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Autore: dragoargento    20/04/2010    3 recensioni
Pharnasius è un'indomita e temeraria dragonessa viola, in lotta per cercare di salvare le briciole di un mondo morto da tempo, appassito sotto le perverse grinfie del malvagio Oscar. Una serie di avvenimenti la coinvolgerà in una battaglia che si sta svolgendo in un mondo che non le appartiene, dove la sua e l'altrui lotta del bene contro il male si fonderanno assieme, assumendo pieghe inaspettate.
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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la macchina madre La Macchina Madre

Due draghi, uno viola e l'altro dorato, scrutavano l'immenso deserto sabbioso da dietro degli schermi oscuranti che proteggevano dal sole i loro sensibili occhi abituati alla penombra.
-Ecco, ci ha individuati... sta puntando contro di noi...-
- Qual’é la distanza?-
Loki controllò meglio lo schermo a fotoni del radar che si era materializzato tra il pollice e l'indice della zampa destra che teneva avanti a sé.
-Circa 5km... considerando la velocità con cui sta viaggiando, dovrebbe esserci addosso tra qualche minuto-
-Molto bene...-
La ferocia racchiusa nelle poche parole della compagna fecero sobbalzare il drago d'oro.
Pharnasius sfoderò gli artigli, e con essi delle taglienti propaggini laser fuoriuscirono dai massicci bracciali che le ricoprivano gli avambracci.
Le pistole riposte nel fodero che le fasciava il torace, erano cariche ed efficienti: sarebbe stato uno scherzo far a pezzi quell'ammasso di ferraglia!
Loki inserì un cavo nella porta che aveva impiantata nel corno, collegando così la propria mente con un piccolo ripetitore che portava ancorato addosso.
-Eccolo: pronta amore?-
-Pronta piccolo mio, diamo inizio alle danze-

L'approssimarsi della Macchina Madre fu uno spettacolo di sublime bellezza, affascinante e spaventoso allo stesso tempo.
Tra la liquida aria rovente e le nubi di sabbia, una massa nera stava furiosamente caricando verso di loro, con il suo corpo tozzo sorretto da innumerevoli propaggini meccaniche, ognuna dotata di una sorta di pinza all'estremità
Quel ragno metallico superava in proporzione i due draghi come un elefante con uno scoiattolo.
Loki fece un respiro, rilassando il corpo mentre la mente saettava veloce verso il nemico.
La sua aggressione confuse le istruzioni che comandavano il mostro, facendolo vacillare come se avesse appena ricevuto una pallonata in pieno muso.
A quel punto fu Pharnasius ad intervenire.
Con un tonante urlo di guerra, la dragonessa viola aveva spiccato un balzo verso la macchina; schivò gli attacchi diretti contro di lei con la grazia e l'agilità di una ballerina, prima di recidere di netto un braccio meccanico che le si era parato avanti e sparare una raffica di colpi sul corpo principale dell'essere.
Le piastre metalliche della carrozzeria iniziarono a fumare.
Pharnasius credeva di aver la vittoria in pugno, quando un gemito strozzato la raggiunse.
Alle sue spalle, vide Loki stramazzato sul terreno che si contorceva in preda alle convulsioni; a quanto pareva l'entità che guidava la macchina lo aveva infine acciuffato.
-LOKI! NOOOOOOOOOOO!-
Mai aveva avvertito una paura più grande, mentre accorreva in suo aiuto, afferrando il cavo che collegava il suo compagno al ripetitore e strappandolo di netto dal corno.
Le convulsioni cessarono subito, lasciando il drago dorato stordito e boccheggiante.
-Pharnasius... quel figlio di puttana mi ha beccato! È troppo veloce... io...-
-Shh... sei salvo, mi basta questo-
Un inquietante stridore metallico fece tornare la guerriera alla realtà, scacciando completamente l'immane sollievo che l'aveva distratta, quando si accorse che la Macchina Madre si era completamente ripresa dalla prima ondata di attacchi ed ora stava caricando furiosamente nella loro direzione.
Pharnasius riuscì in qualche modo a sedare il panico che le stava invadendo il cervello.
Nonostante l'istinto le suggerisse di raggomitolarsi su se stessa come una palla, la guerriera si caricò Loki sulla groppa, spalancando le ali e lanciandosi in aria con una poderosa spinta dei posteriori.
Contava di seminare il nemico volando, ma mai si sarebbe immaginata che il ragno metallico potesse compiere dei salti così prodigiosi da permettere ad una delle sue chele di squarciarle la membrana di un'ala.
I due precipitarono sul declivio di una duna, rotolando come una trottola di sabbia per svariati metri prima di cozzare dolorosamente contro dei macigni rossastri.
Mezza accecata dalla polvere e dal dolore, la dragonessa trascinò il suo compagno verso le rocce, gettandosi con lui entro una fenditura troppo piccola per permettere alla macchina di infilarci il braccio per ghermirli.
Poco dopo il ragno li raggiunse: la sua mole coprì la luce mentre decine di occhi rossi scrutavano la fenditura alla ricerca delle prede.
Lo sguardo cremisi li trapassò con odio viscerale, prima che la sua massa sgomberasse l'uscita dell'anfratto dove si erano rifugiati.
La Macchina Madre se ne era andata.
Pharnasius si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo sentendo la tensione che le abbandonava i nervi tesi del corpo, mentre si accasciava debolmente al suolo.
Due braccia premurose la cinsero attirandola a sé.
Loki si era ripreso ed ora la cullava con dolcezza mentre dalla sua gola fuoriusciva un chiocciare rassicurante, un po' come le fusa per i gatti.
-È tutto finito- le ripeteva -tutto finito- quando l'inaspettato attacco della Macchina Madre li investì con la violenza di un tornado.
La cosa stava colpendo con furia le pareti rocciose, scavandosi un varco verso di loro.
Non sapendo che altro fare, Loki si era raggomitolato su di Pharnasius, nel misero tentativo di proteggerla con il proprio corpo.
Una rabbia gigantesca fece vibrare l'anima di Pharnasius spazzando via ogni prudenza o timore.
Mai aveva sperimentato qualche cosa del genere, mentre scostava malamente l'esigua massa di Loki per lanciarsi contro la Macchina Madre, con il solo bruciante desiderio di vederla ridotta in un ammasso fumante di rottami.
La parte razionale di Pharnasius, che quel tempestoso oceano di furore non era riuscito a spazzare via del tutto, osservava con costernazione la scena; come se non fosse stata lei stessa la dragonessa viola che stava ghermendo una chela metallica appena apparsa nel tunnel di roccia.
Poi il mostro tirò fuori la propaggine, trascinandosi dietro Pharnasius.
In quel breve lasso di tempo, dove la guerriera si era ritrovata a grattare contro le pareti della stretta galleria, perdendo parecchie scaglie, il dolore offrì un appiglio al quale la ragione potesse aggrapparsi e squarciare la cappa di furore che la stava soffocando.
“Pharnasius! Cosa diavolo pensi di fare? Dannata idiota!”
Troppo tardi.
Ormai la combattente era stata scaraventata sulla sabbia da un brusco movimento della Maccina e lì stava tentando disperatamente di evitare i colpi del nemico, mentre il sole e la polvere l'accecavano: aveva assolutamente bisogno di un'idea.
Un fortuito attimo di tregua le diedero la possibilità di balzare in aria e librarsi in volo sopra la testa del mostro.
La manovra era stata così repentina che il ragno meccanico ebbe pochi attimi di disorientamento, che servirono alla dragonessa per osservare con più attenzione la fisionomia dell'avversario.
Un brillio di speranza le balenò negli occhi quando si rese conto che la Macchina non possedeva gli snodi necessari affinché gli arti potessero raggiungere il dorso corazzato.
Pharnasius comprese immediatamente che quello era il punto in cui avrebbe dovuto agire.
Ripiegando le ali contro il corpo, si lasciò cadere in picchiata verso l’obbiettivo, mentre al di sotto la macchina si dimenava come impazzita, quasi avesse compreso le sue intenzioni; ma ormai era troppo tardi e un paio di propaggini laser erano penetrate nella corazza metallica.
Pharnasius provocò due profondi squarci al carapace, infilandovi poi gli artigli e gonfiando i muscoli degli arti anteriori nello sforzo di allontanare i bordi delle lamiere fino a quando non ebbe ottenuto un varco sufficientemente ampio per passarci attraverso.
Come un mortale parassita, Pharnasius era in seguito piombata all'interno del corpo della macchina.
Il buio era opprimente ed assordante, mentre un atroce, rancido fetore di olio e grasso le mozzarono il fiato, rendendole la bocca amara di bile.
Tentando di respirare il meno possibile quella venefica aria viziata, la dragonessa iniziò a strisciare tra i meccanismi in continuo movimento della bestia, illuminandosi il cammino con le lame delle spade.
Sapeva che la maniera sicura di porre fine alla vita del perverso costrutto era quella di distruggere il generatore d'energia; l'unico inconveniente era che lei ignorava completamente la sua ubicazione.
Un sommesso ronzio, a stento udibile tra l'inferno di fischi e cigolii, attirò la sua attenzione guidandola verso la meta.
In prossimità del generatore, un bagliore bluastro aveva man mano preso il posto delle tenebre, mentre lo spazio tra i vari meccanismi era notevolmente aumentato, tanto da permetterle di starsene comodamente in piedi sulle zampe.
La macchina aveva ormai i secondi contati, mentre il carnefice ne guardava trionfante il cuore pulsante di vita artificiale.
La dragonessa era ridotta ad una selvaggia figura imbrattata di idrocarburi maleodoranti, con la pelle ustionata dal calore degli ingranaggi laddove le scaglie erano state asportate dalla roccia del tunnel; tuttavia questo non impedì a Pharnasius di provare un immenso piacere mentre estraeva le pistole dal fodero.

Loki aveva timidamente fatto capolino dal rifugio, ora che gli attacchi del colosso erano cessati, e scrutava ansiosamente il paesaggio alla ricerca di Pharnasius; ma di lei non vi era alcuna traccia.
Il panico che lo invase al pensiero di averla persa gli impedì di accorgersi dello stano comportamento della Macchina Madre.
Il ragno artificiale sembrava avesse perso la ragione: dimenava gli arti azionati da pistoni verso l'alto, nel futile tentativo di disarcionare la minuscola macchiolina viola che se ne stava accovacciata sulla sua groppa.
Loki ebbe un tuffo al cuore nel costatare che la sua compagna fosse salva, prima di vederla scomparire all'interno del mostro.
-Cosa vorrà mai fare quella pazza...-
Di lì a poco l'essere artificiale perse la testa, mentre delle istruzioni di emergenza si riversavano nel computer che lo controllava, provocando in lui un comportamento assai simile al panico degli esseri viventi.
Non sapendo cosa fare, la macchina iniziò a girare su se stessa come una trottola, per poi spiccare una disparata corsa senza meta, nella speranza di poter sfuggire dal male che la stava divorando da dentro.
Tremendamente sconcertato, Loki spalancò le ali e seguì in volo il tragitto del ragno metallico.
Improvvisamente la macchina si arrestò, crollando al suolo con un cavernoso sferragliare di membra.
Fu allora che Loki atterrò lì vicino, con il petto che si alzava ed abbassava selvaggiamente per lo sforzo di aver volato a grande velocità.
Scrutò nuovamente il mostro, sperando di individuare ancora quella macchia purpurea, ma di Pharnasius non vi era alcuna traccia.
Poi si sentì un forte martellare, simile al maglio del fabbro che si abbatte sull'incudine, che si fuse con il fischiare del vento tra le dune di sabbia.
Il guscio di metallo si smembrò e la piccola figura della dragonessa schizzò fuori come un kaiser.
-Loki!!! Ci sono riuscita! Lo abbiamo preso!-
Nel pieno del suo entusiasmo, Pharnasius volò tra le braccia di lui con la cinguettante allegria di una rondine, scaraventandolo direttamente a terra e imbrattandolo di bitume, che subito andò disgustosamente ad impastarsi con la fine sabbia del deserto; ma lei era troppo entusiasta per accorgersene.

Oscar osservò ogni cosa e represse un tremito di rabbia.
Il suo corpo atrofizzato se ne stava da tempo immemore intrappolato all'interno di una foresta impenetrabile di elettrodi e cavi, tuttavia gli impulsi e le sensazioni che il calcolatore inviava al cervello di Oscar erano gli stessi che avrebbe provato standosene in un comodo salottino.
Poteva gustare la morbidezza del broccato che ricopriva l'imbottitura del divano, l'odore aromatico del ceppo di ginepro che bruciava nel caminetto e il dolciastro sapore del vino che stava sorseggiando da un calice di cristallo finemente modellato.
Quella perfezione era stata guastata quando aveva avvertito la morte della sua creatura, avvenuta per mano di una dragonessa viola imbrattata dal sangue della sua stessa vittima.
Un affronto così grave non poteva essere ignorato.
  
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