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Autore: Vagabonda    25/04/2010    2 recensioni
È uno scempio. Come osò tal donna appropriarsi del mio scritto in tal modo ignobile, e per giunta deformando e riscrivendo la storia a suo piacimento? Parlò di vampiri e fanciulle, ma la faccenda è bel diversa. Poiché voi, miei cari lettori, non conoscete il real accaduto. Ma non disperate: quivi narrerò il giusto ordine di fatti, e di come due pover’anime non ebbero modo di prender unione, a causa della Provvidenza poco provvidente.
Genere: Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Mentre Edward stava angosciosamente informando Esme, la quale angosciosamente lo ascoltava, entrò nella stanza terrena Isabella, non meno angosciata degli altri due. I due angosciati si volsero a chi ne sapeva più di loro, e da cui aspettavano uno schiarimento, il quale non poteva essere che doloroso. Esme, benché impaziente di far parlare la figlia, non poté tenersi di non farle un rimprovero. –A tua madre non dire niente di una cosa simile!-
-Ora vi dirò tutto- singhiozzò Isabella, asciugandosi gli occhi con il grembiule, rimpiangendo di non poter fare lo stesso anche col naso.
-Parla, parla!- Parlate, parlate!- gridarono a un tratto la madre e lo sposo.
-Santissima Vergine!- esclamò Isabella, spaventata da cotanto furore –chi avrebbe creduto che le cose potessero arrivare a questo segno!- E, con voce rotta di pianto, raccontò come, pochi giorni addietro, stava tornando a casa insieme alle compagne, e poiché era inciampata, fosse rimasta indietro da loro. In quel momento, le era passato innanzi James, in compagnia d’un altro signore dalla pelle scura come la notte; e che il primo aveva cercato di trattenerla con chiacchiere non adatte all’orecchie d’una signorina; ma essa, senza dargli retta, aveva affrettato il passo, cercando di non inciampare, ed era riuscita infine a raggiungere le compagne; e intanto aveva sentito quell’altro signore rider forte, e James dire: scommettiamo. Il giorno dopo, al culmine della sfortuna, coloro s’eran trovati ancora sulla sua strada; ma Isabella era nel mezzo delle compagne, con gli occhi bassi, fissi sui piedi traditori; e l’altro signore sghignazzava, e James diceva: vedremo, vedremo. –Per grazia del cielo- continuò Isabella –quel giorno non m’imbrogliai! Io raccontai subito…-
-A chi hai raccontato?- domandò Esme, andando in contro sdegnata e gelosa, al nome del confidente preferito.
-Al padre Carlisle, in confessione, mamma,- rispose Isabella, con un accento soave di scusa. –Gli raccontai tutto, l’ultima volta che insieme ci siamo recate alla chiesa del convento: e, se vi ricordate, quel giorno io andava mettendo più attenzione al camminare, per non intralciare il nostro passaggio per quelle strade che tanto mi facevan paura…-
Al nome riverito del padre Carlisle, lo sdegno di Esme si raddolcì.
-Hai fatto bene,- disse –ma perché non raccontare tutto anche a tua madre?-
Isabella aveva avuto due buone ragioni: l’una, di non rattristare né impensierire la buona donna; l’altra, di non metter rischio di viaggiar per molte bocche parole su una storia che voleva essere gelosamente sopita, parole che certamente sarebbero sfuggite alle labbra della madre. Di queste due ragioni però, non allegò che la prima.
-E che t’ha detto il padre?- domandò Esme.
-M’ha detto che cercassi di affrettare le nozze il più che potessi, e intanto che rimanessi rinchiusa. E fu allora che mi sforzai,- proseguì, rivolgendosi ad Edward, senza alzare però gli occhi in viso, e arrossendo tutta, -fu allora che feci la sfacciata, e che vi pregai che procuraste di far presto. Chi sa cosa avrete pensato di me! Ma io facevo per bene, ed ero stata consigliata…- Qui le parole furon troncate da un violento scoppio di pianto, che fece tremare la ragazza, minandone il delicato equilibrio.
Esme afferrò la figlia prima ch’ella cadesse al suolo, mentre Edward borbottava parole contro James, correndo innanzi e indietro per la stanza, e stringendo di tanto in tanto il manico del suo coltello.
Il giovane si fermò davanti a Isabella che piangeva; la guardò con un atto di tenerezza mesta e rabbiosa, e disse: -questa è l’ultima che fa quell’assassino-.
-Ah! no, Edward, per amor del cielo!- gridò Isabella tra i singhiozzi –No, no, per amor del cielo! Come può il Signore aiutarci, se facciam del male?-
-No, no, per amor del cielo!- ripeteva Esme, lasciando andare la figlia, e ripigliandola quand’ella dava segni di cedimento.
-Edward,- disse Isabella, arrestando le lacrime e parlando con aria di speranza: -voi avete un mestiere, e io so lavorare: andiamo tanto lontano, che colui non senta più parlare di noi.-
-Ah Isabella! e poi? Non siamo ancora marito e moglie! Suo padre permetterebbe mai una cosa di tal genere? Se fossimo maritati, oh allora…!-
Lucia si rimise a piangere: e tutt’è tre rimasero in silenzio, in un abbattimento che stonava con la pomposità de’ loro abiti.
-Sentite, figliuoli; date retta a me,- disse, dopo qualche momento, Esme. –Io son venuta al mondo prima di voi; e il mondo lo conosco un poco. A noi poverelli, toccano sempre le matasse da sbrogliare, ma non si trova mai il bandolo,- proseguì quella, mentre i due giovani si scambiavan un’occhiata perplessa, che mai andava parlando di gomitoli? –Fate a mio modo, Edward; cercate del dottor Azzecca-garbugli, raccontategli… Ma non lo chiamate così, per amor del cielo: è un soprannome. Egli è un professore, ma tutti lo chiaman dottore. Il suo vero nome è…Oh, to’! non lo so il nome vero. Basta, cercate di quel dottore piccolino, un po’ scuro di pelle, dall’accento strano, e una voglia di cipolla sulla guancia.-
-Lo conosco di vista,- disse Edward.
-Bene,- continuò Esme: - quello è una cima di uomo! Tanti che non sanno dove batter la testa van da lui e tornan come nuovi! Pigliate quei quattro capponi, poveretti! e portateglieli; perché non bisogna mai andar con le mani vuote da que’ signori. Raccontategli tutto l’accaduto, e vedrete che pure noi sapremo dove batter capo.-
Edward, benché perplesso, abbracciò volentieri questo parere; Isabella, terminando una volta per tutte di pianger, per il sollievo de’ suoi cari e di noi lettori, l’approvò; e Esme, superba d’averlo dato, levò a una a una, le povere bestie dalla stìa, riunì bellamente le loro otto gambe, come se facesse un mazzetto di fiori, le avvolse e le strinse con uno spago, e le consegnò in mano ad Edward; il quale, date e ricevute parole di speranza, uscì furtivamente dalla parte dell’orto, per non esser veduto da’ ragazzi, che altrimenti gli correrebber dietro, gridando: lo sposo, lo sposo! Così, attraversando i campi, o come dicon colà, i boschi, se n’andò per viottole, fremendo pe’ pensieri e pioggia, che cominciata a scendere copiosamente, inzuppava gli abiti del giovane. Lascio poi pensare al lettore, come dovessero stare in viaggio quelle povere bestie, così legate e tenute per le zampe, a capo all’in giù, nella mano d’un uomo il quale, agitato da tante passioni e tremante per il freddo, accompagnava col gesto i pensieri che gli passavan a tumulto nella mente. Ora stendeva il braccio per collera, ora lo dibatteva per aria per minaccia, il tutto accompagnato da quel fremito di pioggia, e faceva balzare quelle quattro teste spenzolate; le quali intanto si ingegnavano a beccarsi l’una con l’altra, come accade troppo sovente tra compagni di sventura.
Giunta all’abitazione del dottore, Edward si sentì preso da quella soggezione che i poverelli provano in vicinanza d’un signore, ebbe la tentazione di voltarsi, ma guardati i capponi si rincorò. Entrato che fu, si diresse in cucina, ove trovò la serva, e le chiese se si poteva parlare al signor dottore. Adocchiò ella le bestie e, come avvezza a somiglianti doni, mise loro le mani addosso, quantunque Edward andasse tirando indietro, perché voleva che il dottore vedesse e sapesse ch’egli portava qualche cosa. Capitò appunto mentre la donna diceva: -date qui, e andate innanzi-. Edward fece un grande inchino, sfoggiando i suoi capponi, e il dottore l’accolse umanamente, con un -venite, figliuolo-, e lo fece entrar con sé nello studio. Era questo uno stanzone, su tre pareti del quale eran distribuiti ritratti di corpi umani, sezionati e analizzati; la quarta, coperta da un grande scaffale di libri vecchi e polverosi: nel mezzo, piccoli banchi e una tavola gremita da macchinari, fogli sparsi, e resti di animale di ogni tipo, accompagnati da gride e suppliche, alle quali il dottore si era dedicato in vecchiaia. Il dottore era in vesti da lavoro, cioè coperto da un camice ormai consunto, che gli aveva servito, molt’anni addietro, pe’ orare su esperimenti, quand’egli si recava in qualche luogo per qualche riunione d’importanza. Chiuse l’uscio, e fece animo al giovine, con queste parole: -figliuolo, ditemi il vostro caso-.
-Dunque, signor dottore,- esordì Edward, benché fosse perplesso su gli alambicchi e animali sparsi sul tavolone; ma essendo un giovine dabbene, non porse domande, ma continuò: -signor dottore, vorrei sapere se, a minacciare il padre della sposa, perché non consenta un matrimonio, c’è penale.-
-Ho capito,- disse tra sé il dottore, che in verità non aveva capito. –Ho capito, vi siete però fatto tagliare il ciuffo. Avete avuto prudenza: però, volendo mettervi nelle mie mani, non faceva bisogno. Il caso è serio; ma voi non sapere quel che mi basti l’animo di fare, in un’occasione.-
Per intender quest’uscita del dottore, bisogna sapere, o rammentarsi che, a quel tempo, i bravi del mestiere usavan portare un lungo ciuffo, che si tiravan poi sul volto, come una visiera; al giorno d’oggi, tale ciuffo è adoperato tutt’al più da que’ ragazzi, che credendo risultar signori, lo portan alzato sul capo, come la cresta d’un gallo borioso, per attirare le gallinelle ingenue.
-In verità, da pover figliuolo,- rispose Edward, -io non ho mai portato ciuffo in vita mia.-
-Non facciam niente,- rispose il dottore, con un sorriso, tra malizioso e impaziente. –Se non avete fede in me, non facciam niente. Se volete ch’io v’aiuti, bisogna dirmi tutto, dall’a fino alla zeta, col cuore in mano, come al confessore.-
-Ma mi scusi; lei non m’ha dato tempo: ora le racconterò la cosa, com’è. Sappia dunque ch’io dovevo sposare oggi,- e qui la voce di Edward si commosse, -dovevo sposare oggi una giovine, che il cuore m’aveva rubato fin da quest’estate; e oggi, come le dico, era il giorno stabilito per le nozze, ed ero andato a parlare col padre della sposa, per organizzare le faccende, quand’ecco che egli, il signor sceriffo, comincia a cavar fuori certe scuse…io l’ho fatto parlare chiaro, e lui m’ha confessato che gli era stato proibito, pena la vita, di accettar questo matrimonio. Quel prepotente di James…-
-Eh via!- interruppe subito il dottore, aggrottando le folte ciglia, aggrinzando il grande naso, e storcendo la bocca, -eh via! Che mi venite a rompere il capo con queste fandonie? Non venite a far questi discorsi a un galantuomo! Andate, andate; non sapete quel che vi dite: io non m’impiccio con ragazzi.-
-Ma senta, ma senta,- tentava di dire il povero Edward, mentre il dottore, sempre gridando, lo spingeva con le mani verso l’uscio; e quando ve l’ebbe cacciato, aprì, chiamò la serve, e le disse: -restituite subito a quest’uomo quello che ha portato: io non voglio niente, non voglio niente.-
Quella donna non aveva mai, in tutto il tempo ch’era stata in quella casa, eseguito un ordine del genere: ma era stato proferito con una tale risoluzione, che non esitò ad ubbidire. Prese le quattro povere bestie, e le diede a Edward, con un’occhiata sprezzante, come a dire: l’avete fatta grossa. Edward voleva far cerimonie, ma il dottore fu inespugnabile; e il giovane, attonito, dovette riprendersi le vittime rifiutate, e andar a raccontar alle donne il bel costrutto della sua spedizione.
Edward arrivò nel mezzo che le madre e figlia stavan discutendo di un certo frate, e di noci, e di come l’avevan pregato di chiamare loro padre Carlisle. Egli narrò immediatamente la vicenda del dottore e, con un volto dispettoso e insieme mortificato, gettò i capponi sur una tavola; e come fu questa l’ultima triste vicenda delle povere bestie, per quel giorno, così io vi lascio a riflettere sulla Provvidenza, che in questo caso, non ha aiutato i nostri protagonisti, né più né meno che i quattro capponi.







Ehi, cosa fate con quei forconi? Suvvia, non c’è bisogno di ricorrere alla violenza…no?!

Okay, lo so, sono davvero imperdonabile. Un mese di ritardo è impensabile perfino per me. Ma, che ci volete fare se un caro vulcano ha deciso di eruttare dopo anni di silenzio, proprio quando io mi trovavo in gita con la scuola in Inghilterra?
Non che mi lamenti, anzi!! Purtroppo, e dico, purtroppo abbiamo dovuto prolungare la vacanza solo di due giorni…e tornare a casa dopo una settimana a Londra è stato devastante! Ma anche una volta tornata nella mia dimora non sono stata in grado di buttare giù nemmeno una riga, anzi, non sono stata in grado di fare assolutamente niente se non spalmarmi sul letto e dormire. Eggià, perché dopo aver passato 76 ore in piedi senza chiudere occhio, sfido chiunque di voi a scrivere un capitolo degno di questo nome. Eheh.
Ad ogni modo, ecco, questo è quello che è venuto fuori. Non è male, e voglio proprio vedere quanti di voi riusciranno a indovinare quale personaggio veste le parti dell’Azzecca-garbugli…fatemi sapere le vostre idee!
Un bacione grande grande, non avetecela con me, vi prego! Ricordate che io vi voglio bene :-)
Vostra Ele




Per rispondere a…


nanerottola: Oh bella, anche io avrei incenerito la mia cara edizione del 2000 a.c. che, detto fra noi, cade davvero a pezzi!! Forse è una caratteristica comune dei prof. d’italiano diventare soporiferi quando leggono i P.S…anche la mia è atroce!! Spero che anche questo chap ti sia piaciuto ;) kisss
mione94: Miseriaccia Compa…ti ricordi quando siamo andate a vedere Gran Torino?? Con tutti quei persiani vicini (ehm…) e i fighi che mi guardavano…waaa!! Xd Comunque mi sono ricordata eh, la terza cosa che dovevi trovare nel capitolo precedente era la parola che ci piace, “lampante”! Allora, che ne dici di questo? Anche qui dovresti trovarne una che ti dovrebbe piacere…stupiscimi xD Ti amo!
Bella_kristen: Tesora mia, mi sei mancata!! Lo so, sono seriamente imperdonabile, ma cerca di capire, è colpa del vulcano e dei miei compagni che non mi lasciavano dormire! xD Ad ogni modo…sono davvero felice che questa ficcy ti piaccia!! E per la Monaca di Monza…eheh, ti stupirò…un bacione ENORME!!
okkidacerbiatta: Che dire??....GRAZIEEE!!!! Hai capito chi è che fa l’Azzecca-garbugli??? xD
   
 
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