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Autore: Dante Reaper    25/04/2010    1 recensioni
La Tavolda del Destino è riferito a una tavola Ouija, un antico oggetto che si dice permetta la comunicazione con gli spiriti dei defunti. Verità o Inganno? Potere o Suggestione? E se questo oggetto possedesse realmente un immenso potere oscuro? E... Se cadesse nelle mani di un ragazzo disposto a tutto? La risposta è scritta qui, sta a voi trovare il coraggio per scoprirla!
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La Medium


Fissai a lungo la porta di legno che mi separava dalla persona che, forse, avrebbe potuto aiutarmi. Pensai: «Ma cosa sto facendo? Io non ho mai creduto a queste cose, io ho sempre creduto nella scienza e nelle spiegazioni razionali, non sono un tipo superstizioso». Eppure ero lì, davanti alla porta di quel locale arcano a riflettere sul da farsi.
«No! Ci deve pur essere un altro modo!»
Chiusi gli occhi come per non vedere più la porta, quindi la tentazione di andare oltre, e mi voltai. Riaperti gli occhi vidi davanti a me l'uscita del vicolo e feci per imboccarlo quando, ad un certo punto, sentii un grido fanciullesco. Proseguii velocemente per la mia strada e mi affacciai da dietro il vivolo per scoprire cosa stesse accadendo e vidi una famigliola, madre, padre e figlio. I due genitori sedevano su una panchina, mentre il figlio, di età non superiore ai sei anni, si aggirava intorno a loro saltellando vivacemente e gridando di rabbia per il suo gelato, caduto a terra per una distrazione.
Il banbino reclamava il gelato o per lo meno un altro che lo sostituisse e... «ma perchè sto qui ad origliare?» pensai rendendomi conto di quello che stavo facendo. «è solo una famigliola come tante e un bambino, non devo nascondermi, anzi, non devo proprio stare qui ad origliare».
Uscii dal vicolo e assunsi un atteggiamento meno furtivo e più tranquillo. Mi voltai alla mia sinistra con l'intenzione di imboccare la strada per tornare a casa quando udii una seconda voce, questa volta più adulta e mascolina. Voltai nuovamente lo sguardo verso quella famiglia e vidi giungere verso di loro un ragazzo di circa diciannove o venti anni, con in mano un gelato. Rimasi immobile a fissare la scena di quel ragazzo che porgeva il dolce al bambino che, con espressione sollevata e felice, esclamò:
- Grazie, fratellone! -
A quelle parole un brivido freddo scosse la mia schiena, d'improvviso tornò quella sensazione di vuoto e, ancor peggio, quel malessere insopportabile, quel misto di rabbia, odio e disperazione. Corsi nuovamente nel vicolo e a metà di quella fredda strada mi fermai cadendo sulle mie ginocchia. mi chiusi a riccio poggiando la testa sul gelido asfalto, come se tentassi di proteggermi da un pericolo incombente. Una lacrima scese dai miei occhi lungo il viso, una sola lacrima, l'ultima che volevo versare. Aprii gli occhi e con fare deciso, bussai alla vecchia porta di legno.

Nessuno rispose. Riprovai una seconda volta, ma nuovamente non ottenni risposta quindi allungai la mano verso quel pomello arrugginito ma, prima di poterlo raggiungere, la porta si aprii dinanzi a me. Guardai oltre la soglia della porta, ma non vidi nessuno. La cosa mi impaurì leggermente, sembrava di stare in un film dell'orrore. Ma si trattava della realtà, non c'era quindi da aver paura perchè nella realtà i mostri e i demoni non esistono, ma esitono solo le persone malvagie. Con questa convinzione in testa sbirciai all'interno della stanza, ma poco vidi, poichè l'ambiente era buio. Intravidi solo dozzine di ripiani a muro che sorreggevano numerose candele accese e che, nell'insieme della loro fioca luce, illuminavano appena un tavolino circolare coperto da un drappo di seta rosso sulla quale poggiava una sfera di cristallo che luccicava riflettendo la poca luce emessa dai lumi e, dietro di essa, una figura incappucciata, coperta da un manto nero pece, sembrava attendermi. Mi soffermai solo un altro momento prima di addentrarmi in quelle tenebre. Timoroso rimasi in silenzio e mi voltai per chiudere le porta alle mie spalle.

Mi voltai verso la tetra sagoma e feci per parlare quando venni anticipato da una cupa voce femminile che proveniva da sotto il manto nero.
- Ti aspettavo, Raziel -
 Ella alzò lo sguardo per cercare il mio, ma io non riuscivo a vederla in volto, perchè il cappuccio faceva in modo di nasconderla bene nell'ombra. Quando i miei occhi si abituarono al buio riuscii a vedere il suo viso dalle narici del suo naso in giù, l'unica parte illuminata. Si capiva chiaramente che si trattava di una donna anziana, aveva la pelle molto chiara e piena di rughe, le labbra screpolate, e una macchia più scura, forse una voglia, a sinistra del mento.
- Come sai il mio nome? - chiesi perplesso con voce titubante.
- Oh, io so tutto su di te, Raziel. Io vedo tutto, è il mio lavoro, è il mio potere... - rispose.
Mi invitò a sedermi su uno sgabello situato di fronte al tavolino, un mobilio che prima non avevo notato. Iniziò a parlare in modo lento ma carismatico, alternando toni di voce alti a toni bassi e gesticolando in modo appariscente con le mani aperte, come se volesse incantarmi, e forse ci stava riuscendo. A lungo parlò esponendomi la grandezza del suo potere, che le permetteva di leggere nell'animo umano, liberare da malefici, vedere nel futuro e comunicare con gli spiriti dell'aldilà.
Proprio per quest'ultima sua capacità io la stavo cercando, ma non dissi nulla, volevo metterla alla prova.
- Se sai leggere nell'animo umano allora mi puoi anche dire perchè sono qui! - esclamai.
- Porgimi la tua mano destra giovine - chiese allungando la sua scheletrica mano in attesa della mia.
In risposta io tesi la mia mano destra come aveva chiesto e lei la afferrò lentamente poggiando il mio palmo sul suo. La sua mano era gelida, come quella di un cadavere e altresì pallida, mi fece uno strano effetto, ma la lasciai fare. Poggiò l'altra mano sopra la mia, fino a coprirla interamente sia da sopra che da sotto, ed alzò lo sguardo al cielo quasi come se entrasse in trans emettendo un flebile lamento. Successivamente abbassò nuovamente lo sguardo, poi allentò la presa, girò la mia mano col palmo rivolto verso l'alto e la fissò. Ero abbastanza sicuro che stesse leggendo la mano, una cosa abbastanza comune per le medium, ma non ci avevo mai creduto, così come non avevo mai creduto in queste cose in generale. La vecchia signora era stata molto convincente nel suo discorso precedente, tuttavia il mio scetticismo mi spingeva ad avere molti dubbi, tanto che pensai di andarmene. Ad un certo punto, però, ella esclamò:
- E così sei qui per tuo fratello... -

Rimasi allibito da tal parole. Quell'intervento cancellò d'un tratto ogni mio dubbio e scetticismo, come un onda che cancella un disegno sulla sabbia. «già era strano il fatto che conoscesse il mio nome, ma come può sapere anche il motivo per cui sono qui? Nessuno lo sa, con nessuno ne ho parlato, che sia davvero dotata di un qualche potere? Ma si non c'è altra spiegazione!»
- Si! Si sono qui per mio fratello! - esclamai ormai convinto che quella vecchia signora potesse aiutarmi.
- Cosa vuoi da tuo fratello? -
- Vorrei parlargli! E vederlo! E... -
- Ehi ehi ehi, giovane! - mi interruppe con tono svelto - Io sono una medium, non tu! -
- Che vuoi dire? Non pui mettermi in contatto con lui? -
- Si, ma non fraintendere... Io posso parlargli perchè posseggo il dono della stregoneria, ma ti posso solo riferire quello che dice, non puoi parlarci direttamente poichè tu non hai il mio stesso potere. Altrimenti sarebbe troppo facile non credi? -
- Beh, immagino di si... -
- Ad ogni modo il vederlo è altresì impossibile. Nemmeno io posso vedere gli spiriti con cui entro in contatto, posso solo comunicare con loro. -
Riflettei un momento su quanto aveva detto ed effettivamente il discorso aveva senso, quindi decisi di darle fiducia-
- Daccordo! Puoi allora chiamarlo per me e farmi da tramite? -
- Se è questo che vuoi... -

Poggiò i palmi aperti delle mani sul tessuto di seta cremisi che ricopriva il tavolino, lasciando al centro la sfera di cristallo.
- Uh, e io che credevo che la sfera di cristallo fosse solo uno stereotipo delle chiaroveggenti! - pensai ad alta voce.
- Sbagli, giovane Raziel. La sfera che è posta davanti a noi è realmente un oggetto con dei poteri. In effetti, non è altro che uno specchio, uno specchio che mostra l'oltremondo! E' con questo che troverò tuo fratello prima di potermi mettere in contatto con lui. - disse a voce sussurrante dopo aver udito le mie parole.
Alzò quindi le mani posizionandole intorno alla sfera e abbassò la testa in segno di concentrazione.
- Come si chiamava tuo fratello? - domandò
- Cosa? - chiesi, sperando di aver capito male
- Il nome di tuo fratello, devi dirmelo cosicchè io possa trovarlo -
- E'... Era... Ni-Nicholas, Nicholas Serafan - La risposta usciva con difficoltà dalla mia bocca. Era da tanto, troppo tempo che non lo nominavo. Quando era in vita lo chiamavo continuamente e il suo nome era diventato una cosa normale, ma ora, ora mi sembrava così strano, come se fosse un nome nuovo, mai sentito, eppure era il suo.
- Bene - Disse lei prima di tornare nel suo stato di profonda concentrazione.
All'improvviso, la sfera si fece più luminosa, e l'arcana signora esclamò: - Trovato! -

Una sensazione di sollievo interruppe il senso di agitazione che permeava il mio corpo fino a quel momento e con trepidazione chiesi subito di iniziare a comunicare con lui.
- Nicholas... Nicholas... Io ti invoco! -
La strega chiamava dall'oltremondo lo spirito del fratello affranto. Il tavolo tremava, l'aria carica di energia diventava sempre più cupa, i brividi salivano lungo la mia schiena.
D'un tratto tutto si acquietò, fu allora che la medium mi chiese di dirle cosa doveva comunicare al fratello.
- C-C-Ciao, Nick! - dissi alla vecchia come riferendomi al mio defunto fratello.
- Nicholas, tuo fratello, Raziel, ti saluta - disse lei facendo da tramite
Rimase in silenzio un attimo e subito rispose: - Tuo fratello ricambia il saluto, ma aggiunge di essere rammaricato e chiede venia per averti abbandonato -
Non ci potevo credere, stavo comunicando davvero con Nicholas. Ero pieno di entusiasmo, quasi felice per quello che era riuscita a fare quella vecchia.
- Gli dica che... -
- Giovane Raziel - interruppe una secona volta le mie parole - ti ho dato dimostrazione delle mie capacità, ma richiamare uno spirito non è cosa da poco, impegno una quantità enorme di energia mistica ed è molto stancante. Per questo io, ai miei clienti, chiedo di pagare una somma, in fondo è un lavoro e come tale richiedo un salario, se così si può dire -
Questo suo intervento sospese quel momento di entusiamo, ma pensandoci aveva ragione, e io stesso mi aspettavo che chedesse qualcosa in cambio, ma me ne ero del tutto dimenticato, preso dal corso degli eventi.
- Quanto chiedi per il tuo servizio? - domandai
- Il prezzo per questo tipo di pratica, proprio per la sua difficoltà e impegno, è di 80€ l'ora, giovane Raziel - rispose
Una cifra che andava ben oltre le mie tasche, e per un momento vidi sfumare quella possibilità.
- Vedi, io non posso permettermi questa cifra... - dissi
- Non preoccuparti, la prima seduta, ovvero quella che c'è appena stata, è gratuita - disse con voce tremante, mentre con un movimento sciolto, come di liberazione, fece tornare lo spirito di Nicholas al posto che gli era dato.
- Ho fatto tornare Nicholas nel suo mondo, è difficile mantenere uno spirito ed è anche pericoloso -
- Pericoloso? Perchè pericoloso? -
- Perchè c'è il rischio che lo spirito non torni nell'oltremondo e che quindi vaghi per l'eternità sulla terra come anima smarrita. Ma non preoccuparti, non permetterò che questo accada. Comunque, ogni volta che vorrai, se riuscirai a procurarti quella piccola somma, sarò lieta di ripetere l'esperienza per te - disse la vechia con tono rassicurante.
- Daccordo, Madame Antoniette - dissi, e con un cenno di gratitudine mi congedai.

Uscii da quella stanza e mi ritrovai nuovamente in strada. La debole luce del sole che filtrava attraverso gli alti palazzi mi accecava, sembrava di essere tornati da un'altro mondo, un delicato venticello mi colpì facendomi provare una piacevole sensazione. Avevo ritrovato la felicità, la voglia di vivere, ma per prolungare questa felicità avrei dovuto fare altre sedute. Così decisi di entrare nel corpo di polizia di mio padre, e seguire le orme della mia famiglia, anche se il vero motivo era il salario che avrei speso da Madame Antoniette.

Corsi a casa e presi mio padre da parte:
- Papà ho deciso di entrare a far parte del corpo di polizia e seguire le tue orme, e quelle di Nicholas. Che ne dici? Posso? - dissi allegramente
- Raziel, non so cosa ti abbia reso d'improvviso così sorridente, ma ne sono felice. Certo che puoi non speravo altro! Ora che hai finito la scuola e ti sei diplomato non c'è più alcun problema. Iniziamo domani stesso - rispose sorridendo
E così fu. Il giorno dopo mio padre mi presentò ai suoi colleghi formalmente come nuovo agente ache se in realtà conoscevo già tutti e non avevo ancora nemmeno fatto il concorso di ammissione. Tutti mi accolsero con un applauso e sembravano entusiaste della mia decisone.

Per quasi un anno ho lavorato nella polizia, e per quasi un anno, ogni settimana, andavo da Madame Antoniette per una chiaccherata, se così si può definire, con mio fratello il tutto senza dire niente a nessuno. Tutto sembrava volgere per il meglio, almeno fino al giorno in cui la mia felicità stava per essere nuovamente turbata.
Era il 17 Aprile, il sole picchiava e il caldo faceva pensare più ad una giornata estiva, che ad una primaverile. Come di consueto mi stavo dirigendo dalla vecchia indovina, quando notai un gruppo di passanti curiosi ammassati nel tentativo di vedere cosa stesse accadendo. Avvicinandomi notai i lampeggianti di una volante allora, capendo che si trattava di un blitz della polizia, mi feci strada tra la folla mostrando il mio distintivo in modo tale che mi facessero passare. Raggiunto un cordone di segnalazione mi fermai e osservai la scena. Un paio di pattuglie della polizia erano appostate l'una di fronte all'altra, e un poliziotto scriveva qualcosa su un blocco per gli appunti mentre un altro stringeva per i polsi una signora. L'agente ammanettò la donna e le fece poggiare la testa sul cofano della volante per poterla perquisire come imponeva la procedura standard. La donna era sulla sessantina, aveva lunghi ed esili capelli bianchi e dalle mani si vedeva una carnagione chiara accompagnata da una corporatura molto magra. Finita la perquisizione, l'agente tirò su la signora che con sguardo truce si voltò verso la folla di curiosi e mi vide. Aveva gli occhi azzurri chiarissimi, glaciali. Con fare amichevole mi fissò e accennò un sorriso, fu allora che mi accorsi di una voglia sul lato sinistro del mento e fu allora che mi resi conto di chi fosse quella donna.
Rimasi un momento immobile mentre la facevano sedere sul sedile posteriore della vettura, nel tentativo di rendermi conto della situazione, poi oltrepassai il cordone per andare a chiedere spiegazioni, sicuramente ci doveva essere uno sbaglio. Feci due passi verso il mio obbiettivo quando venni fermato da una voce:
- Ehi, Raziel! Hanno mandato anche te? -
Era Alex, un collega del mio distretto. Pensai che lui potesse saperne qualcosa di più sull'accaduto così chiesi.
- Ciao, Alex. No, ero solo di passaggio, ma cosa sta succedendo? -
- Abbiamo arrestato una truffatrice -
- Truffatrice? - chiesi con stupore
- Si, ingannava i suoi clienti dicendo di possedere strani poteri di parlare con i morti... Le solite stronzate da chiromante insomma! Riusciva a spillare ingenti somme ai poveri malcapitati. Ntz.. Certo che la gente quando è disperata crede proprio a tutto eh, Raziel? - chiese con tono sarcastico - Raziel?? Ehi Raziel??? -
Rimasi attonito. Non riuscivo a rispondere, ripensavo a tutte le volte che ero andato da lei per un consulto, non potevo credere che fosse tutto un imbroglio.
- Si, si... Credono proprio a tutto... Scusa ma ora devo scappare, ho una cosa urgente da fare - risposi con sguardo truce
- Va tutto bene? Non hai una bella cera -
- Si si, non preoccuparti. Sono solo un po' stanco. Ah senti, dove la stanno portando? -
- Da noi, nel nostro distretto. Perchè? -
- No no niente, semplice curiosità. Ora devo proprio andare, ci vediamo alla centrale -
- Ok, a presto allora -
- Si, a presto... -

Iniziai a camminare senza meta, volevo riflettere sull'accaduto. Non sapevo come avrei dovuto sentirmi, perchè non avevo più nessuna certezza, non ero sicuro che gli agenti avessero ragione sul suo conto, ma allo stesso modo non ero più nemmeno sicuro di Madame Antoniette.
Nel corso della camminata mi fermai ad un distribuore automatico e comprai un pacco di sigarette, uno qualunque, tanto non fumavo e non avevo mai fumato prima. Qualcosa mi spinse tuttavia ad iniziare quel vizio, forse perchè vedevo moltissime persone intorno a me che fumavano col sorriso stampato sul volto, e allora credevo anzi, mi illudevo che il fumare potesse rendermi felice. Fu pensando a questo che mi resi conto che la mia felicità di colpo era nuovamente svanita.


La storia non finisce qui, aggiungerò nuovi capitoli con cadenza settimanale (se riesco). Vi prego di avere pazienza e di recensire, anche le critiche sono accettate =). Grazie a tutti.
  
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