In nome del sommo Lawliet, vi supplico di perdonarmi. So di essere in-de-cen-te-men-te in ritardo con gli aggiornamenti. ç///ç
Purtroppo l’accademia
assorbe molto del mio tempo, e anche se le idee sono sempre là pronte
nella mia testa sovraffollata spesso mi riesce difficile trovare il tempo di
metterle per iscritto. Sono davvero mortificata.
Tra l’altro, sono
reduce dallo shock di essere tornata a trattare un fandom
che non frequento da millenni *__* Benché Card Captor Sakura abbia segnato il mio
amore per gli anime e per le fanfiction, e
benché su di esso abbia scritto moltissime fortunate fic,
è stato, come dire?, strano
tornare a concentrarmi su Shao e Saku,
che da così tanto tempo stavano là zitti nello strato più
quiescente del mio cervello… Tutto ciò
per dirvi che anche il capitolo in sé ha assorbito parecchio tempo per
essere concepito e scritto. Ancora una volta, chiedo perdono.
Ho anche fatto pasticci
con l’ambientazione, temo: questa shot è
ambientata nel periodo di San Valentino, ma contemporaneamente anche nel
periodo immediatamente successivo al trasferimento di Shaoran
in Giappone [quando ancora sembrava attratto da Yukito
– saprete già che ciò era dovuto solo agli influssi lunari
di Yue, che condizionavano il comportamento di Shaoran quasi come se ne fosse innamorato]; onestamente non
so se questi due lassi di tempo coincidano, e nel caso non sia così,
sono nuovamente imperdonabile. A questo punto posso solo invocare la licenza
poetica. ^^’
Un grazie megagalattico a
Elos che
ha commentato il capitolo precedente, e a coloro che ancora hanno la
pazienza di seguire questa raccolta!
Vi lascio alla lettura. Hope you like
it <3
[ Shounen-ai marginale ]
Mai e poi mai
Fandom: Card Captor Sakura
Personaggi: Sakura Kinomoto, Li Shaoran
Genere: Commedia, Romantico
Rating: Verde
Ambientazione: Prima che Shaoran capisca di essere innamorato di Sakura
Prompt: #5. Chocolate (Cioccolato)
Di
norma, economia domestica non rientrava tra le materie preferite di Sakura Kinomoto.
A
dirla proprio ma proprio tutta, se
non fosse stato per Tomoyo non sarebbe mai stata in
grado di cucinare neanche un uovo al tegamino.
C’era
un che di innaturale nella passione della sua migliore amica per i fornelli; Tomoyo adorava
starsene per ore in cucina a sperimentare, creare, esprimersi attraverso le
pietanze anziché le parole, e mettere poi in tavola il succulento risultato
e aspettare con tranquillità che i suoi commensali le donassero un
giudizio – che puntualmente non poteva essere che positivo. Le piaceva
quasi quanto le piaceva cantare, o riprendere e fotografare Sakura, o
confezionare abiti assurdamente originali per lei.
Ovvio
che, in quel caso, Sakura fosse ricorsa al suo aiuto e alla sua pazienza.
«
Devi aiutarmi, Tomoyo. »
«
Che cosa succede? »
«
Il nuovo progetto per economia domestica. »
«
Il cioccolato per San Valentino? »
«
Sì… Sì. Quello. »
«
Ma Sakura, immagino che tu sappia come preparare un po’ di cioccolato… »
«
Sì, beh… Io…
Ecco… Non so…
»
«
Sakura, che ti prende? Perché sei così rossa? »
C’era
voluto del bello e del buono, ma alla fine l’aveva ammesso. Voleva che Tomoyo l’aiutasse più del solito, che le desse
ripetizioni di cucina, se necessario –
perché quel cioccolato non era soltanto un compito scolastico. Era
qualcosa di speciale.
Sarebbe
stato il suo primo regalo per Yukito.
Oh,
non che Tomoyo si fosse fatta pregare. Lei era stata
più che entusiasta di dare il suo contributo, allenandola con la teoria
e la pratica del cioccolato per settimane. Il guaio – quello che ancora
la rendeva nervosa, la impacciava, e a volte la faceva sprofondare nella
depressione – era un altro…
Shaoran.
Shaoran aveva sentito,
quando lei aveva confessato a Tomoyo di voler
regalare il cioccolato per San Valentino a Yukito.
Aveva sentito e subito aveva messo su quell’espressione infastidita che
adottava tutte le volte che Sakura parlava di lui.
Sakura
sapeva da un pezzo che anche il compagno cinese provava dei sentimenti per Yukito Tsukishiro. Quel che non si sarebbe mai immaginata era che Shaoran s’impegnasse con tanta energia per preparare
a sua volta del cioccolato – il destinatario del quale, era evidente, non
poteva essere che lo stesso.
Forse
per questo, per via di tutti questi imbarazzanti e fastidiosi pensieri, quella
mattina cucinare allo stesso tavolo di Shaoran si
stava rivelando un’esperienza così
pasticciona.
«
Sakura, psst! » Tomoyo
le tirò una manica del grembiule, sporgendosi dal suo tavolo nella
seconda fila. « Fai attenzione. Sta colando tutto. »
Sakura
sussultò e tornò al presente. Il cucchiaio con cui stava
mescolando la crema scura nella terrina sgocciolava sul tavolo; per fortuna
l’insegnante non era nei paraggi. Si affrettò a tuffarlo di nuovo
dentro il recipiente, schizzandosi sul viso, per poi pulire il piano con uno
straccio.
Alla
sua destra, Shaoran le lanciò
un’occhiata in tralice e sogghignò appena. Sakura si sentì
arrossire.
«
Avete ancora cinque minuti, ragazzi. Correte ad infornare, presto! »
Ubbidiente,
la classe si mosse per raccogliere i contenuti delle ciotole in piccole teglie
o stampi che poi andarono tutti a cuocere nei forni. L’aula di economia
domestica fu percorsa dai sussurri eccitati delle ragazze e quelli scocciati
dei ragazzi.
Sakura
osservò dal di qua dei vetri il proprio operato: non le sembrava un
granché, ma l’importante era che fosse buono.
Doveva essere buono. Doveva
essere buono per Yukito.
Ci teneva così tanto…
«
Benissimo. E ora a lavare mani e utensili. »
Sakura
vide Tomoyo accodarsi a Rika
e Chiharu verso il lavabo. I loro sguardi s’incrociarono,
e Sakura sorrise, ancora profondamente grata all’amica per il suo
sostegno. Quindi si voltò per raccogliere i vari recipienti sporchi di
cacao, farina e quant’altro dal tavolo che aveva condiviso con Shaoran.
Il
ragazzo stava facendo lo stesso, e presto finì per urtarle la mano con
la sua. Sobbalzarono entrambi, sorpresi.
Sakura
alzò gli occhi e vide Shaoran distogliere con
stizza i suoi, prima di allontanarsi risolutamente da lei.
No,
quel compito non facilitava affatto il suo rapporto con l’erede cinese di
Clow Reed.
* * *
Il
giorno di San Valentino aveva sempre infastidito oltre ogni dire Li Shaoran.
Forse
perché le sue quattro sorelle, con le loro classiche smancerie e
sdolcinatezze da adolescenti, gliel’avevano fatto odiare a priori.
Allora
per quale motivo – si chiese mentre percorreva immusonito le stradine
poco affollate di Tomoeda, la mano stretta
convulsamente sul pacchetto che aveva in tasca – per quale dannatissimo motivo stava andando a
regalare del cioccolato a uno che, alla fin fine, era un emerito sconosciuto?
Il
solo pensiero lo fece arrossire. Tsukishiro era un ragazzo, era più grande di lui,
ed era il migliore amico del fratello della sua acerrima nemica. Roba che le
soap-opera si sognavano. Si era dato dell’idiota mille volte, per quell’illogico
batticuore che gli provocava la presenza di Tsukishiro
nel suo campo visivo e auditivo; era arrivato a schiaffeggiarsi da solo nella
speranza di darsi una scrollata, quando di colpo si fermava a pensare a lui e
avvertiva il senso crescente d’imbarazzo e isterismo irrigidirgli le
membra e mozzargli la lingua.
Inutilmente.
E
infatti adesso stava andando a regalargli del cioccolato.
Roba.
Da. Matti.
D’altro
canto non gli piaceva neppure il fatto di doverlo andare a cercare a casa di Kinomoto. Era quasi sicuro che l’avrebbe trovato
lì, da quell’idiota di Touya. Ma questo
comportava infilarsi dritto dritto nella tana della Catturacarte. E dire che si era promesso di evitarla, santo
cielo!
Quando
si rese conto di star quasi stritolando il pacchetto di cioccolatini nella
tasca del cappotto, si fermò – a pochissima distanza da casa Kinomoto – e inspirò profondamente per
calmarsi. Andava tutto bene. Non c’era nulla di cui innervosirsi. Avrebbe
suonato alla porta, avrebbe chiesto se Tsukishiro era
in casa, e in caso affermativo sarebbe andato direttamente da lui e gli avrebbe
consegnato il cioccolato senza una parola; poi sarebbe tornato difilato a casa.
Il tutto senza degnare i Kinomoto di uno sguardo. Sì,
ecco, nessun problema. Poteva farcela. Sì.
Armato
di una nuova determinazione, riprese a camminare.
Ma
si fermò di nuovo, suo malgrado, appena giunse in vista del cancelletto
d’ingresso.
Sakura
Kinomoto era seduta lì e piangeva e
singhiozzava senza ritegno.
Spiazzato,
Shaoran ci mise qualche secondo a riprendersi da
quella vista. La Catturacarte gli era sembrata un’ingenua,
una testarda e una ragazzina un po’ sciocca, ma di certo non una che piangesse – mai. Non gli aveva mai
dato l’idea di una persona che cedesse facilmente alle lacrime. Anche se,
beh, certo, non la conosceva poi da molto.
Oh,
ma perché doveva starsene là a ragionare su di lei? Era un altro
il motivo della sua presenza lì, no?
E
allora perché esitava e
restava piantato sul posto a guardare le lacrime di quella stupida ragazzina?!
In
quella, la ragazzina in questione alzò gli occhi e lo vide. Erano ad
almeno quindici metri di distanza, ma anche così Shaoran
poté vedere la confusione entrare prepotente nei suoi occhi in luogo
della tristezza, o della rabbia, o di quel cavolo che era a farla piangere.
«
L-Li? Cosa… Che…
Cosa ci fai qua? »
Shaoran si avvicinò.
Avrebbe potuto dirle la verità – chiederle se in casa c’era Tsukishiro
– fare quel che doveva e poi sparire dalla circolazione.
Invece
si sentì dire qualcosa che non
sapeva di aver avuto l’intenzione di chiedere.
«
Che ti è successo? »
Si
fermò di fronte a lei, confuso. Un momento. A lui che gliene importava?
La
ragazza s’imbronciò di nuovo. Le sfuggì un altro
singhiozzo, mentre con un gesto rabbioso della mano si asciugava le guance.
«
Q-quello stupido di mio fratello. H-ha
mangiato t-tutto il cioccolato c-che avevo preparato per Yukito.
»
Pronunciare
quel nome la fece arrossire, più o meno come succedeva sempre a Shaoran.
Lui
la fissò ancora per qualche istante, combattuto. Da un lato era tronfio,
esaltato; Tsukishiro
non avrebbe ricevuto il cioccolato della Catturacarte,
ma il suo sì. Ma da un altro lato… Beh… Doveva
ammettere che Touya Kinomoto
si era comportato in modo estremamente egoista e arrogante. Come al solito.
Le
lacrime ripresero a scendere sulle guance rosse della ragazza, aumentando il dolore
nei suoi occhi verdi.
Shaoran tentennò. Non
gli piaceva, no, non gli piaceva per niente quella tristezza nel suo sguardo. Era
così inusuale… Così non-da-Sakura.
Aveva
ancora la mano in tasca, sul pacchetto. Lo strinse debolmente. Soppesò l’idea
che gli era venuta – assurdo,
assurdo; perché avrebbe dovuto fare una cosa del genere? – e sospirò
di sconforto.
Per
tutte le carte di Clow Reed,
in che razza di situazione s’era andato a cacciare.
Riluttante,
con la mezza intenzione di filare via senza neppure informarsi sulla presenza
di Tsukishiro in casa sua, trasse dalla tasca il
pacchetto e lo tese alla compagna.
«
Tieni. »
Lei
sollevò di nuovo il viso. Andò con lo sguardo dal pacchetto a lui
e di nuovo al pacchetto, senza capire. Shaoran sbuffò.
«
È quello che ho cucinato io. Puoi… Puoi
dargli questo. A… A Tsukishiro,
intendo. »
Sakura
lo fissò e smise del tutto di piangere; i suoi lineamenti rimasero solo
pervasi di uno stupore immenso.
«
P-posso… Cosa?
» La sua voce era poco più che un sussurro. « Tu… Tu sei disposto a…
Tu mi daresti…? »
Shaoran sbuffò di
nuovo, spazientito, e le agitò la scatola davanti al viso. « Senti,
prendilo prima che cambi idea. E non farla tanto lunga…
In fondo è solo cioccolato. »
Sakura
tese automaticamente una mano. Accettò il pacchetto che le porgeva, e le
dita sfiorarono le sue, come quel giorno in classe quando avevano cucinato
insieme e – in un certo senso – l’uno contro l’altra. Per
qualche oscura ragione, il contatto gli diede più fastidio ora che
quella prima volta; probabilmente perché aveva appena ceduto alle
lacrime di una ragazza… Già, si stava rammollendo,
decisamente.
Prima
che potesse rendersene conto, Sakura aveva sorriso radiosa – che strano: il sorriso regalava una luce
tutta nuova ai suoi occhi pieni di lacrime – e gli era saltata al collo.
Shaoran barcollò,
esterrefatto e imbarazzatissimo.
«
K-Kinomoto! Che ti salta in mente?! »
«
Grazie, Li-kun » gli rise all’orecchio
lei, col tono di chi non potrebbe essere più felice.
Era
sempre più strano… Adesso, per qualche ancor più oscura ragione, il
contatto era più… accettabile… Quasi
interessante.
Si
sentì avvampare, ma grazie al cielo fu solo per un attimo.
Sakura
si ritrasse di colpo e si allontanò di corsa lungo la stessa strada che
lui aveva percorso per arrivare fin lì, salutandolo gioiosa con la mano.
«
Vado da Yukito… Grazie mille, Li, davvero, sei
un amico! »
Shaoran rimase imbambolato
a guardarla sparire. Amico… Amico? Ma se erano rivali…
Si
toccò lentamente una guancia, là dove aveva sentito più
forte il suo profumo e il suo respiro…
Poi
scosse la testa con energia e riaffondò le
mani nelle tasche. Che assurdità.
Era il primo ed ultimo favore che faceva a Sakura Kinomoto.
Si
decise infine a tornare sui suoi passi, sconsolato…
Non solo aveva fatto un viaggio a vuoto, ma aveva persino ceduto alla Catturacarte il suo cioccolato…
E così sarebbe stato lui a non
regalare nulla a Tsukishiro per San Valentino…
Gli
occhi verdi e raggianti di Sakura gli scorsero di nuovo nella mente, e la
sensazione di essere smascherato dalla loro beata ingenuità lo fece
avvampare di nuovo.
No.
Non sarebbero mai stati amici. Mai e poi mai.
E
scalciò via un sasso, tentando di strapparsi di dosso quell’insopportabile e familiare
senso di calore allo stomaco che quell’abbraccio imprevisto gli aveva
provocato.