve placare il marito, che prese a camminare avanti e indietro lanciando occhiate di rimprovero alla superficie riflettente.

Al ritmo sfiancante dell’orologio posato alla parete della Sala, arrivarono lentamente le due del pomeriggio,.

Harry, che nelle ore di attesa si era appisolato ed era sceso dolcemente sulla nuvoletta celeste dei suoi sogni,  si ritrovò a riscuotersi dal suo stato di dormiveglia quando una gomitata si fece strada verso le sue costole. Perplesso, sbatté due volte le palpebre, realizzando che non indossava gli occhiali. Li rimise sulla punta del naso giusto in tempo per accorgersi che era stato il cugino, e che stava per ripetere il gesto.

- Dudley che cos..? – ma Dudley non lo stava guardando. Stava ridacchiando e fissando di sottecchi la porta a vetri dell’ICW, dove una ragazza bionda stava sventolando la manina e facendo segno di seguirla fuori.

Harry la fissò sbigottito per qualche secondo.

- Vai – gli disse quindi la zia dal suo posto a sedere. – Sospetto che qui ci tratterranno ancora un bel po’, e ti prego non farla venire qui dentro. Merlino sa se quello che mi manca per completare la giornata è un’altra conversazione sul Quidditch… - Scosse la testa storcendo il naso.

Per quanto zia Petunia amasse il suo mondo, lo sport non era mai stato nelle sue grazie. Non ne capiva il fascino e poi, a dirla tutta, il Quidditch tra tutti era uno sport pericoloso, decisamente poco signorile.

Harry non se lo fece ripetere due volte: in fondo non era quello il suo compleanno ideale, speso ad aspettare la Passaporta Internazionale in un salotto standard dell’ICW.

- Happy Birthday! Guess Who? – disse la ragazza, sfoderando un sorriso e una smorfia sul terribile accento con cui suonavano le parole.

- Ciao, Vee. Non pensavo di vederti, in realtà. Avevo idea che saresti rimasta a casa con la famiglia – disse Harry, sorpreso

- Infatti ho lasciato a casa Vinx – spiegò l’amica gesticolando con la mano – Non potevo certo farti partire senza darti il mio regalo di compleanno di persona. Non avrei mai mandato un Gufo Postale fino in Gran Bretagna, quindi se speravi di riceverlo tra qualche settimana… fat chance.

Aveva tra le mani un pacchetto incartato velocemente, da cui sporgeva un lembo di stoffa rossa. Harry lo prese e dopo una leggera soppesata si fece un’idea piuttosto chiara del contenuto.

Oh, no. Non ti azzardare ad aprirlo ora! – gli disse lei precipitosamente  Lo aprirai stasera, quando sarai dall’altra parte del continente –

Harry sorrise e senza fare domande mise in tasca il pacchetto.

- Allora, - fece Harry – Vinx si sta già preparando a un anno senza concorrenza?

Vee ridacchiò – No, non penso. Magari quest’anno Craig avrà una visione e diventerà imbattibile; non è possibile, non ci credo neanche io -  aggiunse allo sguardo ironico del compagno – Ma la speranza è sempre l’ultima a morire. E poi un po’ di sana competizione non farebbe male a quella serpe di mia sorella.

Harry rise del tono acido che aveva assunto la ragazza verso le ultime parole, che risultavano assolutamente ridicole se pronunciate con quell’orribile suono duro che tamburellava a ogni consonante. Nonostante Vee volesse molto bene alla gemella, era molto competitiva e non sopportava di essere semplicemente ‘brava’ in qualcosa in cui Vinx risultava ‘meravigliosa’. Ovviamente, il sentimento era ben ricambiato e molto spesso i compagni d’Accademia si erano trovati a pacificare le due ragazze.

Il fatto che gli standard Accademici fossero alti e rigidi non aiutava la questione. Harry per un attimo si chiese cosa sarebbe successo a separarne i piani di studio. Magari l’una lontana dalla rivalità dell’altra.

- … Harry mi stai ascoltando? – disse Vee perplessa.

- Oh, scusa Vee, ero sovrappensiero. – si scusò lui.

La ragazza sospirò, indulgente – dicevo, che sono rimasta sorpresa dall’annuncio dell’altro giorno. Insomma, Maria che se ne va? La nostra Maria? Qualcosa decisamente non va. A insegnare Divinazione poi!

Ma lo sai cosa ho sentito? Che in quella scuola la precedente Insegnante di Divinazione sia stata trovata morta! – scosse la testa

- La cosa fa venire i brividi. –

- Magari è proprio per questo che è stata assunta? – rifletté Harry. -  In fondo Maria è piuttosto difficile da .. uhm.. abbattere

Vee rise del doppio senso implicito – In effetti…-

La conversazione da lì sfociò nel più e nel meno. Intanto nella piazza assolata la Fontana zampillava serena, i bambini di pietra che giocavano osservati da genitori orgogliosi sullo sfondo* , mentre lentamente il primo pomeriggio sfociava nella sera.

***

Alle cinque del pomeriggio la famiglia Dursley era ancora seduta là, in quel salottino dai toni neutri, a fissare quell’ormai terribilmente famigliare specchio che insisteva nel suo mutismo.

Fu con sollievo che videro finalmente un mago dall’aspetto consumato, piccolo e rotondeggiante, trotterellare dall’altra parte del vetro e procedere verso di loro.

Aveva una tunica blu vivace contornata di quelli che sembravano orribili tulipani rossi, il cui riverbero faceva quasi male agli occhi. L’uomo si asciugò il viso pallido con un fazzoletto giallo, prese un registro e senza proferire parola si apprestò a registrare le generalità dei viaggiatori.

Senza porgere alcuna scusa, cercare di accampare un discorso o qualsiasi altra cosa, l’ometto li accompagnò di fretta nella saletta interna e con i soliti modi poco cortesi cominciò a scribacchiare.

La sola presenza di una persona tanto maleducata fece stringere le labbra a zia Petunia in una linea molto, molto sottile, mentre zio Vernon lo fissava con nuove sfumature di disgusto che fino ad allora avevano graziato soltanto lo specchio della hall.

Qualche minuto dopo, per fortuna prima che la tempra del signor Dursley potesse essere messa alla prova, il nucleo famigliare atterrò traballante nella grande Sala Circolare dell’Ufficio Metropolvere del Ministero della Magia inglese, dove una signorina dai modi garbati, nonostante fossero affettati e palesemente imparati a memoria, prese le loro generalità e indicò loro il camino più vicino.

 

Fu una famiglia molto stanca, provata e sporca di fuliggine che arrivò al numero 10 di Greenpool Road, Peaslake, Surrey.

  
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