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Autore: Elanor89    22/04/2010    2 recensioni
Elena Dumont è una bella vampira, una donna in carriera e di successo, ma la sua diffidenza l'ha sempre condotta per strade solitarie, lontana dai suoi simili nei quali non riesce più a riporre fiducia... Accadrà tutto in una notte: il destino mescolerà le carte in gioco e lei dovrà imparare a fidarsi di nuovo per sopravvivere... Ma quando la fiducia non sarà più sufficiente, quando ogni segreto verrà svelato, riuscirà a fuggire da un passato terribile che torna sempre a bussare alla sua porta?
Genere: Generale, Romantico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Salve a tutti, è passato molto tempo dall'ultima volta in cui mi sono fermata per un saluto.

Volevo solo ricordarvi di recensire e dare il benvenuto a Mantovanina!!

Grazie per il commento e per i complimenti :) Sono davvero onorata!

Un abbraccio a tutti,

El ^^

 

*

 
Capitolo XIV 

 

 

 

 

 

Guardai il mio riflesso nello specchietto retrovisore della mia auto: avevo gli occhi segnati dalle lacrime, l'espressione malinconica, ma potevo riuscirci. Dovevo farcela.

Sarei entrata in quell'albergo, avrei sfilato fino al bancone della reception e avrei chiesto di lui. Persino pensare il suo nome mi faceva rabbrividire.

Victor. Il mio personale supplizio, l'essere più crudele e calcolatore che avessi mai conosciuto. Il mio carceriere, anche quando ero a miglia da lui. Sapeva come farmi uscire allo scoperto, come ferire la mia anima dove colpirmi per farmi più male... E aveva scelto di farlo. Di costringermi, di piegarmi a lui contro la mia volontà, di cancellare il mio orgoglio e la mia felicità. Perchè non mi lasciava scelta, e lui lo sapeva.

Sapeva che l'avrei pregato, avrei anche strisciato ai suoi piedi se questo fosse servito a riabbracciare le mie piccole.

Non riuscivo ancora a credere che fosse arrivato a tanto, ma sapevo che qualsiasi cosa avessi fatto non sarebbe bastato. Non potevo più dargli ciò che voleva da me, non potevo legarmi a lui, neanche se lo avessi desiderato.

Guardai la mia mano sinistra, dove l'anello di Chris faceva bella mostra di sè.

Il mio cuore, la mia anima, appartenevano a lui, a lui che mi amava e che io amavo con tutta me stessa. A lui, che teneva le sorti delle mie bambine nelle sue mani...

 

Mi aveva preso il viso tra le mani, lo sguardo lucido, la razionalità chiara nei suoi occhi.

"El, dobbiamo separarci..." mi aveva sussurrato. Le sue parole mi avevano lasciata senza fiato, mi avevano mozzato il respiro. Non potevo lasciarlo andare, non riuscivo a separarmi da lui... non adesso.

Ma il buon senso aveva preso il sopravvento: non si trattava di me, dovevamo mettere in salvo le piccole. Avevo deglutito sonoramente, ricacciando indietro le lacrime.

"Qual è il tuo piano?" avevo chiesto.

"Cercherò di scoprire dove le nasconde, quanti uomini ci sono di guardia... vedrò di trovare un modo per intrufolarmi e metterle in salvo..."

La paura mi aveva travolta in pieno, impedendomi di trattenere ancora le lacrime. Sarei mai riuscita a mandarlo da solo contro la guardia personale di Victor, sperando che tornasse sano e salvo da me? Li conoscevo tutti, uno per uno.

Demetrij, letale come una lama affilata, silenzioso e leggero, come la morte quando ti coglie nel tuo letto...

Heidi, servile e devota. Combatteva per l'uomo che amava e che non disdegnava di trattarla come una schiava.

Damon, feroce e massiccio, vigliacco al punto da colpirti alle spalle, il più fedele degli scagnozzi di Victor.

Li avrebbe trovati pronti, tutti all'erta... sarebbe stato da solo contro tre macchine dispensatrici di morte. Solo per me, solo per amore.

"Non preoccuparti, piccola, sono in grado di cavarmela..." mi aveva rassicurata, abbracciandomi stretta "Ma ti prego, fa come ti dico..."

Lo avevo guardato con espressione confusa, mentre distoglieva gli occhi dai miei. Cosa aveva in mente? Avevo sentito una morsa stringermi il cuore, togliendomi lucidità.

"Devi fare ciò che ti chiederà... Non metterti in pericolo. Devi pensare a Mel e Sue in queso momento..."

Sentivo il suo dolore dietro quelle parole, sapevo cosa significava per lui chiedermi di assecondare Victor dopo ciò che ci eravamo appena detti, appena promessi.

Lo avevo stretto a me, con tutta la forza che avevo, mentre le sue mani mi accarezzavano la schiena, tentando di rassicurarmi, scossa dai singhiozzi.

"Sei il mio destino, qualunque cosa succeda... ci ritroveremo, sempre..." mi aveva sussurrato sulle labbra, mentre una lacrima gli solcava il viso.

L'avevo asciugata con la mano, mentre appoggiavo la fronte alla sua e chiudevo gli occhi.

"Il mio cuore, i miei pensieri, questo corpo... ti appartengono. Niente di ciò che succederà potrà mai cambiarlo..." avevo risposto.

Eppure, nell'istante in cui avevo pronunciato quelle parole mi ero sentita sporca e vuota. Come avrei potuto permettere che Victor facesse di me quello che desiderava? Come avrei sopportato le sue mani, le sue labbra, quando il mio corpo reclamava Chris? Il suo dolore era specchio del mio, la sua rassegnazione mi lacerava l'anima...

Ma non si trattava di me, o di noi...

Si trattava di due bambine che non avevano altra colpa che di essere amate da me. Due piccole e dolcissime bambine che avevano avuto la terribile sfortuna di rappresentare per me la speranza e la vita, che mi avevano dato luce quando intorno a me vedevo solo dolore.

Per loro avrei subito ogni carezza, ogni sguardo, ogni bacio...

Per loro avrei dato la mia vita.

E per quanto potessi odiare me stessa per quello che avrei fatto di li a poche ore, non potevo comportarmi altrimenti.

Avevo posato le mie labbra su quelle di Chris, in un bacio carico di tensione e rammarico, tentando di comunicargli tutto l'amore che sentivo per lui. Non so per quanto mi aveva tenuto al suo fianco, stretta tra le sue braccia.

Durante il volo non ci eravamo detti altro. Eravamo rimasti stretti l'uno all'altra, in silenzio, con le dita intrecciate, occhi negli occhi.

Mi aveva accompagnata alla macchina, prima di prendermi il viso tra le mani e sfiorarmi la fronte con un bacio.

"Andrà tutto bene..." mi aveva sussurrato. Ed era sparito così, veloce, coperto dalle ombre della sera.

E mentre tornavo a casa per prepararmi a quella serata avevo asciugato la mia ultima lacrima di sale.

 

Scesi dall'auto, sistemandomi con cura il soprabito. Indossavo un leggero vestito nero di seta opaca, con la scollatura ampia a V e la gonna lunga fino al ginocchio, portavo scarpe alte ai piedi. Mi ero truccata, cercando di coprire i segni della stanchezza e del jet lag, e avevo lasciato i capelli mossi sciolti sulle spalle.

Mi ero conciata di proposito in quel modo: sapevo che Victor non avrebbe esitato a prendere da me ciò che voleva e non avrei prolungato quella agonia.

Avevo valutato ogni alternativa, tra le braccia di Chris, ma non esisteva un piano B. Avrei fatto quanto mi chiedeva, nonostante il pensiero mi gettasse nello sconforto e mi facesse rabbrividire dal disgusto.

Oltrepassai l'entrata elegante dell'hotel. Il receptionist mi guardò sorpreso, mentre gli chiedevo il numero di stanza di Victor e mi avviavo verso gli ascensori.

Le luci erano tutte accese, illuminando i corridoi ampi che attraversavo senza voltarmi indietro. Mi fermai davanti all'unica porta che si apriva su quel lato dell'edificio, all'ultimo piano. Bussai una volta, attesi solo un attimo.

Mi aprì a torso nudo, i capelli bagnati, con l'espressione compiaciuta sul viso.

- Sapevo che saresti arrivata...- mi salutò.

- In tal caso avresti anche potuto vestirti...- risposi, acida. Lo scansai, entrando nella camera.

Era una suite molto grande, composta da diverse stanze. Mi fece accomodare nel salottino, su un divano di pelle nera, mentre un rumore d'acqua proveniente da una stanza attigua coglieva i miei sensi.

Si sedette al mio fianco, poggiandomi una mano sullo schienale dietro di me. La sentivo come una tagliola, pronta a scattare quando meno me lo sarei aspettata.

- El, sei adorabile quando sei irritata, lo sai...-

Sorrisi sarcastica, fulminandolo con lo sguardo. Inevitabilmente fissai il suo corpo nudo, i suoi muscoli sviluppati sotto la pelle dorata e glabra. Era bello, di una bellezza fiera e orgogliosa che non conosce rifiuti. Mi disgustava.

Lui mi osservava, godendosi quell'attimo di ammirazione. Se mi conosceva bene, sapeva che non sarebbe durato ancora a lungo.

- Sei un bastardo...- dissi, con la voce gelida, rovinandogli il momento di gloria.

Lui mi prese il viso tra le mani, ma non mi ritrassi. Dovevo andare fino in fondo se volevo raggiungere il mio scopo. Mi accarezzò con la punta delle dita, lascivo come era sempre stato.

- Devi lasciarle andare, Vic... Ti prego...- dissi, guardandolo dritto negli occhi.

- Non so di cosa tu stia parlando...- negò. La sua espressione era una maschera impenetrabile, se non lo avessi conosciuto così bene avrei qusi potuto credergli. Ma non era così... anche se non ero più la sua Elena. Non lo ero mai stata fino in fondo.

- Credevi che la mia fosse una visita di cortesia??- lo schernii. Era chiaro che non avrei mai desiderato essere li. Eppure ero in quella camera d'albergo, eppure ero al suo fianco. La contraddizione era vivida sotto i miei occhi, ma non riuscivo a rassegnarmi.

- Dovrai essere molto più convincente, piccola, se vuoi che esaudisca le tue preghiere...-

Mi alzai dal divano, con un nodo stretto intorno alla bocca dello stomaco, e mi tolsi il cappotto con calcolata lentezza, scoprendo così la schiena nuda. Lo sentii trattenere il respiro.

Mi voltai a guardarlo, sforzandomi di sorridere.

- Sei bellissima...- mi disse. Si alzò e mi si avvicinò cauto, allungando lievemente le mani per cingermi la vita.

Sentii le sue dita calde poggiarsi sulla mia pelle, facendomi tremare. La sua carezza risalì verso l'altro, percorrendo la mia colonna vertebrale.

- Cosa vuoi che faccia?- gli chiesi.

- Lo sai...-

Reclinò piano la testa, scostandomi i capelli con una mano per posare le sue labbra sul mio collo. Mi baciò la gola, salendo fino al mio orecchio, per poi spostarsi alla guancia e arrivando piano alle labbra.

Strinsi i pugni mentre la sua lingua violava la mia bocca, in un bacio lento e rude allo stesso tempo. Dentro di me tutto combatteva contro quello che stavo per fare, eppure sollevai le braccia a cingergli il collo, lasciando che mi stringesse a sè.

Mi sollevò piano per portarmi più vicina al suo viso, mentre le immagini di un passato ormai remoto affioravano nella mia mente.

Conoscevo quelle mani, sapevo di cosa erano capaci, così come conoscevo quelle labbra e i piccoli morsi che lasciavano sulla mia pelle al loro passaggio.

Sentivo i suoi addominali tendersi per permettermi di avvicinarmi di più a lui, mentre le sue dita si ditricavano tra le onde dei miei capelli.

Non avrei mai creduto che insieme al disgusto razionale per quello che stavo per fare, potessi sentire il mio corpo fremere di repulsione.

Ma non mi sottrassi. Allontanai le labbra dalle sue solo per un attimo.

- Voglio che richiami i tuoi tirapiedi e dica loro di riportare le bambine in ospedale...- dissi, con il fiatone.

Lui aprì gli occhi, lo sguardo velato dall'eccitazione, cercando di capire le mie parole.

- Ti costerà più di un bacio, lo sai...-

- Ne sono consapevole...-risposi, algida.

Mi abbassò piano una spallina del vestito, mentre le sue labbra sfioravano la mia clavicola, lente. Chiusi gli occhi, trattenendo il bisogno di andarmene da li a gambe levate, e gli accarezzai i capelli.

Le sue mani cercarono le mie, ma lo sentii esitare un attimo. Si staccò da me, esterrefatto, mentre si portava la mia mano sinistra agli occhi.

Rise, sarcastico, mentre il suo volto si faceva di nuovo impassibile.

- E così ti sei fatta mettere il cappio al collo!- mi derise, sfiorando l'anello al mio anulare.

- Si chiama amore, ma non credo tu conosca questa parola...- risposi. Rise più forte, mentre lasciava andare la mia mano.

- Non sarà uno stupido gioiello a impedirmi di prenderti per me...-

- Ti ricordavo più attento, Vic...- lo insultai. Reclinai la mia testa, invitandolo a saggiare il mio profumo.

Mi riprese tra le braccia, mentre affondava il viso tra i miei capelli. Il mio odore era lievemente cambiato dopo aver bevuto il sangue di Chris... era una fragranza più intensa, come le note di una melodia suonata a quattro mani.

- Credevi che non me ne fossi accorto?-

Il nodo allo stomaco mi salì in gola. Sapeva e non gli importava. Avrei sofferto come se mi avesse strappato il cuore dal petto a mani nude, ma non gli importava. Quale essere meschino avrebbe mai potuto permettersi di distruggere l'anima di un suo simile in quel modo? Chi avrebbe mai rapito due bimbe per appagare la propria lussuria? La nausea mi colse al mio posto, ma la ricacciai indietro.

Ero già stata sua, prima di conoscere Chris. Quella notte non significava nulla. Non era più di quanto avessi già fatto in passato... Eppure sentivo la mia coscienza ribellarsi, il mio corpo irrigidirsi.

Riprese a baciarmi, vincendo le mie resistenze, mentre le sue mani tentavano di sciogliere la mia posa rigida. Mi condusse lentamente alla camera da letto, adagiandomi sulle lenzuola di seta sgualcite.

- Sai cosa hai promesso quando hai svenduto il tuo sangue in quel modo?- mi disse.

- Che sarò sua, per sempre...- risposi, la voce priva di qualsiasi emozione. Sua, sua e di nessun altro.

- Sbagliato...- mi sussurrò glaciale – Sua, finchè morte non vi separi...-

Il senso delle sue parole mi colse alla sprovvista. Cosa avevo fatto?!

Non avevo esitato a mandare Chris a prendere le bambine, credendo che avrei posto la parola fine a quell'incubo... ma di nuovo avevo sottovalutato Victor.

Loro erano solo un'esca. L'esca necessaria a liberarsi di Chris per sempre e rompere il mio legame con lui.

Rabbrividii sotto il suo sguardo, mentre un dolore sordo mi attraversava il petto. Mi portai una mano all'altezza dello sterno, sconvolta, mentre la consapevolezza mi faceva abbassare ogni difesa.

- Cosa vuoi che faccia?- ripetei di nuovo. Stavolta non avrei esitato. Avrei spento la mia coscienza e avrei lasciato che mi portasse via l'anima se fosse servito a salvare Chris.

Pezzo per pezzo, avrei rinunciato a tutta me stessa, donandomi al mio torturatore pur di saperlo vivo.

Mi guardò con aria di sfida.

- Nulla che non voglia anche tu... sono certo che da questa prospettiva sarai molto più ben disposta ad esaudire i miei desideri, sbaglio?- rispose. Mi accarezzò il viso.

Se mi avesse presa a calci mi avrebbe fatto molto meno male. Il dolore era insopportabile. Poteva anche abusare di me, estorcermi il consenso di violare il mio corpo, ma non avrei acconsentito al suo piano. Non avrei permesso che facesse del male a Chris. Il pensiero mi fece crollare tra le sue braccia, in preda all'angoscia e al terrore.

Sapevo di non essere in grado di piangere, eppure sentii una goccia calda scendere lungo le mie guance.

Lo vidi rimanere un attimo interdetto, lo stupore chiaro sul suo viso ingessato mentre spazzavo via col dorso della mano la piccola goccia di sangue. Il rumore d'acqua che aveva fatto da sottofondo a tutta la scena si interruppe.

Distolse lo sguardo da me, voltandosi verso la porta, mentre passi lenti e cadenzati annunciavano che non eravamo soli. La sopresa fu solo mia.

La bestia dormiente che era in me ebbe modo di sollevare il capo quando la vidi: avvolta nella spugna candida, i capelli umidi ondeggianti sulle sue spalle pallide.

Si accostò alla porta, sorridendomi maligna.

- Ci rincontriamo...-

 

 

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