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Autore: _Princess_    02/05/2010    20 recensioni
Si erano trovati per caso. Si erano conosciuti, si erano piaciuti, e tutto era stato semplice. Fin troppo semplice.
Quando Tom le aveva chiesto di uscire con lui, lo aveva fatto solo per una disperata voglia di normalità. Quando lei aveva accettato, era stato per pura e semplice curiosità verso il fascinoso straniero.
Quello che era successo dopo era uscito da ogni programma che entrambi si erano fatti su quell’incontro, e nessuno dei due aveva saputo – o voluto – rimediare all’imprevisto per tempo.
Ma il problema non era questo.
Il problema era che, nel mezzo di tutta l’imprevedibile sincerità che si erano trovati a condividere, avevano entrambi nascosto un segreto.
Tom si era sentito in colpa, fermamente convinto che non ci potesse essere nulla di paragonabile al proprio. Purtroppo, però, come molte altre volte, aveva appena scoperto di essersi sbagliato. E di grosso.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Life & Troubles of a Guitar Hero'
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Stranger, can you forgive me
If it sounds like I know you too well?
It's just that you
Have been like water when I was feeling so thirsty
And now I think of you, though you don't know
The reason why I love you so
But never mind
'cause you made me it all good for me
 

[Stranger, Elisa]

 

***

 

Stare lì era il paradiso. Dopo mesi di tour e promozioni in giro per il mondo, rifugiarsi in California era stato l’unico modo di evitare un devastante crollo di nervi a tutti i membri della band. E così, un po’ godendosela, un po’ fingendo di comporre nuovi brani, i Tokio Hotel stavano iniziando a consumare i due mesi di pace e relax che si erano tanto meritati.

Si erano presi una villa lungo la costa californiana, in un paesino isolato e tranquillo, e Tom, dopo due settimane, aveva da poco scoperto un locale carino a pochi chilometri da lì e ora, con un pomeriggio libero e nulla di meglio da fare, voleva provare a vedere che cosa avesse da offrire. Aveva chiesto ai ragazzi se volessero unirsi a lui, ma Bill aveva mugugnato frasi sconnesse, Georg a stento lo aveva considerato, appisolato sul divano, e Gustav aveva semplicemente risposto che non aveva alcuna voglia di vita sociale.

Era uscito da solo e da solo si era accomodato a uno dei tavoli nello spazioso locale, ed era lì che l’aveva vista.

Lo aveva colpito subito, fin da quando aveva fatto il suo ingresso disinvolto nella sala portando un vassoio di milk-shake colorati. Dopo giorni e giorni in cui non aveva visto altro che vezzose bamboline bionde dagli occhi blu, era arrivata lei, mora e formosa, con una fitta frangetta a nasconderle gli occhi scuri. Non portava vestitini rosa, ma jeans consunti e magliette di gruppi metal a lui sconosciuti, i lunghi capelli trattenuti sulla nuca da un fermaglio argentato a forma di lisca di pesce. Trucco cupo, un piercing al centro del labbro inferiore, un bel sorriso caldo che le illuminava spesso il viso rotondo. Aveva modi spicci e nervosi, e se ne andava in giro con un’aria un po’ sopra le righe, quasi annoiata, come se non vedesse l’ora di strapparsi di dosso quell’orribile grembiulino e uscire di lì.

Tom in un certo senso conosceva la sensazione.

Non sapeva nemmeno il suo nome.

Si era semplicemente accontentato di guardarla e scoprirla da un angolo distante. Per ironia della sorte, non lo aveva mai servito lei. Così Tom aveva passato ore, pomeriggi interi, seduto lì, su quella sedia, a osservare i movimenti di quella ragazza, scoprendone gesti abituali e peculiarità. Girava disinvolta tra i tavoli, scambiando battute con chiunque. Aveva una bella risata, un po’ roca, molto contagiosa. Tom si era spesso scoperto a sorridere nel sentirla ridere.

E forse era solo una conseguenza del sollievo dal lungo periodo di stress appena passato, o forse, semplicemente, erano tutti quegli smooshies zuccherati che stava bevendo in quei giorni, ma uno strano, nuovo, piacevole buonumore stava estendendo il suo dominio su tutte le tensioni e i pensieri di Tom.

Era davvero carina. Un tipo di carino un po’ aggressivo, ma tutto sommato interessante. Sicuramente, si disse Tom, non era la tipica bellezza americana.

La prima volta che era entrato lì, era rimasto a osservarla per almeno un’ora, sorseggiando a poco a poco la sua coca cola. Quando il bicchiere era giunto a metà, aveva già imparato a memoria i suoi lineamenti e assimilato ogni sua particolarità, come la cicatrice che le tagliava il sopracciglio destro, le unghie mangiucchiate, il vizio di scostarsi le ciocche ribelli dal viso ogni volta che si presentava a servire qualcuno. Doveva avere diciotto o diciannove anni.

Entro la fine dell’ultima goccia di coca, Tom si era reso conto di essersi preso una gran bella, platonica cotta per lei.

Senza un perché. Gli piaceva solo stare a guardarla. Lo ipnotizzava, semplicemente perché era così diversa. Diversa da qualunque altra ragazza che avesse avuto modo di osservare.

Era la quinta volta che andava lì, solo per rivederla, e non era mai riuscito a farsi servire da lei. Finora.

Stava succhiando le ultimissime gocce di coca – con un’espressione presumibilmente tutt’altro che accattivante – quando si rese conto che lei – proprio lei – gli si stava avvicinando di gran carriera, portando con sé un vassoio vuoto e quello che aveva l’aria di essere il conto. Peccato che lui il conto lo avesse già ricevuto poco prima.

“Scusami,” gli disse, sbrigativa. “La mia collega deve aver sbagliato a portarti lo scontrino.”

Tom non aveva previsto di ritrovarsela davanti così, senza alcun preavviso. Impiegò un paio di secondi di troppo a capire quello che gli aveva detto, ma alla fine, dopo il piccolo shock iniziale, riuscì a infilarsi la mano in tasca e recuperare lo scontrino che gli aveva portato l’altra cameriera assieme alla sua ordinazione.

La ragazza quasi gli strappò il foglietto stropicciato di mano e gli lasciò sul tavolo l’altro.

“Grazie.”

“Ehm… Prego.” Farfugliò Tom.

Lei, che un istante prima era stata sul punto di voltargli le spalle e andarsene, si era fermata davanti a lui con una strana espressione quasi sorridente.

“Sei un mangiacrauti, eh?” gli disse, in tono divertito.

Perplesso, Tom batté le ciglia, mentre il suo cervello registrava il nome riportato sulla targhetta appuntata al petto della ragazza: Marta. Come lei, anche il suo nome era poco americano.

“Un che?”

Marta gli snocciolò una di quelle sue risate che gli piacevano tanto.

“Tedesco.” Gli spiegò.

“Si sente tanto?”

Marta piegò significativamente un angolo della bocca.

“Senza offesa, Strüdel, ma hai un accento atroce. E, al di là dell’accento, la grammatica è raccapricciante.”

La sua voce morbida e profonda era piacevole da ascoltare.

“Ho sempre detestato l’inglese con tutto me stesso.” Ammise Tom, chinandola testa, un po’ imbarazzato.

“Oh, credimi, si nota.”

Marta lo guardò.

Nocciola. I suoi occhi erano nocciola, con insolite sfumature rossastre, molto più chiari di come gli erano sembrati da lontano.

“Mi chiamo Tom, comunque.” Si presentò. Non osò usare inutili cerimonie, anche perché lei sembrava una tutt’altro che cerimoniosa.

“Tom?” ridacchiò. “E Jerry dove l’hai lasciato?”

Tom segnò mentalmente un punto a proprio favore: uno scambio di battute era un ottimo primo approccio.

“Il mio Jerry si chiama Bill,” rispose. “Ed è a casa.”

“Di che razza è?”

“Come di che razza è?”

“Bill.” Specificò Marta. “O è un bastardino?”

Tom afferrò l’equivoco. Per quanto gli piacesse l’idea di considerare Bill un animaletto domestico, preferì chiarire:

“Bill è mio fratello gemello, e devo dire che, ora che mi ci fai pensare, bastardino è proprio una definizione che gli calza a pennello.”

“Dev’essere un tipo simpatico.” Osservò lei, ironica.

Se avesse voluto tagliare corto, si disse Tom, avrebbe già trovato una scusa per piantarlo in asso, invece era ancora lì, a chiacchierare con lui, dopo che era arrivata con una certa fretta. E lo stava trattando in modo assurdamente normale, senza nemmeno dare segno di riconoscere lui, né Bill o i Tokio Hotel. Il bello dell’America: c’erano ancora ragazze che ignoravano la loro esistenza.

“Ma tu davvero non sai chi sono?” le domandò con la massima nonchalance.

A giudicare dall’occhiata vacua che gli gettò, la risposta di Marta era un bel no.

“Sei per caso un modello?” indovinò. “Perché se è così, io non –”

“Modello?” esclamò Tom, esterrefatto. “Mi prendi in giro?”

Lo sguardo di Marta lo percorse in lungo in largo e si fermò nei suoi occhi con una certa eloquenza.

“Sei vomitevolmente bello, ricco,” Accennò rapidamente con il capo al suo vistoso orologio. “E palesemente straniero… Cosa sei, se no?”

Un senso di vuoto improvviso colse Tom allo stomaco. Non aveva una vera risposta a quella domanda.

“Già,” mormorò, forse più a se stesso che a lei. “Cosa sono?”

Marta inarcò un sopracciglio:

“Se non lo sai tu…”

Erano anni che a Tom non capitava di poter scambiare due parole con una persona nuova. Già con amici di vecchia data faceva fatica, non era uno da confidenze e confessioni intime, ma parlare così tranquillamente con un estraneo, per di più di sesso femminile, era davvero un fatto straordinario, e lui aveva proprio voglia di uscire dalla sua routine, di prendersi un po’ di libertà e occupare il tempo libero che aveva facendo cose che normalmente gli erano negate.

Una cosa stupida, ma nemmeno così tanto, di cui si era appena reso conto era che non aveva mai avuto un vero appuntamento con una ragazza. Il bello, però, era che adesso nessuno gli poteva impedire di averne uno.

Risoluto, sollevò la testa per guardare Marta dritta negli occhi e si buttò:

“Senti, ti va di –?”

“No.” Lo seccò lei, senza nemmeno lasciarlo finire.

“Ma non ho ancora detto niente!”

“La risposta resta no.”

In quel momento un uomo sulla cinquantina chiamò il nome di Marta da dietro al bancone. Lei si voltò e gli chiese di aspettare un minuto. L’uomo sbuffò e si dedicò ad altro.

“Sei impegnata?” volle sapere Tom, quando lei si voltò di nuovo verso di lui.

Lei rispose con una risatina sarcastica.

“Sì, con il mio gatto.”

Tom non si permise di scoraggiarsi. Nonostante lo avesse appena rifiutato, le si leggeva in faccia che la proposta la allettava.

“Guarda che non ti mangio.” Le promise. “Voglio solo parlare con te senza dovermi far venire il torcicollo per guardarti in faccia, o che qualcuno ti chiami per portare un caffè a qualche vecchia lagnosa.”

“Senti un po’, ma tu a scuola non ci vai mai?”

“Scuola?” rise Tom. “Ho finito gli studi da un pezzo.”

“Allora un lavoro?”

Tom si leccò le labbra, incerto.

“Sono in pausa per qualche settimana, diciamo.” Rispose. “Allora,” riprese poi, incrociando le braccia al di sopra del tavolo. “Ti posso offrire da bere?”

Marta si morse il labbro, rigirandosi lo scontrino tra le dita.

“Ma perché non te ne trovi una più carina e più scema?”

“Perché, tu cos’hai che non va?”

“Nel senso che sono già abbastanza carina o abbastanza scema?”

“La prima. Ma anche la seconda, mi pare di capire.”

Marta premette le labbra tra loro per cercare di trattenere, invano, una risata sommessa. Soddisfatto, Tom segnò un altro punto per sé.

“Sei un tipo divertente, sai?”

“Me lo dicono spesso.” Annuì lui. “Allora, ti va di uscire? Non conosco nessuno qui intorno e, quel che più conta, nessuno conosce me. Ho voglia di divertirmi un po’, fintanto che posso.”

Marta scosse impotente la testa.

“Qualche luminare della scienza ha per caso già scoperto un modo per dire un no definitivo ai tuoi occhioni supplichevoli?”

Tom si sforzò di non esultare apertamente e si limitò a farlo in silenzio.

“Non che mi risulti.” Replicò, composto.

“Lo temevo.”

“È un sì?” le chiese, speranzoso. Gli sembrava una a posto, e anche piuttosto simpatica. Non era una ragazza che la gente che lo conosceva come ‘Tom Kaulitz il chitarrista dei Tokio Hotel’ si sarebbe aspettato di vedere con lui, ma il Tom che conoscevano loro era molto distante dal vero Tom.

“Non credo ci sia nulla di male a volersi divertire.” Ragionò Marta, anche se non sembrava poi così sicura della propria decisione.

“Ottimo!” gioì Tom, da un lato entusiasmato, dall’altro vagamente preoccupato: non aveva la minima idea di come sarebbe stato, né sapeva cosa aspettarsi. “Dove mi porti?”

Corrucciata, Marta si portò le mani ai fianchi e si imbronciò:

“Tu mi chiedi di uscire e io ti devo portare in giro?”

Tom fece spallucce.

“Sei tu quella che gioca in casa. Io conosco solo la strada per arrivare fin qui.”

Lei restò immobile per un momento, poi si lasciò andare, sospirando, e scosse nuovamente la testa.

“D’accordo, Strüdel, ci penso io. Domani sera qui alle sei, e non ho intenzione di aspettarti un solo minuto, chiaro?”

Tom sorrise trionfante.

“Perfetto.” Acconsentì. “Devo portare qualcosa di particolare?”

Marta scrollò le spalle.

“Un bel po’ di soldi, visto che offrirai tu.”

Non aggiunse altro. Senza nemmeno guardarlo, si girò e si diresse svelta verso il bancone. Tom avrebbe giurato che, un attimo prima che gli voltasse le spalle, lei avesse sorriso.

 

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Note: ebbene sì, ebbene sì, miei cari lettori, sono ancora qui, ancora con una ff sul nostro amato Tom. Non chiedetemi perché sempre lui, all’ispirazione non si comanda. Non ho molto da dire per adesso, se non che questa storia è un po’ diversa dalle altre che ho scritto con Tom come protagonista e penso capirete in fretta il perché. Questo capitolo è breve e frettoloso, me ne rendo conto, ma tenete presente che è solo l’introduzione alla storia vera e propria, che non sarà lunghissima, non più di qualche capitolo. Non mi voglio dilungare, al momento.

Tra le altre cose, vorrei ringraziare tutti voi che avete votato i miei personaggi originali per il concorso indetto da EFP, facendo quindi passare The Truth Beneath the Rose tra le venti storie in lizza per la vittoria finale. Mi rendo conto che il fanbase della nostra sezione sia molto ridotto rispetto a quelli di Harry Potter o Twilight e che quindi ci sono scarsissime possibilità che vinca una ff sui Tokio Hotel, ma spero comunque che vorrete sostenermi di nuovo. ^^

Ora li lascio, ricordandovi come sempre che le recensioni sono più che benvenute e che qualunque domanda e/o osservazione sarà accolta senza problemi.

Alla prossima!

   
 
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